Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Come annunciato un anno fa e dopo sei mesi di test, Instagram lancia ufficialmente gli annunci pubblicitari video. Fondata da Kevin Systrom e Mike Krieger e di proprietà Facebook dal 2012, ha stretto accordi con Disney, Activision, Lancome, Banana Republic e CW per mostrare 15 secondi di spot in autoplay. Gli annunci inizieranno in queste ore per poi continuare nelle prossime settimane.
Come per le immagini degli annunci pubblicitari lanciati lo scorso anno, Instagram è stata e sarà particolarmente attenta con i brand coinvolti negli annunci video. La società ha visionato tutte le clip al fine di garantire contenuti “freschi”, che ben si adattino all’atmosfera della piattaforma e che non siano semplicemente la replica di spot televisivi o su web.
I video sono diventati una parte importante della pubblicità su mobile e alcuni competitor di Instagram, come Tumblr e Snapchat, hanno recentemente lanciato prodotti pubblicitari simili: snapchat, ad esempio, ha venduto il suo primo annuncio video di questo mese per Universal Pictures, che ha promosso un trailer per il film Ouija. Ma l’introduzione di ads all’interno di queste piattaforme, dicono gli esperti, dovrà avvenire con grande delicatezza, con una introduzione graduale in app che, fino ad oggi, sono state libere da qualsiasi pubblicità. E che si tratti di un argomento delicato lo dimostrano le reazioni registrate dai primi inserzionisti su Instagram che hanno provato ad introdurre immagini sponsorizzate sono stati attaccati da commenti negativi da parte degli utenti che non amano attività pubblicitarie nel loro feed. Eppure Instagram condivide feedback che scavano più a fondo dei commenti e guardano alla brand awareness e all’ad recall, con risultati positivi su tutti i fronti, sostiene la società.
I brand che hanno preso parte al primo lancio degli annunci video di questa mattina concordano sulla necessità di essere i primi, rafforzare la reputazione e rendere innovativo il proprio brand. ”Non è stata una decisione difficile per noi“, ha detto Brian Chang, assistente al VP Media di Lancome USA. “Noi, come marchio, abbiamo voluto cogliere il vantaggio di essere i primi sul mercato.” Lancome sta promuovendo una nuova fragranza e un mascara, mentre Activision lancia il gioco Call of Duty, con un lavoro di mesi per ottenere risultati positivi, lanciando il video in contemporanea sulla propria pagina Facebook con 23 milioni di fan.
Immagine“Il nostro pubblico sta diventando sempre più mobile-centric, e Instagram è una piattaforma mobile-centric“, dichiara Jonathan Anastas, Capo della sezione Digital e Social media di Activision, “quindi è una parte importante del marketing mix.” Anastas si aspetta che l’annuncio raggiunga inizialmente i 2 milioni di utenti, e grazie a like e condivisioni, altri milioni lo vedranno e convoglieranno il traffico verso il video su Facebook. “Uno dei grandi vantaggi di lavorare nel team di marketing per Call of Duty è che i giocatori in linea di massima, e il nostro target di riferimento specifico, inalano contenuti“, sostiene Anastas. Non è pertanto preoccupato per una possibile reazione negativa alla visualizzazione di contenuti sponsorizzati. Activision lavora con Omnicom Media Group, che ha firmato in esclusiva la scorsa primavera un contratto da 40 milioni di dollari con Instagram, per offrire ai propri clienti in anticipo offerte su nuovi prodotti pubblicitari. Il primo annuncio pubblicitario di Banana Republic è invece uno sguardo dietro le quinte presso l’azienda con suggerimenti di moda per le vacanze. Il video presenta la creazione dei bozzetti in fast-motion, con un effetto di manipolazione del tempo reso popolare da Hyperlapse, la prima applicazione stand-alone di Instagram. “Ci stanno prendendo di mira le donne, perché si tratta di illustrazioni di moda e il focus è sui prodotti delle donne“, ha detto Marissa Webb, Direttore creativo e Vice Presidente esecutivo del design a Banana Republic. L’orientamento degli annunci su Instagram è ancora piuttosto semplice, ma concede al marketing la possibilità di raggiungere il target per età, sesso e paese.
Via Tech Economy
Se la Delorean di “Ritorno al futuro” potesse portarci indietro di quindici anni almeno, in un mondo pre social media di massa, le scelte per un piccolo imprenditore italiano in campo pubblicitario appaiono alquanto limitate. Volantini, annunci pubblicitari sul quotidiano locale, cartelloni pubblicitari e per i più coraggiosi banner su internet e pay-per-click. Forse più che limitate, sarebbe più corretto definirle onerose. Basti pensare al tempo e alle risorse spese non solo per impaginare e stampare volantini ma anche per distribuirli oppure i costi e le tempistiche dei piccoli giornali e nessun modo per misurarne l’efficacia se non contare l’aumento di clienti senza poter attribuire in maniera certa, in molti casi, se ció fosse proprio dovuto all’investimento pubblicitario.
Una via d’uscita Ma un salto veloce sulla Delorean ci porta avanti di qualche anno e l’arrivo dei social media, Facebook in particolare, che sconvolge la cultura italiana per sempre. Il piccolo imprenditore vede finalmente la possibilità di farsi pubblicità gratis (parola magica!). Non serve nemmeno un sito web, la pagina Facebook diventa in molti casi il baluardo online della piccola impresa. Like dopo like, il piccolo imprenditore può comunicare con il cliente direttamente (nel bene e nel male) senza aver bisogno di capacità specifiche o risorse aggiuntive.
Una bolla pronta a esplodere, perché questo scenario c’é qualcuno che non ci guadagna abbastanza. E così Zuckerberg & co, algoritmo dopo algoritmo, azzerano o quasi le chance del piccolo imprenditore. Prima con l’EdgeRank, che da solo ha fatto vittime anche fra i grandi marchi (si pensi a Eat24 o Copyblogger) poi con modifiche successive che portano in vista contenuti di prima classe. Sono ormai scomparsi dal blog di Facebook e dai feed le menzioni dei programmi per piccole imprese o i vari esempi di campagne di successo, persino i coupon ed offerte come opzione pubblicitaria sono passati in secondo piano.
Content is king Facebook adesso promuove lo storytelling come maniera efficace per non annoiare i consumatori con pubblicità invadenti. Propone esempi di campagne di McDonald’s e Coca Cola, come la recente realizzazione di video con patatine fritte in stop motion che certamente avrà avuto un budget notevole.
Un miglioramento per i consumatori certamente, ma un cambiamento di direzione che dovrebbe far riflettere i piccoli imprenditori sulla validità dei social come mezzo di promozione. Storytelling e content marketing su i social media tempo, risorse ed esperienza in maniera costante, non tutti gli imprenditori ne hanno a disposizione.
Alla luce di tutto ciò, gli esperti cominciano a tentennare e quello che era un must, adesso diventa un optional.
L’ultimo avamposto In un mondo in continua evoluzione, dove social media come Ello o Rooms (la nuova app targata Facebook) cambiano le regole del gioco in continuazione, forse ha senso rivalutare il sito web. Google attesta con abbondanza di dati che effettuiamo ricerche su internet più che mai e questo accade con maggior frequenza con gli smartphone. Un sito web semplice e responsive, ottimizzato e contenente tutte le informazioni necessarie può essere valido per anni a venire, un investimento che vale la pena fare piuttosto che inseguire i mulini a vento dei social media.
Via Republic+Queen Magazine
Dalle poesie pubblicate su Facebook agli scatti d'autore che fanno impazzire Instagram, fino ai filmati di visual art che si possono trovare su Vine: i social network sono un terreno fertile per una nuova generazione di artisti che pensa, crea e distribuisce interamente nel mondo digitale. Si tratta di creativi 2.0 che nella rete hanno trovato non solo una popolarità globale ma, soprattutto, nuove forme di business. Basta indagare la vicenda del trentaquattrenne newyorchese Daniel Arnold che secondo il magazine online «Gawker» è il miglior fotografo che si possa trovare su Instagram. I suoi scatti sono finiti dalla rete alla tipografia e venduti per 15mila dollari l'uno, Vogue America lo ha voluto come reporter ufficiale nelle feste più esclusive dell'ultima settimana della moda a Parigi. Arnold ha messo da parte la sua costosa macchina fotografica per lavorare con la lente digitale di un iPhone, ha abbandonato i costosi set di moda per farsi consumare le suole dalle strade della Grande Mela. «Lavoravo come assistente in uno studio di Manhattan – racconta il giovane artista –, da un giorno all'altro ho cominciato a pubblicare in rete ritratti di newyorkesi incontrati per caso lungo la Quinta Strada, erano per lo più barboni e immigrati di prima generazione ma la poesia dei loro volti mi è valsa un buon successo sui social network». Oggi Daniel vanta oltre 70mila seguaci su Instagram, la rivista «Wired» lo ha definito il «Paparazzo degli sconosciuti» e tra un post e l'altro si prepara a condividere il database del suo smartphone attraverso una mostra in una delle gallerie più famose di Londra.
C'è poi chi come Teju Cole è riuscito persino a far interagire la propria arte con gli utenti della rete. Questo scrittore trentanovenne invece di andare alla ricerca di una casa editrice, ha deciso di condividere «Hafiz», il suo terzo romanzo, in rete. Un racconto di fantascienza si è trasformato in un esperimento social che ha coinvolto oltre 1.500 utenti. Cole ha infatti inviato privatamente a ognuno dei suoi follower Twitter una frase del suo romanzo chiedendo di pubblicarla sul social network di Jack Dorsey. L'autore ha poi messo insieme i singoli cinguettii ritwittandoli nell'ordine del romanzo originale. «È stato come una caccia al tesoro – confessa Cole –, ci sono volute oltre quattro settimane prima che venissero pubblicate tutte le parti della storia, più saliva l'attesa più le persone mi esortavano a non lasciare il racconto in sospeso». Certo l'artista avrebbe potuto pubblicare direttamente sulla propria timeline il romanzo 140 caratteri alla volta, ma l'effetto non sarebbe stato lo stesso. «Il risultato è quasi una scrittura collettiva – dice Teju –, una frase è stata twittata da un amico che vive a Singapore, quella successiva da mia sorella a Los Angeles». Anche per questo l'hashtag #Hafiz è rimasta nel ranking Twitter per oltre una settimana e l'opera è arrivata nelle librerie con una scia di oltre 50mila lettori che ne avevano già sentito parlare in rete.
Per oltre tredici anni Meagan Cignoli ha cercato di portare le sue opere d'arte visiva nei musei di tutto il mondo. All'ennesimo rifiuto la decisione è arrivata in modo spontaneo: smettere con la distribuzione tradizionale e pubblicare le proprie animazioni artistiche sul web. La piattaforma scelta è stata Vine, il software per condividere filmati di sei secondi di cui Twitter è proprietario. «Il successo è stato immediato – dice Meagan –, solo con i primi video ho collezionato più visualizzazioni di quanti sono i visitatori di una grande fiera d'arte». Dalla rete il successo si è espanso nel mondo reale e oggi questa artista trentenne continua a produrre mini-filmati come direttrice di un'agenzia che da lavoro a 8 giovani creativi. «Lo spirito è rimasto sempre lo stesso – dice Cignoli –, ossia creare video animati dalla forte impronta artistica, solo che oggi anziché farli gratis li realizzo per campagne pubblicitarie di aziende come Puma ed eBay».
Una storia simile è quella di Eddie Rossetti, giovane studente di design che dopo un master in disegno del prodotto ha deciso di condividere su Pinterest il suo portfolio. Grazie all'applicazione inventata da Ben Silbermann, che nel 2013 ha dichiarato di aver incrementato le proprie iscrizioni del 50%, Rossetti ha conquistato l'attenzione e i complimenti di oltre 82mila follower. «La popolarità è arrivata con una linea di camice da uomo disegnata a partire da vecchi ritagli di giornali – racconta il giovane originario del Connecticut –. Le grandi riviste di moda hanno notato il movimento che si era creato attorno al mio profilo e mi hanno inserito nelle loro rassegne». Tra i fan di Ben ci sono tutte le più grandi case di abbigliamento del mondo, dalla spagnola Zara con la quale è nata anche una collaborazione agli italiani Versace e Ferragamo. «Con o senza social il processo creativo rimane lo stesso – dice il disegnatore –. Il lavoro di ricerca e di analisi è rimasto invariato rispetto a venti anni fa, quello che cambia è l'effetto che si ottiene condividendo in rete un'idea. Oggi si è in grado non solo di distribuire un prodotto ma anche di riceverne in tempo reale le reazioni del pubblico, quindi anche di cambiare direzione se necessario».
Via IlSole24Ore.com
Il servizio di photo-sharing ha festeggiato un nuovo traguardo: 300 milioni di utenti hanno utilizzato il servizio almeno una volta al mese. E' un numero in crescita del 50 per cento negli ultimi nove mesi, ha detto la società Mercoledì. Instagram aveva annunciato in precedenza di aver raggiunto 200 milioni di utenti al mese di marzo di quest'anno.
Instagram, che è stata acquistata da Facebook due anni fa, ha anche detto che conta 70 milioni di foto e video condivisi ogni giorno, altro dato in crescita da marzo, quando erano 60 milioni i contenuti condivisi quotidianamente.
"Siamo entusiasti di vedere questa comunità prosperare", ha dichiarato il CEO di Instagram Kevin Systrom in un comunicato.
Instagram è osservata dagli investitori come un caso di studio della strategia di Facebook di acquistare alcune startup e consentire loro di crescere investendo su di esse. Il servizio di messaggistica WhatsApp, che aveva 600 milioni di utenti attivi al mese di agosto, e la startup specializzata nella tecnologia della realtà aumentata Oculus VR acquistata da Facebook lo scorso anno, sono state soggette della stessa strategia da parte del social network.
Per Instagram, la crescita è anche l'affermazione dei suoi sforzi nel rimuovere lo spam disattivando account associati a persone inesistenti, account doppi o creati solo per fare spam sul servizio. Negli Stati Uniti, si stima che circa un utente su sei di smartphone utilizza Instagram, secondo la società di ricerche di mercato eMarketer. La maggior parte di questi utenti, circa il 79 per cento, sono di età compresa tra 12 e tra 34 anni.
Instagram ha anche detto che prevede di offrire un sistema di certificazione di alcuni account, quelli più popolari, dopo aver verificato la loro autenticità - sistema che ricorda la spunta blu in Facebook con lo stesso scopo. Questa mossa, che è simile anche alla soluzione di Twitter, aiuterà gli utenti a identificare gli account di celebrità e personaggi pubblici, ed far loro evitare di seguire gli account fasulli.
Via PianetaCellulare
Gli adolescenti stanno perdendo interesse verso Facebook, tanto che l'utilizzo, in termini percentuali, è crollato in un solo anno, a quota 88% se consideriamo la fascia 13 - 17 anni.
Rispetto infatti al 2012, la popolarità di Facebook tra gli adolescenti americani ha visto una netta contrazione di presenze passando dal 94% nel 2013 all'88% nel 2014.
Un calo netto rispetto allo scorso anno, che sarà sempre più accentuato nei prossimi anni, soprattutto qualora si affermassero altre piattaforme.
Leggera riduzione anche su altre fasce, con utenti che, ormai passata la novità, iniziano via via a ridurre i propri tempi di permanenza finendo con il disattivare il proprio account.
Tra i principali motivi di abbandono da parte degli adolescenti, il controllo da parte dei genitori, che ormai, preso confidenza con il mezzo, sono in grado di controllare a distanza l'operato dei propri figli.
Facebook ha progressivamente ridotto l'apporto informativo a favore di maggiori interazioni con i propri amici. Una mossa, però, che non ha portato i propri frutti visto che quasi il 20% degli utenti accede a Facebook per informarsi su cosa accade nel mondo.
Oggi, sappiamo che le pagine Facebook hanno una portata tanto ridotta che molto probabilmente da diversi mesi non visualizzate più nessun post di molte delle pagine che teoricamente vorreste seguire.
Un problema per chi gestisce le pagine Facebook, ma un problema anche per gli utenti che vedono sparire dalle loro bacheche, informazioni e notizie.
Tra i motivi di riduzione della popolarità di Facebook, troviamo anche la crescita di sistemi verticali, che si contrappongono al più generalista Facebook e consentono di migliorare le interazioni su precisi ambiti.
Instagram, property di Facebook, sta crescendo e spostando miliardi di foto che, se prima venivano pubblicate su Facebook, ora resteranno confinate altrove. Cresce anche Pinterest (+111%) sempre in ambito fotografico.
Linkedin, in crescita in termini di utilizzo, sta assorbendo molti flussi informativi collegati al mondo Business.
Tumblr cresce, e non poco, oltre oceano grazie alle funzionalità di microblogging.
Via PianetaCellulare
Il numero dei post video per persona su Facebook è aumentato del 75% a livello globale e del 94% negli Stati Uniti; ogni giorno le persone in media caricano più di 350 milioni di foto su Facebook, mentre cresce anche l’uso degli sticker condivisi ogni giorno sul social di Zuckerberg: in crescita del 75% dal 2013 al 2014. Infine Instagram: più di 300 milioni di persone in tutto il mondo postano più di 70 milioni di foto e video ogni giorno. Sono questi alcuni dei numeri appena comunicati dal social network secondo il quale il trend fotografato non fa altro che confermare una tendenza ormai diffusa, ovvero il forte aumento da parte delle persone dell’uso del linguaggio visivo per comunicare. Un’abitudine sostenuta dalla tecnologia mobile che “mette a disposizione delle persone una fotocamera sempre pronta per catturare e condividere immagini e esprimere se stessi utilizzando la vista, i suoni e il movimento.”
Quale effetto su Facebook? “Dal momento che le persone creano, postano e interagiscono sempre con più video su Facebook, la composizione del News Feed sta cambiando” spiegano, tanto che, globalmente, la quantità di video dalle persone e dai brand nel News Feed è aumentata di 3.6 volte anno dopo anno. Da giugno 2014, Facebook ha raggiunto la media di 1 miliardo di visualizzazioni video ogni giorno e in media, più del 50% delle persone che accede a Facebook ogni giorno negli Stati Uniti guarda almeno un video al giorno.
“Una significativa porzione di queste visualizzazioni video avvengono da mobile: il 65% a livello globale. Questo passaggio ai video mobile continua grazie a una connessione più veloce, un accesso meno oneroso e schermi più grandi e a più alta definizione. Dal momento che gli adulti negli Stati Uniti usano 1 dei loro 5 minuti spesi su mobile su Facebook e Instagram, queste piattaforme saranno chiave in questa crescita.” E Facebook diventa anche il luogo dove più frequentemente gli utenti si imbattono, o scoprono, i video: “il 76% delle persone che utilizza Facebook negli Stati Uniti dice che tende a scoprire i video proprio su Facebook”.
Mobilità in crescita e video in aumento non fanno altro che offrire ai brand, spiega Facebook, “maggiori opportunità di raggiungere le persone in maniera visivavamente interessante, trascendendo le barriere linguistiche attraverso uno schermo che è con le persone ovunque e sempre. I brand hanno infatti bisogno di portare le storia in vita nel giro di pochi secondi.”
Purchè gli stessi brand comprendano l’importanza di strutturare i video con attenzione: il valore è creato molto rapidamente, iniziando dalla prima immagine e i primi pochi secondi (~3) del video. Per far sì che i pollici si fermino e le persone guardino, va assicurata una forte creatività dal primo frame in poi. “Il valore incrementale va al di là dei primi pochi secondi. Ciò che alla fine conta è il contenuto e la storia. Mentre le persone tendono a guardare video corti, guarderanno video più lunghi fintantochè questi video gli raccontino buone storie.” Inoltre, suggerisce Facebook, “visto che le persone guardano sempre più video dai loro dispositivi mobili durante il giorno, vanno creati video che funzionino bene sia con audio sia senza cosicchè le persone possano essere coinvolte anche se il video viene visto in silenzioso.” E infine campagne multischermo e per velocità di connessione differenti: “Le imprese dovrebbero ottimizzare la oro creatività per diversi schermi, dispositivi e velocità di connessione per raggiungere le persone nella maniera più convincente ed efficace.”
Dati, trend e consigli pratici che non fanno che confermare l’estrema attenzione del social di Zuckerberg verso il mobile e verso i video, trend realmente in crescita come testimoniano le analisi di molti osservatori.
Via Tech Economy
Un “mi piace” su Facebook può dire molto della nostra personalità, più di quanto potrebbero fare i nostri migliori amici: per ogni “like” sul social network vengono lasciate tracce digitali che aiutano i computer a ricostruire il nostro carattere. La notizia arriva da uno studio pubblicato su Pnas, organo ufficiale dell’United States National Academy of Sciences, che ha messo a confronto la capacità delle persone e dei computer di esprimere giudizi sulla personalità. Lo studio, condotto dai ricercatori della Standford University e dell’Università di Cambridge, ha coinvolto 86.220 volontari che hanno compilato su Facebook un quiz sulla personalità con l’app myPersonality, rendendo accessibili i propri “like” al team scientifico. Mentre amici e familiari dei volontari descrivevano il carattere dei partecipanti un computer speciale, basandosi semplicemente sui “mi piace” degli utenti, ha svelato la personalità dei soggetti in modo più preciso. Ad esempio, analizzando 10 “mi piace” il computer ha descritto il carattere di un soggetto meglio di un collega di lavoro, con 70 ha fatto meglio di un amico, con 150 ha superato anche l’analisi dei familiari, con 300 quella del coniuge.
Via Business People
Facebook conferma quanto scritto dal Financial Times lo scorso novembre: a breve offrirà un nuovo servizio dedicato alla vita professionale. L’azienda dice che sta iniziando a testare «Facebook at Work» insieme a «selezionati partner pilota». L’app sarà visibile sugli app store di iOS e Android e disponibile solamente per i partner dei test.
Facebook at Work, continua la nota, «è un’esperienza completamente separata da quella della piattaforma e offre agli impiegati la possibilità di connettersi e collaborare in modo efficace attraverso l'utilizzo degli strumenti Facebook – molti dei quali già noti e largamente utilizzati come il News Feed, i Gruppi, messaggi ed eventi. Sarà quindi possibile restare in contatto con i propri colleghi nello stesso modo in cui lo si fa con i propri amici e familiari attraverso Facebook. Facebook at Work offre infatti un'esperienza – anche visiva - simile a quella di Facebook, condividendone infatti gli strumenti».
L’ambizione di Facebook è dunque entrare anche nelle imprese, nella vita lavorativa dei suoi utenti. Il social network è infatti spesso bandito all’interno delle aziende, mentre in questi anni si sono fatti strada diversi tool collaborativi aziendali che cercano di imitare semplicità e condivisione cui siamo abituati in ambito privato. Secondo alcune indiscrezioni sui giornali americani, la versione per aziende sarebbe a pagamento e dunque non sostenuta dalla sola pubblicità.
Microsoft ha acquisito Yammer nel 2012, Google ha i suoi prodotti, Ibm un servizio chiamato “Connections” e una partnership con Apple per sviluppare app dedicate alle aziende. Insomma, è un mondo che si sta popolando e una opportunità di business. Ovviamente Facebook deve stare attento ai dati personali, pena l’esclusione dalle aziende, e infatti il comunicato ci tiene a sottolineare che le informazioni su Facebook at Work «sono al sicuro, protette, confidenziali e completamente separate da quelle del proprio Profilo Facebook personale. Le informazioni condivise tra gli impiegati sono infatti accessibili solamente alle persone della compagnia».
Via IlSole24Ore.com
Sempre più mobile, sempre più video. Il futuro dell’advertising è tracciato, come quei romanzi che, inizi a leggerli, e sai già come finiranno. E chiedete pure a quelli di Facebook, che qualche mese fa hanno sborsato mezzo miliardo di dollari per assicurarsi LiveRail, piattaforma di video advertising che genera qualcosa come 7 milioni di video pubblicitari al mese. Oppure a Twitter, che nei mesi scorsi ha fatto incetta di startup del macrocosmo video, portandosi a casa MoPub, Namo Media e TapCommerce, e ora è pronta a lanciare la sua piattaforma, con una versione beta che è già disponibile per i profili verificati.
Proprio su Twitter è doveroso spendere qualche riga in più. E non solo perché la sfida dei video può ragionevolmente segnare il futuro del social network di Jack Dorsey.
A San Francisco sono abituati a fare le cose in grande, e dalle prime (e poche) indiscrezioni che trapelano dagli uffici di Market Street, si apprende che il video player di Twitter consentirà agli utenti di caricare video di una durata massima di 10 minuti, mentre i formati supportati saranno mp4 e mov, e non ci saranno limiti per la dimensione del file. Inoltre, l’immagine di anteprima, che spesso decreta il successo di un video, sarà selezionabile dall’utente. Il lancio? Ancora qualche settimana. Poi chiunque ha un account Twitter potrà postare video, senza ricorrere a piattaforme terze come Vine e YouTube.
La mossa di Twitter, e prima ancora quella di Facebook, sono probabilmente i segnali più chiari di come l’evoluzione dell’advertising online stia virando in modo deciso verso i video. Pre-roll, mid-roll e post-roll sono vocaboli ai quali faremo abitudine prestissimo, anche perché le previsioni lasciano poco spazio ai dubbi. Secondo un’infografica presentata da Iab Italia, il mercato del video advertising è in costante crescita negli ultimi due anni. E dovrebbe toccare quota 11,4 miliardi di dollari nel 2016. Un piatto ricco sul quale i colossi del web hanno posato gli occhi in largo anticipo. È notizia di qualche giorno fa, ad esempio, il nuovo finanziamento ottenuto da Teads, una delle piattaforme internazionali più popolari nel campo del video advertising. 24 milioni di euro per un’operazione finanziaria che la dice lunga sulla fiducia degli investitori nel settore e che vede coinvolte banche del calibro di Bank of China, Hsbc, Bnpp e Bpi.
Ora però, è già scattata la guerra ai click. E in questo senso la mossa più astuta, senza ombra di dubbio, pare essere stata quella di Mark Zuckerberg. Già da qualche mese Facebook ci ha “abituati” ai suoi video in auto-play, cioè quelli che partono da soli scorrendo la time line (per fortuna in modalità silenziosa). E “abituati”, attenzione, sembra il termine più adatto per descrivere la capacità pervasiva del social di Palo Alto. Ora, non appena i filmati pubblicitari sbarcheranno su Facebook, il business esploderà con forza devastante. Se la logica rimarrà quella attuale, basterà scrollare la time line per far partire un pre-roll correlato a un video. Ergo: basterà uno scroll per innescare il business. Anche per questo Twitter s’è mossa sui video. Rimanere indietro, oggi, potrebbe compromettere il futuro. I cinguettii potrebbero non bastare più, fra qualche mese.
La vera battaglia, dunque, sarà sulle visualizzazioni dei video. Una battaglia che, in realtà, è cominciata già da qualche mese e vede due protagonisti indiscussi: Facebook e YouTube, con il primo che da quando ha introdotto il proprio player sta insidiando i vari primati che lo storico “tubo” ancora detiene. Le statistiche si sprecano, e sembra l’ennesima guerra senza esclusioni di colpi fra Google e il social network da oltre un miliardo di utenti. Perché i numeri, in questo caso, non rimangono solo numeri. Ma si tramutano in danaro.
Via IlSole24Ore.com
Twitter ha annunciato di aver acquisito Niche, una startup con sede a News York, che aiuta a collegare personaggi noti presenti sui social media con i grandi marchi favorendo lo stabilirsi di attività commerciali e di marketing tra le parti. Twitter, in altre parole, oltre che a preoccuparsi di ampliare la sua base utenti e rassicurare gli investitori sulle prospettive di crescita del colosso, punta anche a valorizzare utenti e potenziali legami sulla piattaforma in chiave di business.
L’acquisto di Niche, di cui non si conoscono i dettagli economici, rientrerebbe in questa direzione. E’ un dato di fatto che sui social, oggi, vi sono sempre più celebrità e anche “persone normali” che hanno acquisito ampio seguito online. E i grandi brand sono sempre più interessati ad entrare in contatto con loro e, ovviamente, con i milioni di persone che li seguono. Niche, che si definisce come una agenzia di talenti per i social media, fa in modo di rintracciare online le celebrità per metterle in contatto con aziende interessate. In passato ha lavorato per aziende Usa come Gap, American Eagle, the NFL, Proctor & Gamble, and Warner Bros ma ha tra i suoi clienti anche pubblicitari.
Anche Twitter ha già lavorato con Niche su Vine, l’app che permette di realizzare brevi video da condividere sui principali social network, ed è probabile, dicono gli analisti, che l’acquisizione è orientata proprio a sviluppare le possibilità economiche di Vine.
Via Tech Economy
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