Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Mi chiedo però se questa frammentazione di sistemi operativi, applicazioni, sviluppatori sia di reale giovamento per lo sviluppo di servizi evoluti e di larga diffusione, da fruire via web mobile, soprattutto in vista delle ulteriori potenzialità prospettate con l’arrivo dello standard LTE.
Negli ultimi due anni infatti la palla dell’evoluzione del web mobile (e dell’uso evoluto della telefonia) è passata dagli operatori telefonici ai produttori di device, fermo restando, almeno in Italia, una stretta ‘collaborazione’ che sta all’origine, ad esempio, del costo dell’iPhone.
Da un lato questa forte concorrenza, trainata dall’arrivo di Apple come ipotizzato qualche tempo fa, sta consentendo uno sviluppo vivace e ricco di novità, dall’altro però il modello di business basato sull’ecosistema chiuso (molto redditizio) è una barriera per lo sviluppo di strumenti trasversali ai vari tipi di sistemi operativi.
Chi conosce un po’ questo mondo infatti sa che già oggi, con pochi player davvero importanti (essenzialmente Symbian, Windows, iPhone, Rim e Android), lo sviluppo di applicazioni per il mobile richiede una miriade di varianti, con costi e tempi che lievitano.
In comune resta solo la rete su cui ci si appoggia per navigare (costi degli operatori permettendo) ma già il fatto che esistano siti fatti solo per iPhone mi sembra un indizio che anche il web mobile possa diventare non realmente cross platform.
Senza nulla togliere ai leciti profitti degli apps store temo dunque che alla lunga si possano creare delle barriere tra i vari os tali da impedire lo sviluppo di strumenti di larga diffusione, specie per quanto riguarda la pubblica utilità.
La soluzione? Potrebbe essere un protocollo analogo a quello che sta sotto il web e l’html, derivante dalla collaborazione di più player, in grado di bypassare le differenze, non solo nei siti (dove il linguaggio è ancora comune) quanto negli strumenti.
In alternativa i produttori potrebbero competere per rendere uno standard di fatto una loro applicazione o suite, per tutti i vari sistemi esistenti.
Utopia? Fine della festa per i produttori e per gli apps store?
Non è detto, e prova ne è il recente accordo Office Mobile e Symbian, con il quale Nokia guadagna un prezioso strumento di lavoro e Microsoft espande esponenzialmente l’ecosistema della sua suite di programmi.
I profitti degli sviluppi dei software nati in un certo ecosistema, per le applicazioni di un certo interesse, potrebbero aumentare grazie alla diffusione mentre gli apps store avranno sempre senso e mercato per applicativi molto specifici, come possono essere ad esempio quelli legati al multitouch dell’iPhone.
Sia come sia, credo che la competizione giovi molto al settore, mentre la frammentazione in ambienti chiusi no.
Voi che ne dite?
Gianluigi Zarantonello
via http://webspecialist.wordpress.com
Twitter, social network in rapida ascesa, ha modificato nei giorni scorsi il proprio regolamento per consentire agli inserzionisti pubblicitari di sfruttare al meglio i 45 milioni di utenti che ogni mese visitano il sito di microbloggimg.
“Lasciamo la porta aperta alla pubblicità. Vorremmo mantenere aperte le nostre opzioni” ha scritto il fondatore Biz Stone su blog.twitter.com/, spiegando la scelta con la necessità di incrementare i profitti, anche per garantire la sopravvivenza di Twitter a lungo termine.
Via Quo Media
Gli italiani non sono internauti provetti, almeno stando all’indagine realizzata da Nielsen per l'Osservatorio permanente sui contenuti digitali, che verrà presentata questo venerdì a Milano.
Il 45% dei cittadini del Belpaese, con età superiore ai 14 anni, non usa internet, mentre per il 25% degli intervistati la tecnologia digitale è sinonimo esclusivamente di svago o gioco. Questi i dati più significativi svelati dalla ricerca.
L’utilizzo del web è cresciuto in maniera esponenziale negli ultimi due anni (+5 milioni di persone), coinvolgendo oltre 28 milioni di connazionali. Ma restano pochi gli adulti che praticano un utilizzo consapevole del mezzo. Chi vi accede lo fa sempre più in modo superficiale, in sostituzione del vecchio zapping tv.
Via Quo Media
Ancora un trimestre di passione per il mercato italiano dei prodotti di tecnologia di consumo, che registra secondo i dati rilevati da Gfk (www.gfktemax.com) per il periodo aprile-giugno una flessione dell'8,8% rispetto allo stesso periodo del 2008, chiudendo con un consolidato di oltre 4,4 miliardi di euro di euro. Il ribasso di vendite riguarda praticamente tutti i settori monitorati e chi più e chi meno ha pagato dazio alla crisi: la frenata più contenuta è dei piccoli elettrodomestici (-4,4%) e dei comparti telefonia, grandi elettrodomestici e informatica mentre le contrazioni maggiori hanno toccato l'elettronica di consumo (tranne il digitale terrestre), la fotografia e soprattutto il segmento dei prodotti per l'ufficio (in discesa del 13,5%) e quello delle stampanti in particolare. Trimestre che va quindi in archivio condizionando, ovviamente in negativo, anche il consuntivo del primo semestre 2009: la frenata è del 7,9% per un totale di 8,9 miliardi di euro, con un significativo -9,1% per la consumer electronics, il settore più importante per dimensioni dell'intera industria hi-tech. Tutta colpa della recessione economica? Non esattamente, o per lo meno – questa la lettura degli analisti di Gfk – la crisi non può essere considerata come l'unico fattore di freno e di caduta dei mercati in virtù dell'assenza di importanti novità tecnologiche che vanno a influenzare in qualche modo le scelte di acquisto (o di non acquisto) del consumatore. I netbook sono lo specchio di questo fenomeno: prodotto "nuovo" ed accessibile che continua a crescere in popolarità e rimane di conseguenza una categoria hi-tech ancora in forte espansione.
Il bianco soffre meno grazie agli incentivi, bene i cellulari entry level, spopolano i netbook
Il settore dei piccoli elettrodomestici ha prodotto nel secondo trimestre dell'anno un giro d'affari di 336 milioni di euro e il trend negativo del 4.4% si spiega con la minore domanda delle macchine da caffè e dei prodotti per la cura della persona, che ha smorzato gli effetti di uno spostamento delle vendite verso soluzioni di fascia medio/alta. Per l'industria del bianco, invece, il consuntivo a livello di fatturato è stato di 986 milioni di euro e la flessione del 7.1% si giustifica in parte con l'erosione dei prezzi delle lavatrici, che ha controbilanciato l'inizio sottotono della domanda di frigoriferi. In linea generale il comparto ha beneficiato secondo Gfk degli incentivi governativi sugli apparecchi di categoria A++ e A+, quelli a maggiore risparmio energetico.
Sebbene l'Italia rimane pur sempre uno dei Paesi con la maggiore penetrazione dei cellulari ma il saldo del secondo trimestre, in termini di fatturato, si è chiuso in calo del 6.5% attestandosi a quota 645 milioni di euro. A generare tale erosione del giro d'affari il fatto che i consumatori hanno preferito investire nel complesso su telefonini entry level a basso costo (sebbene il numero degli smartphone venduti sia in rialzo) con la conseguenza di aver abbassato ulteriormente il prezzo medio di listino all'utente finale. Simile la frenata del settore informatico, sceso del 7.6% per complessivi 822 milioni di euro e buon per i produttori di computer che i pc bonsai hanno continuato a tirare (la crescita anno su anno è a tre cifre) riducendo la caduta in valore di tutto il comparto hardware. Buoni risultati li hanno prodotti anche gli accessori per le console di gioco mentre sembra essersi quasi esaurita la corsa all'acquisto delle chiavette Usb per connettersi a Internet dal pc portatile.
Fotografia in ribasso, boom per i decoder per il digitale terrestre
Chi paga lo scotto maggiore del rallentamento dei consumi è in definitiva il settore dell'elettronica, Le vendite sono infatti scese in valore dell'11.4% chiudendo a poco più di un miliardo di euro e la causa va ricercata nel fatto che i tre segmenti a più forte dinamica di crescita fino a ieri - flat TV, lettori audio portatili, navigatori satellitari – hanno segnato il passo. È stato invece un boom per i decoder per il digitale terrestre, dovuto agli switch over e switch off in atto in varie regioni, mentre le cattive notizie per i produttori di macchine fotografiche (le reflex digitali hanno subito un'erosione di prezzo più forte che quella registrata per le compatte) si concretizzano in una flessione dell'11.6% per un controvalore di 165 milioni di euro.
Home video in recessione, colpa della pirateria
A completare il triste quadro del mercato hi-tech italiano c'è il rapporto di Gfk presentato nei giorni scorsi a Venezia da Univideo, l'Associazione degli editori di prodotti audiovisivi. Un rapporto secondo cui lo stato di salute del settore è pessimo: la flessione patita nel 2008 dal settore home video è stata infatti del 17% rispetto al 5% di decrescita che fotografa la media europea, all'8% del Giappone e al 3,3% degli Stati Uniti. In cifre, l'auspicato superamento di quota un miliardo di euro è rimandato – il consuntivo 2007 era stato di 998 milioni, quello 2008 di è fermato a 828 milioni – e per il comparto c'è anche da registrare l'avvenuto sorpasso operato dai giochi elettronici. Italiani disamorati dei Dvd e dei Vhs quindi, fatta eccezione per i film di animazione, che rappresentano un quarto dell'intera industria audiovisiva nazionale ? Sembrerebbe di sì, anche considerando il flop del canale dei titoli a noleggio, che ha segnato una discesa del 26,5%. Il problema principale, dice il rapporto è comunque la pirateria, i cui effetti potrebbero impattare significativamente sui dati del primo semestre di quest'anno. Dati che dovrebbero sancire però un ulteriore salto in avanti del Blu-ray, che ha chiuso il 2008 in crescita del 221% in termini di fatturato ma costituisce ancora una porzione marginale del mercato. La speranza, dicono i portavoce di Univideo, è che la passione degli italiani per la tecnologia regga all'urto della crisi e che gli acquisiti di lettori e film in Dvd (unitamente a quelli di televisori e cellulari) continuino a correre. Oggi i riproduttori di dischi ottici sono presenti in due case su tre e sono circa sette milioni le famiglie che hanno già acquistato una Tv predisposta per l'alta definizione.
Il mercato delle "technical goods" in Italia
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Dati in milioni di euro
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Q4 2008
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Q1 2009
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Q2 2009
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Q2 2009 vs Q2 2008
|
Q1-Q2 2009
|
Q1-Q2 2009 vs Q1-Q2 2008
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Consumer Electronics
|
1,65
|
1,149
|
1,053
|
-11.4%
|
2,203
|
-9.1%
|
Photo
|
247
|
154
|
165
|
-11.6%
|
318
|
-7.9%
|
Major Domestic Appliances
|
1,05
|
873
|
986
|
-7.1%
|
1,859
|
-6.3%
|
Small Domestic Appliances
|
444
|
299
|
336
|
-4.4%
|
635
|
-2.6%
|
Information Technology
|
1,13
|
965
|
822
|
-7.6%
|
1,787
|
-7.7%
|
Telecommunication
|
943
|
659
|
654
|
-6.5%
|
1,314
|
-5.5%
|
Office Equipment & Consumables
|
431
|
403
|
398
|
-13.5%
|
801
|
-15.8%
|
Totale
|
5,9
|
4,502
|
4,415
|
-8.8%
|
8,917
|
-7.9%
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Fonte: GfK TEMAX Italia, GfK Retail and Technology
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di Gianni Rusconi su ILSOLE24ORE.COM
WPP, in un comunicato relativo ai risultati del primo semestre, dove vengono esposti numeri molto duri sulla contrazione del business dovuti alla crisi, fa uscire anche un numero molto interessante. Il mondo del digitale + direct marketing ormai vale un 25% del loro business. Inoltre sono categorie che sono state colpite in misura molto minore dalla recessione...
Per curiosità tre numeri sui profitti del gruppo:
Headline operating profit down over 24% to £342 million. Headline profit before tax down over 35% to £252 million. Profit before tax down 47% to £179 million.
(Poi, lo sappiamo, i numeri bisogna saperli leggere, interpretarli, analizzarli...).
(Per chi non lo sapesse, WPP è uno dei più grandi gruppi di comunicazione del mondo, con marchi tipo Ogilvy, Mediaedge: cia, VML, Wunderman, JWT, Grey, Landor, etc etc etc).
Un’indagine di globale sviluppata da Synovate ha svelato come ormai il telefono cellulare sia considerato essenziale dalla maggior parte delle persone. I ‘malati da telefonino’, dunque, sarebbero ormai maggioranza: non escono mai senza e, dovendo proprio scegliere, preferirebbero perdere il portafogli.
L’indagine definisce il cellulare ‘telecomando della vita’, sintesi inquietante ma non azzardata dei risultati della ricerca: il 75% oltre 8 mila intervistati (da 11 paesi diversi) hanno dichiarato di portare il telefonino con sé ovunque, mentre i cittadini risultati più legati all’oggetto sono quelli di Russia e Singapore.
Inoltre, più di un terzo ha dichiarato di non poter vivere senza telefonino, mentre il 66% non riesce a spegnerlo nemmeno durante la notte, per timore di perdere sms o chiamate importanti.
“Il cellulare ci dà sicurezza e accesso immediato all'informazione. E’ lo strumento di comunicazione più utilizzato, a volte supera addirittura la comunicazione faccia a faccia” dice Jenny Chang, managing director di Synovate.
Via Quo Media
Ci siamo, o meglio siamo arrivati a maturazione: i media trazionali si sono accorti di Twitter e ne stanno facendo il nuovo oggetto delle loro attenzioni, mentre già di Facebook si parla spesso anche per gli aspetti negativi (razzismo, eccessi, problemi di privacy).
Questa estate, oltre al problema dell’attacco dos, Twitter ha visto un sacco di articoli dedicati ai suo vari usi: vip che raccontano vacanze, lavori artistici colaborativi, ricerca di lavoro, funerali di persone importanti e molto altro.
Insomma secondo il noto Ciclo di Hype la nuova tecnologia con impatto sociale inizia ad essere molto nota e, a torto o a favore, celebrata e resa molto appetibile anche per i non addetti ai lavori.
Sicuramente Twitter è uno strumento interessante per fare marketing, sarà interessante capire però quale sarà il suo futuro e la sua evoluzione, visto che molti utenti non sono attivi e che per adesso utili economici se ne sono visti pochi per i suoi creatori.
Intanto però con questo batage mediatico gli utenti italiani aumenteranno e dunque sarà possibile vedere sul campo cosa succederà nel nostro paese, nel quale i social network sono usati in modo piuttosto particolare, molto legato alla condivisione di fatti privati e conversazioni private gestite su profili pubblici.
Voi avete qualche previsione in merito?
Gianluigi Zarantonello via http://webspecialist.wordpress.com
Non ci sono gli attesi pannelli a tecnologia Oled grande schermo e le vere novità nel campo degli Lcd si limitano ad alcuni modelli di piccolo formato (i Bravia S da 19 pollici) che fanno da appendice all'ampia gamma di Tv "Motionflow" da 100 e 200 Hz entrati a catalogo nei mesi scorsi. Quella di Sony all'Ifa non è comunque una presenza nell'ombra semplicemente perché il "leit motiv" scelto quest'anno dalla casa giapponese è la tecnologia 3D.
Televisori capaci di riprodurre immagini a tre dimensioni: questa in sostanza la nuova frontiera tecnologica che il gigante di Tokyo porta in vetrina a Berlino per dare una scossa al mercato, rilanciare le vendite con prodotti ad elevato margine e combattere l'onda lunga della crisi dei consumi. A parlarne in prima persona è stato il numero uno della casa giapponese, Sir Howard Stringer, che oltre al previsto lancio della Tv Lcd Bravia 3D (non c'è una data certa ma si parla genericamente del 2010) ha anticipato come anche i computer Vaio, la PlayStation 3, le camere digitali e i lettori di dischi Blu-ray saranno compatibili con la tecnologia tridimensionale.
Il palcoscenico dell'Ifa è quindi servito a Sony per voltare pagina dopo un primo semestre molto intenso anche sotto il profilo della riorganizzazione interna. I proclami in chiave 3D vanno visti come una sorta di nuova e futura sommessa per invogliare i consumatori a comprare dispositivi che devono continuamente innovarsi: così è stato con l'alta definizione pochi anni fa, sarà così – questa la convinzione del Ceo - per gli schermi che riprodurranno filmati in tre dimensioni. Il cinema dentro le pareti domestiche è del resto un cavallo di battaglia che l'industria della consumer electronics ha fatto suo da tempo e l'avvento di massa dei prodotti e dei contenuti 3D promette un salto in avanti notevole, almeno sulla carta, per gli amanti dell'intrattenimento digitale. La nuova idea di casa digitale di Sony avrà infatti al centro un televisore capace di riprodurre immagini tridimensionali in alta definizione a 1080p (perché dotato di un sistema che elabora i frame ad altissima velocità e di uno speciale display) che necessiterà di sorgenti video compatibili, lettori di dischi Blu-ray 3D in primis, per regalare agli utenti la visione stereoscopica di videogame, film e altro ancora. Quanto costerà una Tv 3D? Di prezzi Sony non ha parlato ma secondo gli analisti parliamo di parecchie migliaia di dollari (un modello di Hyundai attualmente in commercio in Giappone costa l'equivalente di circa 4.000 euro).
Sony, che proprio in questi giorni ha annunciato di vendere la sua ultima fabbrica in Nord America (quella di Tijuana in Messico) alla taiwanese Hon Hai Precision Industry, ha quindi rotto gli indugi e si candida al ruolo di illustre apripista di un segmento, quello dei televisori tridimensionali per l'appunto, finora rimasto nel limbo delle avanguardie tecnologiche.
La rivoluzione 3D verterà su tecnologia, canali distributivi e ovviamente contenuti, e a tal proposito è stato lo stesso Presidente di Sony a confermare il lancio prossimo venturo (nel 2010, ) del primo canale tridimensionale satellitare in Inghilterra ad opera di British Sky Broadcasting. "Oggi – ha infine concluso Stringer – il 3D è sulla strada per diventare appetibile per il mass market e il crescente numero di schermi digitali tridimensionali presenti nella sale cinematografiche, circa 7.000 in tutto il mondo entro il 2009, lo dimostra. È un treno che è partito e Sony vuole guidarlo dentro le case". Ipotesi sicuramente plausibile se non che la definizione di un unico standard per il 3D sia ancora da concretizzarsi e lasci di conseguenza scoperto il rischio di un'ennesima guerra di formati tecnologici – come quelle fra VHS contro Betamax o Blu-ray contro Hd-Dvd – che possa ridimensionare o per lo meno rallentare lo sviluppo di un mercato dall'elevato potenziale di domanda.
La strada intrapresa dalla casa giapponese è intanto quella della cosiddetta tecnologia "attiva", che prevede cioè l'utilizzo di occhialini elettronici (dal costo di circa 40 dollari sul mercato) che aprono e chiudono molto velocemente la sincronizzazione con l'immagine visualizzata sul televisore per riprodurre nell'occhio umano l'effetto tridimensionale. Un sistema diverso quindi da quello utilizzato dagli schermi cinematografici 3D, che richiedono infatti normali occhialini polarizzati che costano pochi centesimi di euro. Ma quanto cambia, per il telespettatore, mettersi di fronte a una Tv 3D? Per chi si potrà permettere di metterne una in salotto – premesso che con lo stesso apparecchio si potranno vedere ad occhio nudo i normali programmi in bassa o alta definizione – guardare un evento sportivo, un documentario, un film d'animazione o un videogioco riprodotto in formato tridimensionale sarà oggettivamente una nuova esperienza visiva. Avvolgente e quanto mai realistica.
Via ILSOLE24ORE.COM
Hollywood e YouTube sono sempre più vicini. L'industria cinematografica a stelle e strisce e il sito di user-generated-content di proprietà di Google sono quasi pronti a concretizzare quella che sempre essere la naturale evoluzione del loro rapporto: film disponibili legalmente e a pagamento sotto forma di web-noleggio in streaming. Secondo un rapporto del Wall Street Journal, BigG starebbe corteggiando da tempo le major nel tentativo di rendere commercialmente competitivo un portale, YouTube appunto, imbattibile per sono solo in quanto a popolarità. I film sbarcherebbero sul sito lo stesso giorno dell'uscita della versione in dvd e Blu-ray, offrendo un'alternativa agli utenti. Lions Gate, Sony, Mgm e Warner Bros, stando alla testata Usa, si sarebbero già accordate per un prezzo di 3,99 dollari a visione di ogni pellicola. L'intesa porterebbe nelle casse delle major il 70% degli introiti.
Le parti in causa non hanno commentato l'indiscrezione che probabilmente non è stata ancora perfezionata.
Via Quo Media
Cresce la pubblicità online pensata per e indirizzata sui social network. Secondo una ricerca di comScore, il 22,1% delle inserzioni pubblicate su internet negli Usa passa attraverso Facebook e affini.
Il rapporto sottolinea la crescente predominanza di siti di social media nel panorama del web, ormai accettati anche da molte concessionarie come canale principe per gli ads in rete, e rileva una crescente concorrenza tra queste comunità online e società consolidate di internet (Yahoo! e AOL, per esempio), che si sono proposte da lungo tempo come principali destinatarie per le inserzioni di marca.
Secondo i dati di comScore, in luglio MySpace e Facebook hanno raccolto oltre l’80% degli annunci destinati ai social network, mentre i maggiori inserzionisti a investire in questo particolare campo sono stati AT&T, Experian Interactive e Ask Network.
Gli scettici sull’efficacia promozionale del social networking, però, non mancano. Molti analisti ancora si chiedono come monetizzare l’enorme traffico (potenziale e reale) di Twitter et similia, mentre alcuni addetti marketing sono dubbiosi circa l’abbinamento dei loro marchi a contenuti quasi interamente gestiti dagli utenti (che caratterizzano i social netowork), e perciò passibili di atteggiamenti politicamente scorretti e sgraditi ai destinatari del messaggio pubblicitario.
Via Quo Media
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