Nella classifica Blogmeter svetta come più coinvolgente Ceres, seguito da Birrificio Angelo Poretti e Bavaria. Su YouTube la migliore perfomance è di Leffe. Ecco le strategie di chi fa meglio
Nuova edizione della tradizionale indagine Top Brands di Blogmeter, questo mese dedicata al settore della birra. Utilizzando il nuovo tool di Social Analytics sono state analizzate le performance di tutte le pagine ufficialiFacebook,Twitter,InstagrameYouTubedei principali brand del comparto presenti sul mercato italiano.
Dai 30 brand presi in esame è scaturita una classifica in cui sono stati evidenziati i5 brand risultati migliori per interazioni totali(escludendo le views di YouTube) nel trimestre che va dall’1 gennaio al 31 marzo 2018. Inoltre, a partire da questo mese, si aggiunge la novità della Top3, ovvero i brand che hanno registrato la migliore performance su YouTube.
Sul podio Ceres, Angelo Poretti e Bavaria Per total engagement la prima in classifica èCeres, divenuta molto popolare negli ultimi anni proprio per la sua originale ed ironica comunicazione social. Il brand di birra danese totalizza, nel trimestre di riferimento, un engagement pari addirittura a394.000, ottenuto per il73%suFacebooke per il27%suYouTube. Il post di Ceres che ha ottenuto maggiore successo (oltre 30mila interazioni) è un post spiritoso dedicato all’orzo.
Medaglia d’argento perBirrificio Angelo Poretti, storico birrificio lombardo fondato nel 1877 e, dal 2002, di proprietà del gruppo Carslberg. Con un total engagement pari a120.000e oltre100milatra fan e follower sui suoi canali social, Poretti stacca di parecchio i suoi competitor di settore. Il post che ha ottenuto maggior successo è un post dedicato alla festa della donna in cui, accanto ad alcune mimose, appare l’elegante bottiglia della Poretti 10 Luppoli Le Bollicine Dorata.
In terza posizione si classifica l’olandeseBavaria, che colleziona un total engagement pari a73.000durante il periodo di analisi. L’attività social di Bavaria si concentra quasi esclusivamente sul suo canaleFacebook, che infatti raccoglie il100% delle interazioni. Il post più engaging è un post a tema calcistico dedicato alla partita Inter-Roma, con cui si chiede ai fan di pronosticare chi vincerà l’incontro tramite una “Beereaction”.
A seguire Guinness e Birra del Borgo Guinness, la celebre birra irlandese, si posiziona quarta con un total engagement pari a32.200,proveniente per il100%daFacebook.Il most engaging post di Guinness, che raccoglie9.600 interazioni, è quello dedicato alla festa irlandese più celebre: il Saint Patrick’s Day. Al quinto posto della Top Brands troviamoBirra del Borgo, birrificio artigianale italiano nato a Borgorose nel 1999. L’attività social del brand è spaccata quasi a metà traFacebookeInstagram, che raccolgono rispettivamente il45%e il54%delle interazioni totali (28.400). Il post di Birra del Borgo che ha ottenuto più successo nel trimestre è quello dedicato alla nuova birra lager Lisa, pubblicato su Facebook.
Top3 YouTube: Leffe svetta su Ceres e Birra Peroni Per quanto riguarda la nuova classifica dedicata a YouTube, al primo postotroviamo Leffe che si aggiudica anche il premio per la pubblicazione del most viewed content del trimestre.Il video che vede come protagonista il famoso chef Alessandro Borghese, ha totalizzato quasi 2 milioni di visualizzazioni in pochissimi giorni. Il secondo posto va alla già premiata Ceres, che con il suo nuovo spot 2018 dal titolo “Kaleidoscope” totalizza ben 1,2 milioni di views, alla data attuale. Infine, sale sul podio anche Birra Peroni, che con un video dedicato all’eccellenza tutta italiana delle sue birre, colleziona oltre 6mila visualizzazioni.
Instagram ha annunciato di aver raggiunto il traguardo di 1 miliardo di utenti attivi al mese. A settembre scorso erano 800 milioni. Notevole per un app esclusivamente mobile nata con un set limitato di funzioni ed evolutasi, sotto la guida di Zuckerberg, interpretando le esigenze del mercato e incorporando anche feature inventate da altri.
Ma da oggi Instagram non sarà più la stessa. Infatti è stato appena svelato IGTV, la TV di Instagram. IGTV sarà un’applicazione separata (ora disponibile perAndroideiOS), ma a tendere anche un hub nella sezione Esplora, entrambi pensati per ospitare i video, prodotti da utenti e aziende.
Su IGTV i creator avranno a disposizione un proprio canale(che verrà mostrato anche nel profilo Instagram) sul quale potranno caricare (da app o web) video in verticale, a schermo intero, di risoluzione fino a 4K e con una lunghezza massima di 60 minuti. Nei video si potranno inserire dei link per portare traffico al loro profilo o ad un sito (anche e-commerce). Al momento non è prevista una opzione di monetizzazione per i creator, ma è nei piani dell’azienda (presumibilmente nella forma di revenue sharing).
Accedere a IGTV da app sarà come accendere una TV perché subito si vedranno i video provenienti dai canali dei creator seguiti su Instagram.Scorrendo dal basso in alto si vedranno le sezioni disponibili: “For You” (video raccomandati) “Following” (video di coloro che si seguono), “Popular” (quelli con più interazioni) e “Continue Watching” (quelli non visti completamente). Ovviamente si potranno lasciare like, commenti o inviare i video agli amici attraverso Direct (i messaggi diretti).
Tutte le piattaforme di social media stanno andando verso una maggiore focalizzazione video perché gli utenti, soprattutto giovani, destinano gran parte della loro attenzione a questa forma di contenuti.Ovviamente contrastare il dominio di YouTube non è facile, ma è una strada obbligata per cercare di accaparrarsi una fetta dei budget pubblicitari dei grandi inserzionisti. Condizione necessaria, ma non sufficiente, per farsi spazio è riuscire a convincere i top creator a produrre contenuti per la propria piattaforma, dando loro una serie di opportunità di monetizzazione. E’ vero che in questa guerra per l’attenzione del pubblico e l’attrazione dei creator Instagram competerà con Facebook (che ha già l’hub Watch), ma in questa prima fase l’obiettivo dei due è fiaccare YouTube.
Sempre alla ricerca di nuove modalità di monetizzazione,Facebookha ora iniziato in via sperimentalea permettere agli amministratori di alcuni gruppi di far pagare un abbonamento mensile,che va dai 4,99 ai 29,99 dollari al mese,per permettere l’accesso ai sottogruppi con contenuti speciali e di maggior qualità.Al momento Menlo Park non prenderà una commissione su questi abbonamenti, ma è facilmente immaginabile che questo avverrà nel momento in cui l’operazione sarà lanciata ufficialmente, se l’esito dei test ora avviati sarà positivo.
Facebook sottolinea in unblog postche la decisione nasce anche dalla richiesta, proveniente da molti amministratori, di individuare forme di guadagno che permettano loro di investire di più sui gruppi. In questo mondo, spiega Alex Deve, Product Manager di Facebook Groups, “aiuteremo gli amministratori ad offrire contenuti di maggior qualità ai loro membri e a continuare a investire nelle loro comunità”
Declutter My Home, il gruppo amministrato da Sarah Mueller, dedicato alla condivisione di suggerimenti per organizzare meglio il proprio appartamento utilizzando meglio gli spazi a disposizione, ha dato vita in poco tempo ad una comunità di migliaia di persone sparse in tutto il mondo. Grazie alla creazione del sottogruppo a pagamentoOrganize My Home, spiega Muelle, “potrò ora proporre alla mia comunitàstrumenti più interattivi, come ad esempio video tutorial, corsi di formazione, sfide di gruppo e sessione di domande e risposte in diretta”, mantenendo il gruppo originale come area dove ottenere consigli gratuitamente. I test riguardano al momento anche gruppi che si occupano dell’ammissione ai college, come Grown and Flown Parents, e della pianificazione della spesa settimanale per la famiglia, come Meal Planning Central Premium.
Macome funziona il nuovo sistema?Agli utenti del suo gruppo, l’amministratore potrà dunque ora fornire una serie di opzioni di abbonamento e inviare loro l’invito a sottoscriverlo. I membri del gruppo potranno valutare il sottogruppo a pagamento vedendo le schede di anteprima che riporteranno i contenuti proposti e i costi dell’abbonamento. L’amministratore dovrà accettare la richiesta di iscrizione dell’utente, chiamato a quel punto a pagare la tariffa mensile.Gli abbonamenti saranno gestiti attraverso le applicazioni di Facebook per iOS e Android.
Facebookcontinua a spingere sulla monetizzazione di una delle sue property ancora poco affollata di pubblicità: l’appMessenger. Sul programma di messaggistica, infatti,arriva per la prima volta la pubblicità video. La novità è stata annunciata dal social network in occasione del Festival della Creatività Internazionale di Cannes.
Gli annunci video su Messengerappariranno nella schermata dei messaggi in arrivo, dove le persone visualizzano la lista delle chat avviate con amici e altri contatti, e dove già era possibile trovare i formati Sponsored Post. Gli spotpartiranno automaticamente quando un utente scorre sopra di essi, ed avranno l’aspetto degli stessi formati video già presenti sulla bacheca di Facebook o su Instagram.
Messenger è un contenitore pubblicitario relativamente nuovo per Facebook: i primi annunci sull’app, infatti, risalgono a soloun anno fa. Quanto alla pubblicità video, gli spot in autoplay hanno fatto il loro debutto sulla bacheca di Facebooknel 2014, a cui si sono poi aggiuntida quest’annoi primi pre-roll ospitati all’interno di contenuti video caricati sulla piattaforma, come quelli prodotti da media partner all’interno della nuova sezione Watch.
Gli spot su Messenger sarannoacquistabili all’interno di pacchetti di campagne pianificate su Facebook. Questo significa che non sarà possibile diffondere una campagna esclusivamente sull’app di messaggistica. I primi spot hanno iniziato ad essere erogati questa settimana.
Facebook, novità per i creatori di contenuti
Intanto, sempre oggi Facebook ha annunciato anchealtre novità, dedicate ai creatori di contenuti: dallancio ufficiale di Brand Collabs Manager, il motore di ricerca per mettere in contatto le aziende con gli influencer più adatti alle loro campagne (ne avevamo parlato inquesto articolo), anuove funzionalità per i video interattivie all’apertura, anche ai creator, del contenitore video Watch.
Di Max Da Via' (del 15/06/2018 @ 07:20:40, in Mercati, linkato 2158 volte)
Secondo l’Osservatorio mensile Findomestic la spesa media pro capite è di 1.460 euro, anche se 3 su 4 non sforeranno i 1000 euro. Più che raddoppiati i B&B (+110%) e boom per le prenotazioni online (+22%)
Vacanze estive più brevi ma più ricche per gli italiani rispetto allo scorso anno. Stando ai dati del nuovo Osservatorio mensile di Findomestic, realizzato in collaborazione con Doxa, si alza il budget di spesa per un italiano su quattro (la metà di questi è pronta a sborsare fino al 30% in più), anche se la durata media della villeggiatura si abbassa da 12,8 a 12,4 giorni.
Tra glialtri trendemerge la netta preferenza per le località di mare (64,9%), il boom dei B&B (+110%) e delle prenotazioni online (+22%) ma anche il ritorno delle vacanze itineranti soprattutto tra gli under 25. Ma vediamo i risultati nel dettaglio.
NIENTE VACANZE PER UNO SU CINQUE Secondo lo studio della società di credito al consumo del Gruppo Bnp Paribas le vacanze sono una certezza per due italiani su tre (64%), ma quasi uno su cinque (18%) resterà a casa, soprattutto per motivi economici (53%). Un altro 18%, invece, non ha ancora deciso se partirà o meno. La destinazione preferita resta il mare, scelto dal 65%, in linea con il dato del 2017. Aumentano i viaggi itineranti (13% contro il 10% dell’anno scorso), calano gli amanti della montagna (dal 10% al 7%), stabili invece quelli che optano per le città d’arte (7%). Gli italiani continuano a preferire l’Italia come meta delle proprie vacanze: quasi 6 intervistati su 10 (56%, erano il 58% nel 2017) hanno fatto questa scelta, soprattutto chi ha almeno un figlio (62%).
SPESA MEDIA DI 1.460 EURO Il 42% si concede al massimo una settimana di vacanza (era il 44% nel 2017) e altrettanti fino a 2 settimane. Solo il 16% trascorrerà un periodo di villeggiatura superiore ai 15 giorni. Se la spesa media prevista è di 1.460 euro, secondo Findomestic, tuttavia tre vacanzieri su quattro mettono a budget un massimo di 1.000 euro. E, in particolare, il 40% di questi spenderà non più di 500 euro a persona (tra i 18-34enni la percentuale sale al 47%), il 33% fino a 1.000 euro e il 21% dai 1.500 euro in su a persona. Il 24,1% spenderà più dell’anno passato, mentre il 18,6% è convinto di abbassare la propria soglia di spesa. In ogni caso la voglia di vacanze ha raggiunto livelli record: nell’ultimo anno il numero di italiani intenzionati a prenotare un periodo di villeggiatura è cresciuto del 4,5% secondo le rilevazioni dell’Osservatorio mensile di Findomestic.
CRESCONO LE PRENOTAZIONI ONLINE Il 31% dei villeggianti sceglie come sistemazione un albergo/hotel (percentuale che sale al 36% tra le donne), il 19% affitta una casa, il 12% preferisce un villaggio turistico (erano il 9% lo scorso anno). Un ulteriore 11% alloggia presso l’abitazione di amici e parenti e altrettanti optano per un B&B o una pensione (soprattutto gli uomini: 14% contro l’8% delle donne). L’Osservatorio Findomestic dimostra che ormai due italiani su tre (67%) si affidano a Internet per prenotare: il 41% lo fa attraverso siti dedicati come Booking e Tripadvisor (soprattutto i 18-34enni), il 13% attraverso il sito della struttura e altrettanti tramite le agenzie di viaggio online. Il 22% invece contatta la struttura telefonicamente e l’8% preferisce ancora recarsi in agenzia di viaggio.
ANCORA POCO DIFFUSO L’ACQUISTO RATEIZZATO DELLE VACANZE La rateizzazione del costo di una vacanza rimane una pratica poco diffusa: solo il 7% degli italiani ha già acquistato a rate una vacanza o ha intenzione di farlo in futuro (dato in linea con quanto rilevato a partire dal 2014). Il 20% degli intervistati ha dichiarato di non aver mai pensato alla possibilità di acquistare a rate una vacanza.
ITALIANI A CACCIA DI SCONTI SULLE PRENOTAZIONI (IN ANTICIPO O LAST MINUTE) Quando si tratta di prenotare una vacanza, gli italiani cercano le occasioni. Particolarmente apprezzati gli sconti sulle prenotazioni (il 42% cerca gli sconti per prenotazioni anticipate e il 23% per quelle «last minute») e i servizi extra inclusi nel prezzo (34%). Da segnalare come le donne, più degli uomini, valutano positivamente la presenza di transfer dalla stazione/aeroporto all'albergo: 16% contro il 10% degli uomini. Infine, chi ha figli è interessato a sconti/riduzioni per il loro soggiorno (31% contro il 19% del totale campione) o per il viaggio (13% contro il 9% del totale campione).
Stilare un Social Media Plan professionale ed efficace è un’attività tutt’altro che semplice; richiede tempo, esperienza, analisi e un’approfondita conoscenza del mondo digitale, oltre che di quello social.
D’altro canto, come è possibile attribuire il giusto ruolo e obiettivi a un canale se non si conosce l’ecosistema in cui va inserito?
In questo post vedremo insieme gli step principali per creare un plan di successo, tenendo conto che più il brand è strutturato, maggiore è la complessità del piano e che chiaramente redigere un piano per un piccolo negozio di provincia richiede molto meno effort rispetto al farlo per una multinazionale, magari con più divisioni.
1. L’analisi per iniziare con il piede giusto
Purtroppo spesso e volentieri ho visto fare piani partendo dalla fase strategica o, peggio, operativa: niente di più sbagliato. Come posso decidere dove andare e come arrivarci se non so da dove parto?
È fondamentale iniziare con un’analisi approfondita, sia interna che esterna.
Interna per verificare e comprendere l’identità del brand, il posizionamento voluto, gli obiettivi generali e i desiderata rispetto all’attività social, le risorse economiche e umane a disposizione, eccetera.
Esterna per valutare lo status quo della presenza del brand sui social, ciò che è stato fatto fino ad adesso e con quali risultati (in modo da non ripetere eventuali errori o reiterare le pratiche di successo) sia in ambito paid che organic, ma non solo; dove si parla del brand e dei prodotti/servizi a esso collegati? Come se ne parla? Chi ne parla?
Rilevare la reputation online del brand in questione è importantissimo, così come lo è capire dove se ne parla e chi ne parla, in modo da valutare l’attivazione di presidi ufficiali nei canali di riferimento e prendere contatti con eventuali influencer.
È anche di centrale importanza analizzare le attività dei competitor, per farsi un’idea dello scenario competitivo in cui il brand è inserito e imparare da errori e best practice di chi lavora nel nostro stesso settore.
Per queste attività sono fondamentali sia i tool di Social Media Listening che quelli di Analysis; il mio consiglio, per snellire i tempi e ottenere risultati chiari e facilmente condivisibili è quello di utilizzare strumenti ad hoc.
In caso non ci sia abbastanza budget, si può procedere con un’analisi e reportistica manuale, tenendo ben presente che spesso la quantità di tempo e sforzo che richiede è tanto che l’acquisto di un buon tool sarebbe sicuramente la scelta migliore (provate a raccogliere e catalogare decine, centinaia di menzioni tra tutti i vari canali e fatemi sapere!).
Una volta che si ha una chiara panoramica possiamo passare alla fase successiva.
2. Obiettivi: cosa vogliamo fare e come intendiamo misurarlo
Perché siamo presenti/vogliamo essere presenti sui Social? Come intendiamo misurare il raggiungimento dei nostri obiettivi?
Poiché non vogliamo andare a ingrossare le fila delle aziende che hanno aperto account sui vari social network per una non meglio specificata “visibilità” o che ancora valutano la riuscita della loro presenza solo a suon di like, commenti e condivisioni, dobbiamo aver ben chiaro che risultati vogliamo raggiungere e a quali metriche associarne il raggiungimento.
A ogni obiettivo, i suoi KPI; se vogliamo aumentare la nostra brand awareness, allora dati come il numero di persone raggiunte, le impression generate, le visualizzazioni dei video, la portata virale e affini ci saranno molto utili per misurare i nostri sforzi.
Viceversa, se vogliamo aprire un presidio di Social Care, dati come il numero di richieste di assistenza ricevute, i tempi di risposta, il tasso di soddisfazione degli utenti, etc, saranno centrali; ovvio, saranno importanti (con possibilità e volumi variabili di settore in settore) anche quante richieste di contatto e vendite (dirette e indirette) i social ci permettono di raggiungere, quanto riusciamo ad agire in termini di consideration (es. traffico al sito web), gli indicatori di performance vanno scelti con cura e attenzione, proprio in base ai nostri obiettivi reali.
Definire gli obiettivi ci aiuterà anche a scegliere in maniera più ponderata su quale social investire.
3. Strategia e tattiche per definire come muoverci nei Social Media
Quale tone of voice caratterizzerà il brand? Quale sarà la policy interna ed esterna da prevedere? Quale linea editoriale seguiremo? Quali contenuti andremo a utilizzare per raggiungere i nostri obiettivi? Quanto budget è previsto, per quali obiettivi e come verrà splittato sui vari canali?
Sono tutte domande alle quali la nostra parte strategica e tattica dovrà rispondere in modo dettagliato, con tanto di definizione dell’identità del brand, piano editoriale, budget media previsti, declinazione dei contenuti per social (mica vorremo pubblicare la stessa identica cosa in tutti i canali, vero?), persone coinvolte, responsabilità, flussi di lavoro.
In questa sezione sarà importante anche chiarire le eventuali azioni previste in caso di crisi, come il brand si approccerà alle varie richieste dei clienti e quali processi sono previsti da seguire in alcune circostanze frequenti (es. richiesta di assistenza, dove va reindirizzata? Cosa fare invece in caso di lamentela? Gli eventuali suggerimenti a chi vanno riportati?).
Ovviamente in questo caso sia la parte strategica che quella esecutiva andranno pensate per essere “elastiche”.
Come ben sa chi lavora con i social da tempo, strumenti, funzionalità, policy cambiano dal giorno alla notte, bisogna essere pronti a rivedere velocemente i propri piani alla luce delle novità e non risiedere troppo su certi tool proprietari che alcuni social mettono a disposizione e che si riservano di togliere dall’oggi al domani, senza preavviso, sia su base organica che paid (es. molte aziende che facevano advertising su Facebook nel B2B si sono visti togliere l’anno scorso moltissime opzioni di targeting per titolo lavorativo ed educazione e reintegrarne in seguito solo una parte).
Consiglio anche di prevedere sempre un canovaccio di risposte alle domande più frequenti, in modo da snellire il processo di risposta e ridurre il rischio di dare risposte errate; un’altra cosa da tenere in considerazione è la tipologia di formati e quindi di creatività richieste in base agli obiettivi.
La parte visual è sempre più importante in tutti i social, per cui si dovranno prevedere delle creatività ad hoc per ogni canale, ottimizzate per le dimensioni che ognuno offre.
Dovremo inoltre porre particolare attenzione a ciò che riguarda il budget pubblicitario: come verrà allocato? Dove, in quale proporzione? Come verrà diviso mensilmente in base agli obiettivi/tipologia (es. interazione, traffico al sito, lead, vendita, retargeting..)? Quali risultati ci aspettiamo per mese/trimestre/anno?
Probabilmente in fase iniziale, se il brand è nuovo al panorama social, una parte più consistente del budget verrà destinata alla creazione di una base fan/follower e all’interazione “spicciola”, andando avanti nel tempo il budget verrà spostato più su obiettivi performance e sicuramente ci sarà una distribuzione diversificata in base ai vari periodi dell’anno.
4. Gli strumenti che verranno utilizzati (o che vengono suggeriti)
Un aspetto da non sottovalutare è la scelta degli strumenti da associare all’attività di Social Media Management e Social Media Advertising.
Soprattutto nel caso di brand strutturati o che gestiscano la presenza in più social network, scegliere gli strumenti di supporto giusti per ottimizzare le attività, consentire una gestione semplificata e generare una reportistica efficace è davvero molto importante.
Si prevede di gestire una gran mole di commenti/messaggi/menzioni? In tal caso si dovrà mettere a budget un tool centrato sulla parte di management, flagging dei contenuti e assegnazione delle risposte; se invece si necessita di programmare molti contenuti o su più canali, sarà fondamentale selezionare uno strumento in grado di semplificare la pianificazione dei post e personalizzare le varie didascalie e specifiche.
In alcuni casi invece grande importanza ricopre la gestione del budget media, quindi si sente l’esigenza di investire in un tool che permette di gestirli e ottimizzarli al meglio.
Fare un Social Media Plan che si rispetti non è cosa semplice, ma fidati se ti dico che un documento di questo tipo, se fatto bene, può essere il tuo migliore alleato!
I post che vediamo su Instagram, da tempo oramai, non sono più mostrati in ordine cronologico. Come avvenuto anche per Facebook, col crescere della community, è stato introdotto unalgoritmoche ha la funzione di regolare la visibilità di foto e video sulla base di una serie di fattori.
I 3 fattori principali su cui si basa l’algoritmo di Instagram sono:
Interest: il sistema valuta i contenuti che potrebbero piacerci sulla base dell’interesse dimostrato in passato verso determinati elementi (like e commenti lasciati, video visti, ecc…). Questa previsione è basata su tecniche di machine learning e di machine vision per l’analisi dei contenuti multimediali.
Timeliness: viene premiata la freschezza dei contenuti, per cui vengono mostrati per primi i post condivisi più di recente dai nostri contatti, rispetto a quelli più datati
Relationship: maggior rilievo viene destinato ai contenuti condivisi da persone che il sistema interpreta come vicine, magari perché in passato ci hanno taggati in un post o abbiamo scambiato messaggi diretti
Insieme a questi fattori principali di posizionamento, vengono considerati anche altri segnali che influenzano l’ordinamento dei contenuti:
Frequency: la nostra frequenza di apertura di Instagram incide sull’algoritmo spingendolo a mostrarci per primi i migliori post pubblicati dalla visita precedente
Following: il numero delle persone seguite influenza i post visibili, quindi se seguite molti contatti il sistema vi mostrerà meno contenuti di una persona specifica in modo da farvi vedere contenuti più vari, ossia di altri
Usage: il tempo trascorso nell’app influisce sui post mostrati, se la usiamo per un breve periodo il sistema sarà obbligato ad operare una selezione più profonda
Alcuni miti su Instagram
– L’algoritmo non nasconde i video e le foto pubblicate dalla vostra rete, ma ne modifica solo l’ordine algoritmicamente. Quindi continuando a scollare saranno tutti visibili.
– Non c’è un formato che ha un peso maggiore nella “ricetta” algoritmica. Ciò che incide sulla priorità di visualizzazioni è solo l’interesse mostrato in passato verso un certo formato.
– Non c’è una preferenza verso i contenuti degli utenti che usano Storie, Live o altre funzioni particolari dell’app
– Instagram non penalizza gli utenti che pubblicano frequentemente, ma se un contatto inizia a pubblicare molti post in un arco di tempo limitato, l’algoritmo provvederà ad inframmezzare contenuti di altri per “spezzare” la pubblicazione a raffica
– Neanche chi usa molti hashtag o fa altre azioni viene penalizzato
– Instagram non garantisce più reach a chi ha un account business rispetto ad uno personale e viceversa.
Ovviamente queste regole potranno cambiare nel corso del tempo, ma per ora possono essere molto utili per guidare le tattiche di pubblicazione di singoli e aziende, soprattutto se usati tenendo presente anchei fattori di posizionamento di Facebook.
Google, Apple, Amazon: è loro il podio 2018 della classificaBrandZ Top 100 Most Valuable Global Brands, l’analisi annuale di Wpp e Kantar Millward Brown suibrand a maggior valore, che tiene conto dell’impatto della marca nel portare fatturato, crescita e capitalizzazione di mercato.
Ancora una volta, a dominare la graduatoria è la tecnologia: otto dei brand presenti nella top 10 provengono da questo settore. Dietro a Google, a quota 302,1 miliardi di dollari, con un aumento del 23% rispetto allo scorso anno, Apple, con 300,6 miliardi di dollari (+28%) e Amazon, con 207,594 (+49%), troviamo colossi hi-tech del calibro diMicrosoft, Tencent, AlibabaeNetflix. A fare la differenza, secondo gli esperti, sono l’implementazione crescente di tecnologie data-driven (come l’intelligenza artificiale), approcci di marketing creative, contenuti personalizzati e brand experience eccezionali.
BrandZ Top 100: crescono i Paesi asiatici
Per la prima volta, nella classifica BrandZTM i brand non americani sono cresciuti più di quelli americani. Basti pensare che se nella Top 100 del 2016 era presente un solo marchio cinese (China Mobile), oggi ne sono presenti 14. Non solo. Proprio ibrandcinesidominano la classifica dei Top 10 Brand in maggior crescita quest’anno: JD.com(59° nella classifica generale) è in testa con un +94% di crescita del brand value;Alibaba(9° nel ranking mondiale) è secondo con un 92% di incremento; eMoutai (34° nel ranking globale) è terzo, con un 89% di crescita. Anche altri Paesi del mondo mostrano forti crescite, in primis l’India. C’è da segnalare anche l’entrata del primo brand indonesiano, la banca Bca, al n. 99.