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Errare è umano, ma per incasinare davvero tutto è necessario un computer.

Arthur Bloch
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Di Roberto Venturini (del 29/09/2006 @ 07:45:58, in Marketing, linkato 3853 volte)

Un altro strumento interessante ma un po’ complesso ( se ne sta discutendo in questo periodo anche su mlist) è l’accoppiata poster col Bluetooth - che permette alle affissioni di dialogare con i nostri telefonini.

In molte città europee si possono incontrare degli impianti speciali che ci richiedono di attivare il Blutooth del nostro cellulare. Fatto questo, il poster potrà inviare contenuti multimediali pubblicitari al nostro telefono ( o PDA), files, buoni sconto, jingle o spot.

Ah, questa forma di comunicazione, ovviamente ha un nome in codice: "Bluecasting"

Permettendo al poster di collegarsi al telefonino è possibile scaricare materiali di comunicazione come spot, un salvaschermo sviluppato per l'occasione, suonerie per i cellulari...

Qualche link utile:

Digital Lifestyles
Wall Street Journal
Cosa ne dicono gli altri blogger...

Che siano Telefonini, GPS, o poster, le forme di comunicazione di cui ho dato dei cenni presentano un elemento in comune. Questi approcci di comunicazione contestuali alla location offre un significativo vantaggio rispetto ad altre forme di advertising precedentemente ipotizzate, specificamente nella loro mancanza di intrusività.

Erano infatti stati spesso vaticinati modelli di pubblicità basati sull'invio di SMS in modalità "push", in cui un sistema collegato al provider telefonico avvertiva la prossimità del cellulare ad un punto sensibile (ad esempio un negozio) e automaticamente inviava a quel cellulare un messaggio pubblicitario in merito.

Questo tipo di comunicazione non è in realtà mai stata introdotta significativamente sul mercato, anche per il timore di reazioni negative da parte dell'utente, che avrebbe probabilmente percepito questa attività come "spam", per di più in un luogo tanto privato come il cellulare, in cui l'arrivo di messaggi indesiderati tende a provocare reazioni fortemente negative.
Le nuove forme di pubblicità ora proposte sono invece basate su un modello "pull" in cui è l'utente stesso a richiedere la comunicazione, rispondendo perfettamente al detto "La pubblicità è una gran seccatura...fino al momento in cui hai bisogno di essere informato su un prodotto. In quel momento diventa Customer Service".

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Magliette e ancora magliette?? Ma no, la maglietta è stato lo spunto per introdurre quest'argomento così complesso che è il merchandising, la comunicazione del marchio tramite gli oggetti non avviene solo con una maglietta! Quest'ultima è un veicolo, il mezzo per trasmettere il messaggio, certo è un buon mezzo, ha un'alta probabilità di essere usato ma non è certo l'unico!
Ho detto usato?!? Ebbene sì, un oggetto non ha senso di esistere se non viene utilizzato, se non circola non promuove un bel niente, anzi può anche generare l'effetto contrario, un oggetto insignificante, brutto o troppo banale, può portare un'immagine negativa! Ne consegue che le magliette, così come tutti gli oggetti promozionali, devono essere utilizzati. Ma dimentichiamoci, ora, le magliette e cerchiamo di approfondire l'oggetto promozionale, saliamo di un livello e facciamoci qualche domanda. Un'azienda, quando decide di entrare nel mondo degli articoli promozionali dovrebbe farsi almeno queste quattro domande:

• Perché voglio personalizzare un prodotto?
• Cosa voglio comunicare?
• A chi devo comunicare?
• Che articolo scelgo?

Ma vediamo una per una il ragionamento che c'è dietro:

Perché personalizzare un prodotto?

I motivi possono essere svariati: semplice emulazione, "tutti lo fanno quindi vuol dire che a qualcosa serve ." O.k. un'ottima ragione, però ci possono anche essere delle motivazioni più serie, per esempio: "voglio che il cliente abbia sempre con sè qualcosa di mio che mi faccia rimanere nel suo set di scelta" (mi viene da pensare a quella canzone di Battisti ".E nel far le valigie ricordati di non scordare qualche cosa di tuo che a te poi mi faccia pensare.") sino ad arrivare a "voglio che quest'oggetto sia il mio simbolo, contenga in sé i miei valori ed il mio potenziale cliente, usandolo, capisca - CHI - sono". Ovviamente queste sono solo alcune delle motivazioni, ogni azienda dovrebbe cercare le sue ogni volta che si avvicina all'idea di produrre degli articoli a marchio proprio.

Cosa voglio comunicare?

Se per esempio mi sono accorto che il mio marchio non è conosciuto presso una categoria di utenti ed ho deciso di usare la leva degli oggetti personalizzati per farmi conoscere (ho così risposto alla prima domanda.), utilizzerò il mio marchio ben visibile su quei prodotti che possono, con maggior facilità, circolare presso il target scelto. Per esempio tra i giovani, sino a poco tempo fa, erano molto in voga i porta-badge utilizzati poi come porta-cellulare o portachiavi al punto che erano collezionati o "esposti" tutti contemporaneamente attaccati alla tasca dei pantaloni. L'unica cosa da prendere in considerazione anche quando si vuol "solo" far circolare il marchio è che non si deve dar nulla per scontato, soprattutto se tale circolazione è voluta perché il marchio non è conosciuto. In questo caso la scarsa conoscenza di cosa fa l'azienda renderebbe vana l'azione, si dovrebbe, quindi, associare un pay off (ci viene da pensare a "il posto più morbido dove mettere il naso"), una frase che molto sinteticamente ci rappresenti e faccia capire cosa facciamo (senza poi escludere un rinvio ad internet in modo da ottimizzare al massimo la comunicazione).

A chi devo comunicare?

Abbiamo detto perché (brand awareness), abbiamo detto cosa (marchio, pay off, sito web) ci manca l'ultima domanda, molto importante per arrivare all'oggetto. Chi è il target della comunicazione? Senza questo elemento potremmo scegliere l'oggetto sbagliato, finire nel dimenticatoio e, peggio ancora, avere un ritorno di immagine negativo. Cosa direste se ad un evento dedicato agli ultra cinquantenni ci presentassimo con un porta badge? (Ce l'aveva proposto il venditore come "l'articolo più in voga del momento".) Bellissimo, sì, chi lo riceve è sicuramente contento . è gratis . Ma poi dove credete che finirà? Penzolante dalle tasche dei pantaloni di quest'attempato signore o in qualche cassetto pieno di inutili cianfrusaglie?

Che articolo scelgo?

Finalmente ci siamo! Abbiamo oculatamente risposto a tutte le domande, non abbiamo ceduto all'emozione o alle insistenze di un caparbio venditore, ci siamo chiariti le idee ed ora dobbiamo scegliere l'articolo e . "finalmente vedrò il mio bellissimo marchio stamp. Si ma cosa scelgo, ho visto interminabili cataloghi di gadget, abbigliamento, impermeabili, ombrelli aiutoooo".

Ebbene sì, rispondere alle domande precedenti era, forse la cosa più facile, scegliere ora nel mare magnum delle possibilità è un'altra storia.

E per questo ci siamo noi! Abbiamo pensato di approfondire e scomporre razionalmente ogni prodotto, cercando di capire quali sono le variabili chiave che fanno di un prodotto un buon articolo promozionale.

• Compatibile col target
• Facile da personalizzare
• Innovativo
• Impattante
• Utilizzabile
• Visibile
• Emozionale
• Lanciabile

Ovviamente non tutte queste variabili dovranno essere presenti in un oggetto, nello schema vediamo che il cerchio si stringe sempre più man mano che andiamo ad aggiungere un'altra variabile. Abbiamo già accennato alla compatibilità col target , ogni prodotto deve essere rappresentativo del target che vogliamo colpire, in caso contrario l'omaggio non avrà alcun effetto ed avrete sprecato l'investimento.

La facilità della personalizzazione è una variabile auto-controllata, generalmente chi vi propone un oggetto saprà che è personalizzabile, se invece siete voi a sceglierne uno dovete ricordarvi che un articolo difficile da stampare renderà sicuramente l'operazione più costosa se non addirittura infattibile.

Un'altra buona regola è che scegliate un articolo innovativo che, possibilmente, non sia presente nel vostro mercato di riferimento, le cose nuove, in linea di massima attraggono di più ma ricordatevi che questa regola deve sempre prendere in considerazione il vostro target.

Se c'è qualcosa che vi ha attratto di un oggetto ve lo ricorderete meglio, ecco la 4 variabile, un oggetto deve essere impattante.

Se pensiamo al nostro target, se lo conosciamo bene, possiamo visualizzare tutti i momenti della sua giornata, quali sono i suoi gesti quotidiani, cosa usa di più durante il giorno e potremo compilare una lista di oggetti che con più frequenza si "troverà in mano". Tutti questi oggetti, ricordandosi che maggiore uso equivale a maggior ricordo, diventano dei buoni articoli promozionali. Utilizzabile è, quindi, un'altra variabile.

Arriviamo ora alla visibilità , questa variabile determina la forza della comunicazione, il nostro target possiede l'oggetto e lo usa ma quante persone ruotano intorno a lui? Quanti di loro sono potenziali nostri clienti? Ecco che se l'oggetto è visibile e trasmette bene il messaggio la forza comunicativa aumenta.

Ritorniamo un istante all'utilizzo, dobbiamo valutare ora l'emozione che vi è associata. E' importante comprenderle bene in quanto le emozioni provate durante l'utilizzo di un oggetto vengono inderogabilmente associate all'oggetto stesso/marchio. Uno spazzolone per lavare i pavimenti, probabilmente, non genererà un buon ricordo proprio a causa dell'emozione negativa che, a livello di inconscio, si legherà al marchio.

L'ultima nota che abbiamo preso in considerazione, non si può parlare di una vera e propria variabile, è una riflessione su come l'oggetto sarà consegnato al consumatore, se volessimo sviluppare una tazza col nostro marchio non potremmo certo pensare di lanciarla da un palcoscenico!

Lorenzo Iazzetti

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Di Max Da Via' (del 25/09/2006 @ 07:21:09, in Marketing, linkato 5487 volte)
Sempre più aziende sono alla ricerca di forme alternative per promuovere i propri prodotti e servizi che possano riuscire ad attirare l’attenzione di un consumatore continuamente sottoposto a bombardamenti pubblicitari e, di consulenza, difficile sia conquistare che soprattutto da fidelizzare.
Tra le tendenze in maggiore crescita c’è il product placement, che consiste nel collocare i propri prodotti, in maniera più o meno “trasparente”, all’interno di film, spettacoli, videogiochi e in generale in tutto quello che appartiene alla sfera dell’entertainment.

Di product placement cinematografico avevamo già parlato in un precedente articolo. Si tratta di una tecnica consolidata, utilizzata in innumerevoli produzioni. I vantaggi del product placement sono evidenti: si viene a “colpire” il consumatore in un momento in cui è rilassato e quindi potenzialmente più disposto ad apprezzare la presenza del prodotto sullo schermo.

Se il placement è ben fatto il prodotto non si limita a comparire in maniera anonima sullo sfondo, ma diventa parte integrante della vicenda, assicurando maggiore efficacia alla comunicazione. Basti pensare agli orologi Omega Pierce Brosan quando vestiva i panni di James Bond, che di volta in volta diventavano detonatori esplosivi o laser, o all’Audi di Will Smith in Io, Robot, derivante da un’autentica concept car ideata dall’azienda tedesca.

Anche le produzioni cinematografiche beneficiano di queste alleanze, riuscendo a ribaltare sulle aziende partner parte degli elevati costi di realizzazione delle pellicole, mentre queste ultime possono approfittare di un nuovo ed efficace canale di comunicazione. Esistono in America vere e proprie aziende specializzate nel product placement che, lavorando a stretto contatto con gli studios, identificano ancora nelle prime fasi realizzative, i film che possono creare utili sinergie con i prodotti delle loro aziende clienti, che delegano loro la scelta della pellicola più adatta per il placement.

L’integrazione di un prodotto all’interno del film è infatti un’operazione particolarmente delicata, in quanto per garantire reali vantaggi competitivi deve essere in linea con il posizionamento del prodotto stesso, evidenziandone le qualità. In più di un’occasione posizionamenti non efficaci sono stati la causa scatenante di animati diverbi tra la produzione del film e l’azienda che fornisce i prodotti. Nessuna azienda produttrice di super alcolici gradirebbe, ad esempio, che l’eroe del film avesse un incidente automobilistico dopo essersi ubriacato con il suo whiskey, così come il produttore di macchine non ama vedere uno dei suoi modelli di punta che lasca a piedi i protagonisti non appena usciti dal concessionario.

Nel 2006, secondo i dati forniti da una recente indagine PqMedia, il mercato mondiale di questi investimenti dovrebbe toccare quota 7,5 miliardi di dollari, con un incremento di oltre il 25% rispetto al 2005. Ma le previsioni sono tutte al rialzo, visto che nel 2010 la cifra spesa dalle aziende per il product placement dovrebbe raggiungere la cifra record di 14 miliardi, di cui solo 5,5 negli USA. Se i casi di integrazione “spinta”, come ad esempio la presenza di FedEx nel film Cast Away, sono ancora una minoranza, l’indagine evidenzia come sempre più risorse pubblicitarie saranno destinate a questo scopo nei prossimi anni.


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Di Roberto Venturini (del 22/09/2006 @ 08:25:39, in Internet, linkato 3126 volte)

Google ha rilasciato la versione beta di Writely, text editor che funziona online, via web, senza applicazioni da scaricare e che tiene i documenti in memoria su un qualche server e quindi sempre disponibili anche quando siamo in viaggio o considivibili con altri ( ma invisibili a Google e agli altri motori a meno che non si disponga il contrario).

Potenzialmente un applicazione molto interessante per PDA e simili, non richiedendo una applicazione residente

A breve lo testerò a fondo con il portatile e il Nokia 770, provando ad esempio a scrivere qualche pezzo dal bar della palestra (dotato di wifi gratuito, con mia grade gioia) - unico problema riscontrato: non funziona con Safari, ma con Firefox si' (e del resto anche blogger funziona molto meglio con Firefox...)

Writely permette di pubblicare direttamente sul proprio blog, quindi si configura anche come blog editor - ma qui non ci siamo ancora del tutto, ho incontrato qualche baco da risolvere.

La beta di Writely la trovate qui.

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Di Altri Autori (del 19/09/2006 @ 19:43:51, in Marketing, linkato 4995 volte)

Che si venda un prodotto o un servizio, uno degli assi nella manica per farsi percepire come sinonimo di qualità è prendersi cura dei propri clienti. Le aziende lo sanno e da tempo hanno cominciato a investire nel customer relationship management (crm), ossia in politiche mirate di re l azione con la clientela. Eppure non tutti si sono mossi con gli stessi tempi e le stesse modalità: se il turismo e la grande distribuzione già negli anni Ottanta legavano a sé viaggiatori e acquirenti con sconti immediati o reward differiti nel tempo, nella moda e, più in generale nei prodotti di lusso, si è dovuto attendere la fine del millennio perché si consolidassero le prime esperienze di crm. Che, tuttavia, stentano ancora a decollare.

  E se i vantaggi della gestione mirata della clientela sono evidenti, si pensi per esempio alle minori rotture di stock, all'aumento dello scontrino medio e, in un'ottica di lungo periodo, alla fidelizzazione al marchio, appare chiaro che le ragioni della lentezza del settore nell'adeguarsi al nuovo sistema devono essere più profonde. Una di queste risiede nelle caratteristiche stesse del prodotto o del marchio di lusso, notoriamente per pochi. E' lo snob effect, per il quale tanto più aumenta la domanda di un bene, tanti meno clienti lo acquisteranno nel tempo, cosa che induce le aziende a contenere le vendite pur di mantenere il valore d'immagine del prodotto. Tutto il contrario di quanto sarebbe necessario per sviluppare il customer relationship management, che nella maggior parte dei casi si basa su strategie tarate per alti volumi di vendita.

 A porre il maggior freno, però, è la dinamica stessa della vendita del prodotto di lusso. Una borsa di Luis Vuitton non è certo un prodotto consumer, non la si compra in un grande magazzino ma in boutique. Ciò significa che il principale punto di contatto tra cliente e marchio resta l'addetto alla vendita, che spesso è anche l'unico depositario delle informazioni sul cliente stesso. La raccolta dei dati personali, operazione fondamentale per centralizzare le relazioni produttore-consumatore, diventa un'operazione complicata e frammentaria, complice la maggiore riservatezza degli habitué del lusso e la loro minore sensibilità a incentivi standardizzati. Moda e lusso, a differenza di altri settori, hanno dunque delle specificità che devono essere tenute in debito conto, al momento di immaginare e sviluppare un sistema di gestione mirata della clientela. Serve spesso un ripensamento dell'intera organizzazione, con infrastrutture di supporto e forte motivazione da parte di dipendenti e collaboratori.

A fronte di costi non certo trascurabili, vi sono però notevoli vantaggi: la messa a punto di strategie di incentivazione su misura favorisce l'ottimizzazione degli investimenti, mentre la fidelizzazione al prodotto o al marchio aumentano la frequenza di acquisto, lo scontrino medio e la cosiddetta quota di guardaroba. Esempio lampante dell'utilità delle politiche di crm anche nel lusso è il caso di Ermenegildo Zegna, che ha giocato d'anticipo e oggi è considerato un punto di riferimento in questo campo. Tra gli elementi che hanno sancito il successo dell'approccio di Zegna al customer relationship management ci sono la creazione di un solo database, che centralizza dati e inform azioni, una visione condivisa del cliente a livello globale, ma soprattutto un coinvolgimento dell'intera azienda nello sviluppo di una relazione unica e duratura con il cliente.

Paola Cillo e Emanuela Prandelli


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Di Max Da Via' (del 18/09/2006 @ 07:36:35, in Marketing, linkato 12070 volte)
L’Ingredient branding, nella sua forma più semplice consiste nell’utilizzare all’interno dei propri prodotti componenti di aziende terze facilmente riconoscibili, sfruttando così la notorietà di queste ultime come ulteriore vantaggio competitivo.

Un tipico esempio è il famoso marchio “Intel inside”, che segnala la presenza di un processore Intel all’interno del pc. Grazie alla notorietà di questo brand il bollino che indica l’utilizzo del processore viene interpretato dalla maggior parte dei consumatori come una garanzia della qualità dei componenti e aggiunge valore sia ai pc di marche note che a quelli di fascia bassa, improvvisamente più attraenti.

Si tratta inoltre di una relazione vantaggiosa per tutte le parti coinvolte: ne beneficia l’azienda che sponsorizza il componente noto ma anche l’azienda fornitrice di quest’ultimo, che approfitta di un prezioso ritorno in termini di immagine.

Altri esempi riusciti di ingredient branding sono la collaborazione tra Adidas e Goodyear, che ha dato origine ad una linea di scarpe sportive con la suola in gomma “griffata” e quella tra Harley Davidson e Brembo, grazie al quale le motociclette del colosso americano potranno beneficiare di un impianto frenante appositamente realizzato dall’azienda bergamasca.

Grazie a questa strategia anche prodotti di marchi poco noti possono acquisire un plus da rivendere sul mercato, come nel caso dei prodotti abbigliamento che esibiscono i marchi “Pura lana vergine” e “Vero cuoio”, i cui consorzi di gestione percepiscono royalties a fronte dell’utilizzo del marchio.

Questi sono in sintesi i principali motivi che favoriscono il crescente ricorso all’ingredient marketing.

1. Il componente di un’azienda affermata è sinonimo di qualità, aiuta a differenziare il proprio prodotto da quello della concorrenza e consente molti casi di giustificare un prezzo finale più alto, riducendo allo stesso tempo il rischio di imitazione.

2. L’enfasi sul componente di terzi garantisce un buon ritorno di immagine anche per l’azienda fornitrice, favorendo una relazione win-win.

3. Anche l’immagine dell’azienda che ricorre all’ingredient marketing esce rafforzata da questa collaborazione, con un’influenza positiva sul processo idi acquisto del consumatore, che si sente più garantito per quanto riguarda la qualità del prodotto.



Via Economy
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Di Roberto Venturini (del 15/09/2006 @ 19:13:39, in Marketing, linkato 3279 volte)
Qualche giorno fa avete potuto leggere qui un pezzo sulle possibilità di comunicazione geocontestuale dei lettori MP3.
Ancora più interessanti per la comunicazione sono le possibilità legate agli sviluppi delle tecnologie della telefonia cellulare.

In questo campo è all'avanguardia il Giappone. In questo paese una legge ha imposto che i telefonini vengano dotati dall'anno prossimo di un sistema GPS per permetterne la localizzazione in caso di emergenza: e al segnale GPS si affianca un segnale radio non satellitare, che permette una precisione di pochi metri nella localizzazione, anche in zone affollate di alti edifici dove il segnale GPS è spesso mascherato.

Su questa piattaforma la società GeoVector ha sviluppato un sistema che permette (grazie alla connessione del cellulare ad internet) non solo di visualizzare mappe della zona in cui ci si trova, ma anche di essere guidati passo a passo verso un punto di interesse (ad esempio un museo) e di ottenere informazioni semplicemente puntando il cellulare in direzione del luogo, monumento o esercizio commerciale che ci interessa.

E' anche possibile, grazie a questo sistema, ottenere informazioni / suggerimenti su temi di proprio interesse, ad esempio trovare un particolare tipo di ristorante oppure - puntando il telefonino su un gruppo di edifici - ottenere una lista degli alberghi presenti in quella zona, con tanto di distanze rispetto alla nostra posizione e, una volta scelto l'albergo di nostro gradimento venir guidati fino all'entrata.

Il servizio offre già informazioni descrittive e pubblicità per oltre 700,000 locations in Giappone, tutte disponibili agli 1,5 milioni di utenti che già dispongono dei nuovi modelli di cellulare abilitati per questo servizio.

Le estensioni potenziali del sistema sono notevoli: si potrà puntare il proprio telefono verso un poster per venire trasportati sul sito web relativo al prodotto pubblicizzato, puntarlo verso un cinema per poter leggere orari e recensioni. Con uno scenario futuro di mobile commerce (prenotare il ristorante, comprare i biglietti del cinema) ed uno scenario contemporaneo di buoni sconti/offerte promozionali inviati direttamente al cellulare (sperimentazioni di questo tipo sono attualmente in corso negli USA).
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Di Altri Autori (del 10/09/2006 @ 14:00:06, in Marketing, linkato 7821 volte)
Il mondo del retail è in piena in evoluzione, così come fermenti di cambiamento sono in atto nel settore degli shopping centers. Si registra infatti una progressiva concentrazione degli operatori, un livello di concorrenza molto acceso , ma soprattutto una iper saturazione dei mercati. Nuove sfide arrivano anche dalla affermazione di nuovi canali distributivi competitors quali outlet, retail park, gruppi di acquisto collettivi , e-commerce e da nuovi concept emergenti nei luoghi del commercio in termini di multi-experience e retail-tainment. A ciò si deve aggiungere una complessità di variabili sempre più critiche e interdipendenti come la scelta dei brand, il merchandising mix, il comportamento d'acquisto,gli stili di consumo, e l'auspicabile fidelizzazione del cliente.

Il Centro Commerciale è un "prodotto maturo", punto di riferimento nell'ambito dei processi di acquisto di esperienze convergenti di shopping, servizi, divertimento e tempo libero dei clienti.

Il suo successo sta nella capacità della formula di aderire alle necessità di mercato e di costruire una elevata store loyalty.Il Marketing è uno degli elementi chiave.

Per soddisfare clienti, sempre più infedeli e frammentati, occorre capire meglio le loro esigenze e stabilire relazioni più strette rispetto a quelle attuali, offrendo prodotti e servizi di qualità,convenienti e un insieme di proposte e messaggi utili a stabilire una relazione meno spersonalizzata, con nuove possibilità di attrarre il cliente, non solo consumatore di beni materiali, ma anche attento fruitore e ricercatore di emozioni e di valori intangibili.

Diventano necessari luoghi d'incontro vivi, palcoscenici dove interpretare la marca e i suoi valori e dove far partecipare il cliente alla rappresentazione dello shopping.

Il futuro scenario della relazione con il cliente è complesso e la scelta della giusta tipologia di rapporto è la variabile critica per tutta la GDO; è la frontiera più avanzata nella competizione per la conquista della customer share più estesa.

La competizione diretta tra shopping center, penalizza i meno efficienti, mal posizionati e mal gestiti, ma anche quelli privi di una "visione", soprattutto in termini di strategie di marketing, visto che il livello dei prodotti, negozi e la tecnologia progettuale è omogenea e a disposizione di tutti.

Il valore aggiunto apportato dal marketing è in grado di creare relazioni con i clienti e di ripensare a nuovi progetti, servizi, campagne, promozioni, idee innovative per la conquista di nuovi segmenti di mercato. Il marketing del Centro Commerciale si configura come il coordinamento delle attività di marketing e comunicazione necessarie alla gestione ed alla valorizzazione del prodotto "Centro Commerciale", finalizzate alla massimizzazione delle performance (affluenze, redditività, fatturati), all'ottimizzazione delle risorse ed al miglioramento della brand image dei singoli Centri, all'interno del processo di incremento del valore di un asset immobiliare, in sinergia con la strategia di investimento della Proprietà. Il marketing diventa così un moltiplicatore di economics che consente la crescita di tutti operatori del settore: shareholders, promotori, retailers, società di gestione, fornitori, consumatori; mantenendo nel tempo il rapporto prodotto/mercato, ovvero lo sviluppo delle attività (volume di affari per retailers, maggior quantità/regolarità di incassi (affitti) per il Proprietario che beneficia anche dell'incremento del valore di mercato dell'immobile).

Per competere sul mercato non basta un'insegna originale e un brand mix innovativo; sviluppare un Centro di successo richiede capacità di gestione ma anche una profonda conoscenza del mercato, del pubblico, della concorrenza e del marketing: è evidente la necessità di pianificare azioni a medio-lungo termine per definire le strategie di posizionamento del Centro, che condizionano i processi di commercializzazione, gestione e del marketing operativo.

Chi si occupa di marketing in questo settore, deve concretamente dare risposte rispetto a quesiti: Quali attività di marketing devono essere realizzate affinché i Centri possano catturare ancor più l'interesse dei visitatori e fidelizzarli?Come caratterizzare il Centro come luogo per lo shopping e tempo libero con un'offerta completa e di qualità tale da garantire il vantaggio competitivo nell'area di attrazione?Quali servizi, bisogna offrire e/o implementare per rendere più allettante lo shopping?Quali attività di entertainment ed eventi di richiamo bisogna programmare per la shopping experience?

Siamo tutti concentrati nel trovare valide soluzioni, ma nel frattempo abbiamo ritenuto opportuno ripensare al marketing del Centro Commerciale attraverso la ridefinizione di paradigmi e concetti chiave:

Il Centro Commerciale : da luogo di acquisto di beni a luogo di acquisto di esperienze (beni + servizi + tempo libero + intrattenimento)

La Tipologia : da Centro di prodotti a Centro delle persone

I negozi : da punto vendita a punto di incontro

La scelta : da convenienza a preferenza

I clienti : da consumatori a persone

La marca : da notorietà ad aspirazione

La comunicazione : da monologo a dialogo

La pubblicità: da advertisement a advertinment

Head line : da funzione a sentimento

I servizi : da servizio a relazione

Gli eventi: da rappresentazione a compartecipazione

Il territorio: da integrazione a responsabilità

La mission : da customer satisfaction a human partecipation.

Stefano De Robertis
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Di Altri Autori (del 08/09/2006 @ 13:40:52, in Marketing, linkato 6129 volte)
Innovazione ma che bella parola!!! Sì, innovazione è veramente una parola che ci dà soddisfazione, inventare non è da tutti e le aziende che innovano sono ancora di meno.

Innovare, infatti, è costoso, è inutile nascondere le cifre. Se si vuole un prodotto nuovo, che nessuno abbia mai visto sul mercato, è necessario spendere qualche cosa in più, se non per l'attività innovativa, che potremmo avere la fortuna di avere in casa (un dipendente piuttosto creativo o il lampo di genio che è venuto a noi stessi) quantomeno per i costi di produzione dovuti a nuovi stampi, nuovi metodi o nuovi materiali.

Gli oggetti innovativi sono tutti quei prodotti che non si sono ancora visti sul mercato che, nessuno ha ancora visto e, possibilmente, non hanno ancora avuto alcuna diffusione. Ovviamente esistono diversi gradi di innovazione, il picco si ha nella situazione descritta prima, poi, allargando i filtri, si arriva a considerare innovazione l'utilizzo di un prodotto già presente sul mercato ma che non è ancora stato usato in termini di articolo promozionale.

Avendo un buon budget a disposizione potremmo fare una ricerca di mercato sul target cercando di individuare le nuove tendenze, a livello di prodotti, che possono interessare al nostro cliente.

Una volta individuato il prodotto di tendenza è necessario passare alla produzione, a seconda del prodotto che si deve sviluppare si potrà intervenire in misura più o meno rilevante anche nello stampo. Trattandosi, per esempio di un prodotto informatico come una pen drive (vedi box grandi budget) la forma non sarà modificabile in maniera sostanziale, potremo però intervenire sui colori e sulla stampa. Parlando invece di altri oggetti avremo la libertà di scegliere le forme con la massima flessibilità.

Se prendiamo, per esempio, i collezionabili che hanno reso famosi gli Ovetti di cioccolato Dolci Preziosi (che hanno dato filo da torcere agli Ovetti Kinder) comprendiamo quanto sia possibile applicare la personalizzazione, Dolci Preziosi studia, infatti, a tavolino le sorprese che devono essere messe all'interno dell'ovetto, ne fa i disegni e realizza vere e proprie sculture finalizzate alla costruzione dello stampo. In questo caso si ottiene, quindi, un prodotto innovativo che ha un grado di personalizzazione molto elevato a costi tutto sommato contenuti. Ovviamente, in questo caso, non si può parlare di merchandising puro, per gli ovetti di cioccolato così come per le patatine siamo abituati a considerare la sorpresa parte integrante del prodotto, in realtà "filosofando" si tratta sempre di un regalo che deve incentivare l'acquisto del prodotto e, quindi, ci siamo permessi di farlo rientrare nella categoria.

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INNOVAZIONE PER GRANDI BUDGET

Un'operazione innovativa è stata quella condotta da SMART che, per legarsi ancor di più al concetto di "divertimento e tecnologia" ha scelto, in occasione del lancio di Forfour 2005, di regalare una chiave USB (uno strumento per memorizzare file e portarli con se). L'uso di questo gadget ha permesso a SMART di prendere bene la mira e coinvolgere direttamente un target specifico.

Mirare l'operazione ha, generalmente, senso soprattutto se si rileva un interesse spontaneo di un segmento di clientela per il prodotto commercializzato; partendo da questo "zoccolo duro" di clienti si possono aumentare le vendite comunicando su un target dello stesso tipo.

L'operazione di SMART non utilizzava un oggetto nuovo, in ogni caso può essere considerata innovativa, in quanto pochi hanno usato tale gadget per comunicare con un target specifico, anche perché il costo di una pen drive è piuttosto alto e non sempre, tale investimento, può avere senso economico.

Ancora più innovativa è l'operazione che ha condotto MENTADENT che ha regalato, per l'acquisto di due pacchetti di chewingum, un pendaglio da appendere al cellulare.

Quest'operazione, pur non essendo completamente innovativa (il prodotto già esisteva sul mercato basti pensare al fenomeno già citato nell'articolo di Aprile dei Winnie The Pooh) permetterebbe di sfruttare un'onda modaiola per coinvolgere il target ritenuto interessante per il prodotto, inoltre, nella miglior logica comunicativa, i simboli scelti sono quelli che da anni sono parte integrante del marchio.

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INNOVAZIONE PER PICCOLI BUDGET

Purtroppo avendo a disposizione piccole cifre non è possibile fare grandi innovazioni, potremo, però, appoggiarci ad agenzie che cercano di essere all'avanguardia e, spesso, trovano prodotti che non fanno parte del settore o che non si sono ancora visti sul mercato. Alcune di queste società puntano, come fattore competitivo, ad essere le più innovative ed inseriscono a catalogo periodicamente prodotti nuovi e che non sempre si sono visti sul mercato.

Personalmente non ritengo che l'innovazione sia un punto chiave per piccole aziende, a meno che il proprio target apprezzi particolarmente questa leva. Al contrario considero molto importante l'utilizzabilità che, insieme alla coerenza dell'oggetto col target sul quale si vuole comunicare, rappresenta il fulcro del successo di un'operazione.

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MERCHANDISING & DESIGN

Un'altra considerazione da fare, soprattutto per quantità limitate è l'introduzione del design a livello promozionale. Questa leva non è, infatti, stata particolarmente usata, e, spesso, i prodotti che si vedono in giro sono poco innovativi e poco differenziati uno dall'altro!

Concentrandosi sugli zainetti tutti, ormai, hanno copiato il "modello eastpack" che ha il vantaggio di essere poco costoso ma lo svantaggio di essere estremamente banale!

Introdurre il design in ambito promozionale permette di distinguersi maggiormente dalla massa e, aumentando il valore percepito del prodotto, di rendere, con più facilità, il prodotto usabile.

Noi di comunicando abbiamo scoperto una linea di borse molto particolari, eleganti e sportive al tempo stesso, con una forma nuova frutto di uno studio di design e ci siamo divertiti ad inventarci la personalizzazione. - (Nota a parte) **L'intervista del nostro target è uno strumento che non va assolutamente sottovalutato, il consumatore, spesso, vuole dare informazioni perché è sempre più desideroso di vedere soddisfatt i i suoi desideri . Nel cas o ci fossero i tempi per realizzare una piccola ricerca (anche "fatta in casa") potremmo individuare un'infinità di prodotti che il nostro target chiede e che a noi, probabilmente, sono sfuggiti. -

Proviamo, ora, a fare un degli esempi o:

Queste borse non sono, infatti, nate per il mercato del promozionale ma, una loro particolare caratteristica, le rende flessibili anche per questo scopo, l'importante è non confondere il marchio del prodotto col marchio della promozione!

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- ( Nota a parte ) **L'intervista del nostro target è uno strumento che non va assolutamente sottovalutato, il consumatore, spesso, vuole dare informazioni perché è sempre più desideroso di vedere soddisfatt i i suoi desideri . Nel cas o ci fossero i tempi per realizzare una piccola ricerca (anche "fatta in casa") potremmo individuare un'infinità di prodotti che il nostro target chiede e che a noi, probabilmente, sono sfuggiti. -

Proviamo, ora, a fare un degli esempio :

CASO 1: Azienda bTc


Tipo di azienda

Produzione zaini.

Obiettivo

Far circolare il proprio marchio e immagine.

Target

Maschi, 14/20 anni, sportivi e dinamici.

Distribuzione

Durante un concerto


CASO 2: Azienda bTb

Tipo di azienda

Cartotecnica specializzata nella stampa .

Obiettivo

Far conoscere le proprie qualità ed aumentare la conoscenza del proprio marchio ( nome dell'azienda ).

Target

Responsabili degli acquisti .

Distribuzione

Spedizione mirata.

ipotizziamo che siate un'azienda, il cui consumatore è descritto di seguito, e dobbiate pensare dei gadget da dare durante un concerto.

• I nostri consumatori sono giovani "di strada", liberi dalle regole ed ai quali non dà fastidio essere notati.

• Sono, in prevalenza, ragazzi che hanno voglia di cambiare, che non amano le regole e che amano apparire.

• Hanno un'età tra i 14 - 20 anni, un'istruzione di base e vivono in contesti urbani.

• Sono sportivi, dinamici, vivono la novità con il gusto del bello e amano apparire con quello che fanno o con quello che indossano. Sono stufi dei soliti prodotti.

O.k., se questo è il vostro cliente vi diciamo nella prima situazione dobbiamo dirvi , innanzitutto, in bocca al lupo. i ragazzi sono, infatti, i consumatori più difficili da colpire, sono instabili e cambiano velocemente idea!

In ogni caso è il vostro cliente ed oltre a doverlo soddisfare coi vostri prodotti, dovete fargli un piccolo regalo che possa spingere il vostro marchio nel set di scelta.

Ma cosa scegliere?? Una penna? Mmnh. Un grembiule da cucina? Eh sì. Stiamo parlando di ragazzi, non di uomini di una certa età o casalinghe e soprattutto stiamo parlando di un ragazzo che non ama cose standard! Questo target ama oggetti tecnologici, musica, magliette ed altri oggetti di abbigliamento, soprattutto se sono molto particolari ed unici. La nostra ricerca dovrebbe, quindi concentrarsi su questi elementi che dovranno, poi, essere vagliati alla luce delle altre variabili che abbiamo accennato.

Sicuramente oggetti tecnologici andranno benissimo e, ancora meglio, soprattutto se il budget è scarso, articoli che non sono ancora diventati di moda o sono sulla cresta dell'onda .

Oggi vanno ancora di moda si stanno diffondendo sempre più i Winnie The Pooh da cellulare, piccoli orsetti con una specie di abito di gomma da appendere al cellulare, personalizzandoli col proprio marchio si potrebbe avere un prodotto accattivante, ricercato, visibile, di moda etc. insomma, un articolo con tutte le caratteristiche di successo.

Un'altra idea potrebbe essere creare una suoneria per il cellulare da regalare con un sms ma attenzione a come la si personalizza.

Nella seconda situazione le cose saranno sicuramente più facili , innanzitutto sappiamo che i responsabili degli acquisti hanno una scrivania, si spostano per visitare i fornitori ma tornano sempre in ufficio a relazionare ed archiviare le informazioni raccolte.

Possiamo quindi "attaccarli" su diversi fronti: Ufficio - Archivio - Automobile.

In tutti e tre i casi dovremo trovare un oggetto che rimane sempre in vista e che sia utilizzato. Sicuramente avranno bisogno di un oggetto per archiviare i biglietti da visita, ce ne sono molti, sia da scrivania che da cassetto. Con altrettanta probabilità ( sempre che non abbiano un navigatore satellitare ) avranno bisogno di un supporto per tenere in auto e "a portata d'occhio" le infor mazioni per raggiungere le aziende dei potenziali fornitori , potremo, quindi, inventarci , magari in cartotecnica, un supporto che permetta di tenere le informazioni che ci siamo scritti o la mappa che abbiamo stampato ben in vista p e r una facile consultazione.

Infine potremo "attaccarli" in ufficio e proporre, per esempio, un cubo un po' particolare che colpisca la vista ed il tatto, ricoprendo una forma di plastica piena con le vostre più avveniristiche stampe e con le immagini più emotive possibili!
ZAINO DESIGN

E' uno zaino con i lati irrigiditi da una plastica. Proprio questa plastica laterale, ricoperta da un elastico, può essere personalizzata, basta inserire un foglio di pvc stampato con le grafiche preferite e fustellato secondo le misure in questo modo si preserva il design il marchio e la nostra personalizzazione emerge maggiormente grazie all'immagine di design.

• Compatibile col target

Dedicato a quelle persone che desiderano essere eleganti e al tempo stesso sportive . Target 25/45. da scrivania, piacevole da tenere in mano e da guardare, può rientrare nella categoria antistress ma può essere usato anche come fermacarte o come oggetto che aiuta a pensare. E' dedicato a tutte quelle persone che stanno sedute alla scrivania ed a cui piace avere un po' di colore intorno a se.

• Facile da personalizzare

Basta stampare un foglio di pvc, ritagliarlo ed inserirlo sotto gli elastici . Nasce per essere personalizzato, si possono scegliere i disegni o le foto da mettere su ogni faccia del cubo.

• Innovativo

Ha una forma nuova e può essere regalato ai più importanti clienti aziendali. , non è più una novità ma suscita ancora un buon interesse.

• Impattante

Ha una forma diversa dai soliti zaini, si fa notare sia da fermo che in movimento.

• Utilizzabile

Può essere usato come anti-stress grazie alla gradevolezza nel tenerlo in mano E' uno zaino che si adatta particolarmente alla "vita da ufficio" ma anche al tempo libero .

• Visibile

Una buona grafica sulla personalizzazione lo rende ancora più visibile.

• Emozionale

Viene data dal tipo di stampa e dalle immagini che sono rappresentate, in ogni caso come anti-stress genera sensazioni positive Questo zaino è stato ritagliato da una giacca, il solo indossarlo fa sentire "a posto".

• Lanciabile

Un po' duro come oggetto . visto il target potremo anche consegnarlo a mano Stiamo parlando di design e di alta gamma ... ! il lancio è fuori discussione!

Lorenzo Iazzetti

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Di Altri Autori (del 05/09/2006 @ 12:56:20, in Marketing, linkato 4335 volte)

Centri commerciali verso l'omologazione con gallerie sempre più simili, stesse insegne per lo più catene,stessi format,medesimi servizi, arredi e ambientazioni clonate.

Appare veramente difficile scovare elementi di differenziazione. Il know-how delle migliori pratiche è diffuso, la tecnologia è a disposizione di tutti gli operatori del settore e le emulazioni dei concept di successo si susseguono;ciò ha prodotto una uniformità di approccio progettuale, commerciale e gestionale.

Laddove non è l'elemento dimensionale o architettonico, a fare la differenza, si riscontra una generale standardizzazione degli shopping centre, che non consente una vera differenziazione nei confronti delle strutture concorrenti (mestamente uguali) sempre più agguerrite con cui condividere aree di attrazione sempre più ristrette.

Le diverse strategie di marketing sviluppate al fine di creare valore aggiunto per tutte le componenti del sistema,appaiono anch'esse troppo similari. Quelle messe in atto negli anni recenti,hanno considerato come un postulato imprescindibile la ricerca della loyalty a fronte di un cliente che oggi appare sempre più diffidente,nomade, infedele, che sembra adattarsi ad nuovo contesto di consumo sulla base di una marcata presa di distanza (ciò che alcuni autori definiscono come de-fidelizzazione ) del punto vendita,dalla marca,in ultimo dal Centro Commerciale.

La maggior parte delle strategie pongono un' enfasi forsennata sul concetto di offerta e immagine di convenienza migliore rispetto ai propri competitors ;concetto del quale il Centro Commerciale spesso si appropria, con una comunicazione generica e sommaria, qualsiasi sia il posizionamento del Centro ,la piattaforma alimentare presente, le ancore di riferimento e il mix dei negozi e servizi .

In molti casi analizzati, alla comunicazione è stato affidato un solo, unico e ripetitivo messaggio: "Da noi c'è più convenienza!". Ma l'eccesso di comunicazioni e promozioni, per spingere i consumatori all'acquisto, ha generato una saturazione del mercato e un effetto boomerang dannoso per tutto il settore della Gdo.

Non è un caso se aumentano le offerte e diminuisce l'appeal sul consumatore. Negli ultimi 5 anni il numero di promozioni è cresciuto costantemente (+1,5%) ed il loro ritorno è andato via via assottigliandosi (-13% dell'efficacia).

Probabilmente questo orientamento sulla convenienza, appare un riferimento forse più ossessivo per le aziende che per il consumatore, che alla fine chiede si il prezzo, ma non come minimizzazione della spesa, ma bensì come massimizzazione del risultato: non interessa spendere poco in assoluto,ma ottenere il massimo dallo scambio:prezzo,qualità, servizi accessori, relazione con l'azienda,caratteristiche del luogo di acquisto.

Ed è proprio la focalizzazione sul luogo di acquisto, che ha ispirato

un secondo filone di strategie di marketing, che, tendono ad enfatizzare attraverso la comunicazione, concetti più o meno vaghi di shopping experience unica ,termine ormai inflazionato che negli ultimi anni è stato troppo spesso citato più per moda che per reale applicazione dei contenuti concettuali di tale approccio.

In verità, nel panorama dei Centri Commerciali italiani,tranne qualche rara eccezione,sarebbe più corretto parlare di "shopping experience replicante" con un eccessiva banalizzazione del concetto, che invece di rappresentare qualcosa di memorabile rischia di appiattirsi verso sviluppi parziali, modesti,troppo affini, tali da evocare nel ricordo del cliente, una esperienza tutto sommato ripetitiva e di scarso valore. Ma c'è di più, l'esperienza pregressa, ancorché positiva, sembra un capitale sempre meno cumulabile e spendibile in futuri acquisti. Se l'esperienza e il luogo di acquisto appaiono cruciali ai fini della realizzazione di una nuova situazione di scambio,il cliente sembra orientato a mantenere valore alla marca ma a rivederne profondamente le logiche di rapporto,che sul piano dei comportamenti si manifesta anzitutto nella ricerca di luoghi (concept store,nuove ambientazioni e atmosfere nel punto vendita e nel mall), occasioni, (sconti, saldi,programmi di fedeltà) segnali (condizioni esclusive e riservate,customer club,vantaggi), servizi (accessori,post vendita),relazione (informazione,comunicazione one to one, condivisione core values aziendali). Il cliente sarà disponibile a pagare per quello che la marca Centro Commerciale gli saprà dare come interlocutore attivo propositivo ma generoso, trasparente, nel corso di una relazione d'acquisto.

In questo quadro di riferimento i Centri Commerciali sono costretti a ripensare le proprie strategie accentuando lo sforzo volto a comprendere le reali attese del cliente ed a soddisfare nel modo migliore bisogni reali e desideri in parole povere: la fidelizzazione.

E'opportuno pertanto per i Centri ridefinire mission, assets, leve e riposizionamento, per riconiugare il mix dei negozi, offerta, qualità, servizi e infine per ripensare a strategie promo-pubblicitarie che facciano leva su tutti gli strumenti del marketing mix. Un marketing mix innovativo per un'esperienza d'acquisto duplice e completa:

1) Proporre tutto ciò che è scritto nella lista della spesa ed anche quello che ancora non c'è ma che ci sarà!!

2) Costruire una shopping relation con le persone:reale nelle proposte, trasparente nei rapporti,attenta alle esigenze,creativa nelle soluzioni,funzionale nei servizi.

Le persone soddisfatte dalla relazione, premieranno il Centro Commerciale,conferendogli nel tempo la propria fiducia e il proprio legame,divenendo dei clienti affezionati ma sempre attenti.

Due soggetti così diversi,distinti per vocazione, per ruolo, finiscono per camminare fianco a fianco lungo un sentiero normalmente anonimo e buio che ora appare vivibile,attraente e misteriosamente illuminato...

Stefano De Robertis

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