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  mymarketing.it: perchè interagire è meglio!... di Admin
 
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Errare è umano, ma per incasinare davvero tutto è necessario un computer.

Arthur Bloch
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\\ : Storico (inverti l'ordine)
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Altri Autori (del 11/10/2010 @ 07:22:56, in Media, linkato 3042 volte)

C'è un dato particolarmente interessante nella presentazione fatta da Christopher Riess, ceo di Wan Ifra, l'associazione che riunisce i principali editori di giornali in tutto il mondo, al World Editors Forum di Amburgo: la pubblicità su carta è quella che garantisce il miglior ritorno all'investitore. Secondo una ricerca condotta da Microsoft advertising, ogni dollaro speso per acquistare uno spazio pubblicitario su un giornale di carta ne genera almeno 5. Molto più della televisione, il cui ritorno d'investimento risulta essere pari a 2,15, o dei media digitali (3,44).

Insomma, come ha ricordato Janet Robinson, ceo del New York Times, la carta continua ad essere un asset molto importante anche se destinato a perdere terreno nei confronti dei nuovi media. In tutto il mondo le inserzioni pubblicitarie sui quotidiani cartacei, complice la crisi, sono calate del 17% nel 2009 e gran parte degli studi in materia dice che questo trend proseguirà nei prossimi anni.

Un'opinione molto condivisa dagli addetti ai lavori è che in futuro la carta sarà più un "premium media" che un "mass media". Questo almeno è quanto pensa Juan Senor, partner di "Innovation Media Consulting Group", società di consulenza britannica specializzata in media. «Non penso che i giornali spariranno come in molti in rete continuano a dire. L'avvento del cinema non ha ucciso il teatro. La televisione non ha fatto sparire la radio e Internet non farà sparire i quotidiani. I giornali dovranno fornire contenuti sempre più originali e specializzati. E dovranno farsi pagare di più per questo servizio. A nostro modo di vedere il costo attuale dei giornali di carta è assolutamente sottostimato. Il prezzo potrebbe aumentare tranquillamente fino a cinque volte tanto».

Nell'era della "multimedialità", continuano a ripetere qui agli stati generali della stampa, l'importante è differenziare le pubblicazioni dei diversi canali: contenuti premium, come inchieste, commenti ed editoriali, per la carta (o eventualmente a pagamento su internet) e "breaking news" per la versione online e mobile. «L'importante è caratterizzarsi, essere originali. Guardate come hanno titolato la maggior parte dei quotidiani internazionali il giorno dopo la morte di Micheal Jackson: "Il re del Pop è morto" è stato il titolo fotocopia su tutti i media del mondo. Se non ci si rende riconoscibili e autorevoli sarà molto difficile chiedere ai propri lettori di pagare per gli articoli online. Nessuno compra qualcosa che può avere gratis altrove».

Fare pagare i contenuti online sembra quindi essere una strada obbligata per i grandi giornali anche perché, come ricorda Christopher Reiss, «il mercato della pubblicità online è dominato dai grandi motori di ricerca (Google ha il 60% della torta) e nessun quotidiano al mondo può pensare di sfidarlo».

Aspettando di capire qui potenzialità avranno i tablet, il settore guarda con grande attenzione al mondo degli smartphone. La diffusione dell'iPhone ha cambiato radicalmente le abitudini dei consumatori spingendoli sempre più a navigare su mobile. Basta dare un'occhiata ai risultati di una recente ricerca di M:Metrics condotta in Germania, Francia e Gran Bretagna. L'80% dei possessori di iPhone dichiara di utilizzarlo per consultare notizie su internet, contro il 13% di chi usa altri smartphone. La percentuale è paradossalmente più alta di chi lo utilizza per cercare informazioni dai motori di ricerca: lo fa il 57% degli utenti iPhone contro il 18% di chi usa altri modelli.

Il mercato della pubblicità su piattaforme "mobile" oggi come oggi vale quasi 10 miliardi di dollari in tutto il mondo, secondo una stima di Pricewaterhouse & Coopers e promette di crescere ulteriormente nei prossimi anni. «Gli utenti iPhone hanno dimostrato di essere disposti a pagare le apps ed è molto probabile che faranno lo stesso con le news» dice Christopher Riess, ceo di Wan Ifra. Su internet il compito sembra essere più difficile perché «è dura fare pagare oggi quello che ieri era gratis».

Il mercato degli smartphone è decisamente promettente quindi e gli editori sperano che accada lo stesso per i tablet. «L'obiettivo di Apple non è quello di vendere più iPad possibili. Il vero business è quello delle applicazioni», spiega Juan Senor, partner di "Innovation Media Consulting Group" che però avverte: «Non bisogna commettere l'errore di svendersi ad Apple».

Bisogna insomma fare molta attenzione al prezzo a cui si vuole vendere le versioni per iPad. Anche perché, se si vuole sfruttare al massimo le potenzialità di questo mezzo, occorre investire nella formazione di "sviluppatori di applicazioni", una figura professionale ancora assente nelle redazioni dei giornali. Secondo Senor in futuro dovrà esserci almeno uno sviluppatore ogni cinque giornalisti. Insomma se si vuole rendere sostenibile questo business occorre tener bene d'occhio la tabella costi e ricavi.

di Andrea Franceschi su ILSOLE24ORE.COM

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Di Altri Autori (del 08/10/2010 @ 07:17:24, in Social Networks, linkato 1408 volte)

La popolarità planetaria di Facebook fa da traino alla ripresa del digital display advertising, almeno nel Regno Unito, nazione in cui il mercato è cresciuto del 6,4% nel primo semestre dell’anno, a 381 milioni di sterline.

Una ripresa degna di nota, dopo i numeri negativi (-4,4%) del 2009, che vedono il social network principe della rete fare da massimo catalizzatore, con circa 40 milioni di sterline raccolti da gennaio a giugno.

Via Quo Media

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Di Gianluigi Zarantonello (del 07/10/2010 @ 08:00:00, in internet, linkato 1749 volte)

Il quesito in realtà rimbalza attraverso vari siti che navigo di frequente, da Tagliablog a Vincos: i social media come Facebook e Twitter stanno uccidendo i blog?


Da un certo punto di vista la risposta è affermativa e ne ho già parlato qualche tempo fa, infatti lo spazio inteso come diario personale si sta spostando verso i social network dove è semplice, veloce e sintetico esprimersi.

D’altra parte però chi ha qualcosa di continuativo e, presumibilmente, interessante da dire su di uno o più temi mantiene un proprio blog, raggiungendo un livello qualitativo che spesso è al confine con il magazine vero e proprio.

Quello che secondo me è interessante al di là delle considerazioni più o meno tassonomiche è invece il trend evolutivo: dopo i primi siti che richiedevano conoscenze tecniche di un certo tipo si è passati alla facilità d’uso dei servizi come splinder o blogger fino ad arrivare ai social, dove non è richiesta nemmeno quella minima customizzazione grafica e strutturale.

A tanta facilità si associa una sintesi sempre maggiore, di cui il campione è Twitter con il suo mondo in 140 caratteri, d’altronde compatibile alla perfezione con gli sms e la fruizione del web da mobile.

Si potrebbe dunque pensare che l’espressione online sia sempre più povera ma io invece leggo diversamente il fenomeno: è aumentata infatti la facilità di accesso universale e da ogni luogo e questo permette a più persone di interagire creando anche quei fenomeni di cooperazione e di crowdsourcing che fanno grande il web 2.0.

Allo stesso tempo non vedo come una grave perdita la scomparsa dei diari personali online, abbandonati spesso dopo poche settimane, mentre questa grande partecipazione di commentatori e collezionisti/sharatori di link non fa che creare un pubblico sempre più ampio e fervente per coloro che davvero scrivono di argomenti di interesse più ampio.

I blog e i siti personali di qualità dunque non credo diminuiranno (lo dicono anche le statistiche) ma potrebbero a prima vista sembrare meno perché sono immersi in un grande rumore di fondo di status e like che al contempo sono anche un loro veicolo di promozione.

Insomma, più persone che interagiscono online, secondo il principio della potenza delle connessioni della teoria della complessità, non fanno che creare un valore maggiore della loro semplice somma algebrica e, casomai, il problema diventerà sempre più quello di costruire un filtraggio efficace per non perdersi tra tutto questo magma.

Ma questa è un’altra storia, mentre ora aspetto i vostri commenti.

Gianluigi Zarantonello via Internet Manager Blog

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Di Altri Autori (del 05/10/2010 @ 07:18:09, in Prodotti, linkato 1743 volte)

Una ricerca firmata da Nielsen dimostra come gli utenti iPad siano molto appetibili per i pubblicitari. I possessori del tablet di Apple, infatti, si caratterizzano come giovani (under35 nel 70% dei casi) e maschi (nel 65% dei casi). Più che gli acquirenti di altri dispositivi tecnologici, dunque, gli utenti iPad sono definiti e riconoscibili in una categoria precisa.

Giovane età e sesso rendono il pubblico di iPad ben disposto nei confronti della pubblicità (mal sopportata invece dai possessori di iPhone), e più propensi a fare acquisti online legati alle promozioni ricevute via tablet (36% dei casi).

Via Quo Media

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Di Altri Autori (del 04/10/2010 @ 07:37:11, in Pubblicità, linkato 1339 volte)

Il Senato degli Stati Uniti ha approvato all’unanimità un disegno di legge che regola il volume della pubblicità nei programmi televisivi. Gli spot dovranno avere un audio di pari volume rispetto alle trasmissioni in cui sono inseriti.

Niente più cambi di tono e potenza per attrarre l’attenzione degli spettatori, dunque. L’applicazione della legge causa problemi tecnici alle reti, che dovranno provvedere all’equalizzazione dei volumi per evitare sanzioni ed evitarne agli inserzionisti che comprano gli spazi.

Via Quo Media

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Più visibilità su internet e cellulari: il social network Twitter è alla ricerca di altri territori per la sua "pubblicità haiku". Da novembre espanderà la circolazione dei suoi messaggi promozionali anche agli spazi all'interno di software progettati da altre società: gli annunci sbarcheranno, ad esempio, su applicazioni per Iphone e programmi specializzati (tra gli altri, Tweetdeck e Hootsuite).

Da sei mesi la rete sociale cerca nuove strade e sperimenta brevi testi pubblicitari in collaborazione con aziende come Cisco e Pepsi. Spesso il messaggio ristretto in 140 lettere diventa un esercizio di abilità per condensare un'idea, un'immagine, un'intuizione. E gli utenti, se sono incuriositi, decidono di inoltrarlo ai loro amici. Come avviene con i massaggi di posta elettronica indirizzati a elenchi di colleghi e conoscenti. Inoltre alcune aziende hanno lanciato campagne pubblicitarie originali. La compagnia aerea Virgin America, per esempio, ha offerto tariffe scontate per i biglietti agli utenti di twitter. Secondo lo staff del social network, il 5% delle persone ha interagito con la "pubblicità haiku", inviandola ad altri o seguendo il profilo di un marchio.

Finora, però, le campagne promozionali non hanno superato i confini del sito twitter.com e dei suoi utenti. L'ultima scommessa è di far circolare i messaggi all'esterno: tra un mese arriveranno anche su altre piattaforme, costruite negli ultimi anni per facilitare la gestione quotidiana delle conversazioni nei social network. Hootsuite, ad esempio, permette l'accesso contemporaneo a Facebook, twitter e a reti sociali online come LinkedIn e Foursquare. Riunisce in un unico spazio le reti di contatti: non rende più necessario aprire altre pagine all'interno del browser per navigare su internet. E consente di risparmiare tempo per seguire le discussioni in spazi web differenti. Twitter, inoltre, punta su altre iniziative per valorizzare l'attenzione del pubblico rispetto alle esigenze degli inserzionisti. Sulla colonna di destra appaiono i "promoted trend": è in questo spazio che un giocatore di basket della Nba, LeBron James, ha pubblicato il suo annuncio per un posto di lavoro perché non aveva ancora trovato un ingaggio. La notizia è rimbalzata su blog e siti d'informazione. Finché James ha ricevuto l'offerta giusta.

Anche le ricerche di parole chiave tra i messaggi postati su twitter sono una risorsa: sarebbe possibile vendere annunci commerciali a nicchie di pubblico, sulla scia del modello inaugurato da Google. Per Facebook, invece, la strada finora è stata più semplice. Può contare su spazi per gli annunci tradizionali. Ha accordi con gli inserzionisti. Guadagna il 30% sulle applicazioni pubblicate nella sua piattaforma, come Apple con iTunes. E di recente ha introdotto una moneta digitale ("Credits") per gestire le transazioni economiche nei suoi videogiochi. Entro il 2010 è atteso un giro d'affari globale di 1,7 miliardi di dollari (circa 1,2 miliardi di euro) per le promozioni distribuite attraverso i social network online.

di Luca Dello Iacovo su ILSOLE24ORE.COM

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Gli smartphone con gps a bordo ormai offrono possibilità incredibili in termini di precisione e la fruizione di servizi legati a questa tecnologia inizia ad essere nota e diffusa anche in Italia, come ho avuto modo di sperimentare con successo nel progetto che seguendo con Gruppo Coin su Foursquare.

Il completamento del titolo è: geolocalizzazione!

Sono convinto che il futuro di Internet stia nella navigazione in mobilità e ne ho scrittogià in tempi non sospetti 2 anni fa, sottolineando come iPhone e gli altri smartphone avrebbero scosso il mercato.

Molte fonti oggi rafforzano questa mia impressione:  ad esempio gli analisti di Gartnerprevedono che, entro il 2013, sarà lo smartphone il device più utilizzato del pianeta per l’accesso al Web mentre Vittorio Colao di Vodafone definisce “Internet mobile sempre più centrale per il business“.

Un driver importante di crescita poi, oltre alla diffusione degli smartphone, è sicuramente la penetrazione dei social network e del social web in genere, dato che questa tipologia di siti e servizi è particolarmente adatta all’uso in mobilità. Un tema ormai cruciale al punto da creare inedite alleanze come quella tra Nokia e Yahoo!.

Il valore di questa evoluzione però non può essere secondo me compreso fino in fondo senza considerare appunto la geolocalizzazione, di cui ho già parlato e che mi appare sempre più una straordinaria opportunità.

Spingersi avanti diventa poi semplice e il trend secondo me si avvicina sempre più al traguardo della realtà aumentata e sociale, con applicazioni come Layar o TagWhat, oltre che allo shopping online su cellulare contestuale e guidato dai pareri degli amici.

In tutto questo mi resta sempre qualche dubbio sulla mancanza di uno standard comune sulle applicazioni per smartphone, che alla lunga potrebbe limitare lo sviluppo di questo mondo per motivi di convenienza economica o di divergenze di vario genere (si pensi a Apple e Adobi sul Flash per iPhone/iPad).

Ma questa è un’altra storia, mentre da noi in Italia le aziende sono ancora molto timide già solo per approcciare i social media nel web vissuto da pc…

Si potrebbe scrivere un trattato su questo mondo ma ora lascio a voi la parola per commenti e impressioni.

Gianluigi Zarantonello via Internet Manager Blog

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Di Altri Autori (del 29/09/2010 @ 07:26:34, in Internet, linkato 1859 volte)

Eric Schmidt, celebre amministratore delegato della società di Mountain View, ha ammesso di guardare con preoccupazione la diffusione di Microsoft Bing, definito oggi come il principale competitor. Durante un’intervista rilasciata alla Public Broadcasting Service, ha anche confermato come la Microsoft abbia intrapreso delle ottime strategie aziendali, che hanno permesso al giovane motore di ricerca di aumentare rapidamente il proprio bacino di utenza, agevolata certo dalla propria reputazione nel settore dell’Information Technology.

Nonostante il monopolio di Google nel settore dei search engine, la collaborazione tra l’azienda di Steve Ballmer e Yahoo ha intaccato le quote di mercato del BigG. Preoccupanti anche le funzionalità messe a disposizione da Redmond, come ad esempio Bing Rewards, la quale offre agli utenti la possibilità di acquisire crediti compiendo ricerche, da spendere successivamente per l’acquisto di oggetti.
 
La piattaforma di Mark Zuckerberg, fino ad oggi, ha generato traffico su Google, ma il recente accordo raggiunto tra la Microsoft e Facebook potrebbe modificare tale andamento. Facebook inoltre è forse l’unico sito Internet che è riuscito a raggiungere un traffico equiparabile a quello generato dalla piattaforma di Larry Page e Sergey Brin.
 
Certo è la prima volta che il famoso motore di ricerca vede in pericolo il proprio dominio sul World Wide Web, ma certamente non rimarrà a guardare con le mani in mano.

di Lorenzo Ajello via trackback

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Di Altri Autori (del 28/09/2010 @ 07:16:26, in Aziende, linkato 1876 volte)

Una ricerca dell’agenzia americana Pew ribadisce la leadership del marchio Apple - e della sua immagine - tra quelli del ramo tecnologico. La Mela e i suoi prodotti sono i più trattati, tra quelli di settore, dai media statunitensi.

I numeri del rapporto parlano chiaro: il 15,1% degli articoli dedicati alla high-tech riguarda la compagnia di Cupertino e le sue strategie. Agli antagonisti, molto spesso, non restano che le briciole. Google si aggiudica l’11,4% degli spazi giornalistici di settore, Twitter il 7,1%, Facebook il 4,8%, Microsoft appena il 3%. Tra giugno 2009 e giugno 2010, la stampa, le tv e le radio d’Oltreoceano hanno dedicato il 6,4% degli approfondimenti tecnologici a iPhone 4 (il dispositivo più discusso), mentre iPad ha collezionato il 4,6% dei servizi e Windows 7 solo lo 0,5%. Il 42% degli articoli sulle attività di Steve Jobs & Co. descrivono Apple in toni entusiastici, evidenziandone i caratteri innovativi. Solo il 17% stempera i clamori. E il brand risplende a nove colonne.

Via Quo Media

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Farmville è un videogioco ambientato in una fattoria digitale all'interno di Facebook: gli iscritti arano il terreno, seminano, zappano, accumulano il raccolto in "stagioni" che durano da poche ore fino a quattro giorni. Poi ricominciano da capo. Hanno bisogno di monete per acquistare attrezzi, animali e piante. E hanno due fonti di ricavi. Possono guadagnare denaro attraverso la gestione della fattoria, senza mettere mano al portafogli. La moneta virtuale è usate anche in altri social network, mondi virtuali e console.

Per ogni raccolto incassano un compenso. Gratis. Ma se i contadini vogliono alcuni beni "premium" (come l'albero di acacia) devono pagare con carta di credito o di debito per acquistare "credits", l'unica valuta utilizzata in Farmville e altri giochi progettati dalla software house Zynga. Da anni gli appassionati di videogames usano monete "coniate" online, come il "gold" di "World of Warcaft". E Facebook sa che ogni mese 200 milioni di persone si connettono al social network per vestire i panni di contadini (Farmville), abitare in una città (Yoville), fare shopping (Sorority Life). Eppure è una scelta che incuriosisce.

«Perché usare credit invece di dollari?», si chiede James Kwak sul blog "Baseline scenario". E snocciola alcune risposte: le valute elettroniche sono più divertenti e più adatte a incuriosire. Inoltre, sottolinea Kwak, è un sistema per semplificare al social network la trattenuta del 30% sui pagamenti online. Ma gli studi sulle economie nei mondi digitali e nei social network hanno rilevato altri aspetti. Le valute interne riducono i costi di transazione, soprattutto su piattaforme globali presenti in decine di nazioni. Inoltre facilitano l'accesso alla spesa per giovani attraverso un accumulo di "credits".

Certo, il ricordo della bolla di Second Life è ancora vicino: il mondo virtuale è stato sotto i riflettori dell'opinione pubblica per mesi. E poi all'improvviso è scomparso dal palcoscenico. Ha una valuta digitale, i Linden Dollars. Di recente ha ripreso la sua marcia, anche se con un basso profilo. La maratona per entrare negli universi tridimensionali adesso è diventata una comoda passeggiata. Ma Second Life resta una piattaforma chiave per capire i mondi virtuali online, frequentata per esempio da multinazionali interessate a esperimenti sulle teleconferenze.

Facebook, invece, guarda con interesse ai social network in Estremo Oriente. Il protagonista indiscusso è QQ, fino a pochi mesi fa la più grande rete sociale su internet del mondo. Ha coniato una sua moneta da anni, i "QQ coin", utilizzata per acquistare avatar e altri beni digitali. Tanto da diventare la principale voce di guadagno per il social network cinese, seguita dagli incassi pubblicitari. In Cina sono anche in vendita carte prepagate per acquistare QQ coin, accessibili anche ai ragazzi: anche lo spazio di ecommerce Taobao accetta la moneta elettronica cinese per le transazioni sul web. Secondo le stime di Piper Jaffray entro la fine dell'anno il giro d'affari globale per l'acquisto di beni virtuali arriverà a 3 miliardi di dollari, in crescita rispetto ai 2,2 miliardi di dollari dell'anno scorso. E può diventare un terreno di sviluppo economico anche per Facebook: da tempo il social network è alla ricerca di alternative alle tradizionali campagne promozionali.

di Luca Dello Iacovo su ILSOLE24ORE.COM

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