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Errare è umano, ma per incasinare davvero tutto è necessario un computer.

Arthur Bloch
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\\ : Storico : Tecnologie (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Max Da Via' (del 29/03/2023 @ 07:23:03, in Tecnologie, linkato 1576 volte)
Facebook offre molte funzionalità e opportunità agli inserzionisti per far crescere il proprio business, ma prima di conoscere e capire perché le aziende dovrebbero fare Facebook advertising, quando possa loro convenire rispetto ad altri canali pubblicitari, gli strumenti da usare per realizzarle e come misurare il ritorno sull’investimento, iniziamo con il chiarire cosa si intende esattamente quando si parla di Facebook advertising.

Gli annunci di Facebook non sono altro che post a pagamento pubblicati sulla piattaforma e visibili al pubblico  che rientra nel target scelto in fase di progettazione della campagna pubblicitaria realizzati con lo scopo di promuovere un prodotto oppure un servizio che viene offerto dall’azienda.

Tali annunci potranno essere visibili su:

  • Feed degli utenti
  • Storie
  • Messenger
  • Marketplace
  • Altro

Mentre tra i diversi formati che l’annuncio potrà avere troveremo:

  • Immagine o carosello
  • Video
  • Foto a 360°
  • Video a 360°
  • Inserzioni carosello su Stories
  • Esperienza interattiva
  • Messenger

Perché fare pubblicità su FB

Con una base di utenti attivi su Facebook in continua a crescita, questa piattaforma rappresenta un potente canale pubblicitario perché consente di mostrare i propri annunci a 2,17 miliardi di persone, quasi il 30% della popolazione al mondo; un numero che è di recente cresciuto, come è possibile vedere dal grafico sottostante, complice anche la pandemia vissuta.

utenti dei social media - facebook advertising

Fonte immagine: comscore.com

Dati più recenti ci mostrano inoltre, come la crescita di Facebook non si sia fermata neanche dopo il periodo che per via della pandemia che ha costretto molte persone chiuse in casa potrebbe rendere “falsati” i dati, come ci mostra il grafico sottostante con i dati elaborati da We are social e Hootsuite.

social-network-piu-usato-al-mondo - facebook advertising

Inoltre stando ai dati dello State of Marketing Trends Report 2022 condotto da Hubspot, nel 2022 Facebook risulterebbe il canale che consente di realizzare un miglior ritorno sull'investimento oltre ad essere  il migliore rispetto al coinvolgimento nella top 5 ​​delle piattaforme social

Sebbene questi numeri siano già impressionanti, le motivazioni che spingono ogni anno molte aziende ad affidarsi a Facebook come canale di diffusione dei propri annunci pubblicitari sono anche altre, come ad esempio la possibilità di targetizzazione.

Fare Facebook advertising significa infatti avere la possibilità di filtrare gli utenti che visualizzano un determinato contenuto pubblicitario, mostrando così il post promozionale solo al segmento di pubblico più in linea con i propri obiettivi.

Tra i filtri di selezione che è possibile impostare durante la fase di creazione della campagna per far visualizzare l’annuncio a una determinata fetta di pubblico con specifiche caratteristiche, troviamo infatti:

  • Demografia
  • Posizione
  • Interessi
  • Altre informazioni sul profilo

Differenze tra Facebook e la rete di Google

Facebook e la Rete Display di Google possono essere considerate le più grandi reti pubblicitarie online del mondo se si pensa che Facebook ha più di 2 miliardi di utenti sul proprio sito e Google esegue oltre 40.000 ricerche al secondo.

Google è la piattaforma pubblicitaria a pagamento per clic (PPC) più popolare dove  l’inserzionista ha la possibilità di fare campagne a pagamento scegliendo tra:

  • campagne di ricerca che si basano su determinate parole chiave che l’utente potrebbe cercare;
  • campagne display, dove gli annunci vengono visualizzati sul motore di ricerca e sui siti partner come Youtube e moltissimi altri.

Solitamente, l’annuncio sarà composto da semplice testo, anche se ci sono in alcuni casi anche opzioni di aggiunta di immagini e nella pratica ciò che verrà fatto con il proprio annuncio sarà mostrarlo ad utenti che stanno cercando sul motore di ricerca prodotti o servizi similari.

Considerando che Google ha circa il 95% degli utenti dei motori di ricerca, possiamo essere certi che pubblicizzando su Google l’annuncio sarà visibile a una base di utenti veramente molto ampia.

Elemento essenziale però, sarà la pertinenza dell’annuncio rispetto alle parole chiave, la qualità dell’annuncio e il budget a disposizione.

Al contrario di Google invece, facendo Facebook Advertising gli annunci verranno mostrati unicamente agli iscritti della piattaforma e per più volte; in questo caso non sarà possibile sfruttare le parole chiave come è possibile fare con le campagne di ricerca di Google per intercettare il pubblico interessato, sarà però possibile restringere il pubblico potenziale che visualizzerà il proprio annuncio selezionando dei criteri precisi creando pubblici personalizzati da usare nelle proprie campagne. 

In entrambi i casi è quindi possibile vedere come ci siano molteplici gradi di ottimizzazione possibili da compiere.

Volendo infine fare un confronto tra facebook e Google, oltre a quanto visto fino ad ora,  possiamo portare all’attenzione due ulteriori elementi per cui le due piattaforme si differenziano in particolar modo:

  • la copertura: nonostante Google abbia una maggiore copertura, consentendo dunque di mostrare gli annunci a più persone nel mondo, Facebook offre la possibilità di mostrare più volte gli annunci alle stesse persone;
  • i tassi di adozione/crescita degli inserzionisti: nonostante la crescita di Facebook sia buona, i suoi numeri di utenti sono inferiori rispetto alla crescita della base di utenti di Google.

Quando scegliere Facebook e quando Google

Riassumendo, utilizzando Google ADS abbiamo visto come la Rete Display consenta di entrare in contatto con i clienti su oltre un milione di siti web in tutto il mondo permettendo di mostrare i tuoi annunci alle persone che visitano i loro siti o blog di notizie preferiti, mentre la Rete di Ricerca, attraverso l’uso di parole chiave specifiche, consente di intercettare gli utenti che cercano prodotti o servizi similari sul motore di ricerca.

Utilizzando Facebook advertising invece, è possibile mostrare i propri annunci a molti utenti per più volte, raggiungendo quella fetta di utenti potenzialmente più interessati al proprio prodotto o servizio, poiché sul pubblico di destinazione è possibile fare una scelta chiara per filtrare il più possibile i visualizzatori degli annunci.

Su facebook inoltre è possibile creare un funnel che porti attraverso più step  alla conversione desiderata.

Principale differenza quindi tra le due piattaforma è quella di andare a rispondere con i propri annunci a due tipologie di domande:

  • la domanda latente: facilmente intercettabile su facebook per veicolarla verso il prodotto o servizio offerto;
  • la domanda consapevole: logica che governa le campagne ricerca di Google in cui si va ad intercettare un pubblico già alla ricerca di un dato prodotto o servizio.

Come decidere dunque quando scegliere Facebook e quando Google?

La decisione dipenderà dagli obiettivi che si persegue attraverso l’attivazione delle campagne pubblicitarie.

Se si desidera intercettare gli utenti che cercano prodotti o servizi similari ai propri attraverso l’uso di parole chiave specifiche, Google sarà la scelta senza dubbio migliore; mentre se si punta specialmente a far visualizzare più volte il proprio annuncio ad una fetta di pubblico potenzialmente interessato e ad accrescere il proprio seguito sui social, ma anche ad arrivare alla conversione seguendo un funnel preciso, Facebook Advertising sarà invece la scelta adatta.

In ogni caso, c’è comunque da sottolineare che non per forza una scelta escluderà l’altra.

Budget permettendo infatti, anche entrambi potrebbero essere la scelta giusta, lavorando seguendo una strategia che punti su più fronti, dove si utilizzi Google ADS per essere scoperti e Facebook Advertising per il follow-up.

Quali sono gli strumenti che Facebook mette a disposizione

Facebook permette ai propri utenti di far crescere il proprio business in quattro modi principali:

  • facendo brand awareness;
  • fidelizzando i clienti;
  • promuovendo i prodotti o servizi;
  • facendo ricerca di personale.

A questo scopo, Facebook mette a disposizione diversi strumenti e la maggior parte di questi sono gratuiti. 

Vediamone alcuni:

  • Post: immagini, video, sondaggi;
  • Storie: immagini e brevi video visibili per un tempo limitato;
  • Posta: per raccoglie tutte le comunicazioni in un unico posto;
  • Messenger: un modo per raggiungere le persone su vasta scala e interagire con loro individualmente;
  • Commenti: per rispondere ai tuoi followers;
  • Gruppi: uno spazio per comunicare con un gruppo selezionato di persone interessate ai tuoi prodotti e servizi;
  • Dati statistici: un modo per vedere gli Insights della Pagina, ma anche il Centro inserzioni dove vedere i risultati della tua inserzione su Facebook;
  • Prenotazioni: una modalità per aumentare le prenotazioni, aumentare l'interazione e risparmiare tempo;
  • Eventi per aumentare la copertura in modo gratuito rispetto ad un evento in programma;
  • Offerte di lavoro: una funzionalità che aiuta a trovare e assumere le persone giuste;
  • Vetrine: un mezzo riservato alle pagine aziendali per pubblicare i prodotti che vuoi vendere e per connetterti con più clienti su Facebook. È così possibile diffondere i prodotti in modo ampio, la procedura di acquisto e presentare il brand;
  • Facebook Live: un’occasione per fare delle dirette da mobile o pc;
  • Facebook Dating: uno spazio di incontri;
  • Facebook Rooms: stanze virtuali per fare dirette con le persone invitate;
  • Pubblicità: unica funzionalità non gratuita che permette di pubblicizzare i tuoi annunci in modo mirato verso un pubblico selezionato.

Per la gestione invece di tutte le attività sulle pagine, Facebook mette a disposizione Creator Studio utile per:

  • la  creazione dei contenuti;
  • la programmazione dei contenuti;
  • il l monitoraggio delle performance dei contenuti pubblicati sui social;
  • la visione di messaggi, notifiche etc.;
  • le attività di testing dei contenuti;
  • l’accesso agli strumenti per monetizzare.

10 consigli pratici per impostare una campagna

Per fare Facebook advertising e impostare una campagna è importante prima di tutto operare in maniera professionale. Per farlo è dunque importante sia per i proprietari delle pagine su Facebook che per le agenzie a cui è affidato il compito di gestione delle pagine o della creazione delle campagne pubblicitarie, aprire e impostare correttamente il Business Manager.

Questo strumento messo a disposizione da Facebook è utile per diversi aspetti tra cui l’assegnazione della proprietà di una pagina, l’assegnazione dei diversi ruoli dati a partner o dipendenti per diverse risorse che possono essere la condivisione di post, l’analisi dei dati, la creazione di inserzioni o un controllo completo sull’account. Una volta eseguite tutte le impostazioni di base, si può passare alla creazione della campagna. 

Ecco allora 10 step che riassumono gli elementi fondamentali a cui porre attenzione durante la creazione di un’inserzione:

  1. apri e imposta correttamente il business manager;
  2. apri o richiedi l’autorizzazione all’uso dell’account pubblicitario da usare per gli addebiti delle spese pubblicitarie;
  3. scegli il tipo di obiettivo da raggiungere attraverso gli annunci che può essere notorietà, visualizzazioni sul sito, mi piace alla pagina, visualizzazioni di video, installazione di app e molto altro;
  4. scegli il tipo di formato da usare per i propri annunci (immagine, video, carosello di video o di immagini, anteprima della pagina etc.);
  5. verifica in base al contenuto scelto che questo rispetti le norme di facebook, per evitare la sospensione degli annunci o peggio;
  6. seleziona un pubblico target a cui si vorranno mostrare gli annunci scegliendo diversi criteri come aspetti demografici, lavoro, interessi, comportamenti etc.;
  7. imposta una modalità secondo cui decidere visualizzazioni e costo degli annunci, che può essere per impressioni o per asta e inserire sempre un budget massimo di spesa;
  8. imposta una data di inizio e fine degli annunci per non rischiare costi eccessivi;
  9. scegli dove si desidera che sia mostrato l’annuncio tra feed di facebook, feed di instagram, sezione esplora di facebook o di instagram, messenger, whatsapp.
  10. fai degli A/B test per scegliere quali tra le due tipologie di annunci offrono i migliori risultati così da ottimizzare annuncio e spesa pubblicitaria.

Trucchi e idee per essere efficaci e spendere meno

L’ultimo suggerimento appena dato è certamente quello più importante per ottimizzare i risultati e il budget a disposizione, in quanto consente di vedere quale tipologia di post riesce ad ottenere i risultati migliori così da non spendere il budget inutilmente per una tipologia di post che non dà buoni risultati e non converte come desiderato.

Per fare ciò è fondamentale capire che le campagne una volta impostate non vanno abbandonate ma è essenziale fare test, valutare i risultati guardando sempre gli insight ed essere pronti sempre a  fare tutte le modifiche utili ad ottimizzare gli annunci.

Tenendo però presente che le impostazioni in fase di creazione delle campagne sono fondamentali per decretare il successo o meno della stessa. 

Un altro elemento a cui prestare molta attenzione per ottimizzare le campagne è quello di scegliere il miglior formato in base agli obiettivi.

Ecco allora formati e obiettivi per cui ciascuno è consigliato:

  • foto: adatto per aumentare la notorietà del brand e il traffico online;
  • messenger:perfetto per mantenere una relazione con il cliente;
  • raccolte: il miglior modo  per far conoscere i propri prodotti.

Come misurare il ritorno delle campagne

Per misurare il ritorno delle campagne facendo Facebook Advertising bisognerà calcolare il ROI, ovvero il ritorno sull’investimento e la formula per calcolare il ROI  è: (ricavi-costi/costi)*100.

Questo calcolo mostrerà quale è stato il profitto generato dal budget  investito. Bisogna però tenere conto che le attività di Facebook advertising possono tradursi attraverso due modi.

Ci potranno essere risultati finanziari, che potranno essere verificati attraverso maggiori entrate o in una riduzione dei costi; ma anche risultati non finanziari come ad esempio azioni del tipo: nuovi fan, interazioni con la pagina etc. 

Per poter misurare il ritorno delle campagne su Facebook è dunque fondamentale seguire questi step:

  • Avere l’obiettivo di conversione della campagna ben chiaro;
  • Tracciare le conversioni della campagna;
  • Assegnare un valore monetario alla conversione;
  • Calcolare i ricavi ottenuti;
  • Determinare i costi totali;
  • Analizzare i risultati.

Detto ciò è importante comprendere anche come i costi per fare Facebook Advertising possano essere diversi in base al tipo di mercato di riferimento. Alcuni mercati infatti, se sono più concorrenziali saranno più costosi e viceversa, come mostra il grafico sottostante.


 
Di Max Da Via' (del 29/12/2021 @ 07:33:05, in Tecnologie, linkato 1239 volte)

Metaverse, in italiano “metaverso”, per chi non lo sapesse è un mondo virtuale, per lo più ancora ipotetico, al quale si può accedere da una particolare tecnologia di realtà virtuale (VR) e realtà aumentata (AR). L’idea è quella di creare una sorta di Internet di livello superiore, sovrapposto al mondo fisico. Le persone collegate al metaverso fanno parte del mondo fisico, come tutti gli altri, ma possono vedere e interagire con cose che gli altri non vedono, perché appartengono a un mondo virtuale.

Poiché si tratta ancora solo di un’idea, non esiste un’unica definizione del metaverso sulla quale siano tutti concordi. Quel che sembra certo è che il metaverso potrebbe stare alla realtà virtuale come gli attuali smartphone stanno ai primi, rozzi, modelli di cellulari degli anni ’90.

Invece di utilizzare un computer, nel metaverso basterebbe usare un auricolare (o un visore) per entrare in un mondo virtuale che collega tutti i tipi di ambienti digitali.

Indice degli argomenti

Da dove proviene il concetto di metaverso

A differenza dell’attuale realtà virtuale, utilizzata principalmente per i giochi, questo nuovo mondo virtuale potrebbe essere utilizzato praticamente per qualsiasi cosa: lavoro, concerti, viaggi, cinema. O semplicemente, come surrogato dell’uscire di casa per incontrare altre persone. Come? Con un avatar 3D, una rappresentazione digitale noi stessi.

Se ne parla molto in questo periodo, per via delle dichiarazioni rilasciate da Mark Zuckerberg: “Siamo all’inizio di un nuovo capitolo per Internet, ed è anche un nuovo capitolo per la nostra azienda”, ha detto il fondatore e CEO di Facebook il 28 ottobre 2021, annunciando il metaverse e Meta, il nuovo nome di Facebook. Un termine che deriva dalla parola greca che significa “oltre”.

“D’ora in poi, saremo metaverse-first, non Facebook-first. Ciò significa che nel tempo non avrai bisogno di un account Facebook per utilizzare i nostri altri servizi”, ha scritto Zuckerberg nella lettera ai founders.

Il concetto di metaverso, però, non è nuovo: il termine è stato coniato dallo scrittore Neal Stephenson nel 1992, nel suo romanzo di fantascienza del Snow Crash, ambientato in un futuro prossimo in cui il mondo virtuale e il mondo fisico sono indissolubilmente interconnessi.

Nella fantasia di Stephenson, il metaverso è immaginato come una immensa sfera nera di 65.536 km di circonferenza, tagliata in due all’altezza dell’equatore da una strada percorribile anche su una monorotaia, che ha 256 stazioni, ognuna a 256 km di distanza. Su questa sfera ogni persona può realizzare in 3D ciò che desidera: negozi, uffici, locali pubblici e altro, il tutto visitabile dagli altri utenti.

Facebook e il metaverso: 10mila assunzioni nei prossimi anni

C’è un grandissimo entusiasmo per il metaverso tra gli investitori e le big tech. Facebook ha fatto della costruzione del metaverso una delle sue priorità; tanto che recentemente ha investito 50 milioni di dollari nel finanziamento di gruppi senza scopo di lucro per aiutare a “costruire il metaverso in modo responsabile”, anche se esprime la convinzione che questa idea impiegherà 10-15 anni per avverarsi. Intanto, ha già annunciato che per sviluppare il metaverso assumerà 10mila persone in Europa. L’intenzione, comunque, è di arrivare a investire 10 miliardi di dollari nel metaverso.

Zuckerberg e altri imprenditori miliardari della Silicon Valley sembrano convinti che il metaverso sia ormai un traguardo vicino. In una recente intervista apparsa su The Verge, il fondatore di Facebook lo descrive come “il successore di Internet mobile“, una sorta di “Internet incarnato, in cui invece di visualizzare solo i contenuti, ci sei dentro”.

L’estate scorsa, in Facebook è stato creato un nuovo team appositamente dedicato allo sviluppo del metaverso. Il team fa parte della divisione di realtà virtuale Reality Labs, guidata da Andrew ‘Boz’ Bosworth, l’autore delle cuffie Oculus, ed è composto da specialisti di Instagram, Facebook Gaming (videogiochi) e della stessa Oculus.

Un cambio di passo nella strategia dell’azienda, pronta a investire sempre di più nelle tecnologie AR e VR in grado di offrirle la possibilità di controllare la propria piattaforma hardware.

Si tratta di un concetto che richiama, in qualche maniera, quello degli NFT (Non Fungible Token), legati alla blockchain, che nell’ultimo anno hanno conquistato il mondo dell’arte, con i loro certificati di possesso di beni non tangibili. Pur facendo le debite differenze (le bit tech come Facebook tendono a essere dei centralizzatori, mentre la blockchain e le criptovalute sono opera dei decentralizzatori) entrambi immaginano il progresso tecnologico più o meno negli stessi termini: qualcosa per sfuggire alla realtà.

Il metaverso non piace a tutti

Ad esempio, a Frances Haugen, l’ex product manager di Facebook che a ottobre ha rivelato che Facebook dà priorità al profitto rispetto alla sicurezza degli utenti e programma i suoi algoritmi per promuovere contenuti divisivi. La Haugen è preoccupata per la capacità di Meta di controllare ciò che viene pubblicato nel mondo virtuale. In una intervista alla CBS ha dichiarato che gli stessi problemi che ha denunciato si potrebbero ripetere nella realtà virtuale del metaverse. “Facebook non ha effettivamente pensato alla sicurezza fin dalla progettazione”, ha detto.

Secondo la Haugen, piattaforme come TikTok, dove una piccola parte dei contenuti genera la maggior parte delle visualizzazioni, sono più facili da moderare rispetto al modello più distribuito di Facebook. Negli spazi virtuali in cui Meta scommette in grande, moderare i contenuti, rimuovere la disinformazione e tracciare i trasgressori sarà una sfida, perché le interazioni non vengono registrate.

Quali sviluppi per la realtà virtuale

Una realtà virtuale, dunque. Qualcosa di non certamente nuovo. La sua nascita, infatti, risale agli anni ’80, a opera dello scienziato informatico Jaron Lanier, con la sua azienda VPL Research, acronimo di Virtual Programming Languages.  A oltre trent’anni di distanza, però, la realtà virtuale (VR) e aumentata (AR) di qualsiasi tipo non si sono affermate come si prevedeva. Oculus VR, il visore per la realtà virtuale realizzato dalla omonima società acquisita da Facebook nel 2014, è rimasto niente più che un gadget, perlomeno a livello consumer. La realtà virtuale sembrava dover essere il futuro tecno-utopico. Ma, come ha recentemente notato Paul Skallas, l’autore della piattaforma per newsletter Substack, “Nel 2000 ti dicevano che la realtà virtuale era sul punto di esplodere, che avrebbe cambiato tutto. È il 2020: dov’è?”.

La realtà virtuale – e insieme l’AR – si sono imbattute in un grosso scoglio: la consuetudine delle persone a relazionarsi fisicamente. Anziché nella quotidianità, quindi, VR e AR si sono affermate maggiormente nell’industria.

Quali società potrebbero essere interessate

Facebook ha investito molto nella realtà virtuale attraverso i suoi visori Oculus, rendendoli più economici dei rivali, forse anche in perdita secondo alcuni analisti. Sta anche creando app VR per i social e per il lavoro, comprese app che interagiscono con il mondo reale. Nelle intenzioni del colosso tech, però, il metaverso “non sarà costruito da un giorno all’altro da una singola azienda”.

Quali altre aziende potrebbero essere interessate? Epic Games, che produce Fortnite, gioco multipiattaforma free to play, potrebbe essere una di quelle. I giochi multiplayer online condividono i mondi interattivi da decenni; non sono il metaverso, ma hanno diverse idee in comune. Negli ultimi anni, Fortnite ha ampliato il suo prodotto, ospitando concerti, eventi del brand e altro ancora all’interno del proprio mondo digitale. Ciò ha mostrato a molti ciò che è possibile fare con la realtà virtuale e ha messo sotto i riflettori la visione del metaverso.

Altri giochi si stanno avvicinando a un’idea del metaverso. Roblox, ad esempio, è una piattaforma per migliaia di singoli giochi collegati all’ecosistema più ampio.

Unity, una piattaforma di sviluppo 3D, sta investendo in “gemelli digitali“, copie digitali del mondo reale, e la società di hardware grafico Nvidia sta realizzando il suo Omniverse, che viene descritto come “una piattaforma per connettere mondi virtuali 3D”.

Metaverso, non solo videogame

Il metaverso è quindi solo una forma evoluta e sofisticata di videogame? No, anche se le idee su cosa potrebbe essere sono molte e diverse, la maggior parte di esse vede al centro l’interazione umana e sociale.

Ancora Facebook ha sperimentato un’app per riunioni VR chiamata Workplace e uno spazio sociale chiamato Horizons, che utilizzano entrambi sistemi di avatar. Il posto di lavoro del futuro di Facebook prefigura riunioni in realtà virtuale in cui le persone utilizzino dei personal computer.

Un’altra app VR, VRChat, è interamente incentrata sull’incontrarsi online e chattare, senza alcun obiettivo o scopo diverso dall’esplorazione degli ambienti e dall’incontro con le persone.

Altre applicazioni aspettano solo di essere scoperte.

Il Ceo di Epic Games, Tim Sweeney, ha dichiarato di recente al Washington Post che immagina un futuro in cui una casa automobilistica, per pubblicizzare un nuovo modello “lascerà la sua auto nel mondo digitale in tempo reale e chiunque sarà in grado di guidarla”.

Allo stesso modo, quando faremo shopping online proveremo i vestiti in una realtà digitale, ossia virtuale, prima di ordinare quelli che ci arriveranno nel mondo reale.

Appare ormai chiaro che stiamo assistendo alla nascita del “metaverse marketing”, come lo ha definito la rivista Forbes.

Metaverso e luxury

Varie realtà del fashion e del luxury stanno cominciando ad investire nella realtà virtuale. Balenciaga vende “skin” su Fortnite, Gucci ha messo in vendita una borsa solo virtuale, Dolce&Gabbana ha ottenuto 5,7 milioni dalla vendita di 9 Non-Fungible-Token,  Nike ha deciso di vendere scarpe “virtuali”. Secondo Morgan Stanley, per il settore moda e lusso, gli introiti derivanti dalla realtà virtuale potrebbero ammontare, entro il 2030, a 50 miliardi di dollari (circa 44 miliardi di euro). È normale che le multinazionali del settore si stiano attrezzando in questo senso.

Metaverso: quale sarà il futuro?

Il metaverso si propone di offrire una versione ordinata e razionalizzata del mondo, per sua natura caotico. Siamo ancora alle prime fasi; l’evoluzione del metaverso sarà disputata tra i colossi della tecnologia nel prossimo decennio, o forse anche di più. Ma ad oggi è difficile prevederne gli sviluppi e capire quanto inciderà nelle sue concrete applicazioni l’eventuale preferenza delle persone per la realtà fisica rispetto a quella virtuale.

Brent Mittelstadt, un ricercatore senior in etica dei dati presso l’Oxford Internet Institute, ritiene che il potenziale impatto sociale del metaverso sia tutt’altro che certo. “Se diventasse dirompente, ad esempio conducendo le persone ad andare ad appuntamenti virtuali anziché incontrarsi, sarebbe molto difficile dire quale effetto avrebbe sulla natura delle relazioni, nello stesso modo in cui era difficile prevedere l’impatto che i social media avrebbero avuto quando se ne parlava solo come un’idea”.

Mittelstadt vede nel metaverso principalmente un modo per Facebook per fare più soldi. “Se riesce a farti passare molto tempo lì, sta raggiungendo il suo obiettivo di raccogliere più dati e monetizzarli. Avrebbe più fonti di dati di quelle attualmente esistenti che vengono combinate e incanalate attraverso questa cosa che è il metaverso”.

È sempre difficile fare previsioni quando si parla di tecnologie, e anche i migliori possono sbagliare. Come accadde a Paul Krugman, economista, premio Nobel ed editorialista del New York Times, che nel 1998 affermava: “Entro il 2005, diventerà chiaro che l’impatto di Internet sull’economia non sarà stato maggiore di quello del fax”.

Non resta che attendere per vedere quale sorte spetterà al metaverso che sta suscitando tanto interesse.


 
Di Max Da Via' (del 18/03/2020 @ 07:16:06, in Tecnologie, linkato 1169 volte)

Giornate lente, scandite da ritmi quasi impercettibili. Uno dei nostri desideri più grandi, imbottigliati in una vita frenetica e senza pause, è stato quello di avere tempo. Nel momento in cui ci è piombata addosso l'incertezza e la paura, anche il tempo libero è sembrato una condanna. In periodi come questi, tuttavia, cambiare le nostre abitudini è importante e doveroso. Molti di noi hanno la possibilità di affidarsi allo smart working, ma non tutti possono farlo.

Gli studenti non si fermano grazie all'eLearning, e tutti ci stiamo abituando a utilizzare ogni mezzo possibile per continuare la nostra vita, restando a casa. Abbiamo la fortuna di avere i modi per farlo, tramite internet e tutti i device, dagli smartphone ai laptop. Un mondo iperconnesso accorcia le distanze, ci siamo sentiti spesso schiavi dell'essere perennemente online, ma situazioni di vita diverse ci fanno vedere le cose da punti di vista nuovi.

Un mondo iperconnesso

Tutti siamo connessi, appena ci abituiamo a qualche aggiornamento, ecco che spunta una novità. Siamo pochi inclini al cambiamento, un po' per paura, un po' per diffidenza, ma ci si mette anche la pigrizia. Quando sappiamo fare qualcosa, mal volentieri adottiamo metodi differenti per farla. Il mondo digitale cambia in fretta e specialmente i modi di usare internet e device.

È da un po' di tempo che sentiamo parlare di 5G, la rete di nuova generazione che andrà a superare l’attuale 4G. Non è solo una questione di velocità di connessione, ma è una rivoluzione dei servizi. A giovarne saranno soprattutto i media e l'intrattenimento.

Potremo giocare online senza problemi, anche in cloud gaming, senza la necessità di possedere una consolle. Lo stesso vale per il cloud computing. Potenziati anche i servizi di streaming, in particolare i video. Contenuti ad altissima risoluzione, fluidi e subito disponibili. I nostri device saranno sempre connessi e disponibili ovunque, ciò significa che non dovremmo più passare dal Wi-Fi alla rete mobile. Parliamo di servizi sempre attivi in città per esempio, come videosorveglianza, auto a guida autonoma per una maggiore sicurezza sulle strade.

L'industria globale dei media guadagnerà, entro il 2028, 765 miliardi di dollari dai nuovi servizi e applicazioni resi possibili dal 5G. Ma come succederà tutto questo?


La nuova era del 5G

Secondo uno studio condotto da Ovum, società di consulenza specializzata nella copertura globale di telecomunicazioni, media e tecnologia, il 5G scuoterà il panorama dei contenuti multimediali e dell’intrattenimento, rappresentando un'importante vantaggio competitivo per le aziende.

La rivoluzione del 5G aumenterà i risultati in termini di velocità, copertura globale, media interattivi basati sui gesti, fonti crescenti di entrate ed esperienze gamificate, fornendoci un futuro migliore.

L'impatto trasformativo della tecnologia 5G non solo migliorerà l'esperienza degli utenti di telefonia mobile, ma muterà il modo di concepire e utilizzare i media e l'intrattenimento su molti livelli, con nuovi modelli di business e nuove esperienze interattive.

Video, giochi, musica, pubblicità, AR e VR saranno i veri protagonisti di questi cambiamenti, con contenuti sempre più immersivi e un rapporto col pubblico sempre più stretto.


Come cambiano i contenuti col 5G per media e intrattenimento

Ovum suggerisce che le aziende sperimenteranno vari vantaggi tecnici del 5G, la velocità dei dati sarà 100 volte maggiore, con latenza dieci volte inferiore e connessioni significativamente più affidabili.

Per esempio, un film in HD impiegava diversi minuti per scaricare a velocità 4G, ma con l'avvento delle reti 5G, gli utenti potranno potenzialmente scaricare lo stesso film in pochi secondi. Questo comporterà una fruizione maggiore dei contenuti, essendo ancora più accessibili, e una domanda maggiore dei prodotti sul mercato. I creatori e fruitori dei contenuti tradizionali, dovranno preparasi a una vera e propria corsa contro il tempo, creando più materiali per soddisfare la crescente domanda.

Si prevede, infatti, che i prodotti video rappresenteranno il ​​90% del traffico dati 5G. Passeremo da un consumo mensile di circa 10 GB agli oltre 80 GB nel 2028.

Ma non solo, la rete wireless di prossima generazione consentirà svariate innovazioni digitali, dall'informatizzazione degli oggetti fisici all'intelligenza artificiale, inaugurando un nuovo mondo per facilitare l'ingresso di nuovi media e di concepire l'intrattenimento.

Come cambierà il mondo dell'intrattenimento

La realtà aumentata creerà un nuovo modo di connettersi ai contenuti multimediali, attraverso oggetti e personaggi virtuali, e la creazione di elementi tridimensionali. A beneficiare del 5G saranno soprattutto le applicazioni di realtà aumentata e virtuale.

Per quanto riguarda il settore televisivo, il mercato offre diverse modalità di consumo. Oltre ai soliti video on demand, streaming, download, pay per view che fanno già parte, da anni, della tv tradizionale, si aggiungeranno altre tipologie di offerta a pagamento: la bassa latenza permetterà download rapidissimi e un’eccellente qualità di live streaming.

Sempre dallo studio condotto si evince che negli Stati Uniti quasi il 9% delle famiglie che utilizzano la banda larga passerà al 5G entro il 2028, generando ricavi per 9 miliardi di dollari.

Il 5G rafforzerà il mercato della pubblicità digitale

Il 5G avrà un ruolo fondamentale anche nel passaggio dalla pubblicità tradizionale alle esperienze immersive sui social e sui media. Video, banner, posizionamento in-game su 5G e altri formati di pubblicità visiva appariranno in ambienti VR e AR. Per non parlare della possibilità di nuove applicazioni che oggi non esistono ancora, ma che potranno svilupparsi con il consolidarsi della nuova rete.

Esperienze ultra sensoriali

Le interfacce aptiche collegate al 5G saranno in grado di fornire una nuova dimensione sensoriale alle esperienze dei media. Ad esempio, il calore e la pressione potrebbero essere raggruppate in un potenziamento delle armi in un gioco d'azione, e i film potrebbero essere ripubblicati con un nuovo livello di sensazioni.

I giochi AR, VR e cloud combinati cresceranno del 2.400% nei prossimi anni per raggiungere un fatturato annuo di 47,7 miliardi di dollari nel 2028.

Si prevede che l'uso del 5G avrà un'impennata tra il 2023/2025, quando le capacità hardware e di rete aiuteranno a realizzare esperienze VR vicine alla realtà: campo visivo orizzontale a 210° su scala umana, risoluzione di visualizzazione/proiezione ad alta densità di pixel, dimensioni minime della batteria e interazione altamente reattiva.


La rivoluzione del gaming

Un altro settore in grande espansione è quello dei videogiochi, a cui il 5G darà ulteriore slancio. Il numero di videogiocatori nel mondo, secondo le stime più recenti, ammonta a 2,3 miliardi di persone. Oggi la tendenza di mercato è orientata verso lo sviluppo di piattaforme digitali con nuove modalità per la fruizione dei contenuti videoludici, tra cui streaming e cloud gaming.

Ciò permette ai giocatori di avere accesso ai videogiochi in qualsiasi momento e ovunque, garantendo la possibilità di effettuare aggiornamenti senza dover per forza acquistare o possedere hardware costosi.

Il game streaming può essere offerto tramite un servizio in abbonamento oppure tramite l’acquisto di giochi on demand. In Italia sono circa 16,3 milioni i videogiocatori, mentre gli appassionati di eSport che seguono eventi più volte a settimana sono più di 1,2 milioni. Basti pensare che il traffico dati per il gaming nell’ultimo anno è aumentato del 125%.

Via Ninja Marketing

 
Di Max Da Via' (del 27/01/2020 @ 07:37:31, in Tecnologie, linkato 1086 volte)

Isocial network hanno caratterizzato l’ultimo decennio, ma le piattaforme di game streaming stanno creando nuovi spazi di socialità, di visibilità per influencer e profitto per le aziende che non possono essere sottovalutati. Si tratta di quei servizi che permettono agli utenti di osservare e interagire in diretta con giocatori di videogame. Strano? Neanche tanto se si pensa che è quello che si faceva negli anni 80 andando nei bar ad attorniare i giocatori dei primi Arcade come Space Invaders e Asteroids.
Un report di StreamElements e Arsenal.gg ha calcolato che a dicembre sono state trasmesse circa 1,2 miliardi di ore in diretta, +12% rispetto all’anno precedente.

Il leader di mercato, considerando solo gli streaming di giochi, è Twitch, spin-off del glorioso Justin.tv e acquisito da Amazon nel 2014 per 970 milioni di dollari, cui va il 61% delle ore guardate di streaming. Nel 2019 la piattaforma ha perso terreno a favore dei suoi competitor, che si sono fatti più agguerriti. Al secondo posto, a grande distanza e in lieve calo, c’è YouTube Gaming con il 28%. Al terzo con una fetta dell’8,5% spicca Facebook Gaming, che ha avuto una crescita considerevole: oltre 5,4 punti di share e +210% di ore di visualizzazione. Quindi più che i giocatori sono aumentate le ore di streaming effettuate e il tempo di permanenza degli spettatori. Mixer di Microsoft, pur avendo strappato la star Ninja a Twitch, si deve accontentare del 2,6%.

Un fenomeno interessante da tenere sott’occhio è quello dei live streaming che non hanno come oggetto i giochi. Su Twitch la categoria “Just Chatting” o “Quattro chiacchiere” nella quale il creator parla a ruota libera o di argomenti specifici interagendo con gli spettatori, è stata la più vista a dicembre (oltre 80 milioni di ore viste). Per la prima volta ha superato le visualizzazioni delle partite di League of Legends, Fortnite e Counter-Strike.
Altra categoria non-gaming in crescita è quella dedicata all’ASMR i video di sussurri e suoni tesi a rilassare l’audience, molto presente anche su YouTube.

Sono sicuro che nel 2020 la guerra tra i protagonisti del game streaming si farà più intensa: YouTube, Facebook e Microsoft continueranno ad insidiare Amazon sia provando ad accaparrarsi influencer con contratti milionari, sia prevedendo nuove forme di remunerazione.
Allo stesso tempo vedremo aziende che proveranno a presidiare anche questi spazi, magari facendo leva sulla collaborazione con creator noti.

 
Di Max Da Via' (del 27/11/2018 @ 07:47:21, in Tecnologie, linkato 1657 volte)

Il clima che si respira attorno alla blockchain «è simile a quello che toccò al Tcp-Ip, il protocollo alla base di internet, nato nell’82. In pochi all’epoca furono in grado di prevedere la rivoluzione che questa tecnologia avrebbe generato: il Web come lo conosciamo oggi». Non usa mezzi toni Davide Casaleggio se deve giudicare le potenzialità della “catena dei blocchi”: una tecnologia che «non è “definitiva” e sta subendo una forte evoluzione», ma non c’è dubbio che «il vento sta cambiando», afferma nell’introduzione al rapporto “Blockchain for business” messo a punto da Casaleggio Associati.

Il primo rapporto della società di consulenza per imprese dedicata alla tecnologia che è alla base del bitcoin ne sottolinea il valore già nel sottotitolo: «Come la blockchain rivoluzionerà il modo di operare delle imprese». Stando alle stime presentate nel report, entro il 2025 il 10% del Pil mondiale sarà generato da prodotti e servizi erogati con questa tecnologia.

D’altra parte il mercato ha raggiunto nel 2017 i 339,5 milioni di dollari e per il 2021 si stima che arriverà a 2,3 miliardi, che lievitano a 7,7 se si aggiunge anche il valore delle criptovalute. Nello stesso anno gli investimenti nella tecnologia potrebbero arrivare a 9,7 miliardi di dollari, rispetto ai 945 milioni dell’anno scorso.

Nei primi sei mesi del 2018 i venture capital hanno investito 1,3 miliardi di dollari in startup legate alla blockchain, superando già i 900 milioni dell’intero 2017. In Italia quattro startup, sia pur basando all’estero la raccolta di fondi, hanno ricevuto finanziamenti per 70 milioni tramite Ico, superando la somma totale investita dall’intero sistema del venture capital nello stesso periodo nel nostro Paese.

La blockchain generatrice di fiducia. Ma sarà anche macchina della verità?

 

I vantaggi della blockchain

I vantaggi sono chiari in termini di risparmi: per il solo settore bancario si stima una riduzione del 30% dei costi infrastruttrali, con un risparmio fino a 12 miliardi di dollari l’anno a livello globale. Ma i benefici non si limitano al taglio dei costi, estendosi a «tracciabilità e trasparenza, incremento di fatturato, riduzione dei rischi, creazione di nuove opportunità di business e possibilità di essere più focalizzati sul cliente».

In Europa solo il 3% delle aziende a oggi ha in corso un progetto e il 10% ha attivato un “pilot”. D’altra parte «le resistenze sono ancora forti e principalmente legate alla definizione del modello di business: il 70% delle aziende diffida per mancanza di un chiaro ritorno sull’investimento, il 67% ritiene che la tecnologia non sia ancora matura, il 64% che non ci sia ancora la giusta regolamentazione per utilizzarla, il 62% è preoccupato per la privacy policy, il 59% per la sicurezza della transazione.

 

A cosa può servire

A oggi la blockchain viene utilizzata su tre livelli di iniziative commerciali che si basano su diverse funzionalità del sistema. Il primo livello è quello legato alla funzione di registro immodificabile, che «permette nella sostanza di avere un notaio digitale che certifica fatti e dati e che attribuisce loro una data certa», con ambiti di applicazione evidenti nei registri pubblici, ma anche per la tracciabilità della filiera, sia in chiave antifrode, che di sicurezza e qualità.

La seconda funzionalità è quella di token, delle monete digitali che non sono riproducibili. I token più noti sono le criptovalute, a partire dal bitcoin, il cui valore «è legato esclusivamente a quello che le persone attribuiscono loro, nonché al consumo di energia necessario per generarle». Ma i token offrono anche la possibilità di attribuirgli un valore del mondo reale, attraverso la cosiddetta “tokenizzazione del valore”.

 

Bitcoin 10 anni dopo: un mondo ad alta volatilità tra speculazione, promesse e rivoluzione

I token possono anche essere utilizzati per premiare le attività svolte dalle persone, in chiave di incentivo e di loyalty. Ma in prospettiva si può immaginare che possano essere utilizzati come «remunerazione per il lavoro vero e proprio». Esistono già esperienze come Steemit, social network dove si viene ricompensati per scrivere o curare un contenuto.

La terza innovazione portata dalla blockchain è lo smart contract, la tipologia dei contratti che si autogestiscono e che si attuano da soli. Si tratta di uno strumento che apre prospettive nuove di applicazione alle microtranmsazioni, a contratti per eventi ridotti o per la gestione delle forniture delle utilities. Ma che pongono le basi per la creazione di “smart marketplace”, mercati distribuiti dove risulta superflua la figura dell’intermediario.

 

L’ultimo anello per il mondo fisico

In chiave business, la prospettiva della blockchain, secondo il rapporto di Casaleggio Associati, ha bisogno dell’”ultimo anello”, che collega la catena digitale al mondo fisico», permettendo così alle aziende di «gestire il processo e creare una blockchain che possa generare valore nel mondo reale».

In quest’ottica il rapporto individua tre tipologie di sviluppi di grande potenzialità per le aziende: l’Internet delle cose, oggetti e dispositivi connessi che permettono di registrare eventi e di farne accadere; i sistemi per l’utilizzo di criptovalute nel mondo fisico, che ne trasformano il valore virtuale in reale; il valore legale che permette di rendere vincolanti gli smart contract anche nel mondo fisico.

Non mancano certo le criticità che rendono difficile l’espansione di un mondo oggi percepito come poco trasparente: dal consumo di energia elettrica ai tempi eccessivi per le transazioni, dai fattori legati alla privacy a quelli di sicurezza. Il rapporto si concentra in particolare sulle incognite legate alla gestione dei dati personali in un sistema trasparente e aperto: uno degli snodi centrali è proprio legato alla creazione di sistemi di gestione dei propri dati personali, con la prospettiva di riportare sull’individuo il baricentro della proprietà dei dati.

Via IlSole24Ore.com
 
Di Max Da Via' (del 24/01/2018 @ 07:51:19, in Tecnologie, linkato 1431 volte)

Al giorno d’oggi il mercato del digital advertising è composto principalmente da tecnologia e mosse strategiche dei player che si pongono l’obiettivo di insidiare il duopolio formato da Facebook e Google. Il 2017 è stato segnato dal consolidamento dei modelli di business, spesso attraverso acquisizioni su terra statunitense ma capaci di riflettersi sul panorama digitale europeo.

Qui sotto un’infografica che mostra alcuni highlights delle M&A del 2017, mese per mese.

 

Focus sulla media distribution

L’acquisizione di Fox da parte di Disney, che include anche il 60% di Hulu, merita una menzione. La strategia di Disney mira al possesso di una mole più grande di contenuti e nella sua distribuzione. Probabilmente ora la società ha le carte in regola per rivaleggiare con Netflix sulla proposta contenutistica in qualità di OTT. Nel 2018 mi aspetto che il mondo broadcast evolverà verso una versione più ibrida della distribuzione dei contenuti video, in cui gli utenti utilizzeranno device differenti per la visione dei filmati. In questo senso la mossa di Disney si inserisce perfettamente nello scenario previsto. Provate a nominare un altro player che si stia muovendo allo stesso modo… Sì, si pensa che Amazon sia potenzialmente il più grande competitor di Facebook e Google sul campo dell’advertising, con il vantaggio di conoscere già i consumatori che hanno acquistato dalla piattaforma. Amazon produce anche contenuti originali, cosa non apprezzata dal lungimirante Google. Quindi se volete acquistare Amazon Fire TV sappiate che non potrete installare la app di Youtube.

 

Il mondo del digital contro il duopolio

Dal momento che Google e Facebook stanno manifestando i propri interessi nel diventare i nuovi colossi della produzione media e negli eventi in diretta, i broadcaster e gli operatori hanno lavorato ad acquisizioni di company ad tech per la gestione delle proprie inventory dirette agli utenti di nuova generazione. RTL Group ha acquisito SpotX e ha intenzione di fonderla con Smartclip, assorbita durante l’anno precedente. La stessa cosa ha fatto Comcast, che nei primi mesi del 2017 ha acquistato FreeWheel (precedentemente nota come Sticky Ads).

Gli M&A del mondo della pubblicità sembrano scandire un concetto chiaro: se hai iniziato a lavorare sul lato sell, continuerai a lavorare sul lato sell e proverai a gestire le audience tanto bene quanto ne sarai in grado. Lezione che Rubicon Project ha imparato sulla sua pelle, e infatti dopo aver acquisito Chango nel 2016 per provare a mettere un piede nel buy side ha deciso di rivenderla nel 2017 tornando a operare nel “side” in cui sapevano muoversi meglio.

 

Previsioni per il 2020

Lo scenario dell’advertising cambierà drasticamente nei prossimi 2 anni. Entro il 2020, metà dei player dell’ad tech rappresentati nel LumaScape subiranno un rebrand, rivedranno drasticamente il loro business model o dichiareranno bancarotta.

  • I motivi della mia previsione sono supportati da 3 pilastri:
  • Necessità di trasparenza da parte di chi investe: conseguente eliminazione degli intermediari e probabile adozione della blockchain per la gestione dell’IO e dei contratti per ogni impression
  • Data management e protection: GDPR ed ePrivacy saranno attivi dal maggio 2018 e saranno pienamente efficaci entro 2 anni. Gli utenti saranno più consapevoli dei loro diritti e di come vengono usati i dati per il loro tracciamento
  • Ad blocker di default e attenzione degli utenti: progressiva eliminazione delle ads invasive da parte dei browser, meno advertising e più valore determinato dall’attenzione prestata dagli utenti. La blockchain può aiutare a costruire un business model condiviso, in cui l’utente è ricompensato per l’attenzione e l’engagement

 

Il business model si evolverà di conseguenza:

  • I publisher digitali hanno ancora bisogno di concentrarsi sui contenuti, su una minore pressione pubblicitaria, sull’aumento del valore dell’advertising attraverso la proposta contenutistica, preferibilmente con video di lunghezza massima di 3 minuti audio off.
  • Gli operatori e i broadcaster entrano in massa nel business della pubblicità digitale e di conseguenza nello sviluppo dell’addressable tv adv, essenziale per una strategia pubblicitaria cross-channel.
  • Le DMP si evolveranno in Customer Management Platform, una sorta di CRM potenziato per gestire clienti attuali e potenziali, tracciandoli attraverso device ID graph e sistemi di identity management che integrano tutte le caratteristiche di una strategia di marketing e di advertising.
  • Le media agency saranno costrette a competere con le società di consulenza (e viceversa) e dovranno rivedere i modelli di business ogni 6 mesi per garantire una trasparenza totale
  • I provider di ad tech attivi sul lato sell dovranno consolidarsi, le company più piccole (con un turnover minore di 15 milioni di dollari) spariranno o verranno acquisite e archiviate insieme agli ad network medio-piccoli che utilizzano tecnologie di terze parti. Appariranno nuove tech company, la strategia vincente è possedere sia domanda sia offerta e magari anche utilizzare sistemi che sfruttino la blockchain.
  • Gli advertiser possiedono i budget e hanno intenzione di spenderli più saggiamente da adesso in poi. Internalizzeranno le risorse o si rivolgeranno a consulenti esterni per la valutazione del ritmo di investimento sul digital advertising, sui vari device e sulle operazioni gestionali.

 

La mia generazione digitale è abituata a liquidità e cambiamenti, ma non dobbiamo dimenticarci la cosa più importante: l’utente. E alla fine il segreto risiede nel tempo che l’utente è disposto a dedicarvi. Le fusioni e le acquisizioni dei prossimi due anni avverranno solo quando le company interessate a vendere dimostreranno ai loro acquirenti di poter generare engagement e una relazione positiva con l’audience.

Via 360com
 
Di Max Da Via' (del 19/01/2018 @ 07:32:00, in Tecnologie, linkato 1489 volte)

Netflix re delle revenue attraverso le app

Una ricerca di SensorTower ha provato a consegnare una risposta al mercato, escludendo però le app relative all’universo del gaming per capire quali sono i prodotti ad aver concepito un modello di revenue redditizio. Sebbene molte ricerche indichino un immobilismo verso il download di nuove app e una situazione di dominio ad appannaggio della supercoppia Facebook – Google, è Netflix ad aver incassato di più dai suoi abbonati. Nel 2017, infatti, ha portato a casa 510 milioni di dollari su scala globale, con un incremento del 130% rispetto ai 215 milioni spesi dagli utenti sulla app nell’anno precedente, quando a dominare era Spotify. La app di streaming musicale è al decimo posto nella classifica relativa all’App Store e non compare nella top ten di Google Play. Al secondo posto c’è Tinder, che primeggia su Google Play ma segue la streaming platform da distanza ravvicinata sull’App Store. Chiude il podio Line.

 

 

L’editore mobile a generare più revenue? Tencent

È la società asiatica a dominare il mercato mondiale delle revenue mobile attraverso le app, guidando sia la classifica relativa al gaming sia quella relativa al resto delle app. I suoi titoli di punta sono Tencent Video e Honor of Kings.

 

Via 360com
 
Di Max Da Via' (del 08/11/2017 @ 07:33:07, in Tecnologie, linkato 1739 volte)

Proprio come Shazam fa con le canzoni, i brand di abbigliamento vogliono mettere nelle mani dei consumatori uno strumento in grado di riconoscere gli outfit che gli interessano, e chissà mai, che sono intenzionati a comprare. Un’idea semplice, che presuppone una realizzazione più complessa e una scalabilità ancor di più. Nonostante questo, già sulle passerelle di Los Angeles popolate dai modelli vestiti Tommy Hilfiger, lo scorso febbraio, era possibile inquadrare i vestiti indossati con il proprio smartphone per essere rimandati alla pagina prodotto con informazioni sui capi e la possibilità di acquistarli.

Dopo Tommy, che ha lavorato con la tecnologia di Slyce, si sono poi avvicinati alla visual search anche Target (che ha annunciato una partnership con la tecnologia di Pinterest Lens a settembre, American Eagle, che ha integrato un chatbot nella sua campagna, e Asos. Tra questi brand e altri, che hanno sperimentato la funzione durante le passerelle di febbraio, sono molti a voler lanciare app “standalone” focalizzate sulla visual search applicata alla stampa, all’online e alla vita reale.

 

Tecnologia datata, esigenze nuove

È vero, già dagli anni 2000 gli sviluppatori stanno rilasciando prodotti per il riconoscimento delle immagini, ma a quei tempi il mobile non era ancora nemmeno un’utopia, mentre ora il mobile commerce sta occupando buone fette di mercato e fasce sempre più larghe di usage quotidiano. Insomma, la ricetta perfetta per utilizzare la fotocamera e passare direttamente all’acquisto.

 

La visual search conviene a tutti?

Ci sono brand più inclini a questo tipo di dinamiche rispetto ad altri. I retailer devono considerare gli effettivi vantaggi dell’introduzione di questa tecnologia – fa notare Eric Hansen, CTO e founder della company di customer experience optimization SiteSpect – a partire della natura del prodotto che vendono. Ma devono ragionare anche in base all’età dei propri consumatori, in quanto i più propensi all’utilizzo di questi strumenti sono gli utenti con una maggiore confidenza con il mezzo mobile. Ovvero millennials (che secondo uno studio di eMarketer passano 4 ore al giorno su mobile) e Gen Z.

“La visual search potrebbe essere più appropriata per i giovani utenti, che sono nativi mobile, piuttosto che per i più anziani e meno esperti. Gli ultimi stanno ancora facendo esperienza con funzioni di search normale, e la ricerca visual potrebbe rappresentare un processo troppo lungo e complicato per loro”, commenta Hansen.

Cresce invece l’adozione della tecnologia, secondo i dati di Slyce. La company guidata da Ted Mann è stata utilizzata sia da American Eagle Outfitters sia da Tommy Hilfiger e proprio il CEO indica un utilizzo in costante crescita mensile, per volumi tra il 20 e il 40%.

 

Tommy Hilfiger, un caso di successo

Tommy Hilfiger rimane il primo esempio di applicazione della visual search. Dopo aver raccolto un alone di successo durante le sfilate losangeline, il brand ha deciso di sviluppare un’app che incorporasse la tecnologia prima delle sfilate di settembre. La company ha voluto espandere l’esperienza al di fuori delle passerelle, dove i presenti hanno potuto fare foto ai look ed essere re-diretti direttamente al portale per l’acquisto. Nonostante Mann non abbia rivelato i numeri, ha dichiarato che la funzione ha contribuito ad aumentare le vendite: “Il loro evento di Los Angeles ha portato a molte vendite ed è stato profittevole. Dopo la passerella hanno raddoppiato gli sforzi sulla strategia adoperata e sul see-now-buy-now. Hanno sviluppato una nuova app con noi, utilizzabile per tutto l’anno e nei loro fashion show”.

 

Pinterest Lens, anche il social nel gioco della visual search

Allo stesso modo funzionano le Pinterest Lens – costruite per aiutare gli utenti a identificare i prodotti nella vita reale utilizzando un algoritmo di search che trova stili simili a cui rifarsi al momento degli acquisti – che hanno visto un picco di utilizzo nelle search e nell’utenza dal lancio dello scorso gennaio. Nelle sue prime fasi, la visual search sarà utile a raccogliere dati sui consumatori e capire come questi utilizzano la funzione. I brand possono monitorare i comportamenti degli utenti, se questi cliccano sul link con l’intento di concludere l’acquisto oppure no.

“Non è necessario creare un nuovo percorso d’acquisto e cannibalizzare quello che i nuovi utenti avrebbero usato se la tecnologia non è ancora pronta. È meglio sviluppare la customer experience che saltare da un problema all’altro”, conclude Hansen.

Via 360.com
 
Di Max Da Via' (del 06/03/2017 @ 07:31:21, in Tecnologie, linkato 1662 volte)

Si può partire da quello che non c’è stato. Perché era il prodotto più atteso degli ultimi mesi, magari anche solo per il livello di vendite registrato dal suo predecessore. Ma il Samsung Galaxy S8 era assente dalla kermesse e l’appuntamento è rimandato a fine marzo. L’edizione 2017 del Mobile World Congress si è chiusa, comunque, con la consueta rassegna di numeri che ne decretano l’ulteriore successo. Un’autentica massa di professionisti e operatori ha deciso ancora una volta di intervenire all’evento internazionale dedicato alla telefonia mobile più importante del mondo, collezionando una lunga serie di novità che sono state annunciate proprio alla manifestazione spagnola. Dove è andata in scena un’inaspettata “operazione nostalgia”. Infatti, due nomi illustri di una recente passato che torna, hanno conquistato l’attenzione. A partire da Blackberry, un assoluto protagonista delle prima ondata mobile che ha invaso il pianeta, che ha presentato il suo nuovo smartphone KeYone, realizzato dalla cinese TCL e basato sulla tastiera fisica Qwerty che seppe rendere popolare il marchio canadese. Lo si può definire un ritorno atteso, quindi, ma senz’altro non rivoluzionario. E poi ecco tornare in prima fila sul palcoscenico barcellonese la finlandese Nokia, che dodici anni dopo il suo ritiro dal mercato, ha voluto far rinascere uno dei cellulari più venduti della storia, il 3310.

Nostalgia tra gli stand

E i vertici del gruppo sono effettivamente riusciti nell’impresa di rubare spesso la scena del Mobile World Congress agli smartphone di ultima generazione lanciati da strutture leader di mercato come Huawei e LG. Ora, il piccolo e coloratissimo Nokia 3310 rinasce, dunque, dalle sue ceneri, ritirato dal mercato nel 2005 dopo la vendita di oltre 125 milioni di esemplari, grazie all’impegno di HMD Global, azienda finlandese che detiene l’esclusiva del brand Nokia. Il plus è uno: telefonare e inviare messaggi. Banale, sì, ma tutto fatto come si deve. E se navigare in internet può essere complicato su uno schermo così piccolo, il punto di forza del nuovo device, disponibile in diversi colori sgargianti, è la sua autonomia: quasi un mese in stand-by oppure 22 ore di telefonata con un solo ciclo di ricarica. Insomma, una brillante operazione di marketing che fa leva sulla nostalgia: appena 49 euro per un pezzo di storia, più sottile e piccolo dell’originale, con slot per scheda MicroSD e disponibile e anche l’indimenticabile videogame Snake.

I numeri del settore

Nel frattempo, sono stati diramati nel corso dell’evento spagnolo gli aggiornamenti del Mobility Report messo a punto, come di consueto, da Ericsson. La lettura del documento ultimato dagli esperti del gruppo svedese impone l’emergenza di una notizia: oggi, nel mondo ci sono più sim che persone. E il tasso di penetrazione della telefonia mobile a livello globale ha raggiunto quota 101% nel quarto trimestre del 2016, per un totale di 7,5 miliardi di sottoscrizioni. Sono 132 milioni in più solo per quanto riguarda l’ultimo quarter dell’anno scorso, con una crescita di circa il 4% anno su anno. Un progresso che pare inarrestabile e che vede davanti a tutti l’India, dove almeno 70 milioni di nuovi abbonamenti sono stati generati, da una parte, dall’offerta attrattiva degli operatori locali. Dietro c’è ovviamente la Cina, che fa segnare un balzo di 10 milioni, poi l’Indonesia (5 milioni in più), seguita da Messico e Stati Uniti, entrambi in grado di allineare 3 milioni in più. Altri elementi di scenario: ai servizi mobili sono iscritte 5,2 miliardi di persone, dato che chiaramente non corrisponde al numero di sim attive, che sono molte di più, oltre 7,5 miliardi. Significa che esistono sempre più sottoscrittori unici che dispongono di più sim in attività, soprattutto in relazione allo sfruttamento di vantaggi promozionali offerti dagli operatori, particolarmente utilizzati dalle aziende.

Cresce il traffico dati

E ancora: cresce il traffico dati da dispositivi mobili, aumentato del 55% tra il quarto trimestre 2015 e il quarto trimestre 2016 e del 13% tra il terzo e il quarto trimestre dell’anno scorso. In base alla ricostituzione di Ericsson, un tale incremento sarebbe collegato al rapido aumento del numero degli abbonamenti alla banda larga mobile, così come al costante aumento del volume medio di dati per sottoscrizione, trainato da video e social network. Intanto, gli abbonamenti LTE hanno ormai raggiunto quota 1,8 miliardi nel mondo, di cui 200 milioni realizzati nel quarto trimestre del 2016; mentre le sottoscrizioni mobili in generale hanno registrato un incremento di circa 40 milioni. In un panorama simile stanno aumentando nettamente coloro che decidono di scegliere la banda larga mobile: in questo caso le sottoscrizioni hanno registrato un aumento di 220 milioni nell’ultimo trimestre del 2016. E infine, sempre nel corso di questo periodo sono stati consegnati circa 440 milioni di smartphone, che hanno rappresentato l’85% del totale dei prodotti venduti nei tre mesi finali dell’anno rispetto al 75% del quarto trimestre 2015.

Potere virtuale

I sistemi operativi per le smart city hanno rappresentato un’altra parte interessante di questa edizione del MWC, unitamente alle applicazioni dell’intelligenza artificiale, a cui, in particolare, è stata dedicata la giornata conclusiva di ieri.  Di notevole impatto, in questo frangente, la proposta del colosso Sony, con quello che fino a pochi mesi fa era solo un concept, uno dei prodotti che la multinazionale intendeva mostrare per far immaginare il futuro. Al Mobile World Congress, però, è arrivato l’annuncio: Xperia Touch sarà in vendita probabilmente entro l’estate, al costo, in Europa, di 1.499 euro. Il proiettore Sony è di piccole dimensioni ed è pensato per essere spostato facilmente ovunque ci sia una superficie piana da utilizzare. Su questa si materializza, grazie alla tecnologia SXRD, un tablet virtuale HD da 23 pollici con sistema operativo Android Nougat 7.0. Un sensore a infrarossi, combinato alla fotocamera del device, cattura e interpreta a 60 fps i movimenti delle mani dell’utente. In questo modo è possibile accedere alle applicazioni ed eseguire operazioni più complesse, come se si sfiorasse realmente il display di un vero dispositivo. Le connessioni Wi-Fi, Bluetooth e HDMI, insieme alla compatibilità con Playstation 4 e Skype ne fanno – nelle intenzioni di Sony – un hub multimediale destinato principalmente alle famiglie. Non a caso nel video di presentazione ufficiale il proiettore – 3GB di RAM e 32GB di memoria interna – è utilizzato per giocare, per consultare una ricetta o per mostrare una videochiamata Skype sulla parete.

Travel online

Anche il mondo del turismo, però è stato protagonista a Barcellona: eDreams ODIGEO, l’agenzia di viaggi online più grande d’Europa, ha pubblicato un rapporto dal quale emerge quanto i dispositivi mobili stiano assumendo un ruolo fondamentale nella vita dei viaggiatori, non solo nella fase iniziale di ricerca delle destinazioni e prenotazione dei voli ma anche durante e post il viaggio. L’Italia conferma questo trend e fa segnare una crescita record in Europa per le visite da mobile. Grazie allo sviluppo e all’innovazione in campo tecnologico, i viaggiatori si affidano sempre di più ai loro smartphone per effettuare una prenotazione aerea. Se nel settore delle prenotazioni di voli tramite smartphone la media è 21%, i clienti di eDreams in media utilizzano gli smartphone nel 30% dei casi. Nel periodo tra febbraio 2016 e febbraio 2017, i paesi che hanno visto una maggiore crescita delle sessioni da smartphone sono al primo posto l’Italia, con un + 26% su base annua, seguita da Germania (+24%) e Spagna (+18%).

Quattro volte più veloce

Se è vero che per prenotare da mobile un volo diretto dalla app di eDreams ODIGEO serve un minuto e mezzo così come i principali siti delle compagnie aeree e da metasearch, effettuare una prenotazione di voli combinati o pacchetti volo + hotel con eDreams è quattro volte più veloce rispetto a qualsiasi altri sito web grazie all’ottimizzazione dei processi mobile implementati dalla società.  «Al giorno d’oggi – ha dichiarato Marcos Guerrero, Chief Retail & Product Offer – le persone si aspettano di poter prenotare le proprie vacanze su qualsiasi dispositivo mobile, a qualsiasi ora del giorno e in qualsiasi luogo vi si trovi e farlo nel più breve tempo possibile. Per questa ragione, eDreams ODIGEO ha dato vita ad uno dei più grandi team di sviluppo mobile di qualsiasi altra agenzia di viaggi online d’Europa, per garantire una user experience sempre più immediata ed efficace, e allo stesso tempo per permettere ai nostri clienti di risparmiare tempo e soldi.». Gli smartphone, dunque, accompagnano i viaggiatori sin dalla fase iniziale di ricerca ed esplorazione delle destinazioni, passando attraverso la pianificazione del viaggio e l’effettiva prenotazione dei voli e degli alloggi, fino alla fase di post viaggio – condivisioni e recensioni – senza dimenticare quanto gli smartphone siano d’aiuto durante il viaggio stesso.  Dallo studio di eDreams, tuttavia, emerge che ad oggi si tende a prediligere i dispositivi mobile rispetto ai pc per prenotare viaggi last minute. In media, il 40% dei 17 milioni di clienti di eDreams ODIGEO che prenota tramite smartphone viaggia entro 7 giorni e il 52% delle prenotazioni di hotel sono per soggiorni entro 7 giorni al massimo.

Assitente virtuale

Lo smartphone, infine, non è solo lo strumento preferito per pianificare e prenotare i propri viaggi, ma sempre di più sta diventando un assistente virtuale personale in grado di archiviare tutti i nostri documenti utili, dal passaporto alla carta d’imbarco, avvisare sullo stato dei voli, indicare l’indirizzo dell’hotel prenotato e a quale nastro bagagli troveremo la nostra valigia. E tutto in una sola app. Per questa ragione, eDreams sta implementando una strategia mirata a sviluppare la propria app in modo che sia sempre più integrata nell’esperienza di viaggio e in grado di garantire un maggior risparmio e valore per i consumatori. I risultati al momento dimostrano la fedeltà dei viaggiatori: il 93% degli utenti che hanno creato un account personale sull’app eDreams utilizza il servizio di notifica sullo stato dei voli per restare informato sulle modifiche ai propri piani di viaggio. 

Il futuro dei broadcaster tra virtual reality e augmented reality. Google stringe nuovo accordo con Sky VR

Durante il Mobile World Congress sono state svelate diverse novità relative alla “Nuova televisione”. LG ha presentato uno smartphone che supporta il Dolby Vision, BT Tv la trasmissione in 4k Ultra HD. Ma le frontiere avanzate sono rappresentate dalla VR di Google, che in Europa trasmetterà contenuti a firma Sky, e dalle possibilità di interagire con i contenuti offerte da Sixtyfoto tre

I media sono in costante evoluzione, e la tecnologia è la bussola che indica le loro nuove direzioni. Al Mobile World Congress, ad esempio, LG ha lanciato lo smartphone G6 che monta la Dolby Vision, la soluzione più evoluta per gestire i video in High Dynamic Range. La qualità di riproduzione delle immagini sul dispositivo è a un livello altissimo, e questo è ottimo per foto e video. Non solo quelle registrati dagli utenti. BT Sports e BT Tv hanno annunciato immediatamente, infatti, la disponibilità di video in tecnologia 4K, nonchè in Ultra HD. L’avvento del 5G, che ormai sembra sempre più imminente anche lato consumer (quantomeno in Gran Bretagna), rivoluzionerebbe la fruizione e la qualità dei contenuti su mobile.

Il network lavora molto sulle nuove tecnologie, e ha proposto durante lo scorso settembre “Chelsea-Arsenal, match calcistico di Premier League, in virtual realty. «Abbiamo portato dei visori in alcuni negozi di Londra e abbiamo offerto un’esperienza immersiva attorno alla quale percepiamo un grande appetito. È una tecnologia disruptive, che potrebbe rivoluzionare ancora una volta il mondo dei broadcaster”, spiega Jamie Hindhaugh, coo di BT Sport e BT Tv.

Il futuro della televisione, gli ott e le piattaforme di streaming

Lo shift digitale è una tendenza comune ai broadcaster tradizionali, che puntano a coinvolgere un pubblico sempre più mobile. Ma per farlo devono produrre contenuti mirati. “Sviluppiamo contenuti che vanno da trenta secondi a un’ora. Ma ci stiamo focalizzando su prodotti digital first, corti ma efficaci. I dati sul consumo dei nostri contenuti ci hanno indicato che questa è la strada da seguire”, commenta Jean Coffey, Senior Director Business Development di Jukin Media durante il panel “Appetite for Disruption – The New Networks & The Future of TV”. Prendendo il consumo video in generale, però, “gli user guardano contenuti sia corti sia lunghi, sia user generated che professionali. Sono in pieno controllo e scelgono cosa guardare, dove e come. Proprio per questo, quando si parla di contenuti la parola Premium è diventata un concetto soggettivo. È sempre in relazione a un soggetto e ai suoi gusti”, spiega David Black, Managing Director of Branding di Google UK/Youtube. Allo stesso modo, uno dei format di maggiore successo nel 2016, il “Carpool Karaoke”, portato nelle tv e nei device dalla CBS, in particolare con il programma “The Late Late Show with James Corden”, è in realtà ripreso da Youtube. I primi a fare una cosa del genere sono stati i Flula, un duo di tedeschi, in totale autonomia. Il format ha avuto un buon successo e ha influenzato la creazione del “Carpool Karaoke”. “Non è il primo caso in cui l’idea per un nuovo contenuto televisivo è suggerita da normali utenti della nostra piattaforma. L’impatto culturale di Youtube è molto potente”, aggiunge Black. Ma il concetto è estendibile agli ugc in generale, in relazione alla maniera in cui vengono prodotti i video, anche dai broadcaster. Ma il mercato si sta concentrando nelle mani degli ott. “MUBI è una piattaforma di streaming che carica un film al giorno per rimuoverlo trenta giorni dopo. Esiste da dieci anni nella Silicon Valley, e ora sta arrivando anche in Europa. I bambini di oggi non compreranno mai dvd, cercheranno i contenuti direttamente su Amazon, Netflix, Google o Apple Tv. Questi operatori hanno una reach e una disponibilità di capitali irraggiungibili. Se escludiamo la Cina, che ha consumatori dai comportamenti molto particolari e un colosso come Tencent che li conosce molto bene, hanno pochi rivali al mondo. Producono contenuti esclusivi che arrivano agli Oscar, e riescono a spendere fino a 6 miliardi di dollari per realizzarli. I concorrenti devono puntare a essere complementari. Noi abbiamo un’audience di 80 milioni di persone, molto appassionate di cinema. All’interno della nostra piattaforma spesso discutono e recensiscono film. Ci capita di prendere spunto dai loro commenti per definire la nostra proposta contenutistica, che componiamo scegliendo film ricercati e molto belli”, afferma , Efe Cakarel, Founder & Ceo di MUBI. “L’Asia è un mercato molto interessante, che potrebbe corrispondere al futuro dell’Occidente. Ci sono connessioni molto veloci per il mobile, molto più rapide che a Londra, e la popolazione ha un’età media di vent’anni in aree come Cina e Giappone. Inoltre, cosa anche salutare, non nutrono particolare rispetto verso il copyright. È un mercato che può spiegare molto sul futuro”, aggiunge Cakarel.

Google, la virtual reality e i recenti accordi con Sky

A livello tecnologico, invece, alcuni trend si confermano caldi, altri sono pronti a debuttare sul mercato. “Daydream, il visore per la virtual reality di Google, sta espandendo la sua offerta contenutistica. Ci sono già oltre cento app e giochi disponibili nello store. Abbiamo spedito oggi dieci milioni di Cardboard VR set, per fare in modo che la gente prenda confidenza con questo tipo di fruizione. Ma sono già state scaricate 160 milioni di app per le Cardboard”, dice Amit Singh, Vice President of VR di Google. “Quest’anno metteremo a disposizione delle serie di rilievo per Daydream. La serie della NFL ha già raggiunto negli Usa un milione di view. Ma non è tutto: abbiamo un’iniziativa in serbo per l’Europa”, continua. “Sky VR sarà disponibile su Daydream”, annuncia la manager sullo stage del Mobile World Congress. Inizialmente i contenuti includeranno film e serie originali, oltre a programmi supplementari, come il red carpet show per “Star Wars”, clip del “Libro della Giungla” ed esperienze relative allo sport come la Formula 1 e format con grandi personalità, come David Beckham. Altri partner per contenuti premium saranno Hulu, Netflix e HBO. Si lavora anche al progetto Tango, dedicato alla augmented reality, con giochi come The Sims, o app che permettono di fare apparire campioni del Chelsea per fare selfie insieme.

Sixty e l’augmented reality dedicata ai contenuti mobile dei broadcaster

Interessante l’approccio di Sixty ai contenuti sportivi. La società ha illustrato il suo prodotto, Ease Live, capace di rendere interattive le grafiche relative ai contenuti sportivi. “La distribuzione dei contenuti sta cambiando. Si stanno abbattendo i silos: quello produttivo e quello della distribuzione. I consumer vogliono addentrarsi in contenuti e informazioni, e così offriamo su mobile la possibilità di interagire con le grafiche per vedere statistiche, replay e highlights”, afferma Henriette Saether, cco di Sixty. “L’installazione del plug in è semplice, basta inserirlo nella production suite. Non c’è bisogno di risorse dedicate, è interattivo, automatico e si può implementare su qualsiasi device”, aggiunge. E pensa già al futuro. “Stiamo provando a sviluppare la stessa logica su virtual reality e video a 360”. Le possibilità di Ease Live non si limitano al mondo dello sport, ma possono essere applicate anche a show di qualunque tipo. 

AOL punta sulla trasparenza e sulla location. Henk Van Niekerk racconta come lo intende fare

Dopo aver firmato accordi con Adsquare e Doubleverify, la società dimostra un grande impegno verso due temi particolari che hanno tenuto banco durante le prime giornate del Mobile World Congress. DailyNet ha intervistato l’head of publisher services della società

Nel caotico viavai del Mobile World Congress campeggiava il grosso stage di Verizon e AOL. Le novità non sono mancate durante la settimana, e nemmeno in quelle precedenti. DailyNet non ha perso occasione per incontrare Henk Van Niekerk, head of Publisher Services of AOL, e raccogliere un commento sulle opportunità che gli editori possono sfruttare grazie ai nuovi accordi con Adsquare e DoubleVerify.

Avete realizzato una partnership con Adsquare, una società che opera nel location marketing. In cosa consiste l’operazione?E come valutate questo segmento?

La partnership è stata annunciata qui a Barcellona, sarà attiva in dodici mercati (tra cui l’Italia) e ci consegna 360 milioni di profili mobile. In particolare, ci darà la possibilità di ottenere dati riguardo la location, per capire dove sono, dove sono stati, e inerenti il purchase. Adsquare aggrega queste informazioni all’interno di segmenti, e poi AOL si occuperà della delivery. Ci sono tre modi in cui i publisher possono sfruttare questo tipo di dati: l’extension, che si divide, a sua volta, in content e monetization, e prediction. L’estensione dei contenuti si potrebbe applicare utilizzando i dati di terze parti per collezionare i segmenti ed estendere la cookie bowl. Per quanto riguarda la monetizzazione, avviene guidando le inserzioni attraverso gli insight provenienti da queste informazioni. Un’altra tattica potrebbe essere quella di utilizzare questi segmenti per predire l’audience che verrà; se uniti alla usage è possibile capire che tipo di contenuti ha consumato il mio pubblico, quali consumerà, quali ha consumato.

AOL ha da poco siglato un ulteriore accordo con DoubleVerify per integrare il sistema sulla piattaforma ONE. Quali saranno i vantaggi che saranno offerti ai clienti?

Gli advertiser possano comperare con estrema chiarezza, anche in real time. Ci sono tre player principali nella verifica dei dati, e sono DoubleVerify, Moat e Integral AdScience. Advertser e agenzie usano tool diversi per misurare i propri dati, dalla qualità alla viewability. Noi capiamo i loro bisogni e gli proponiamo uno strumento che gli assicuri una verifica proveniente da terze parti; e integriamo, ora, i dati di tutte e tre le società. In questo modo, advertiser e publisher possono lavorare senza utilizzare gli strumenti, perché li ritrovano già all’interno della nostra piattaforma. Quindi, se sei un publisher e devi lavorare sulla creazione di contenuti o sulla crescita dell’audience, lavorare con AOL diventa una soluzione immediata, in quanto offre già tutto il necessario per farlo. In questo modo assicuriamo che il player video sia tracciato, così come l’advertising. Dal lato degli advertiser, siamo conformi agli standard della industry e abbiamo dimostrato, ancora una volta, la nostra apertura e la nostra trasparenza. La nostra mission è mantenere l’ecosistema pulito e aperto.

Si è parlato molto di trasparenza in questo Mobile World Congress. Cosa ne pensa della situazione della industry? Facebook e Google hanno dichiarato di aderire agli standard del MRC, ma non si aprono all’inserimento di plug in legati a misuratori esterni. Cosa ne pensa?

Non voglio addentrarmi nei loro modelli di business. Tutto quello che vi posso dire è che non si può affermare di aderire a degli standard se poi non ci si fa misurare da terzi. Non è un commento riferito in particolare a Facebook o a Google, ma all’interno di ogni industry, se si vuole risultare davvero aperti e trasparenti diventa necessario che ci si sottoponga a una verifica da parte di un soggetto terzo. L’elemento esterno è oltremodo necessario per parlare di trasparenza. Noi non integriamo solamente i tool nei nostri sistemi, ma ci apriamo completamente a misurazioni e verifiche da parte di altri attori. Questa è un po’ la strada che ha provato a intraprendere anche Yahoo attraverso l’accordo finalizzato con il network premium di publisher inglesi.

Via DailyOnline
 
Di Altri Autori (del 27/02/2017 @ 07:05:57, in Tecnologie, linkato 1738 volte)

Un incremento a doppia cifra per il mercato italiano della smart home, che stando agli ultimi dati dell'Osservatorio IoT del Politecnico di Milano nel 2016 mette a segno un +23%, per un giro d'affari pari a 185 milioni di euro. Il potenziale è ancora tutto nascente e per il 2017 sono attesi grandi sviluppi, considerato lo sbarco nel settore di colossi come Google e Amazon.

Nel nostro Paese l'82% del mercato è ancora legato alla filiera tradizionale, composta da installatori e distributori di materiale elettrico, ma cresce la quota dei “nuovi” canali come retailer, e-tailer e assicurazioni che insieme rappresentano il 18% (circa 30 milioni di euro).

smart_homeI possibili impieghi sono molti e variegati, però la maggioranza delle oltre 290 soluzioni per la casa connessa censite in Italia e all’estero (il 31%) è dedicata alla sicurezza - tra videocamere di sorveglianza, serrature, videocitofoni connessi e sensori di movimento - seguita dalla gestione energetica, come le soluzioni per il controllo remoto degli elettrodomestici (10%), la gestione dei sistemi di riscaldamento e raffreddamento (8%), il monitoraggio dei consumi dei dispositivi elettrici (10%).

L'offerta di prodotti per la smart home è in continua evoluzione. Il 68% delle soluzioni sul mercato è “Do It Yourself”, con un processo di installazione semplificato, anche se non tutti gli utenti sono in grado di fare a meno del tecnico: il 70% di chi ha acquistato prodotti connessi si è rivolto a installatori o piccoli rivenditori. Il 52% delle soluzioni oggi è offerto da startup, che spesso sviluppano proposte complementari a quelle dei brand affermati.

smart_home_I canali di vendita – Nel 2016 per la prima volta sono nate aree dedicate alla smart home nei negozi di elettronica, sono state lanciate le prime proposte nel mondo della gdo, mentre si nota una discreta diffusione nei negozi del fai-da-te e sono visibili sezioni di vendita nei siti online dei principali eRetailer. Nonostante volumi ancora limitati (20 milioni di euro circa, il 13% del mercato), retailer e eRetailer hanno un ruolo importante potendo fungere da vero e proprio showroom dei prodotti

Il 26% dei consumatori italiani dispone di almeno un oggetto intelligente e connesso nella propria abitazione e il 58% ha intenzione di acquistarli in futuro. Il 50% degli stessi, tuttavia, pensa che le tecnologie non siano ancora abbastanza mature e il 67% teme rischi per sicurezza dei propri dati personali.

Via Mark Up
 
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