Immagine
 mymarketing.it: e tu cosa ne pensi?... di Admin
 
"
Errare è umano, ma per incasinare davvero tutto è necessario un computer.

Arthur Bloch
"
 
\\ : Storico : Internet (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 

Audiweb pubblica il nuovo report con i risultati di sintesi della Ricerca di Base sulla diffusione dell’online in Italia, Audiweb Trends*, e distribuisce il nastro di pianificazione, Audiweb Database, con i dati della fruizione di internet (total digital audience) del mese di giugno 2016.

Sintesi dei dati sulla diffusione dell’online in Italia – Audiweb Trends, dati cumulati giugno 2016

Dal nuovo report Audiweb Trends* con i dati cumulati della Ricerca di Base sulla diffusione dell’online in Italia, realizzata in collaborazione con DOXA, emerge che a giugno 2016 l’87,4% della popolazione tra gli 11 e i 74 anni (42 milioni) dichiara di accedere a internet da qualsiasi luogo e strumento, con una crescita del 2,2% rispetto all’anno precedente.

Il trend di crescita è trainato ancora dalla diffusione di smartphone (+14,2% rispetto all’anno scorso) e tablet (+24%) con cui è possibile accedere a internet, mentre si registra ancora una flessione della disponibilità di accesso da casa tramite computer (-1,7).

Più in dettaglio, dai dati sulla disponibilità di accesso dai diversi luoghi e device, risultano 34,8 milioni gli italiani che dichiarano di accedere a internet da cellulari o smartphone (il 72,6% della popolazione tra gli 11 e i 74 anni), 14,4 milioni da tablet (il 30%) e 35,2 milioni da un computer da casa (il 73,4%).

audi1

Sintesi dei dati dell’audience totale di internet – Audiweb Database, giugno 2016

Per quanto riguarda i dati dell’audience online disponibili sull’Audiweb Database, nel mese di giugno 2016 sono stati 28 milioni gli utenti online (il 50,7% della popolazione dai due anni in su), online complessivamente per 48 ore e 5 minuti in media per persona.

L’audience online nel giorno medio raggiunge 21,5 milioni di italiani che si sono collegati almeno una volta a internet tramite i device rilevati (PC e mobile – smartphone, tablet), con un trend trainato, anche per quanto riguarda i dati di fruizione, dai device mobili – smartphone e tablet – che registrano una crescita del 6,7%, passando dai 17,3 milioni di utenti a giugno 2015 a 18,4 milioni di quest’anno.

L’audience online da PC, con 10,9 milioni di utenti unici nel giorno medio, registra un decremento dell’11,5% rispetto all’anno scorso.

audi2

Il tempo speso online a giugno è pari a 48 ore e 5 minuti complessivi per persona, mentre nel giorno mediosono state dedicate circa 2 ore e 5 minuti alla navigazione dai device rilevati.

Gli uomini hanno navigato per 1 ora e 56 minuti, le donne per 2 ore e 15 minuti in media e i giovani tra le 2 ore e 24 minuti (i 25-34enni) e le 2 ore e 36 minuti (i 18-24enni).

Gli italiani tra i 55 e i 74 anni hanno trascorso in media 1 ora e 37 minuti, il 28,4% in più rispetto all’anno scorso.

audi3

Rispetto allo scorso anno, cresce ancora il tempo complessivo trascorso online (+3,4% rispetto a giugno 2015), spinto anche in questo caso dalla navigazione effettuata tramite i device mobili (+10%).

In questo mese di rilevazione, risulta che almeno il 73,3% del tempo totale dedicato alla navigazione è stato generato dai device mobili e, più in dettaglio, circa l’88% della fruizione in mobilità è stato generato dall’uso di applicazioni mobili (+13,4% rispetto a giugno 2015).

audi4

Dai dati sui profili degli utenti online nel giorno medio risultano Il 38,7% degli uomini (10,6 milioni) e il 39% delle donne (10,9 milioni).

Più della metà dei giovani (il 59,7% dei 18-24enni e il 58,9% dei 25-34enni) accede a internet nel giorno medio, mentre solo il 26,6 degli over 55 è rappresentato online registrando, però, un incremento del 46,5% in un anno nella fruizione da mobile.

audi5

Per quanto riguarda i dati di consumo, tra le principali categorie di siti e applicazioni più consultati nel mese di giugno, risultano i siti o applicazioni di ricerca (sotto-categoria “Search”, con il 92,4% degli utenti online), i portali generalisti (sotto-categoria “General Interest Portals & Communities”, con il 90,5% degli utenti online), i social network (“Member Communities”, con l’86,2% degli utenti online).

Raggiungono almeno i tre quarti degli utenti online anche i siti che offrono servizi e tool online (sotto-categoria “Internet tools / web services” con l’85,4% degli utenti) oppure software (sotto-categoria “Software Manufacturers” con l’84% degli utenti), i siti dedicati alla fruizione dei video (“Videos / Movies”, con l’82,2% degli utenti) o all’ecommerce (“Mass Merchandiser”, con il 73,4%).

audi6

via Spot and Web
 
Di Altri Autori (del 12/05/2016 @ 07:38:04, in Internet, linkato 1812 volte)
Il posto giusto dove conquistare nuovi clienti è la Rete: i consumatori di tutto il mondo, infatti, sono sempre più connessi. A dimostrarlo è lo studio Connected Consumer Index, promosso da Gfk, che ha stilato la classifica degli utenti più connessi: se il commercio naviga in Rete, conoscere le preferenze dei propri utenti può rappresentare una via preziosa per individuare nuovi business e trovare il modo giusto per promuovere quelli esistenti.

LA CLASSIFICA. L’indice mette in evidenza il numero di connessi, in termini assoluti e secondo i dispositivi più diffusi (non solo computer e smartphone, ma anche consolle e Smart TV, passando per le case intelligenti e le auto connesse). I paesi coinvolti sono 78, distribuiti in 8 regioni; a vincere è stato Hong Kong, seguito dal Nord America e dagli Emirati Arabi; se le prime due posizioni non destano particolare sorpresa, è da rilevare la “scalata” degli Emirati, che dall’ottavo posto del 2015 balzano al terzo. L’Italia si colloca al 19° posto in classifica, perdendo una posizione rispetto all’anno precedente: i dati raccolti da Gfk sanciscono la predilezione degli italiani per gli smartphone, che restano i dispositivi più utilizzati per navigare in Rete, anche se si nota una crescita nell’utilizzo degli ultimi ritrovati tecnologici, primi fra tutti i gadget indossabili.

CONSUMATORI IN RETE. Secondo Kevin Walsh, direttore del settore Trends & Forecasting di GfK, l’indagine dimostra come Internet stia assumendo un ruolo sempre più importante nella vita dei consumatori di tutto il mondo: si nota un aumento della connettività generalizzato, che coinvolge in particolare il Medio Oriente, l’Africa e l’Asia Pacifica, dove si registrano i picchi di crescita più significativi. Merito senza dubbio degli smartphone, primo e principale strumento utilizzato dai consumatori, attirati dal basso costo di questo tipo di dispositivo e alla facilità d’uso; un trend, questo, che è destinato a dominare nei prossimi anni. I mercati più sviluppati (europeo e nordamericano in primis), invece, hanno dimostrato maggiore attenzione verso i device più innovativi, come le auto connesse e la tecnologia wearable; lenta ma costante la crescita registrata nell’ambito delle smart home.

Via Business People
 
Di Altri Autori (del 11/03/2016 @ 07:05:54, in Internet, linkato 1647 volte)

Audiweb: 28.7 milioni gli italiani online

 Nei dettagli del nuovo report di Audiweb, nel giorno medio risultano 11.5 milioni gli italiani che hanno navigato da un computer, il 20,8% della popolazione dai 2 anni in su e 18.2 milioni da device mobili (smartphone e tablet), il 41,2% dei 18-74enni. Numeri che testimoniano il crescente “amore” verso smartphone e tablet pc degli italiani. In Italia, inoltre, l’accesso ad internet non vede prevalere ne il sesso maschile e nemmeno quello femminile. Infatti, in base ai dati socio-demografici, nel giorno medio a gennaio erano online 10.9 milioni di uomini (il 40% degli uomini dai 2 anni in su) al pari delle donne, 10.9 milioni online (il 39% delle donne). In ogni caso, Audiweb ha verificato come internet sia un mondo amato prevalentemente dai giovani.

 La fruizione di internet è ormai una pratica che si è affermata principalmente tra i 18-24enni, con il 65% dei giovani di questa fascia che naviga quotidianamente e soprattutto da device mobili. Infatti, mentre il 61% naviga da device mobili (2.6 milioni), solo il 24% naviga da computer (1 milione).

 La navigazione tramite device mobili (smartphone e tablet), inoltre, prende ancora piede tra le donne, affermandosi nel 42% dei casi contro il 40% degli uomini: sono state 9.8 milioni le donne online da device mobili nel giorno medio a gennaio, più degli uomini (8.7 milioni), collegate per 1 ora e 56 minuti per persona.

Sono ancora i giovani di 18-24 anni a dedicare molto tempo alla navigazione online, con 2 ore e 31 minuti complessivi nel giorno medio (2 ore e 17 minuti da device mobili), seguiti dai 25-34enni online per 2 ore e 13 minuti e la fascia più estesa dei 35-54 anni che tocca le 2 ore a persona.

 Tra le prime categorie di siti e applicazioni più consultati nel mese, anche a gennaio risultano confermati i siti di ricerca con 26.4 milioni di utenti complessivi, i portali generalisti con 25.8 milioni di utenti e i social network che raggiungono 24.9 milioni di utenti.

 Per quanto riguarda il consumo di contenuti di intrattenimento, l’insieme di siti e applicazioni dedicati ai contenuti video (sotto-categoria “Videos / Movies”) hanno raccolto l’interesse di 23.7 milioni di utenti, mentre la categoria di siti dedicati alle notizie e all’informazione (Current Events & Global News) ha raggiunto quasi 20 milioni di utenti. Il 75,8% degli utenti online, 21.8 milioni, ha visitato almeno un sito o applicazione dedicato all’ecommerce (sotto-categoria “Mass Merchandiser”), dedicandovi in media 1 ora e 39 minuti.

 Via Webnews

 

Quali saranno i trend della Digital Transformation nel business nel prossimo futuro? A rispondere a questa domanda ci hanno pensato diversi istituti di ricerca, tra cui ForresterGartner e IDC. Secondo Forrester, solo il 27% delle aziende di oggi ha una strategia digitale coerente, in grado di definire in dettaglio come l’azienda crea valore per i propri clienti attraverso il business digitale. Gartner afferma, tuttavia, che 125.000 grandi organizzazioni stanno lanciando iniziative di Digital Transformation e gli amministratori delegati si aspettano che le entrate dal digitale aumentino di oltre l’80% entro il 2020. IDC, invece, si aspetta che la percentuale di imprese che si concentreranno su progetti di trasformazione digitale in tutto il mondo raddoppierà entro il 2020 (dal 22% di oggi a quasi il 50%).

Le previsioni non si fermano qui e addirittura comincia a nascere un nuovo lessico: IDC parla dell’“economia della trasformazione digitale”, Gartner inventa il termine “business algoritmico” e Forrester di “Economia programmabile”. Tutti modi di dire che richiamano all’importanza della trasformazione digitale nel business e nelle aziende. Ma cosa significano? Per comprenderlo, Forbes ha messo insieme una serie di trend che vedremo realizzarsi nel corso del nuovo anno (ma anche successivamente), estrapolando i contenuti proprio dalle ricerche dei vari istituti. Ecco cosa è emerso:

1.     La Digital Transformation diventerà il driver strategico fondamentale per la maggior parte degli amministratori delegati: nel corso di quest’anno i CEO faranno uno sforzo notevole per integrare le diverse iniziative digitali in tutta l’azienda, creando una visione chiara, di lungo periodo, al fine di dimostrare (dati alla mano) come le esperienze digitali riusciranno a generare entrate; inoltre le industrie B2B inizieranno a colmare il divario digitale che c’è rispetto alle aziende B2C, nettamente superiori (ad oggi) nell’implementare strategie vincenti di digital transformation.

2.     I Big Data saranno la colonna portante della Digital Transformation: l’analisi dei dati farà risparmiare circa 60 miliardi di dollari all’anno entro il 2020; questo sarà possibile perché (mentre altre aziende ignoreranno i big data) alcune imprese utilizzeranno i dati per fornire servizi personalizzati ai propri clienti, ma riusciranno anche a implementare strumenti e competenze in grado di ricavare valore dal flusso continuo di informazioni. In sintesi, il successo della digital transformation sarà basato sull’analisi dei flussi di dati (dentro e fuori l’azienda) in grado di essere monetizzabili.

3.     Le iniziative digitali saranno legate ad una visione precisa e le aziende saranno riorganizzate in base ad essa: nel 2016 i decision maker delle aziende realizzeranno progetti digitali in grado di influire su tutta l’organizzazione, perseguendo pochi scopi ma efficaci; in dettaglio, dal punto di vista organizzativo potremo assistere alla nascita di figure professionali il cui scopo sarà unicamente quello di verificare l’attuazione della digital transformation.

4.     L’Internet of Things sarà un forte driver per la trasformazione digitale in tutti i mercati: entro il 2018 ci saranno almeno 22 miliardi di dispositivi funzionanti all’interno dell’ecosistema dell’Internet delle cose, portando ad uno sviluppo di oltre 200.000 nuovi servizi; le soluzioni dell’internet of things hanno il potenziale di essere concretamente applicabili in ogni tipo di attività economica e di cambiare in modo sostanziale le modalità con cui le persone e i consumatori si relazionano con le imprese e le loro catene del valore.

5.     La Digital Transformation richiederà nuove competenze e uno spostamento di investimenti verso il settore IT: entro il 2018 il 35% delle risorse IT sarà investito in progetti volti a creare nuovi flussi di entrate dal digitale ed entro il 2020 quasi il 50% del budget IT sarà legato esplicitamente a iniziative di digital transformation. Riuscire ad intercettare giovani talenti e la capacità di assumere le persone giuste al momento giusto diventerà una grande differenziazione competitiva. Inoltre le nuove competenze digitali, come la creazione di app per il mobile e il design thinking, diventeranno il “new normal” per lo sviluppo dei software.

6.     L’Intelligenza artificiale (IA) sarà un nuovo driver: entro il 2018 almeno il 20% di tutti i lavoratori utilizzerà le tecnologie di assistenza automatizzata per prendere decisioni e ottimizzare il lavoro; sempre Forbes sostiene che entro il 2020, software autonomi, che non rispondono direttamente al controllo umano, parteciperanno al 5 % di tutte le transazioni economiche. L’interesse per l’intelligenza artificiale è stato manifestato concretamente anche da Mark Zuckerberg ad inizio anno, quando ha dichiarato di voler sviluppare una propria IA personale per aiutarlo nella gestione del lavoro.

In sostanza la Digital Transformation avrà molto a che fare con aspetti fondamentali che riguardano da una parte i cambiamenti organizzativi delle aziende e delle società, dall’altro la dimensione tecnologica e analitica: l’importanza delle competenze così come degli investimenti è un fattore cruciale che sarà affrontato durante il corso dell’anno da diverse realtà; inoltre la diffusione sempre più elevata dell’Internet of Things, della Big Data Analysis e, gradualmente, delle intelligenze artificiali toccherà da vicino i mercati, fino ad obbligare le aziende a ristrutturarsi e ri-organizzarsi. Questo però non vuol dire solo spese e cambiamenti, ma anche nuove opportunità di risparmio e di guadagno grazie a servizi personalizzati e analisi sempre più potenti.

Via Tech Economy

 


Istat ha rilasciato il Rapporto Cittadini, imprese e ICT che ha fotografato usi e limiti nell’adozione della rete e dell’ICT in Italia da parte di cittadini e imprese. Quello che emerge, similmente a quanto già evidenziato dal Rapporto Censis, è un quadro in chiaroscuro. Se da una parte cresce la disponibilità di banda larga per le famiglie dall’altra, rispetto all’Europa, l’Italia è tra gli ultimi sei paesi nella graduatoria sulla diffusione della banda larga. Non bene neppure il fronte delle competenze: solo il 29,5% degli utenti di Internet ha competenze digitali elevate, la maggioranza degli utenti ha invece competenze di base (36,6%) o basse (31,4%). Inoltre vi è una nicchia di internauti che non hanno alcuna competenza digitale (2,5%, pari a 741mila).

E, ancora, se da una parte crescono le imprese che vendono via web (7,9% contro 6,3% del 2014) , è pur vero che soltanto il 12,8% delle imprese permette di effettuare online ordinazioni o prenotazioni dei propri prodotti (11,5 nel 2014) e solo il 10% ha venduto online i propri prodotti nel corso dell’anno precedente. Insomma, c’è ancora molta strada da fare.

CITTADINI

Sul fronte della banda larga tra il 2010 e il 2015 è aumentata  la quota di famiglie che dispone di un accesso a Internet da casa, da 52,4 % a 66,2%. Tale trend di crescita si registra anche nell’ultimo anno (+ 2,2 punti percentuali ). E sono aumentate – da 41,0% a 64,4% – anche le famiglie con una connessione a banda larga. Il contributo più rilevante arriva dalle tecnologie mobili: crescono le quote di famiglie con solo banda larga mobile – da 6,6% a 18,6% – o che dispongono di entrambe le modalità di accesso – da 1,4% a 11,5%.
La notizia,come detto, di per sè fa ben sperare ma va ricordato che i dati, se paragonati all’Europa e alle richieste Ue in termini di diffusione e prestazioni della rete per il 2020, pongono l’Italia tra gli ultimi 6 paesi nella graduatoria per diffusione della banda larga5 con un valore pari al 74%.
Non bene neppure il fronte delle competenze digitali: la maggior parte delle famiglie che non hanno accesso ad Internet da casa indica la mancanza di competenze come principale motivo del non utilizzo della Rete (56,3%) e quasi un quarto (24,5%) non considera Internet uno strumento utile e interessante. Seguono motivazioni di ordine economico legate all’alto costo di collegamenti o strumenti necessari (14,4%) mentre l’8,2% non naviga in Rete da casa perché accede ad Internet da un altro luogo. Residuale è invece la quota di famiglie che indicano tra le motivazioni l’insicurezza rispetto alla tutela della propria privacy (2,3%) e la mancanza di disponibilità di una connessione a banda larga (1,7%).

Cosa si fa in rete

Il 71% delle persone che hanno navigato in Internet negli ultimi 3 mesi lo ha fatto per scopi culturali: il 52,5% ha navigato per leggere giornali, informazioni, riviste online e il 32,7% ha guardato video in streaming. Un italiano su quattro si è connesso ad Internet per guardare film in streaming (25,1%), ascoltare la radio (23,0%), guardare programmi televisivi (22,5%). I maggiori fruitori sono i 15-24enni, con l’eccezione della lettura di giornali, informazioni o riviste per la quale si verifica il contrario.
Quasi un terzo degli utenti (32,1%) pubblica sul web contenuti di propria creazione (come testi, fotografie, musica, video, software, ecc.) ma la quota sfiora il 50% fra i giovani di 18-24 anni. Il web si rivela anche un importante strumento per l’interazione sociale. Più della metà degli internauti (56,1%) lo ha usato per creare un profilo utente, inviare messaggi o altro su Facebook o Twitter; oltre l’80% dei 15-24enni utilizza un social network e, fra questi, sette su 10 vi partecipano quotidianamente (contro il 56,6% della media). Nel 2015, circa un terzo degli utenti di 15 anni e più (29,2%, circa 8 milioni 844mila di internauti, in aumento rispetto al 2014 quando raggiungeva il 26,7%) ha fatto ricorso ai servizi cloud per salvare documenti, immagini o altri file. Tali servizi sono utilizzati soprattutto dai giovani, in particolare tra i 20-24 anni (40,3%).

IMPRESE

Nel 2015, il 94,4% delle imprese con almeno 10 addetti utilizza connessioni in banda larga fissa o mobile (91,8% connesse in banda fissa, 63,3% in banda mobile). Considerando le imprese per tipologia di connessione utilizzata, oltre sei su 10 (60,7%) ricorrono sia a connessioni fisse che mobili: tale quota varia dal 93,4% delle imprese con almeno 250 addetti al 57,9% di quelle con 10-49 addetti. Tra queste ultime, quattro imprese su 10 non utilizzano ancora connessioni mobili per l’attività lavorativa. Il 5,6% delle mprese dichiara di non utilizzare connessioni in banda larga. Si conferma la crescita della connessione mobile in banda larga, da 60,0% del 2014 a 63,3%.

Nel complesso comunque l’adozione dell’ICT resta basso tra le imprese.  L’87,6% delle imprese con almeno 10 addetti si colloca ad un livello ‘basso’ o ‘molto basso’ di adozione dell’ICT, non essendo coinvolte in più di 6 attività tra quelle considerate (la media europea è del 78%); il restante 12,4%si posiziona su livelli ‘alti’ o ‘molto alti’ di digitalizzazione. Secondo i ricercatori: “questo quadro è in parte riconducibile a fattori strutturali; la bassa dimensione media delle imprese può incentivare il ricorso a servizi ICT esterni all’impresa, che non vengono colti dagli indicatori descritti ma producono effetti positivi sulla competitività delle imprese.”

Per quanto riguarda la presenza online il 70,7% delle imprese con almeno 10 addetti dispone di un sito web (69% nel 2014); una impresa su quattro ha sul sito un link al proprio profilo social mentre il 37,3% utilizza un social media (32% nel 2014), soprattutto per finalità di marketing (29,6%). Ma se è vero che sette piccole imprese su dieci hanno un sito web e tre utilizzano un social media. Emergono forti differenze per classe dimensionale. In particolare il divario è consistente proprio nell’adozione di strumenti che rispondono meglio a esigenze di maggiore complessità aziendale quali l’utilizzo di software per la condivisione interna delle informazioni (Enterprise resource planning , 32,2% per le piccole contro 78,6% per le grandi), l’adozione di sistemi elettronici per lo scambio di informazioni con clienti e fornitori sulla gestione della catena distributiva (Supply Chain Management, 11,3% contro 36,5%) e di applicazioni informatiche per la gestione e l’analisi dei dati raccolti sulla clientela (Customer Relationship Management, 28,6% contro 52,4%). Il divario relativo più grande tra piccole e grandi imprese si registra per la velocità di download pari ad almeno 30 Mbit/s (11,2% contro 39,6%).

E-COMMERCE

Il 70,7% delle imprese ha quindi un proprio sito web, ma poco più di un terzo lo usa per offrire servizi più avanzati come quelli legati alla tracciabilità delle ordinazioni online o alla personalizzazione di contenuti e prodotti. Solo il 12,8% delle imprese permette ai visitatori del sito di effettuare online ordinazioni o prenotazioni dei propri prodotti (11,5 nel 2014); tale percentuale sale fino a coinvolgere una impresa su quattro fra quelle di maggiore dimensione. Nel corso del 2014 solo il 10% di imprese con almeno 10 addetti ha venduto online i propri prodotti nel corso dell’anno precedente (8,2% nel 2014); la quota sale al 29,6% nel caso di imprese con almeno 250 addetti, mentre scende al 6,7% considerando solo quelle imprese che hanno effettuato vendite online per un valore almeno pari all’1% del proprio fatturato totale.

Tuttavia nel complesso crescono le imprese che vendono via web (7,9% contro 6,3% del 2014) e tale canale di vendita continua a essere preferito rispetto ad altri canali online. Predominano quelle che hanno come compratori i consumatori privati (78,9%) rispetto ad imprese e amministrazioni pubbliche (58,7%). Il fatturato online cresce e si attesta al 9,2% del fatturato totale (7,1% nell’anno precedente): la quota è al 2,6% per le imprese con 10-49 addetti, al 10,7% per quelle con almeno 250 addetti ed è massima per quelle con 100-249 addetti che registrano un fatturato online del 18%. Continua a crescere la presenza sul mercato online delle imprese attive nell’editoria (da 67,0 dell’anno precedente a 82,6%) e nei servizi di alloggio (da 61,0 a 62,6%).

Via Tech Economy

 
Di Altri Autori (del 14/12/2015 @ 07:52:35, in Internet, linkato 1813 volte)

Audiweb distribuisce il nastro di pianificazione, Audiweb Database, con i dati dell’audience totale di internet (total digital audience) del mese di ottobre 2015.

Il nastro di pianificazione, distribuito alle software house e fruibile attraverso i tool di pianificazione, offre il dettaglio dei dati della navigazione quotidiana sui siti degli editori iscritti al servizio, organizzati per device, PC e Mobile (smartphone e tablet al netto delle sovrapposizioni).

I nuovi dati sull’audience totale di internet e sulla fruizione dell’online da desktop e da device mobili sono disponibili anche sulla piattaforma Audiweb View per la consultazione dei dati mensili su tutto il mercato online.

Sintesi dei dati dell’audience totale di internet – Audiweb Database, ottobre 2015

L’audience totale di internet nel mese di ottobre risulta pari a 29.5 milioni di utenti unici, il 53,4% degli italiani dai 2 anni in su.

Nel giorno medio erano online da tutti i device rilevati (PC, smartphone e tablet) 22.3 milioni di utenti, collegati in media per quasi 2 ore per persona.

Più in dettaglio, in base ai dati sui device da cui si accede a internet, risultano 18.2 milioni gli utenti unici online da device mobili (smartphone e tablet), il 41,2% degli italiani tra i 18 e i 74 anni, e 12.6 milioni da PC, il 22,8% degli italiani dai 2 anni in su.

Per quanto riguarda il profilo dei navigatori nel giorno medio, risultano online il 41% degli uomini (11.3 milioni di uomini dai 2 anni in su), il 40% delle donne (11.1 milioni) e il 66,3% dei giovani tra i 18 e i 24 anni (2.8 milioni), 3 giovani su 5.

È online il 57,6% dei principali responsabili d’acquisto (10.8 milioni di italiani tra i 35 e i 54 anni) e, sebbene per il segmento 55-74 anni l’accesso a internet nel giorno medio sia ancora limitato al 24,8%, si registra un incremento del 32% in un anno degli utenti di questa fascia online da mobile.

Dai dati sulla provenienza geografica, risultano online nel giorno medio il 39,4% degli abitanti dell’area Nord Ovest (4.5 milioni), il 38,8% del Nord Est (2.9 milioni), il 35,6% del Centro (2.4 milioni) e il 33% dell’area Sud e Isole (5.8 milioni).
Gli italiani online dedicano alla navigazione circa 45 ore e 53 minuti complessivi nel mese, quasi due interi giorni per persona.

Tra i raggruppamenti di siti più visitati nel mese, si confermano le sotto-categorie di siti e applicazioni di ricerca “Search” (il 92% degli utenti online, 27 milioni), i portali generalisti “General Interest Portals & Communities” (il 90,2%, 26.6 milioni di utenti unici), i social network “Member Communities” (l’87,4%, 25.8 milioni di utenti unici) e, per i siti di intrattenimento e informazione, le sotto-categorie “Videos / Movies” (l’81,3%, 23.9 milioni di utenti) e “Current Event e Global News” (il 68,8%, 20.3 milioni di utenti che visitano siti di news).

Rilevanti anche i valori delle sotto-categorie di siti dedicati alle attività più pratiche e quotidiane, quali: gli acquisti online, con 21.7 milioni di italiani online che visitano siti di e-commerce, (sotto-categoria “Mass Merchandiser”), la gestione della posta elettronica, con 22.4 milioni di utenti (sotto-categoria “Email”), la consultazione di strumenti utili per la ricerca e l’approfondimento con 17.8 milioni di utenti ( sotto-categoria “Research Tools”) o di mappe e informazioni utili per viaggiare, con 17.8 milioni di utenti (sotto-categoria “Maps/Travel Info).

Via Spot and Web

 
Di Altri Autori (del 09/11/2015 @ 07:32:13, in Internet, linkato 1591 volte)

Negli scorsi giorni Facebook ha chiaramente dimostrato, semmai ce ne fosse stato bisogno, come l’advertising, soprattutto se mobile, sia oggi una delle principali fonti di entrate per chi opera in rete. Eppure, di pari passo con la crescente importanza della pubblicità online, cresce anche l’apprezzamento degli utenti per sistemi e app che ne bloccano l’invasività: secondo un report di PageFair e Adobe sono 198 milioni gli utenti attivi nel mondo che usano software che bloccano le pubblicità online il che si traduce in un costo stimato di 22 miliardi persi, quest’anno, per gli editori.

Un campanello di allarme significativo per gli advertiser che hanno puntato molto sul web in questi anni di magra su altri media: solo in Italia, sostiene Nielsen, Internet è cresciuto del +4,6% nel singolo mese di settembre (+4,6%), con la pubblicità digitale che cresce del 9,1% nel periodo gennaio – settembre di quest’anno. A livello globale Statista prevede che il digital advertising rappresenterà il 33% di tutta la spesa pubblicitaria nel 2018 mentre in Ue il mercato della pubblicità online è raddoppiato in cinque anni+11,6% rispetto allo scorso anno raggiungendo un valore di  30.7 miliardi di euro.

Un mercato potenzialmente vasto che sta però facendo i conti con sistemi sempre più sofisticati di blocco di pubblicità digitale che vanno ad intercettare atteggiamenti diversi da utenti diversi: di recente Apple ha rilasciato una  nuova versione del suo sistema operativo iOs 9 che permette di installare applicazioni che bloccano le pubblicità e altri contenuti sulla versione mobile di Safari tanto che, in poche ore, si è assistito a un boom di download di tali app. Di fatto quello che già permettono di fare altri browser da tempo nel corso della navigazione web. La mossa di Apple ha seriamente preoccupato gli inserzionisti già allarmati da un fenomeno dilagante che il colosso di Cupertino, per la portata di utenza che arruola, potrebbe acuire ancora di più.

Piace o no?

Potrebbe sembrare una domanda retorica ma non lo è del tutto. Sempre secondo PageFair, che ha intervistato un campione di 400 persone in Usa, tra i motivi che spingono, o spingerebbero, i consumatori a usare tali metodi vi è principalmente il timore che i loro dati possano essere usati per personalizzare la pubblicità mentre per altri gli utenti sarebbero semplicemente infastiditi dalla pubblicità, relegando il fattore privacy ad uno dei motivi primari ma non il principale.
L’invasività delle forme pubblicitarie display è chiamata in causa da TechCrunch, e da diversi operatori di settore, come uno dei perchè che spingono gli utenti a non voler visualizzare i contenuti pubblicitari: Scott Scott Cunningham, della Interactive Advertising Bureau spiega che: “abbiamo assistito a un aumento di pubblicità invasiva” e si, gli operatori capiscono perchè le persone sono scontente su come loro ottengono dati sui target delle loro pubblicità. Harry Kargman, fondatore e CEO delll’azienda di pubblicità mobile Kargo, a TechCrunch spiega che in molti casi la pubblicità online ha creato effettivamente “una cattiva consumer experience da tutti i punti di vista: di privacy, di usabilità e di fastidio.” Allo stesso tempo, spiega, bisognerebbe spiegare alle persone, mentre gli operatori elaborano nuove strategie, che bloccare la pubblicità è quasi come rubare: “Non c’è dufferenza dallo scaricare video pirata.”

Eppure non tutti gli utenti sono così ostili all’adversting online: nel report “What’s my worth 2015”, realizzato da Opinium Research e commissionato da Millennial Media, sul comportamento di 4000 utenti mobili in 4 Paesi: Francia, Germania, Regno Unito e USA, emerge come ci sia consapevolezza che con laa pubblicità è possibile fruire di App gratuite. Il 79% del campione è consapevole del meccanismo per cui la pubblicità permette di mantenere gratuiti contenuti e applicazioni. Solo il 3% accetta di pagare per non far apparire messaggi pubblicitari sul proprio device, mentre il 72% preferisce pubblicità e servizi gratis.

Insomma, lo scenario appare delicato con valide motivazioni pro e contro sistemi di adblocking, a dimostrazione di come l’ecosistema sia ancora alla ricerca di un giusto bilanciamento tra quelle che sono le esigenze di sopravvivenza di attività online gratuite per l’utenza e quelle della stessa utenza, che rivendica la possibilità di aggirare i vincoli, e i fastidi della pubblciità. Infondo cambiano strumenti e canali, ma il dilemma è il medesimo della tv e del telecomando.

Via Tech Economy

 
Di Altri Autori (del 01/10/2015 @ 07:28:32, in Internet, linkato 1526 volte)

È diventato uno scontro di culture, ma è nato come una opposizione di modelli di business. La decisione di Apple di consentire con iOS 9 la realizzazione per iPhone e iPad di ad blockers, app che aggiungono al browser di serie Safari la possibilità di bloccare le pubblicità e molte altre funzioni dei siti web, è il punto di arrivo di una diversa visione di come dovrebbe funzionare il web in mobilità e delle conseguenze che ne derivano. Per Apple, che realizza oltre agli apparecchi anche il sistema operativo e i principali servizi connessi (app e cloud) mantenendo un forte controllo sull’ecosistema di sviluppatori terze parti (tutte le app devono preventivamente essere approvate da Apple per poter essere istallate), il maggior valore deriva dal buon funzionamento dei suoi apparecchi. Perché i margini più ampi per l’azienda vengono dalla vendita di telefoni, tablet, Mac e adesso orologi: il resto sono prodotti complementari per migliorare l’esperienza (e quindi stimolare la vendita) dell’hardware. Così, dai tempi del lancio dell’iPhone quando Steve Jobs dichiarò che Flash non avrebbe mai funzionato su iOS (lasciando nella disperazione una intera generazione di professionisti che avevano sviluppato competenze molto approfondite sulla piattaforma interattiva di Adobe e di utenti che dal telefono di Cupertino non avrebbero più potuto raggiungere quei servizi web) Apple mantiene un presidio su quello che può andare o no nei suoi dispositivi mobili.

La pubblicità sugli apparecchi di Apple, hanno pensato a Cupertino, non è una buona cosa: genera traffico dati inutile, appesantisce le pagine, fa lavorare i processori e consuma più rapidamente le batterie, oltre a raccogliere informazioni sugli utenti stessi. Consentire agli utenti di filtrare i tracker, oltre a creare una nuova categoria di app vendibili dagli sviluppatori (sulle quali Apple guadagna il 30%), fa più contenti gli utenti e limita il valore che la concorrenza può trarre da chi usa iPhone e iPad. E l’uso dei tracker per dare più servizi agli utenti, ad esempio consentire il mantenimento delle connessioni tra pagine web diverse? Per quello, dicono da sempre a Cupertino, ci sono le app. Dall’altra parte del mercato, ma bisognerebbe dire dall’altra parte del ring, c’è Google. Il cui modello di business, e di conseguenza la visione del mondo, è all’opposto: sta tutto nella rete, il browser è il sistema operativo, tutte le tecnologie che possono potenziare l’esperienza del web sono le benvenute e comunque i soldi si fanno con la pubblicità e i servizi freemium e non vendendo l’hardware con ampi margini.  La questione è ovviamente più complessa e sfumata: Apple difende la privacy dei suoi utenti non solo per motivi di lucro (ma ci sono anche quelli) e Google non vuole venderla per motivi di lucro (anzi, cerca di offrire più servizi che funzionino meglio). Ma è certo che le due aziende nel tempo hanno cominciato a parlare due lingue sempre più diverse. Il suggerimento di Gola profonda a Bob Woodward e Carl Bernstein in “Tutti gli uomini del Presidente”, “Follow the money”, vale perciò fino a un certo punto.  La “cura dimagrante” alla quale Apple sta sottoponendo i suoi stessi prodotti e servizi è infatti necessaria per dare respiro agli apparecchi che sono sempre più potenti ma con batterie sempre meno capaci (gli iPhone 6s hanno una batteria con meno capacità della precedente generazione, ma un processore due volte più potente). In rete poi stanno nascendo anche movimenti di hipster del web, che vogliono tornare alla creazione di pagine “fatte a mano”, prive di orpelli in javascript e che non vengono assemblate automaticamente dai “soliti noti”, con template in serie. A fronte di un web “a chilometro zero”, c’è però anche il bisogno di nuove tecnologie che permettano di sfruttare appieno la Internet delle cose e le possibilità offerte dal web mobile.

Perché alla fine il punto di scontro è sulla natura della navigazione dal palmo della mano, non dalla scrivania: prospettive di sviluppo diverse figlie di una cultura della rete diversa. Qui le prospettive divergono ancor più fortemente. C’è chi, come Chris Dixon, ritiene che, a fronte di un aumento dell’uso di internet su dispositivi mobili, siamo di fronte a un “declino del web”, perché «le persone passano sempre più tempo usando le app e non il web. E questo è grave, perché il mobile e il futuro e quel che le persone fanno sul mobile diventa quello che fanno su Internet. E adesso il web sta perdendo».

Altri, invece, leggono gli stessi dati all’opposto, come John Gruber: «Dovrebbe celebrare e non lamentarci del fatto che il web si stia diversificando oltre i confini del browser e i limiti di Html, Css e Javascript. Lasciamo i siti web a fare quel che sono bravi a fare nel browser e sfruttiamo invece le app native per quel che sanno fare bene anche loro. Gli utenti vanno naturalmente verso la migliore esperienza d’uso». «Soprattutto – conclude Gruber – non dobbiamo pensare al “web” solo per le cose che stanno dentro i browser. Invece, il web è il protocollo HTTP e la open internet. Dentro ci sono anche le app connesse».

Sul tema di chi raccolga il valore delle tracce lasciate dagli utenti, Gruber sfuma e così rimane aperta la questione: chi ne sa di più guadagna, ma di chi si tratta? Dei produttori degli apparecchi, dei fornitori della connessione o degli Over the top?  Internet in ogni caso resta la piattaforma di sviluppo per il web e per il mobile. Al suo interno ci possono essere forme diverse, coesistenti, di crescita a volte anche in conflitto ma sostanzialmente autonome. E l’incontro di modelli di business diversi, se sono chiare le regole fondamentali, ha come risultato il miglioramento per gli utenti e un mercato più efficiente. E magari apparecchi più performanti con pubblicità più utile ed efficace.

Via IlSole24Ore.com

 
Di Altri Autori (del 16/09/2015 @ 07:38:59, in Internet, linkato 1478 volte)

Erano 29 milioni gli italiani collegati online a Giugno 2015, mentre a Luglio del corrente anno il numero è leggermente sceso a 28,3 milioni di utenti che si sono collegati a internet almeno una volta al mese, pari al 51,3% di italiani che hanno un minimo di 2 anni di età. Il tempo medio che un italiano passa connesso al web è di circa 44 ore e 20 minuti per persona (sceso da 44 ore e 50 minuti nel mese precedente).

Sono i dati aggiornati e diffusi da Audiweb relativi all’audience totale di internet (total digital audience) del mese di luglio 2015.

Nel giorno medio di Luglio 2015 l’audience totale ha raggiunto 21,3 milioni di utenti collegati in media per 1 ora e 54 minuti. Hanno avuto accesso ad internet da device mobili 20,5 milioni di utenti unici (da smartphone e tablet), il 46,4% degli italiani di 18-74 anni, e 17 milioni nel giorno medio. Gli accessi da pc a luglio sono rappresentati da 26,2 milioni di utenti (dai due anni in su) e 11,5 nel giorno medio.


Il rapporto rivela che, in base ai dati socio-demografici, nel giorno medio di Luglio erano online 11 milioni di uomini (il 40% degli uomini dai 2 anni in su) e 10,3 milioni di donne (il 37% delle donne dai 2 anni in su).

La fruizione di internet nel giorno medio da device mobili ha superato il 58% dei giovani tra i 18 e i 34 anni e sono i più giovani di 18-24 anni a trascorrere più tempo online con una media di 2 ore e 14 minuti ciascuno.

Per quanto concerne i dati sulla distribuzione del tempo trascorso online attraverso i device rilevati, nel mese di luglio Audiweb ha rilevato che il 71% del tempo totale passato online è generato dalla fruizione di internet da mobile e, più nello specifico, il 60,6% del tempo totale è generato dalla fruizione tramite applicazioni mobile.

La ricerca Audiweb Mobile è basata su un modello di rilevazione ‘user centric’ che integra i dati di navigazione da device mobili (smartphone e tablet) con i dati della fruizione PC. Al panel PC di oltre 40.000 panelisti viene affiancato un per gli smartphone un panel di circa 3000 persone (1.500 per il sistema operativo Android e 1500 per iOS), e per i tablet circa 1000 panelisti (Android e iOS). Il campione di riferimento della total digital audience è composto da persone con età di almeno 2 anni, ad esclusione dei dati “Mobile” che sono rilevati per i soli 18-74enni.

Via Punto Informatico

 
Di Altri Autori (del 12/08/2015 @ 07:06:53, in Internet, linkato 1814 volte)

La legge spagnola che obbliga gli aggregatori di notizie online a pagare un contributo ai produttori di contenuti anche per poterne pubblicare solo una piccola anteprima fa più male ai detentori dei diritti che l'hanno voluta inizialmente che a Google News e affini, ed è costata loro almeno 6 per cento del traffico registrato.

In gran parte su pressione dell'Asociaciòn de Editores de Diarios Espanoles (AEDE), il Parlamento spagnolo aveva approvato lo scorso ottobre la nuova legge, entrata in vigore a gennaio, che ha modificato l'art. 32.3 della normativa sul diritto d'autore riconoscendo la tutela dei cosiddetti snippet (le anteprime) dei contenuti pubblicati online ed utilizzate dagli aggregatori per contestualizzare e presentare i link alle notizie.

Da un lato la legge ha di fatto riconosciuto che il servizio Google News fosse fino a quel momento lecito, dall'altro ha fatto intendere che non lo considerasse giusto nei confronti dei produttori di notizie, che ha finito per appoggiare nelle loro posizioni più estreme: anche prima che fosse adottata la normativa, d'altra parte, vi erano discussioni circa l'opportunità di una tale strategia e sul valore intrinseco di Google News come vetrina e moltiplicatore di link per i giornali online stessi.

Google, in ogni caso, non si era fatta intimorire: convinta delle proprie ragioni aveva risposto, subito dopo l'introduzione della nuova forma impropria di tassazione, annunciando di voler abbandonare con il proprio aggregatore di notizie la Spagna.

La mossa ha subito spinto gli editori a fare un passo indietro sostanziale, chiedendo al governo di intervenire nuovamente sulla questione per porvi rimedio: Google non ha visto il loro bluff e gli editori si sono ritrovati con una mano perdente, proprio come gli editori tedeschi prima di loro, che nel braccio di ferro con Mountain View hanno ben presto capito che non potevano fare a meno dell'aggregatore di BigG e gli hanno "concesso" una licenza gratuita per indicizzare le proprie notizie.

Proprio come per loro, anche per gli spagnoli al momento di mostrare i propri punti i conti non sono tornati: a dirlo è lo studio voluto proprio dall'editoria spagnola, che conclude affermando che l'implementazione della legge costerà agli editori 10 milioni di euro, con danni maggiori per i piccoli editori che vedono il proprio traffico crollare del 14 per cento.

Secondo le conclusioni della ricerca, i supposti effetti distorsivi legati agli utenti che si limitano a leggere l'anteprima della notizia senza approfondirla cliccando effettivamente su di essa sono più che compensati dall'effetto "espansivo sul mercato" generato dagli aggregatori di notizie: in base ad esso i netizen leggono più notizie, potendo scegliere quali leggere.

Ai danni per gli editori bisogna poi aggiungere quelli per gli aggregatori: mentre Google ha potuto scegliere la fuga, piccole realtà locali come Planeta Ludico, NiagaRank, InfoAliment e Multifriki hanno semplicemente chiuso i battenti.
In particolare la chiusura di NiagaRank è emblematica: pur rappresentando un aggregatore alternativo, che cercava di mettere in evidenza le notizie più condivise sui social network, la zona grigia della legge in cui era finito il servizio ha convinto i suoi gestori semplicemente a chiudere.

Oltre ai numeri nudi e crudi, secondo lo studio, è la ratio a dare torto alla legge: non ci sarebbero "né giustificazioni teoriche né empiriche" per il balzello, stessa conclusione cui è giunto alla fine del dibattito il report europeo portato avanti dalla Pirata Julia Reda.

Via Punto Informatico

 
Ci sono 3422 persone collegate

< marzo 2024 >
L
M
M
G
V
S
D
    
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31
             

Cerca per parola chiave
 

Titolo
Advertising (109)
Aziende (142)
Blog (11)
Brand (39)
Comarketing (2)
Comunicazione (9)
dBlog (1)
Digitale (36)
eCommerce (45)
Grande Distribuzione (7)
Internet (550)
Marketing (305)
Marketing Ambientale (3)
Marketing non convenzionale (62)
Media (102)
Mercati (84)
Mobile (210)
Permission Marketing (1)
Prodotti (95)
Pubblicità (32)
Pubblicità (88)
Retail (12)
Segnalazioni (45)
Social Networks (379)
Startup (1)
Strategie (59)
Tecnologie (77)
Trade Marketing (1)
Viral Marketing (40)
Web 3.0 (5)

Catalogati per mese:
Novembre 2005
Dicembre 2005
Gennaio 2006
Febbraio 2006
Marzo 2006
Aprile 2006
Maggio 2006
Giugno 2006
Luglio 2006
Agosto 2006
Settembre 2006
Ottobre 2006
Novembre 2006
Dicembre 2006
Gennaio 2007
Febbraio 2007
Marzo 2007
Aprile 2007
Maggio 2007
Giugno 2007
Luglio 2007
Agosto 2007
Settembre 2007
Ottobre 2007
Novembre 2007
Dicembre 2007
Gennaio 2008
Febbraio 2008
Marzo 2008
Aprile 2008
Maggio 2008
Giugno 2008
Luglio 2008
Agosto 2008
Settembre 2008
Ottobre 2008
Novembre 2008
Dicembre 2008
Gennaio 2009
Febbraio 2009
Marzo 2009
Aprile 2009
Maggio 2009
Giugno 2009
Luglio 2009
Agosto 2009
Settembre 2009
Ottobre 2009
Novembre 2009
Dicembre 2009
Gennaio 2010
Febbraio 2010
Marzo 2010
Aprile 2010
Maggio 2010
Giugno 2010
Luglio 2010
Agosto 2010
Settembre 2010
Ottobre 2010
Novembre 2010
Dicembre 2010
Gennaio 2011
Febbraio 2011
Marzo 2011
Aprile 2011
Maggio 2011
Giugno 2011
Luglio 2011
Agosto 2011
Settembre 2011
Ottobre 2011
Novembre 2011
Dicembre 2011
Gennaio 2012
Febbraio 2012
Marzo 2012
Aprile 2012
Maggio 2012
Giugno 2012
Luglio 2012
Agosto 2012
Settembre 2012
Ottobre 2012
Novembre 2012
Dicembre 2012
Gennaio 2013
Febbraio 2013
Marzo 2013
Aprile 2013
Maggio 2013
Giugno 2013
Luglio 2013
Agosto 2013
Settembre 2013
Ottobre 2013
Novembre 2013
Dicembre 2013
Gennaio 2014
Febbraio 2014
Marzo 2014
Aprile 2014
Maggio 2014
Giugno 2014
Luglio 2014
Agosto 2014
Settembre 2014
Ottobre 2014
Novembre 2014
Dicembre 2014
Gennaio 2015
Febbraio 2015
Marzo 2015
Aprile 2015
Maggio 2015
Giugno 2015
Luglio 2015
Agosto 2015
Settembre 2015
Ottobre 2015
Novembre 2015
Dicembre 2015
Gennaio 2016
Febbraio 2016
Marzo 2016
Aprile 2016
Maggio 2016
Giugno 2016
Luglio 2016
Agosto 2016
Settembre 2016
Ottobre 2016
Novembre 2016
Dicembre 2016
Gennaio 2017
Febbraio 2017
Marzo 2017
Aprile 2017
Maggio 2017
Giugno 2017
Luglio 2017
Agosto 2017
Settembre 2017
Ottobre 2017
Novembre 2017
Dicembre 2017
Gennaio 2018
Febbraio 2018
Marzo 2018
Aprile 2018
Maggio 2018
Giugno 2018
Luglio 2018
Agosto 2018
Settembre 2018
Ottobre 2018
Novembre 2018
Dicembre 2018
Gennaio 2019
Febbraio 2019
Marzo 2019
Aprile 2019
Maggio 2019
Giugno 2019
Luglio 2019
Agosto 2019
Settembre 2019
Ottobre 2019
Novembre 2019
Dicembre 2019
Gennaio 2020
Febbraio 2020
Marzo 2020
Aprile 2020
Maggio 2020
Giugno 2020
Luglio 2020
Agosto 2020
Settembre 2020
Ottobre 2020
Novembre 2020
Dicembre 2020
Gennaio 2021
Febbraio 2021
Marzo 2021
Aprile 2021
Maggio 2021
Giugno 2021
Luglio 2021
Agosto 2021
Settembre 2021
Ottobre 2021
Novembre 2021
Dicembre 2021
Gennaio 2022
Febbraio 2022
Marzo 2022
Aprile 2022
Maggio 2022
Giugno 2022
Luglio 2022
Agosto 2022
Settembre 2022
Ottobre 2022
Novembre 2022
Dicembre 2022
Gennaio 2023
Febbraio 2023
Marzo 2023
Aprile 2023
Maggio 2023
Giugno 2023
Luglio 2023
Agosto 2023
Settembre 2023
Ottobre 2023
Novembre 2023
Dicembre 2023
Gennaio 2024
Febbraio 2024
Marzo 2024

Gli interventi più cliccati

Titolo
Automobili (2)
Bianco e nero (1)
Comarketing (1)
Home (4)
Internet (4)
Prodotti (5)
Pubblicità (5)

Le fotografie più cliccate


Titolo

< /p>


Subscribe to my feed


Google
Reader or Homepage

Add to netvibes



Creative Commons License




28/03/2024 @ 23:12:01
script eseguito in 5790 ms