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Arthur Bloch
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Di Altri Autori (del 31/01/2012 @ 04:46:07, in Internet, linkato 2115 volte)

4.200 miliardi di dollari. Tanto varrà la internet economy nei paesi del G20 entro il 2016 secondo lo studio di Google e Boston Consulting Group, presentanto in occasione del  World Economic Forum di Davos. Gli specialisti spiegano che il fattore principale della crescita è legato all’aumento della popolazione attiva online che passerà dagli 1,9 miliardi del 2010 a circa 3 miliardi nel 2016 (il 45% dell'intera popolazione mondiale).

“Nessuna compagnia o Paese può permettersi di ignorare questa crescita. Ogni azienda ha bisogno di andare verso il digitale” ha sottolineato David Dean, co-autore del report e senior partner di Bcg. “Comprendere il potenziale economico del web dovrebbe essere una priorità per i leader”, gli ha fatto eco Patrick Pichette, cfo di Google.

I consumatori hanno già cominciato a capire lo straordinario valore di internet: nei paesi del G20, 1.300 miliardi di dollari di prodotti vengono cercati online prima di essere acquistati offline. E anche le aziende che usano intensamente il web per vendere e interagire con i propri clienti e fornitori crescono più velocemente rispetto a quelle che non lo fanno. Negli Usa, le aziende con una presenza media o alta su internet prevedono una crescita del 17% nei prossimi tre anni, rispetto al 12% di altre compagnie.

Via Quo Media

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Di Altri Autori (del 30/01/2012 @ 15:46:07, in Strategie, linkato 2442 volte)

Quando andiamo ad analizzare il modo in cui le aziende sviluppano nuovi prodotti, ci troviamo davanti ad una serie di paradossi. Innanzitutto i prodotti crescono in complessità: più versioni, funzionalità, sistemi che interagiscono, maggiore integrazione tra meccanica ed elettronica, eppure la tendenza è quella di abbreviare il ciclo di sviluppo e contenere il più possibile gli investimenti.

Si ripete continuamente che è necessario puntare su prodotti innovativi, ma la maggior parte delle aziende preferisce muoversi su terreni conosciuti perché non può permettersi di investire in progetti che, essendo davvero "sperimentali", non danno fin dall'inizio sufficienti garanzie di ritorno sull'investimento. Questo è vero anche per quelle aziende che investono fortemente in ricerca e sviluppo. Per  le grandi innovazioni, infatti, l'approccio tradizionale di creare numerosi prototipi fisici e condurre lunghi cicli di prova per ogni progetto, non è fattibile. Richiederebbe enormi budget, riducendo i profitti, mentre i lunghi cicli di sviluppo porterebbero i prodotti sul mercato in ritardo.

E' invece necessario implementare processi nuovi che permettano alle aziende di  progettare prodotti innovativi e di qualità in tempi e a costi più bassi.

Aberdeen Group è una delle principali società di ricerca che si occupano di applicazioni delle nuove tecnologie. Uno dei loro recenti rapporti dal titolo "The Impact of Strategic Simulation on Product Profitability" fa luce sulle best practice applicate dalle aziende di successo che puntano, nello sviluppo dei loro prodotti, ad ottimizzare tempo, costo e qualità.

Secondo questo rapporto, le aziende più innovative utilizzano software di simulazione virtuale per analizzare e testare i loro prodotti. Come? Un esempio tra tutti: con gli strumenti virtuali e le capacità di calcolo oggi disponibili possiamo verificare decine e decine di configurazioni prodotto, anche le più ardite ed innovative, senza aver costruito un singolo prototipo fisico. I risultati di queste prime analisi ci indicano se e quali strade sono davvero percorribili e consentono di focalizzare gli investimenti sulle idee che hanno possibilità di successo. Arriveremo al prototipo fisico per un test finale quando avremo messo a punto e ottimizzato il prodotto. L'impiego delle tecniche virtuali consente alle aziende di essere più veloci dei concorrenti e di realizzare prodotti migliori perché in grado di prevedere il comportamento dell'oggetto già nelle primissime fasi della progettazione, testando il sistema a ogni passo. In questo modo sono possibili iterazioni velocissime che, giorno dopo giorno, supportano il progettista nel prendere decisioni informate su come proseguire lo sviluppo del prodotto per arrivare al massimo risultato. Oggi è addirittura possibile integrare simulazioni meccaniche, strutturali, fluidodinamiche ed elettromagnetiche.

Molte aziende si avvalgono già della simulazione in fase di progettazione, ma quelle che hanno più successo si differenziano per l'uso sistematico che ne fanno, adottando l'approccio Simulation-based product development e promuovendo interazioni tra analisti e progettisti in un ambiente software comune e integrato.

Sebbene il concetto dello Sviluppo del Prodotto in Base alla Simulazione possa essere un traguardo per molte aziende, l'approccio non può essere implementato con successo in mancanza di un'attenta riflessione, know-how e conoscenza per utilizzare le avanzate soluzioni tecnologiche richieste. Ci sono quindi due fattori essenziali da considerare, il primo è determinato dall'utente: come tutti i software specialistici richiede personale qualificato in grado di sfruttarne al meglio le potenzialità; il secondo è il software stesso. La vera e propria prototipazione virtuale si può ottenere solo quando si ha a disposizione una piattaforma che può far interagire simulatori avanzati e consente il passaggio automatico e veloce tra un simulatore e l'altro. I vantaggi sono notevoli, fino ad arrivare a risparmi di milioni di dollari su progetti complessi.

Non vi è più alcun dubbio circa i potenziali benefici della simulazione e chi non l'adotta sarà incapace di mantenere il proprio vantaggio competitivo. Il mondo delle competizioni dove la tecnologia è impiegata all'estremo ce ne ha già dato prova con due casi emblematici: Alinghi, imbarcazione svizzera che ha dominato le ultime gare della Coppa America, e la scuderia di Formula 1 Red Bull che è arrivata alla conquista del campionato costruttori a pochi anni dalla sua nascita.  I leader di domani svilupperanno sistematicamente modelli virtuali dettagliati, utilizzando al meglio questi strumenti di simulazione per ottimizzare i risparmi e realizzare progetti innovativi che assicureranno enormi vantaggi competitivi negli anni a venire.

Via ManagerOnline

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Di Altri Autori (del 27/01/2012 @ 00:05:09, in Social Networks, linkato 1774 volte)

Un giro d’affari di 15,3 miliardi e la creazione di 232mila posti di lavoro. E’ quanto vale il mercato generato da Facebook nei 27 Paesi dell’Unione europea più la Svizzera. Sono i dati della ricerca Deloitte presentata oggi alla Digital Life Design Conference a Monaco di Baviera da Sheryl Sandberg, Chief Operating Officer di Facebook.

L’impatto economico del social network più conosciuto al mondo si è registrato in misura maggiore in Gran Bretagna, con 35.200 posti indiretti e 2,6 miliardi di euro generati, in Germania con 36.200 posti per 2,6 miliardi, in Spagna con 20.200 posti e 1,4 miliardi e in Francia con 21.900 posti per 1,9 miliardi.

Anche in Italia il successo di Facebook sembra avere un peso economico significativo. Due miliardi e mezzo generati e 33.800 posti di lavoro. A trarne maggior beneficio, secondo Deloitte, sono le applicazioni. Se ne contano più di 20 milioni installate ogni giorno dagli utenti. A seguire, pubblicità, fan page ed eventi contribuiscono a generare ricchezza.

L’incremento occupazionale ha interessato produttori di software, sviluppatori, agenzie d’informazione e professionisti di marketing e comunicazione.

Via Tech Economy

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Di Altri Autori (del 25/01/2012 @ 07:57:46, in Marketing, linkato 2485 volte)

Mentre per la prima volta tra gli inserzionisti pubblicitari americani la spesa in advertising on line ha superato quella sulla carta stampata, negli Stati Uniti ci si interroga su quanto dovrebbero durare gli spot pubblicitari sulle piattaforme di video sharing più utilizzate sul Web, affinché abbiano efficacia e siano apprezzati dai consumatori on line. Questione all’ordine del giorno, considerando la proliferazione di spot commerciali su YouTube, sia quelli che precedono i video – introdotti già nel 2008 – sia quelli visualizzati durante i video stessi, inseriti più di recente.

Per dare efficacia alla propria campagna pubblicitaria su YouTube, gli spot video non dovrebbero superare i circa 15 secondi. A rivelarlo è Poll Position, società leader per la proposta di questionari e sondaggi on line che riguardano il mondo del business e non solo, in seguito a un’indagine telefonica che ha coinvolto circa 1.100 consumatori americani.

Secondo i dati pubblicati da Poll Position, difatti, più della metà degli intervistati – il 54% dei consumatori d’oltreoceano coinvolti nell’indagine – ritengono “accettabile” uno spot pubblicitario di massimo 15 secondi, prima di vedere i video o nel corso dei contenuti multimediali ricercati sulle piattaforme di video sharing, YouTube in primo piano. Al contrario, soltanto il 12% degli utenti raggiunti dalla società di ricerca sarebbe disposto a fruire spot pubblicitari anche di 30 secondi, mentre il 3% degli intervistati accetterebbe anche di vedere video commerciali superiori a un minuto.

Dunque, se come rivelato da eMarketer qualche giorno fa gli inserzionisti pubblicitari si stanno avvicinando in modo sempre più deciso al Web e ai suoi strumenti – con le piattaforme video e multimediali che stanno ricoprendo un ruolo importante – le campagne pubblicitarie, gli spot video e i messaggi commerciali veicolati dovranno essere brevi, immediati e poco invasivi.

Via Tech Economy

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Di Altri Autori (del 24/01/2012 @ 07:45:07, in Mercati, linkato 2235 volte)

Il fatturato della musica digitale ha raggiunto l'anno scorso, in tutto il mondo, 5,2 miliardi di dollari, segnando una crescita dell'8% sul 2010. Sono i dati dell'Ifpi, International federation of the phonographic industry, contenuti nell’annuale report.

Musica virtuale che ormai pesa il 32% su tutti i ricavi delle case discografiche ma che negli Stati Uniti e in Corea del Sud ha superato il 50%. Più che raddoppiati anche i Paesi nei quali sono stati resi disponibili i servizi di musica legale, dai 23 del gennaio 2011 ai 58 di oggi.

Ma il numero più significativo è forse quello degli utenti paganti, che ha toccato quota 13,4 milioni, segnando un +65% sull'anno precedente. Parlando di difesa del copyright l'Ifpi sostiene che la pirateria rimane “un'enorme barriera per la crescita sostenibile” di questo business.

Via Quo Media

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Di Altri Autori (del 23/01/2012 @ 07:37:13, in Aziende, linkato 1958 volte)

Sono nati tra il 1980 e il 2000, sempre connessi anche in mobilità, utilizzano internet per cercare informazioni, scambiarsi idee e relazionarsi con i propri coetanei. Sono cresciuti a contatto con culture diverse e hanno una naturale predisposizione a lavorare in team, purché all’interno di contesti lavorativi aperti, partecipativi e non troppo ingessati.

E’ il ritratto dei Millennials, la nuova generazione che si appresta ad entrare nel mondo del lavoro, portando degli inevitabili cambiamenti nelle organizzazioni e nel modo di lavorare e di fare business all’interno delle aziende.

I Millennials, così come William Strauss e Neil Howe per primi definirono già nel 1991 questa generazione, hanno un’attitudine molto marcata al multitasking, ricercano un continuo feedback da parte dei superiori sul proprio lavoro e si aspettano di poter fare esperienze in settori diversi all’interno delle organizzazioni.

Ricercano la leadership, ma si aspettano che i manager e i colleghi più anziani siano pronti ad ascoltare e a rispettare le loro idee. Hanno bisogno di sfide con cui misurarsi, ma anche di rendersi conto di quali siano le opportunità e i percorsi di carriera.

Al tempo stesso però danno grande importanza al worklife balance e richiedono flessibilità nell’organizzazione del lavoro perché tendono a mettere la famiglia e gli amici prima della carriera. Sono inoltre molto attenti alla reputazione dell’azienda nella quale lavorano e si aspettano di dare un contributo in termini di responsabilità sociale.

I Millennials sono la generazione più collegata in rete della storia e si aspettano di ritrovare anche nel contesto lavorativo gli stessi strumenti che usano abitualmente per la gestione delle proprie relazioni interpersonali. Facebook, Twitter, Youtube non sono per loro fantastiche innovazioni dell’era digitale, ma parti della loro quotidiana vita sociale e di relazione.

Sono naturalmente propensi al multitasking, all’uso di più strumenti tecnologici e applicazioni con un approccio aperto alle nuove tecnologie per comunicare e condividere idee, pensieri e passioni.

Di conseguenza chiedono e si aspettano che all’interno delle aziende vi siano standard elevati di prestazione di rete e la possibilità di utilizzo degli stessi strumenti di connessione e condivisione, anche in mobilità, adottati abitualmente nella vita privata.

Tutti questi elementi insieme avranno un inevitabile impatto all’interno delle aziende rivoluzionando l’organizzazione del lavoro. Secondo un recente studio di Accenture sull’uso della tecnologia da parte del Millennials, le organizzazioni che non saranno in grado di venire incontro alla cultura digitale e di compartecipazione di questa generazione rischiano di perdere la capacità di attrarre e trattenere i nuovi assunti.

Questo vuole anche dire che HR e CIO saranno chiamati ad una maggiore collaborazione per riuscire a guadagnare un vantaggio competitivo nei confronti di competitor meno attenti alle dinamiche generazionali non solo in tema di recruiting e di retention ma anche per tutto quello che afferisce all’innovazione e alla crescita del business aziendale.

Via Tech Economy

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Di Altri Autori (del 20/01/2012 @ 07:32:51, in Mobile, linkato 2183 volte)

Il mobile marketing e gli acquisti in mobilità registreranno un boom nel 2012. E’ quanto emerso la scorsa settimana a New York in occasione del consueto incontro di inizio anno del Direct Marketing Club che analizza scenari e prospettive per l’anno in corso delle attività di marketing diretto.

Ospite d’onore Bruce Biegel, managing director di Winterberry Group, società di consulenza strategica, secondo cui “questo è l’anno dell’esplosione del mobile”. Citando un report recentemente rilasciato dalla sua società, Biegel ha riferito come negli Stati Uniti la spesa per il mobile advertising sia aumentata del 41,2% nel corso del 2011 arrivando a 1,2 miliardi di dollari e il tempo dedicato all’utilizzo dei dispositivi mobili sia aumentato in un anno del 30%. Il fatturato delle attività digitali a livello complessivo è aumentato del 19,8% a 34,6 miliardi di dollari, mentre il fatturato del segmento e-mail marketing è aumentato del 18,1% a 1,6 miliardi di dollari l’anno.

Un chiaro trend, secondo Biegel, che le attività di marketing diretto si stanno sempre più spostando verso i canali digitali e in particolare su quelli mobili a scapito di quelli tradizionali.

La spesa in iniziative di direct marketing su dispositivi mobili è prevista in crescita quest’anno del 50,2% per un fatturato stimato a fine 2012 di 1,8 miliardi di dollari. Questa crescita è legata secondo Biegel alla sempre maggiore diffusione degli smartphone, alle opportunità legate ai sistemi di geolocalizzazione e all’utilizzo sempre maggiore di nuove tecnologie e applicazioni da parte dei consumatori. Un trend questo che comporterà la necessità per le agenzie di marketing diretto di dotarsi di nuove piattaforme che siano in grado di gestire e supportare flussi sempre maggiori di dati e informazioni, per incrociare le informazioni provenienti dai canali mobile e digitale, integrandole con i dati demografici e i comportamenti d’acquisto dei consumatori.

Anche il segmento dell’email marketing risente della sempre maggiore penetrazione del mobile tra i consumatori, dal momento che più del 20% delle mail sono ormai lette su dispositivi mobili (smartphone e tablet) secondo un’analisi di Knotice, un email service provider che ha analizzato le modalità di lettura di 700 milioni di mail negli Stati Uniti. Proprio per questo Brian Degan, CEO di Knotice, sottolinea l’importanza che i messaggi di email marketing siano ottimizzati per essere letti anche su dispositivi mobili e, soprattutto, che la user experience di chi fa click su un messaggio di email marketing usando uno smartphone, sia pensata per il mobile.

Via Tech Economy

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Di Altri Autori (del 19/01/2012 @ 07:29:28, in Mobile, linkato 2718 volte)

La RIM dovrebbe abbandonare il progetto del suo sistema operativo in favore di Android o Windows Phone? E’ quello che si chiede Peter Rojas in una discussione su GDGT. Nonostante la buona presentazione fatta al CES 2012 in merito al nuovissimo sistema operativo Blackberry 10 e nonostante i nuovi smartphone RIM, forse all’azienda, per rimanere sul mercato e cercare di riacquistare delle quote, converrebbe decidere di adottare Google Android o Window Mobile, il sistema operativo di Microsoft.

Nonostante le presentazioni che la RIM ha fatto all’evento di Las Vegas, infatti, non sembra che esso possa competere con l’iPhone o con i vari telefoni Android, come i nuovissimi Samsung Galaxy SII o il Samsung Galaxy SIII. Il problema è che il successo di uno smartphone si basa moltissimo sui mercati virtuali delle applicazioni, come già abbiamo avuto di vedere. L’App Store e l’Android Market, in questo senso, sono dei leader nel mercato, mentre la Microsoft sta facendo dei pesanti investimenti con il suo Windows Market al fine di competere con Google e con la Apple.

La strada che sta percorrendo la RIM in questo periodo ricorda un po’ quella che ha percorso la Nokia tempo fa, che l’ha portata praticamente ad essere esclusa dal mercato degli smartphone, tanto che ora la casa finlandese ha messo da parte il suo Symbian ed è passata a Windows Mobile.

Qualunque sia la decisione che la RIM ha deciso di mettere in pratica, quello che è certo è che l’azienda dovrà prendere delle decisioni importanti sul suo futuro, anche in maniera veloce. Che il futuro della RIM passi per la strada di Mountain View, per quella di Redmond o per una più coraggiosa ristrutturazione interna, non possiamo ancora saperlo, ma speriamo di non perdere questo “gigante”.

Via Mobileblog.it

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Di Altri Autori (del 17/01/2012 @ 07:13:52, in Pubblicità, linkato 1744 volte)

Facebook guadagna terreno nella gara con altri colossi di internet. Durante l'anno in corso assorbirà il 5% degli investimenti in pubblicità online, secondo le previsioni della società di analisi Efficient Frontier. È una gara aperta con Google, Yahoo e Microsoft.

La lente d'ingrandimento del report di Efficient Frontier esamina, inoltre, gli annunci promozionali mostrati dagli schermi di cellulari e tablet: spesso sono la sorgente economica per remunerare chi ha progettato applicazioni software scaricate senza pagare nulla. E, segnala lo studio, durante il 2012 registreranno un aumento fino al 16-22% dei clic sulle inserzioni commerciali online.

Via Quo Media

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Di Altri Autori (del 11/01/2012 @ 07:18:51, in Media, linkato 2282 volte)

Le emittenti televisive inglesi accelerano il passo per incontrare su internet il loro pubblico: il Regno Unito è terzo al mondo nella visione di filmati online per utente, dopo Canada e Stati Uniti, come segnalano le rilevazioni di ComScore. E di recente la Bbc ha stretto accordi con grandi piattaforme per la fruizione di video sul web.

Ad esempio, distribuisce alcuni suoi programmi anche su Netflix, appena arrivato dagli Stati Uniti, e ha un'alleanza con Lovefilm, acquistata da Amazon. I social network sono un territorio di espansione. Da poco Sky ha ottenuto una quota in Zeebox, dove gli utenti possono vedere i programmi e commentare a partire dagli schermi di cellulari e tablet: in particolare, chi è su twitter può discutere in diretta film e fiction.

Lo studio di ComScore sottolinea che nel mondo sono 1,2 miliardi di persone a guardare filmati su internet, dove YouTube ha costruito il suo successo e allunga la sua marcia: in un recente articolo sul "New Yorker" descrive in dettaglio il progetto per i suoi 800 milioni di utenti globali e prevede nei prossimi anni decine di migliaia di canali, dedicati a nicchie ristrette di persone e con una programmazione limitata ad alcune ore al giorno.

di Luca Dello Iacovo su IlSole24ORE.com

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