Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Le possibilità reali offerte dai social media ai brand sono al centro di forti discussioni, dopo la decisione di General Motors di non comprare più spazi pubblicitari su Facebook. I risultati di numerose ricerche hanno inoltre gettato forti dubbi sull’efficacia degli annunci nel popolare social network.
Molti inserzionisti durante il 2011 hanno fortemente incrementato la propria spesa pubblicitaria su Facebook, in particolare per l’acquisto dei cosiddetti ad “Premium” (inseriti nella homepage degli utenti e in altri spazi riservati e prominenti). I nuovi dubbi sull’efficacia di questa forma pubblicitaria hanno portato ad una riduzione della spesa nei primi mesi dell’anno, ma secondo eMarketer il problema risiederebbe almeno in parte nella tipologia di advertising acquistato, e non nell’offerta generale di spazi.
Facebook ha una seconda tipologia di offerta pubblicitaria, venduta attraverso la piattaforma self-service disponibile nel Marketplace. Questa tipologia di advertising starebbe guadagnando consensi e se utilizzata correttamente può generare ottimi risultati. “L’importanza del Marketplace è spesso sottovalutata – spiega Debra Aho Williamson, analista di eMarketer e autrice di un report sull’argomento – Poiché i clickthrough rate su questi annunci sono minuscoli ed è poca la creatività consentita… per questo gli annunci del Marketplace riscuotono poco rispetto. Eppure, quando il targeting e l’acquisto sono eseguiti correttamente nel Marketplace, gli inserzionisti possono ottenere un grande successo“.
Una buona selezione del target risulta centrale e, per quanto le aziende continuino ad utilizzare in prevalenza dati basilari, stanno man mano implementando strategie più sofisticate e selettive; stando ai dati di un’inchiesta effettuata a Marzo 2012 da Social Fresh.
Il problema risiede, però, nell’eccesiva importanza che si dà al numero di click generati. Secondo la Williamson le aziende stanno pian piano iniziando ad utilizzare misurazioni più sofisticate, che mirano a capire maggiormente le conseguenze di un click, le azioni reali che un annuncio riesce a suscitare, e quelle che vorrebbe ispirare. Un allontanamento dalle misurazioni standardizzate come il clickthrough rate potrebbe favorire un’ulteriore espansione dell’offerta del Marketplace.
La centralità di una social media strategy ben pianificata e studiata, e di un media planning adeguato che consideri attentamente le specificità di ogni mezzo, sono evidenziate anche dalla casa automobilistica Nissan; che sta puntando in modo deciso sui social media, ed in particolare su Facebook, per il lancio di 5 nuovi veicoli. Il punto centrale, per Erich Marx, direttore responsabile del marketing interattivo e sociale della compagnia, è esattamente quello di capire come utilizzare i social media a fini di marketing e cosa questi possono offrire ad un brand.
“Non sono in disaccordo con quello che GM ha fatto perché noi non spendiamo così tanto in quello spazio (Facebook) - spiega Marx - Ma spendiamo nello spazio e continueremo a farlo. Non credo nello spendere $10 milioni, ma non voglio ridurre neanche la spesa a zero. Tutti alla Nissan comprendono che lo spazio dei social media è diverso e bizzarro“.
Il parere del manager è da tenere particolarmente in considerazione, considerando che Nissan in un anno, da quando Marx è il responsabile del social marketing, ha incrementato i propri Facebook fan di circa 700mila (like).
La compagnia, inoltre, risulta, secondo la società specializzata nella verifica dell’engagement Zuum, la casa automobilistica la cui brand page ha un tasso di engagement superiore. Il tutto al fronte di un investimento nel popolare social network di soli 500mila dollari.
Il punto è spendere bene capendo cosa i social media possono offrire e i costi del restare fuori da questo spazio. “Dal punto di vista puro del ROI, stiamo vendendo centinaia di auto attraverso il social? No – spiega Marx – Non si tratta di ROI, si tratta di COI… “cost of ignoring”… Non si tratta di legare la vendita di un auto a Facebook. Facebook potrebbe scomparire, Twitter potrebbe scomparire, ma i social media non scompariranno. Le aspettative di proprietari e appassionati di poter interagire con il brand… sono ormai scolpite nella pietra. “
Questo rende necessario per i brand essere presenti in questi spazi di interazione, in modo attento alle specificità di essi e al desiderio di partecipazione dei fan. Nissan ha, per queste ragioni, pianificato diverse interessanti iniziative per il lancio dei 5 nuovi modelli.
Fra queste c’è “Innovation Garage” ad esempio, che soddisferà il desiderio di partecipazione dei fan permettendogli di comunicare le proprie idee per automobili da sviluppare in futuro; rendendo inoltre lo sviluppo di modelli automobilistici co-partecipato e più facilmente corrispondente ai desideri degli appassionati.
Un’altra iniziativa da poco conclusasi, permetteva invece di partecipare ad un contest per provare in un test-drive la nuova Altima, chiedendo ai Fan cosa avrebbero fatto se fossero stati selezionati. I video prodotti dagli utenti sono stati poi utilizzati come strumento di marketing virale, incluso quello molto efficace di un fan che aveva promesso di chiedere alla propria ragazza di sposarlo se selezionato.
La strategia Nissan è, in ogni caso, molto ampia e le iniziative molte. La casa automobilistica punta sui linguaggi e le modalità tipiche dei social media in modo efficace. La comicità, che riscuote molto successo tra gli utenti, dovrebbe essere alla base di una prossima iniziativa per promuovere la Pathfinder.
L’esperienza Nissan dimostra che il punto centrale non è la quantità di denaro investita, ma la conoscenza del mezzo e una strategia adeguata ai suoi linguaggi nonchè alle aspettative interattive e di partecipazione degli utenti. Obiettivi strategici realistici, specifici ed adeguati a ciò che i social media possono offrire ai brand, devono continuare ad essere il pilastro sul quale costruire una simile strategia.
Via Tech Economy
Le aziende di tutto il mondo stanno adottando i social media come strumento di marketing, ma non sempre lo fanno avendo una chiara comprensione delle specificità di tale forme di comunicazione. Soprattutto la comunicazione aziendale continua ad essere troppo monodirezionale e spesso fallisce nell’istaurare un dialogo con i propri “fan-consumatori”.
Il 70% delle domande e delle interazioni da parte dei fan su Facebook, infatti, non riceve risposta dalle aziende: lo sottolinea uno studio della società di ricerca specializzata Socialbakers. Una percentuale consistente delle aziende – sempre secondo lo studio di Socialbakers - mantiene il proprio profilo (Page Wall) chiuso, impedendo feedback e domande da parte dei consumatori. Tra i brand globali la percentuale di aziende che adotta una simile politica è superiore al 25%.
Non tutti i settori industriali hanno, in ogni caso, un tasso di interazione così basso. Le aziende telefoniche e le compagnie aeree, ad esempio, risultano le sole a rispondere a più della metà delle richieste da parte dei fan. Al contrario le aziende media, che dovrebbero essere particolarmente attente all’evoluzione delle forme di comunicazione, risultano avere il tasso di risposta minore tra i settori considerati (4.9%).
I risultati dello studio mostrano un utilizzo dei social media troppo spesso difensivo e legato a precedenti forme di comunicazione; si finisce così col chiudersi proprio a quelle che sono le caratteristiche specifiche delle piattaforme: interattività e conversazione sociale.
Via Tech Economy
Una ricerca del Politecnico di Milano mostra che i social media sono diventati dei forti strumenti per influenzare gli acquisti dei consumatori. Oltre a essere un fenomeno di costume e di marketing per le aziende, i social media sono diventati dei fortissimi strumenti per aumentare le vendite. Una ricerca della School of Management del Politecnico di Milano mostra che almeno 8 milioni di utenti internet modificano le loro scelte d'acquisto a seguito delle informazioni recuperate attraverso i social network e che 15 milioni di utenti web si fidano pienamente di quanto trovano nei blog e nei forum circa prodotti e servizi.
Potere della rete, dunque, visto che il consumatore del web 2.0 condivide ora anche le proprie esperienze positive, al contrario del passaparola tradizionale che trasmetteva soprattutto le esperienze negative.
La scuola dell'ateneo milanese ha interpellato 1.184 persone tra i 18 e i 65 anni per capire in che modo social media, blog, forum o social network influenzano i processi di acquisto dei consumatori italiani. L'indagine ha analizzato poi la frequenza di utilizzo dei media nuovi e tradizionali (stampa, tv, radio) per la raccolta di informazioni nei processi di acquisto, la fase del processo in cui avviene tale utilizzo, l'influenza che ha l'informazione reperita, quale grado di fiducia i consumatori esprimono in questa informazione, l'attitudine all'utilizzo futuro dei media. Tutto ciò riferito a 4 categorie merceologiche: alimenti per l'infanzia, alimenti salutistici, servizi bancari e apparecchiature mobile (cellulari, smartphone e tablet).
Lo studio ha ecidenziato quanto i nuovi media si stiano stabilmente affiancando ai media tradizionali come fonti autorevoli di informazione nei processi di acquisto, al punto che l'utilizzo di social network, blog, e internet ha raggiunto una diffusione paragonabile a quella dei media tradizionali all'interno della popolazione italiana che utilizza il web.
In particolare, i nuovi media hanno un livello di influenza particolarmente elevato: la capacità di blog e forum di modificare, fino a cambiare completamente, l'opinione dell'individuo su prodotti e servizi già noti è generalmente la più alta tra i media oggetto di rilevazione.
Circa 12 milioni di italiani si fidano delle informazioni riportate sui social network e circa 10 milioni cercano nella rete ulteriori informazioni sui prodotti che vedono pubblicizzati attraverso i media tradizionali (stampa, radio e tv).
Il ricorso ai diversi media da parte dell'individuo appare fortemente legato alla categoria merceologica oggetto del processo di acquisto. In particolare:
- L'alimentazione per l'infanzia registra un ricorso sistematico a tutti i media - nuovi e tradizionali - evidenziando un grande sforzo, da parte dei consumatori interessati, nella ricerca di quante più informazioni possibili;
- I consumatori di alimenti salutistici dichiarano un livello di fiducia nelle informazioni riportate da forum e blog particolarmente significativo (oltre il 30% del campione dichiara un livello di fiducia alto o totale), e superiore a quello dei media generalisti e anche dei siti dei produttori.
- Per i servizi bancari, il consumatore tende ad affidarsi ai siti aziendali per raccogliere informazioni e dettagli, soprattutto per quanto riguarda i conti correnti.
- Nel mondo degli apparati mobile (cellulari, smartphone e tablet), la rete è invece diventata il principale canale informativo, con una prevalenza per i forum e i blog.
- I dati confermano un ricorso ai nuovi media destinato a crescere in maniera significativa nel prossimo futuro prefigurando uno scenario in cui i nuovi media supereranno i media tradizionali come canale informativo autorevole nelle decisioni di acquisto, in grado di influenzare le scelte in maniera rilevante.
Il consumatore particolarmente attento, poi, non sostituisce i social network ai media tradizionali, quanto piuttosto utilizza tutti i diversi canali informativi durante tutto il processo di acquisto.
Relativamente alle variabili socio-demografiche come reddito e livello di istruzione, queste tendono a non essere fattori discriminanti nell'identificazione dei consumatori più attenti ai social media nei processi di acquisto. Al momento l'età, invece, rappresenta un tratto distintivo, essendo la popolazione più giovane maggiormente portata ad adottare un comportamento più multicanale e attento ai new media.
Via ManagerOnline
Il Milan ne ha oltre dieci milioni, la Ferrari sfiora gli otto e mezzo, ma anche la cara e vecchia Nutella si conferma essere ancora un fenomeno di costume con oltre quattro milioni di fan. Gli italiani e Facebook, un rapporto ormai consolidato: forte dei 13 milioni di nostri connazionali che quotidianamente lo utilizzano, Facebook è diventato un termometro per misurare gusti e tendenze, per capire l'aria che tira.
Per analizzare il rapporto tra gli italiani e Facebook, BlogMeter ha messo in campo il suo strumento Facebook Social Analytics, e ha classificato le pagine scritte in italiano secondo due dimensioni: il numero di fan e la capacità di un loro coinvolgimento da parte delle aziende. Ne è uscito un panorama in qualche modo inatteso. ''Dove la forza del brand esercita senz'altro una capacità magnetica per avvicinare gli utenti, ma non è abbastanza se non gli si affianca una chiara strategia tesa a coinvolgere le persone all'interno di un rapporto che in qualche modo sia vissuto come gratificante o utile'', spiega Vincenzo Cosenza, esperto di social media e responsabile di Blogmeter.
Se si considera l'aspetto della numerosità dei fan, gli italiani su Facebook hanno due grandi passioni: il calcio e i dolci. Oltre al Milan, solitario e irraggiungibile in cima al ranking, fanno il pieno di supporter club come Juventus, Inter e Roma. In vetta c'è anche il mitico cavallino di Maranello, seguito da una falange di aziende che sfornano prodotti golosi e accattivanti per il palato. Oltre alla citata Nutella, troviamo brand familiari come Magnum, Kinder Bueno, Kinder Cioccolato, Pan di Stelle.
Via Quo Media
I dubbi sul modello di business di Facebook e sull’efficacia dell’offerta di advertising della compagnia continuano a crescere.
4 su 5 degli utenti del popolare social network dichiarano di non aver mai acquistato un prodotto o servizio come risultato di pubblicità o commenti su Facebook, secondo un recente sondaggio Reuters/Ipsos. Ulteriore segnale negativo per la società, che dovrà rivedere il proprio modello di business e offrire prodotti che riescano realmente a monetizzare l’enorme base utenti.
Il sondaggio Reuters/Ipsos non indaga comparativamente l’efficacia dell’advertising Facebook, ma una precedente inchiesta (Febbraio) di eMarketer aveva già suggerito una minore efficacia rispetto all’email marketing, che almeno teoricamente permette un grado di personalizzazione simile e instaura un rapporto con il target non molto differente.
Le brutte notizie per Facebook non si fermano, però, al modello di business. Gli utenti sembrano avere un atteggiamento parzialmente più freddo verso il social network. Il 34%, infatti, spende meno tempo sul sito rispetto a 6 mesi fa e solo il 20% ne spende di più. Il 21% degli statunitensi intervistati continuano, inoltre, a non avere un account Facebook.
I risultati del sondaggio confermano, quindi, i timori degli investitori rispetto alla capacità della compagnia di generare profitti. Timori che hanno causato un crollo delle azioni, dopo la quotazione sui mercati finanziari, del 29%; riducendo il valore di mercato di Facebook di circa 30 miliardi di dollari e portandolo a $74 miliardi. Trend negativo che, dopo qualche segnale intermittente di inversione, sembra destinato a prolungarsi. Lunedì le azioni Facebook hanno chiuso le contrattazioni perdendo un ulteriore 3%, venendo scambiate per 26.90 dollari.
Facebook si è rifiutata di commentare il sondaggio, ma ha rimandato a casi di successo, lasciando ovviamente da parte i casi come quelli di General Motors, terzo inserzionista pubblicitario USA, che recentemente ha deciso di non acquistare più spazi pubblicitari sul social network.
I risultati del sondaggio, in ogni caso, non devono essere letti come una misura precisa dell’efficacia dell’advertising di Facebook. Per i brand, ad esempio, spesso l’obiettivo della campagna non è generare vendite immediate, ma quelle future. Inoltre, come ricorda Steve Hasker di Nielsen, il successo di una campagna deve essere misurato in relazione alle differenti tipologie di prodotti. “Se si stanno pubblicizzando automobili Porsche e si riesce a convincere il 20% delle persone a fare un acquisto, questo è un tasso di conversione sbalorditivamente alto. Se metti in vendita noodles istantanei, forse non è.”
Via Tech Economy
Chi condivide fa carriera, incoraggia il team, valorizza idee e professionalità facendo crescere se stesso e l'azienda per cui lavora. Le conclusioni di una ricerca realizzata da Millward Bown per Google smontano alcuni luoghi comuni sull'uso dei social network sul posto di lavoro.
Emerge che chi li adopera per motivi professionali fa carriera più facilmente: l'86% degli intervistati è stato promosso di recente contro il 61% di chi non ne fa uso. È inoltre mediamente più soddisfatto del lavoro e si ritiene il 25% più produttivo ed efficiente. Non solo, più si sale nella scala gerarchica più i social network diventano familiari: il 71% di chi fa parte degli staff senior li impiega almeno una volta a settimana, contro il 49% degli utenti in ruoli junior.
“L'obiettivo della ricerca non è fornire una fotografia complessiva dell'adozione degli strumenti sociali online nell'industria italiana ed europea - spiega Roberto Rossi, analista di Millward Brown -. Abbiamo interrogato i dipendenti di aziende dove questi strumenti sono già disponibili, vedendo quali conseguenze hanno per chi ha una maggiore attitudine all'innovazione”. Il campione è di 2.700 dipendenti in Italia, Gran Bretagna, Francia, Germania, Olanda, Spagna e Svezia provenienti da diversi settori: telecomunicazioni, media, trasporti, farmaceutico, retail, logistica.
Via Quo Media
Pagare per uno status di Facebook? A molti sembrerà strano, ma il social network ha deciso di creare l’opzione Facebook Highlight per dare la possibilità agli utenti di mettere in risalto un post, un link, una foto ecc. previo pagamento. Al modico prezzo di 1,80 dollari potrete assicurarvi che il vostro aggiornamento di stato sia messo in risalto in modo che i vostri amici lo leggano. In vista dello sbarco a Wall Street, Mark Zuckerberg e il suo team continuano a sfornare novità una dietro l’altra, nella speranza di fare cassa. Ma questa volta non avranno esagerato?.
Dopo il lancio dello store per gli antivirus per rassicurare gli investitori sulla sicurezza del social network e dei suoi utenti e dopo il lancio di un App Store per le applicazioni social, ecco l’ultima innovazione (alcuni la chiamerebbero “trovata”) del sito blu: Faceboook Highlights. Il funzionamento di questa funzionalità è molto semplice, si sceglie un post, un link, una foto, un aggiornamento di stato…che si vuole far vedere a più persone possibili, si paga 1,80 dollari e il post viene messo in evidenza. Una forma di pubblicità a basso costo?, una porta aperta allo spam?, un’invasione non gradita del news feed degli utenti?, ognuno la veda come preferisce. In generale però, quella di Zuckerberg sembra una sorta di test per vedere se gli utenti sarebbero disposti a pagare per mettere in risalto un loro post.
I metodi di pagamento accettati sono PayPal e carta di credito, non vi è comunque alcuno strumento per verificare effettivamente quante persone vedano il post in questione. Facebook ha dichiarato “Stiamo continuamente testando nuove funzionalità all’interno del sito. Questo particolare test è atto semplicemente a valutare l’interesse della gente circa questo metodo di condivisione con i propri amici“. Il test partirà dalla Nuova Zelanda, e se dovesse avere successo, potrebbe essere esteso presto anche agli USA e agli altri stati. Una volta scelto di mettere in risalto il contenuto, questo verrà posizionato nella parte alta del feed degli amici e resterà lì più a lungo. A livello grafico, il post sarà identico a tutti gli altri presenti nel feed.
Dato che, in media, un post raggiunge circa il 12% dei contatti, una soluzione del genere potrebbe anche rivelarsi utile. Ma un sistema del genere può essere adatto ad un social network basato su una sorta di “democrazia”?. In fondo, se un post è interessante, verrà condiviso, sarà commentato e si farà notare senza bisogno di “aiuti” esterni. Se i post a pagamento si dovessero diffondere, gli utenti comuni non disposti a pagare si ritroverebbero in una posizione di svantaggio, mentre i brand inizierebbero a monopolizzare i feed degli utenti. Visto in questo modo, il progetto sembra destinato a fallire, ma tutto dipenderà dal riscontro positivo o negativo degli utenti Neozelandesi (confidiamo in loro). Voi cosa ne dite, vi piace l’idea di Zuckerberg?
Via Trackback
La dipendenza da social network è più diffusa tra i neo iscritti e le donne, mentre rischiano meno le persone più ambiziose e organizzate. Sono alcuni dei risultati della ricerca condotta dalla Università di Bergen, pubblicata sulla rivista Psychological Reports, che nell’ambito del progetto Facebook Addiction analizza attraverso le motivazioni alla base di questa nuova dipendenza e i segnali di allarme da considerare per valutare l’impatto del fenomeno ed eventuali trattamenti.
Secondo la scala progettata dai ricercatori norvegesi, oltre ai neo iscritti a soffrire maggiormente di dipendenza da Facebook sono le donne e le persone ansiose e socialmente insicure, che vedono in questo strumento un tipo di comunicazione più semplice rispetto a quella faccia a faccia.
“La dipendenza è legata al grado di estroversione - ha spiegato Cecilie Schou Andreassen, principale autrice dello studio - che tendono ad avere un certo ritardo nel ritmo sonno-veglia”. Secondo lo studio i sintomi della dipendenza da Facebook sono simili a quelli della dipendenza da alcol e da sostanze chimiche.
Via Quo Media
Arriva in rete TwinPeople, il plug-in gratuito che si installa direttamente sul browser e mette in contatto secondo una logica di affinità tematica gli utenti tra coloro che stanno navigando sulla stessa pagina web.
Scopo dell’applicazione è sviluppare la socialità attorno ai contenuti e non attorno ai contatti: si interagisce perché si condividono le stesse passioni, gli stessi interessi, non perché si è in qualche maniera già amici. Il centro della rete è il singolo tema: la pagina web su cui si sta navigando diventa una piazza virtuale dove tutti gli utenti che hanno TwinPeople e che stanno vedendo quella pagina possono scambiarsi opinioni.
Grazie all’identificazione per tema e alla web-localizzazione, TwinPeople è il promotore del concetto di webmob, un ritrovo online tra utenti su di un specifico sito internet, circoscritto in un lasso di tempo. Ogni sito web diventa una potenziale piazza virtuale tematica dove l’utenza incontrandosi ed interagendo potrà condividere commenti, curiosità e opinioni.
Via Quo Media
Le Rosse corrono sempre più veloci, anche sul web e la Ferrari si conferma protagonista assoluta sui social network. A dirlo sono le cifre diffuse dalla casa di Maranello, secondo cui il marchio del Cavallino è primo assoluto nel settore automobilistico e fra i più popolari nella classifica generale.
Pochi giorni fa la pagina Facebook di Ferrari ha superato il traguardo degli otto milioni di fan e a loro è stato dedicato uno speciale filmato con protagonista una 458 Italia che disegna a colpi di sgommate il numero 8.000.000 sullo sterrato della pista di Fiorano.
"Straordinaria", viene definita anche la crescita su Google+, dove la Ferrari occupa la prima posizione con oltre mezzo milione di fan, un numero decuplicato nel primo trimestre 2012. E non finisce qui: il brand Ferrari è da poco presente in Cina sul più importante social network locale, Weibo, ed è subito diventato il più amato del suo segmento.
Via Quo Media
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