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 mymarketing.it: e tu cosa ne pensi?... di Admin
 
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Errare è umano, ma per incasinare davvero tutto è necessario un computer.

Arthur Bloch
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\\ : Storico : Comunicazione (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Max Da Via' (del 24/03/2017 @ 07:07:42, in Comunicazione, linkato 1616 volte)

Nel mercato televisivo, Rai e Mediaset si confermano i due principali operatori in termini di audience, rispettivamente con il 36% e il 31% di quote d’ascolto, pur attestandosi su livelli di share inferiori rispetto al 2012 (-3,8% e -2,9%). Sky si attesta al 8,4% e Discovery, grazie anche ad operazioni di M&A, si assesta ad una quota pari al 6,9%. Lo rivelano i dati dell’Osservatorio sulle Comunicazioni pubblicato oggi da Agcom.

Relativamente al settore dell’editoria, sintetizza l’Ansa, a dicembre 2016 le vendite di quotidiani è risultata di poco superiore ai 2,5 milioni di copie, in flessione del 9,8% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.

Rcs MediaGroup resta leader nella distribuzione di copie vendute con il 21,7%, seguito dal Gruppo Editoriale l’Espresso che si attesta al 18,7% (+0,7%), dal Gruppo Monrif 8,6% (+0,5%) e dal Gruppo Caltagirone Editore, che raggiunge l’8,6% delle copie vendute (+0,2%).

Nel mese di dicembre 2016, oltre 30 milioni di individui si sono collegati ad Internet giornalmente. Da dispositivi mobili sono risultati 25,4 milioni (+17,7% rispetto a dicembre 2015). Le prime 4 posizioni non presentano variazioni su base annua: in particolare, Google resta stabile al primo posto con il 95,9% degli utenti che navigano in Internet. Ma Mondadori, che nel 2016 ha comprato Banzai, recupera nove posizioni e chiude al sesto posto con il 52,3% degli utenti che navigano sul web. La navigazione su Whatsapp e Facebook supera le 24 ore mensili per utente.

Riguardo all’audience radiofonica, invece, il secondo semestre 2016 segnala dati sostanzialmente stabili, con l’emittente Rtl 102.5 che mantiene la leadership.

Leggi o scarica i dati completi dell’Osservatorio Agcom sulle comunicazioni

Via Prima Comunicazione
 
Di Altri Autori (del 11/04/2016 @ 07:59:50, in Comunicazione, linkato 1732 volte)
Gli uffici stampa delle aziende ormai producono articoli di scenario, commentano la cronaca, producono servizi video, gestiscono magazine online e dialogano direttamente con il pubblico. Il giornalismo si sente accerchiato da tutta questa disintermediazione, che va dal primo ministro alle grandi imprese, che parlano direttamente col loro pubblico. Di tutto quel che si può dire, una cosa è certa: senza i social questo non sarebbe stato possibile.

Il confronto sulle pubbliche relazioni nell’era digitale tenuto al Festival di Perugia ha cercato di mettere a fuoco un cambiamento che ha assottigliato i confini tra informazione e comunicazione. Moderati da Jacopo Tondelli, ne hanno discusso i referenti di Telecom Italia, Sky, Eni, Nestlè, Google, insomma dei pezzi grossi della comunicazione che di mestiere non fanno gli editori, ma hanno relazioni così costanti con il mondo dell’informazione da averne in qualche modo appreso le tecniche. E sono talmente impegnati sul fronte della comunicazione coi loro clienti da aver influenzato l’informazione stessa.

Ognuno ha la propria esperienza, le aziende hanno fatto ricorso a strumenti differenti (anche se col tempo tendono ad assomigliarsi), ma tutte partono da un punto decisivo: portare i propri contenuti ai target di riferimento, agli utenti, ai clienti, al proprio pubblico, vuol dire occuparsi della loro produzione, di cercare le persone dove sono, raggiungerle coi mezzi più semplici. Per Paolo Artuso (Telecom), «i contenuti sono dappertutto, le aziende devono trovarli e intessere comunità di più persone»; Erika Mandraffino (senior VP rapporti media di Eni), evidenzia i contenuti interessanti, le relazioni con un pubblico più ampio e l’internazionalità come i tre punti principali della comunicazione della sua azienda; Simona Panseri, dall’alto della sua posizione di direttore comunicazione per il sud Europa di Google, si preoccupa della rapidità di diffusione delle informazioni, cosciente del fatto che è proprio Big G a mettere a disposizione di tutti degli strumenti che hanno quasi un carattere neutrale rispetto agli obiettivi di questa comunicazione, mantenendo la velocità come premessa valida sia per i giornalisti che per gli uffici stampa; Manuela Kron, direttore corporate affairs di Nestlè considera le aziende di oggi più agili nel loro modo di comunicare, che si riflette poi in una maggiore autorevolezza agli occhi del proprio pubblico; Flavio Natalia, direttore della struttura magazine di Sky, aggiunge che il mobile ha cambiato tutto, e la sfida di questa velocità, agilità, qualità, si gioca nell’aiutare una opinione pubblica disorientata dal sovraccarico informativo.

Via Webnews
 
Di Altri Autori (del 18/06/2009 @ 07:47:30, in Comunicazione, linkato 2783 volte)

Da una recente ricerca svolta dal Chartered Institute of Public Relations emerge che tra i comunicatori inglesi sono diffuse ben otto definizioni di ROI della comunicazione e altrettante modalità per calcolarlo.

La maggior parte dei professionisti sostiene che il ROI deve essere espresso in termini economici perché solo mutuando il linguaggio e gli indicatori dal business language (pensiamo per esempio bottom line, return, accountability, results, turn-around) è possibile aumentare la credibilità delle RP agli occhi
degli interlocutori aziendali.

Secondo questa posizione il ROI si ottiene dividendo i benefici ottenuti da un’attività
di comunicazione, per ogni risorsa economica investita nella medesima attività.

E i benefici ottenuti possono essere espressi in tre diversi modi: a) la generazione di
entrate economiche (p.e. % incremento nel valore delle azioni, % incremento nelle vendite); b) la riduzione dei costi (p.e. la riduzione di costi amministrativi o di produzione avvenuta a seguito di cambiamenti nei comportamenti dei dipendenti) e c) i risparmi di costo dovuti alla riduzione
dei rischi (p.e. grazie al miglioramento delle relazioni con alcuni stakeholder vengono abbattuti i rischi di azioni legali contro l’organizzazione e quindi i costi connessi).

E’ importante rilevare tuttavia che sono sempre più numerosi gli esperti di misurazione delle RP (del calibro di Tom Watson e di Jim Macnamara) che non condividono questa posizione. Essi sostengono al
contrario che esprimere il ROI delle RP in termini economico- finanziari è inadeguato per almeno due ragioni. Primo, perchè la maggior parte delle attività di RP non sono direttamente collegabili a risultati
economici, pur contribuendovi senza dubbio nel lungo periodo. Secondo, perché leattività di RP sono sempre svolte in modo integrato con altre forme di comunicazione, così che risulta difficile isolare
con precisione il ritorno economico di ciascuna di esse.
Ma allora, in cosa consiste il ROI della comunicazione secondo
questi studiosi? Esso consiste nel grado di raggiungimento degli obiettivi di comunicazionepredefiniti.

Secondo questa definizione, il ROI di una campagna di comunicazione può essere espresso per esempio nell’aumentopercentuale di conoscenza dei messaggi chiave da parte dei destinatari.

Adottare questa posizione attribuisce alla fase di definizione degli obiettivi dell’attività di comunicazione un ruolo cruciale, a differenza di quanto sia avvenuto e continui ad accadere, nell’attività quotidiana dei professionisti.

Ma se le RP non parlano il linguaggio del business, riprendendo le perplessità della maggior parte dei professionisti, non corrono il rischio di essere sottovalutate? Secondo quegli esperti che definiscono
il ROI in termini di obiettivi di comunicazione avviene esattamente il contrario.

E’ infatti proprio grazie alla ricerca e alla definizione di un linguaggio specifico, e quindi di indicatori e di tecniche di misurazione ad hoc, che le RP potrebbero assumere il ruolo di disciplina manageriale
a tutto tondo, come è avvenuto per le discipline di più recente sviluppo come il marketing e la gestione delle risorse umane.

Il dibattito è dunque aperto e le diverse soluzioni proposte sembrano tutte molto interessanti!

di Stefania Romenti

 
Di Altri Autori (del 08/08/2008 @ 07:21:10, in Comunicazione, linkato 2689 volte)

“Fuorionda”, il primo free press da spiaggia per l’estate 2008. Il nuovo prodotto editoriale, a cura dell’Osservatorio Giornalistico Mediawatch, ha una cadenza quindicinale ed è stato distribuito per la prima volta sabato scorso, il 26 luglio, nei lidi di Liguria, Toscana, Lazio, Emilia Romagna e Triveneto. Ha una tiratura di 800mila copie e sono previste altre due uscite, il 9 e il 23 agosto. Sono venti pagine a colori ricche di informazioni, rubriche, curiosità, anticipazioni, approfondimenti e passatempi.

Si occupa di hi-tech, sport, società e benessere. Una sezione apposita, “Spazio Regione”, informa sulle occasioni offerte dal territorio in città e al mare: tour gastronomici, mostre, concerti e festival musicali, iniziative sportive, spettacoli di danza e teatro. Le tre uscite previste per quest’estate sono un trampolino di prova per un progetto editoriale di dimensioni molto più ampie da sviluppare il prossimo anno. “Per l’estate 2009 – spiega il direttore Carlo Vittorio Giovannelli – puntiamo a trasformare “Fuorionda” in un quotidiano di 90 numeri con una tiratura di 2.400.000 copie distribuite su tutto il territorio nazionale, isole comprese”.

Via Marketing Journal

 
Di Roberto Venturini (del 31/07/2008 @ 08:07:09, in Comunicazione, linkato 2601 volte)
Per le agenzie coinvolte nel programma spaziale americano, la comunicazione col pubblico è sempre più una priorità, un elemento che determina il loro successo: in un clima di taglio di fondi l’interesse del pubblico è un fattore importante nel determinare quale progetto avrà i soldi per continuare.

Chi ha visto Apollo 13 (il film) si ricorda che per mancanza di audience TV il programma Apollo fu cancellato anticipatamente.

Per evitare questo rischio, gli addetti ai lavori stanno cercando di sviluppare progetti di comunicazione destinati alle persone, sempre più engaging. Dopo lo straordinario successo di interesse del primo robottino su Marte (vi ricordate? Sojourner…) che seppe usare molto bene un Internet agli albori, dopo una comunicazione ben confezionata per i due rover Spirit e Opportunity che ancora adesso scorazzano sulla superficie di Marte, ora tocca a Phoenix innovare.

Phoenix è una roba noiosissima. Non va in giro, non compie imprese epiche. Tutto quello che sa fare è fare foto, scavare da ferma con una paletta e analizzare i campioni presi. Ma sa fare una cosa innovativa: sa parlare in prima persona. Su Twitter.

L’idea di Rhea Borja, Media Relations Officer al Jet Propulsion Laboratory è stata quella di costruire una sorta di personalità artificiale per la macchina… nel senso che è Veronica McGregor, manager dello stesso ufficio, a impersonare la sonda, tenendo aggiornato il mondo non (solo) con le consuete release stampa per addetti ai lavori ma anche con un linguaggio più fresco, sintetico, umano.

Sparando fino a 10 messaggi al giorno su Twitter, in cui la macchina (virtualmente) dà informazioni, aggiorna, risponde alle domande del pubblico… e si abbandona alle emozioni. Con messaggi quali «Are you ready to celebrate? Well, get ready: We have ICE!!!!! Yes, ICE, *WATER ICE* on Mars! w00t!!! Best day ever!!» o «And the great news is, the soil shaking finally worked! I've got an oven full of Martian dirt to analyze, and a lot of happy scientists».

Ci sono già oltre 28.000 “ascoltatori”, senza poi contare quelli che seguono la pagina di Facebook messa su dal JPL.

Un pubblico giovane, tecnofilo, che potrebbe trovare noioso interagire con la NASA, porre le proprie questioni e curiosità a un ente, ma che può trovare normale e affascinante parlare (anche se solo metaforicamente) con una macchina, specialmente se dotata di tratti caratteriali simpatici, divertenti, contemporanei.

E sono spesso persone che non sono particolarmente appassionate di spazio, non sono dei tecnici, sono solo persone che apprezzano una bella storia, apprezzano avere uno spiraglio attraverso il quale origliare quello che succede su Marte, avere uno sguardo sul dietro le quinte, prima che lo pubblichino sui giornali, sapere in tempo reale come sente, che cosa pensa, che cosa combina quel robottino piantato sul gelido polo marziano, con brevi messaggi accessibili anche dal cellulare, dal palmare, da dovunque.

Fatto non disprezzabile, per la sua natura di sinteticità e di informalità, un flusso di Twitter è infinitamente più semplice, rapido e meno costoso da gestire di un sito o di un blog. Poco sforzo, un bel risultato.

Di conseguenza, dato il successo di pubblico è possibile che si sia solo all’inizio di un trend di comunicazione che vedrà le macchine “famose” (o destinate a diventarlo) assumere una propria personalità, un carattere...? (diventando quindi di conseguenza un Brand....)
 
Di Gianluigi Zarantonello (del 21/01/2008 @ 08:00:00, in Comunicazione, linkato 2884 volte)

La spazzatura in Campania sta riempiendo in questi giorni le cronache in Italia e, purtroppo, anche all’estero e leggendo e ascoltando tutto questo mi sono ricordato di un mio vecchio articolo sulla cosiddetta Sindrome di Nimby.


L'acronimo sta per "Not in my back yard"(letteralmente "non nel mio giardino") e si riferisce a quei fenomeni di protesta collettiva che si scatenano contro la realizzazione di opere pubbliche nei pressi della propria città o del proprio paese, nel timore di gravi ripercussioni sulla salute e/o sulla qualità della vita in genere.

 

Alcune ricerche indicano che l'Italia è il paese europeo più soggetto a questo problema che coinvolge quasi il 90 % dei nuovi progetti.
Ma che cosa c'entra la comunicazione con tutto questo?

 

Semplice, per riuscire a realizzare in modo pacifico e senza traumi sociali un progetto, come ad esempio una discarica, occorre lavorare con la popolazione, parlare con le persone, guadagnare la loro fiducia e soprattutto coinvolgerle, materialmente ed emotivamente, in ciò che si va a fare.
Si devono evidenziare inoltre i vantaggi derivanti dal progetto per il singolo e per l'economia della zona in genere e preparare la popolazione ad affrontare eventuali disagi momentanei.
Vanno coinvolti tutti i "pubblici influenti", siano essi enti statali, attori economici privati o opinion leaders, che possono favorire oppure ostacolare la riuscita dell'operazione.

 

Spesso infatti la sindrome di Nimby è causata da diffidenza e scarsa conoscenza.
Inoltre è necessario fronteggiare a livello comunicativo i gruppi più irriducibili (o nel caso campano criminali) e non bisogna lasciare il campo comunicativo a disposizione di chi avversa il progetto rispondendo con campagne stampa informative alla loro opera di opposizione sui media.

 

Infatti, purché un progetto sia valido e sicuro, di solito la conoscenza dei dettagli e dei pregi dello stesso è l'arma migliore per il proponente, mentre la pura imposizione dall’alto delle decisioni è solo causa di scontri.

 

La situazione campana sicuramente è molto complessa, frutto anche di complicità politiche e di una criminalità padrona del territorio.

Tuttavia è un po’ diverso andare improvvisamente a sversare immondizia in un sito dove si era promesso di fare un campo da golf (come a Pianura) e invece spiegare alla gente che con un impianto sicuro non si corrono rischi per la salute e che ci si può ricavare energia risparmiando denaro (come a Lipsia).

 

Dunque la sindrome di Nimby si può affrontare con un'opera di marketing territoriale e di pr, naturalmente occorre che le aziende e le amministrazioni pubbliche siano preparate in materia.
per questo è stato realizzato il Nimby Forum (http://www.nimbyforum.net/) che si pone come un osservatorio del fenomeno per capire e fronteggiare il problema.

 

La lezione più importante comunque è che per affrontare queste situazioni non servono imposizioni o tentativi di far passare le cose sotto silenzio bensì capacità di comunicazione e di informazione, con progetti seri e contrastando contemporaneamente chi fa controinformazione.

 
 
Di Altri Autori (del 17/01/2008 @ 07:49:10, in Comunicazione, linkato 4174 volte)

È tipico di ogni inizio anno un bilancio di quello appena terminato ed una lista di buoni propositi in grado di guidare scelte e decisioni future.
Limitando il discorso all'area che ci interessa possiamo affermare che per il marketing e la comunicazione si è chiuso un anno abbastanza mediocre; certo qualche settore è cresciuto ma al di la delle stime e delle metriche proposte, la sensazione di stallo e di mancata innovazione è palese tra gli addetti ai lavori.
La comunicazione tradizionale ha bisogno di rinnovarsi pur garantendo alle aziende la stabilità e la certezza dei risultati che esse si aspettano di raggiungere, e ciò in contrasto palese con quanto rilevano le principali ricerche che vedono un cambiamento dei media ed un utilizzo frammentato di essi.
Il Censis rileva ad esempio come i media siamo diventati ormai otto con almeno venti differenti modalità di fruizione differenti.
La comunicazione innovativa ha invece ben altri problemi ed una posizione diametralmente opposta; deve cioè ridimensionare la propria capacità innovativa per evitare il rischio che le aziende, ancora non pronte, rimangano disorientate dai troppi cambiamenti (di mentalità, di organizzazione) che tali forme di comunicazione propongono.
Ed ecco quindi il dilemma da sciogliere per questo 2008, anno nel quale l'intero mercato della comunicazione innovativa - dal digitale al virale - ha la possibilità di mostrarsi solida e ben definita agli occhi delle aziende, accreditandosi non più come un "media alternativo" ma come un "media indispensabile".
L'irrinunciabilità di tali attività deriverà dalla capacità che noi avremo di fare un passo indietro nella smania di mostrare fuochi di artificio e case history fantascientifiche alle aziende, nel tentativo di "apparire come il futuro".
Non dobbiamo mostrarci come il futuro, ma come coloro che aiuteranno le aziende a raggiungerlo, questo futuro. Magari sperimentando strade nuove, magari scommettendo su una innovazione, forse anche commettendo degli errori ma sempre operando in "modalità beta" cioè mostrando una chiara e trasparente voglia di confronto con i consumatori e di cambiamento sulla base dei feedback ricevuti.
Le innovazioni e le trasformazioni più importanti sono quelle invisibili, quelle che si compiono all'interno delle organizzazioni, quelle che portano tutti i livelli e le risorse di una azienda a valorizzare il proprio brand, a confrontarsi con esso ad amarlo così come vorrebbero lo amassero i propri consumatori.
Solo dopo la preparazione del terreno potrà essere possibile andare all'esterno e mostrare, attraverso una comunicazione innovativa nell' approccio e non nei media utilizzati, il valore del brand e dell'azienda stessa.
I consumatori vi ameranno per questo.

Gianluca Arnesano su comunicazioneitaliana.com

 
Di Alessandro Figus (del 28/02/2007 @ 19:21:23, in Comunicazione, linkato 4580 volte)

Bibendum,il celebre “omino Michelin” subirà un profondo restyling per la prossima apparizione promozionale.

Bibendum nasce nel 1899 per mano del designer Marius Rossillon che lo creò per i fratelli Michelin in occasione di una campagna pubblicitaria su manifesto.

L’aspetto robusto e imponente caratterizzava il personaggio che era solito fumare il sigaro e farsi accompagnare da invidiabili figure femminili. Il primo manifesto lo raffigurava mentre teneva in mano un bicchiere pieno di vetri frantumati(in altri manifesti avrebbe poi bevuto chiodi,viti,etc..) dicendo ”Nunc est bibendum…C’est a dire: a votre santè le pneu Michelin boit l’obstacle”. Al fianco dello spavaldo Bibendum sono rappresentati due individui decisamente non all’altezza del brindisi, indicati come Pneu X e Pneu Y(rispettivamente Mr. Dunlop ed il Presidente della Continental Co.). Si può parlare a tutti gli effetti di pubblicità comparativa, seppur al limite della denigrazione.

Questo goliardico personaggio incarnava i requisiti che venivano richiesti all’inizio del ‘900 ad un pneumatico: doveva resistere a vetri,chiodi e strade non ancora asfaltate.

Con il passare del tempo Bibendum cambia immagine; nel 1931 smette di fumare ed intorno alla metà del secolo inizia ad assumere un’immagine più amichevole e bonaria.

Pur mantenendo una certa massa corporea (un pneumatico stretto dà sicurezza quanto uno largo..?) l’obiettivo è stato quello di rendere il brand Michelin più simpatico,umano e vicino al pubblico. Le qualità incarnate da un logo antropomorfo sono direttamente collegate alla percezione della brand image ed è proprio sfruttando questo meccanismo che un produttore di pneumatici è riuscito ad attribuirsi caratteristiche assolutamente atipiche per la tipologia del settore in cui opera.

Anche l’ultimo restyling è volto a ridurre il peso di Bibendum ma questa volta l’obiettivo è creare un’immagine più cool, più attraente. E’ proprio questa la necessità del management della società francese; in un mercato in cui il livello della qualità offerta soddisfa le aspettative dei clienti,tendendo peraltro ad equivalersi tra i diversi marchi,gli investimenti in immagine possono creare un importante vantaggio competitivo(come con le sponsorizzazioni in Formula 1).

Insomma Bibendum è per Michelin un patrimonio su cui investire costantemente in quanto da sempre facilita l'identificazione del brand,può trasmettere messaggi e valori,è garanzia di esperienza e facilita il ricordo.


 
Di Max Da Via' (del 15/01/2007 @ 07:28:47, in Comunicazione, linkato 4156 volte)
Sempre più aziende puntano su una maggiore diversificazione all’interno delle proprie strategie di advertising, favorendo progetti di comunicazione locale a discapito della pubblicità sui canali tradizionali, primo tra tutti la televisione.

Anche American Express, uno dei principali player mondiali nel settore delle carte di credito, per il 2007 ha tra gli obiettivi di comunicazione in Italia quello di aumentare le iniziative locali sul territorio. Con una notorietà spontanea del marchio che supera l’80%, l’azienda ha infatti deciso di rivolgersi al proprio target focalizzandosi sempre più sul territorio, utilizzando quando necessario testimonial locali.

Un primo esperimento è stato condotto nel periodo natalizio a Milano, con un investimento complessivo di 700.000 Euro completamente dedicato a media locali (prevalentemente stampa e affissioni). Ma il responsabile marketing italiano di Amex, Paolo Famiglini, sottolinea come l’utilizzo di mezzi alternativi e nuovi canali “vuol dire anche collaborare con associazioni territoriali che consentano di creare comunicazione nei punti vendita o lungo la strada, tutto quello che può essere utile per accompagnare il consumatore dal mattino alla sera”.

L’investimento in comunicazione di Amex nel 2006 è stato di 25 milioni di Euro, dedicato per il 40% all’advertising e per il 60% al below the line, con un incremento complessivo rispetto al 2005 del 30%. Anche per il 2007 gli investimenti in comunicazione aumenteranno di un altro 30% sull’anno precedente, attestandosi attorno ai30 milioni d Euro.

Via Economy
 
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