A quanto pare ci siamo, la sfida fra iPhone e 'Googlefonino' entra nel vivo: oggi infatti apre Android Market, il negozio online della applicazioni per il nuovo sistema operativo mobile di Google.
Dunque gli sviluppatori potranno iniziare a mettere in vetrina i propri software, allo stesso modo di quanto già fanno sull'analogo spazio di Apple.
Al momento le prime applicazioni (secondo il Sole 24 Ore circa una cinquantina) saranno disponibili gratuitamente, mentre a seguire ci saranno quelle a pagamento. Analogo il modello di revenue sharing per i programmatori, che prevede per loro il 70% dei ricavi delle vendite.
Non mancano le differenze: prima fra tutte è la modalità di caricamento delle applicazioni, che nel caso di Google non prevede alcuna approvazione previo pagamento di 25 dollari da parte del programmatore. Inoltre il 30% residuo dei ricavi andrà all'operatore mobile che vende lo smarphone.
La sfida dunque è iniziata ed il business è ricco di interesse se anche Rim, che produce i BlackBerry, ha appena dichiarato che a marzo aprirà un suo store analogo, a questo punto restano solo da vedere le mosse dei due giganti Symbian e Windows Mobile.
Riusciranno tuttavia gli altri operatori a fronteggiare la quantità di sviluppi che Android sembra promettere, visto che è quasi completamente Open Source?
L’e-mail marketing stenta a decollare. Colpa della legge sulla privacy e di poca cultura. Il punto da uno dei maggiori esperti del settore.
L’insopportabile boing che accompagna l’arrivo di decine di messaggi di posta indesiderati stimola in noi un riflesso quasi pavloviano. Di ciò è vittima un settore del marketing che in molti paesi è invece un volano del successo delle imprese, soprattutto in alcuni settori: l’e-mail marketing. In Italia la situazione è resa complessa dalla legge sulla privacy che tutela fortemente i dati personali, e quindi li rende indisponibili per chi opera nel settore. Il risultato è che avendo scarsa profilazione si massificano gli invii ottenendo un disastroso effetto spamming.
Ma soprattutto manca la cultura di questo mezzo. Pochi libri, scarsi incontri divulgativi dedicati ai manager di singoli settori merceologici, atteggiamento ostile spesso anche da parte dei mezzi di informazione. Nel mondo ideale le e-mail che arrivano ci interessano tutte. Chi ce le invia sa cosa desideriamo e si fa da garante che non ci arrivino quelle che potrebbero disturbarci.
Questo l’obiettivo dei professionisti del settore che affogano in un mare frammentato di operatori che puntano solo al volume. Una situazione che non fa bene a nessuno e di cui abbiamo parlato con Gianni Lombardi, per tre anni segretario generale dello IAB, l’Interactive Advertising Bureau, per sette dell’Art Director Club, e ora consulente di internet marketing.
Lombardi, lo ammetta, che noia spesso il boing della posta. Non c’è da stupirsi che poi buttiamo via le cose senza leggerle. Non si abusa del mezzo? “Consideri che per l’Italia non abbiamo nemmeno dati attendibili sull’utilizzo dell’e-mail marketing. Solo l’impressione di mercato e le statistiche sul traffico, che è in costante aumento. Però dobbiamo distinguere bene e subito la differenza tra e-mail marketing e lo spamming”. Ce la spieghi. “Lo spamming si basa sulla quantità, e sul fatto che è poco costoso spedire la posta. Se mando un milione di e-mail e le risposte sono poche unità mi è convenuto ugualmente. In sostanza spedisco un messaggio a tutti gli indirizzi su cui riesco a mettere le mani. L’e-mail marketing è una vera e propria professione, usato per spedire messaggi a clienti e potenziali clienti ben identificati”.
La differenza dunque è nella conoscenza dei destinatari? “L’azienda che fa e-mail marketing registra diligentemente tutti i dati dei suoi clienti e potenziali clienti con cui entra in contatto, si fa rilasciare autorizzazione per conservarli e li usa per informarli di cose che li interessano.
Quali sono i costi? “I costi tecnici sono trascurabili, però bisogna investire in formazione delle persone che se ne occupano e nella scrittura di testi efficaci”. Poi ci sono le aziende specializzate... “In Italia per chi fa questo mestiere è difficile lavorare per via della legge sulla privacy. Quasi nessuno che gestisce o vende indirizzi è realmente in regola. Quello che si fa solitamente è noleggiare la lista ed è il proprietario della lista che lo invia”.
La qualità dei nomi e della profilazione? “In genere le liste sono di bassa qualità. Negli Stati Uniti, in Germania e in Francia il mercato è più voluto. Negli Usa ad esempio le persone si abbonano molto ai giornali e l’incrocio dei temi trattati dalle riviste a cui sono abbonati permette di avere delle profilazioni anche molto precise. In Italia questo non si può fare, perché gli abbonati sono pochi e gli editori gelosi dei dati che hanno”. Le aziende hanno le competenze per utilizzare l’e-mail marketing? “Generalmente no, manca la cultura, le opportunità sono molto sottovalutate”.
I giornali come trattano l’argomento? “In modo superficiale, è poco compreso, confuso con lo spamming. I giornali potrebbero diventare degli evangelizzatori dell’e-mail marketing e incrementare la loro base abbonati a pagamento”. Quali sono secondo lei le aziende più attive nel settore? “E’ un mercato molto frazionato, nel quale operano sia aziende di e-mail marketing puro, sia banche dati o editori online. Non ci sono dei veri leader”. Meglio aziende italiane o internazionali? “La competenza internazionale è sicuramente utile perché in molti paesi sono più avanti di noi, hanno più esperienza su più mercati. Talvolta le particolarità italiane sono mitizzate. E’ vero che spesso c’è un diverso metodo di lavoro degli imprenditori, per cui bisogna sapersi adattare anche a un po’ di improvvisazione”. In quali settori è più efficace? “Ad esempio nel found raising. L’e-mail marketing credo che oggi sia il modo principale per raccogliere soldi. Questo vale un po’ per tutto il terzo settore, soggetti che in teoria sono i più lontani dal marketing e dall’orientamento commerciale. Ma in realtà tutti ne possono trarre beneficio”.
Davvero tutti? “Ci sono molti pregiudizi. L’e-mail marketing viene visto da tanti imprenditori come l’arte del fumo e dell’inganno. Invece è la scienza di comunicare in modo efficace i vantaggi del proprio prodotto o servizio al mercato, indispensabile per chiunque”.
Per chi vuole studiare e imparare tutto sull’e-mail marketing cosa suggerisce? “Oltre ai miei libri segnalo un volume intitolato proprio “E-mail marketing” che è appena uscito, molto aggiornato, scritto da Rioberto Ghislandi”. Per formarsi attraverso convegni, eventi? Al prossimo Iab di Milano ci saranno delle sessioni su questo tema. Sarà un momento di confronto importante. Poi ci sono eventi più occasionali distribuiti sul territorio”.
Se avete seguito le attività comunicazionali oltreoceano di Microsoft vi sarete goduti la curiosa saga TV che vede protagonisti il popolarissimo Jerry Seinfeld e lo stesso Bill Gates (ex presidente di MS) , impegnati come attori in una serie di semi medio metraggi dal tono virale - che potete ovviamente trovare su YouTube.
Comunicazione simpatica... e comunque fa impressione vedere l'uomo più ricco del mondo o giu' di li' fare l'attore vestendo i panni della persona "normale" (quale pare in effetti Bill sia).
La saga è stata poi sostituita dalla campagna "I'm a PC" in cui MS controbatte alla campagna Apple, negando la stereotipazione del PC attraverso la diversità dei suoi utenti - usando btw lo stesso attore che faceva "il PC" nella campagna Apple.
Budget di advertising sui 300 milioni di dollari...
Secondo un report di Visible Measures, che fa il monitoraggio delle visioni di video in rete, i materiali di entrambe le campagne sono stati molto visionati su YouTube etc, ma la campagna Seinfel/Gates ha avuto 4.3 milioni di visioni in piu' rispetto all'altra, e comunque, anche dopo qualche settimana di presenza, la campagna coi testimonial continua a fare un 700,000 visioni al giorno contro i 50,000 dell'altra.
Prima però di criticare, meglio pensarci: in realtà l'azione ha un senso - creare buzz con un messaggio che non parla di prodotto, riposizionare almeno in parte la percezione di MS... e poi fare lo switch ad una comunicazione un po' piu' di prodotto che razionalizza in pratica la vision e da' motivi concreti per preferire MS rispetto ad Apple (da melista convinto, devo dire che la vedo un po' dura...
Il numero uno delle aste online eBay ha fornito nella notte stime deludenti: il business risente di una frenata generale dei consumi che continuerà nel 2009, ha avvertito, deprimendo il titolo nel dopo borsa. Il gruppo internet, cui fanno capo i servizi di pagamento online PayPal e quello di chiamate Skype ha ridotto le previsioni di ricavi per l'esercizio a 8,53-8,68 miliardi di dollari, sotto la stima precedente di 8,8-9,05 miliardi.
Nel quarto trimestre, tradizionalmente il più robusto grazie alle vendite legate alle feste natalizie, gli utili sono attesi a 39-41 cent per azione, una stima inferiore a quella di Wall Street di 47 cent che darebbe un risultato più basso di quello dell'anno scorso.
La Rai ha formalizzato un accordo con il sito di video sharing YouTube per rendere disponibile online una selezione della propria produzione. L'intesa arriva "dopo un soddisfacente periodo di test", si legge in una nota congiunta di Rai e YouTube. L'accordo è stato stretto attraverso RaiNet e segna la nuova strategia editoriale del sito di proprietà di Google, volta a massimizzare la distribuzione e monetizzazione di contenuti mediante collaborazioni e condivisione dei guadagni con partner chiave.
Il sodalizio prevede che ogni settimana RaiNet carichi i propri contenuti sul proprio branded Channel YouTube, http://it.youtube.com/rai. Al momento sono già disponibili alcuni contenuti relativi a L'Isola dei Famosi, a Che Tempo che Fa e alle notizie del Tg1.
"RaiNet userà inoltre l'avanzata tecnologia VideoID di YouTube per gestire e proteggere i propri contenuti sul sito. - si legge ancora nella nota - VideoID è uno strumento che permette ai proprietari dei contenuti di identificare i loro materiali su YouTube e di decidere come renderli disponibili. Con YouTube VideoID, i titolari dei diritti possono infatti agevolmente gestire i propri contenuti e stabilire se ottenerne ricavi, rimuoverli o semplicemente monitorarli".
Rai si aggiunge ai molti altri partner di YouTube che hanno adottato questo strumento, tra cui CBS, Lionsgate, Electronic Arts, Sony BMG Europe e AFP.
Secondo l'amministratore delegato di RaiNet e direttore di Rai Nuovi Media, Piero Gaffuri, "la conclusione di questo accordo va nella direzione indicata dal nostro piano editoriale, che prevede la diffusione dei contenuti Rai su più piattaforme e partnership con operatori web di alto profilo internazionale".
"Siamo davvero soddisfatti che un player europeo importante come la Rai abbia deciso di abbracciare la nostra piattaforma e di usare il nostro strumento VideoID per gestire e proteggere i propri contenuti. – ha spiegato Chad Hurley, co-fondatore e Ceo di YouTube - Attraverso il suo canale YouTube, Rai perseguirà in un modo innovativo sia il suo ruolo di servizio pubblico sia i propri obiettivi commerciali. Il valore delle produzioni Rai e la ricchezza del suo archivio riscuoteranno certamente un ampio successo presso la comunità YouTube".
In una prima fase, l'offerta di RaiNet su YouTube consisterà nel rafforzamento del branded Channel già attivo da gennaio di quest’anno. Dai prossimi mesi saranno strutturati dei canali tematici - news, Junior, fiction, cult clip e comicità – indirizzati al pubblico giovane.
Di Altri Autori (del 13/10/2008 @ 07:27:50, in Mobile, linkato 2354 volte)
I servizi di tv mobile gratuita si preparano a erodere il mercato della telefonia mobile più tradizionale. Il fatturato del settore dovrebbe comunque raggiungere i 2,7 miliardi di dollari entro il 2013, secondo le previsioni di Juniper Research. Gli operatori sperano che la pubblicità andrà a dare ossigeno ai ricavi mancati dovuti alla fornitura di programmi gratuiti.
Entro il 2013, sostiene il rapporto di Juniper Research, saranno 330 milioni gli abbonati ai servizi wireless a possedere un terminale mobile con la tv, ma meno del 14% pagherà i servizi di tv mobile.
Secondo Juniper Research inoltre il successo previsto della tv mobile gratuita potrà creare nuove opportunitià per i servizi tv in streaming, dando la possibilità agli operatori del mercato di offire servizi di video on demand in streaming tramie le reto cellulare 3G.
Dopo aver lanciato una piattaforma più estesa per la pubblicità, il motore di ricerca numero uno al mondo, Google, ha deciso di proporre una tecnologia per inserire degli spot nei videogame online. Con questo software, chiamato AdSense for Games, gli utili del settore dei giochi dovrebbero registrare una sensibile crescita.
Per ora è AdSense for Games è disponibile solo nella versione beta test, che permette di inserire pubblicità video, fotografiche e con delle parti di testo all’inizio, alla fine o nei cambi di livello di un videogame in rete.
Per avere uno spazio, gli inserzionisti pagheranno una quota fissa determinata sulla base del numero di contatti del sito, poi gli utili saranno spartiti tra Google e gli editori o gli sviluppatori dei giochi.
Il colosso di Mountain View sta lavorando con produttori come Konami e Demand Media, gestita dall'ex presidente di MySpace Richard Rosenblatt, e con inserzionisti come Sprint Nextel e Sony Pictures di Sony.
I dati forniti da comScore indicano che oltre un quarto degli utenti di internet, circa 200 milioni di persone, gioca online con una crescita annuale del 17%.
Google ha deciso di investire massicciamente nel campo pubblicitario per cercare di reagire alla crisi economica mondiale. Oltre al software AdSense for Games, recentemente ha siglato un accordo molto discusso con il portale Yahoo!, grazie a cui potrà controllare la maggior parte del mercato pubblicitario della rete. Questo matrimonio è stato osteggiato da più fronti: Antitrust, World Federation of Advertisers e governo canadese sostengono che sia pericoloso per la concorrenza e che causerà un dannoso aumento dei prezzi.
Inoltre, il motore di ricerca ha promosso e venduto la sua piattaforma pubblicitaria a nuovi clienti, tra cui Ask.com.
Yahoo!, da parte sua, ha creato una nuova piattaforma per la pubblicazione degli annunci online, più semplice e meno costosa.
Il fermento del web non si limita alla pubblicità: nei giorni scorsi i colossi YouTube, Amazon e iTunes hanno unito le forze per aumentare le entrate. Il sito di YouTube si è lanciato nell’e-commerce di musica e di videogiochi, tramite link che dirottano gli interauti sui siti partner. In questo modo il popolare sito di video sharing amplia la gamma delle sue offerte, mentre i due siti di e-commerce ottengono maggiore visibilità.
YouTube, sito di video sharing numero uno al mondo, non pago dei successi ottenuti nel suo settore ha deciso di lanciarsi in nuova impresa: la vendita musica e videogiochi. Inoltre, cercherà di aumentare le proprie entrate grazie a nuovi formati pubblicitari. Il portale si sta già adoperando per realizzare il servzio di e-commerce, attraverso cui vendere agli internauti musica, film, programmi televisive, videogiochi, libri, biglietti per concerti e altri prodotti per l’intrattenimento.
I visitatori del sito di proprietà del motore di ricerca Google, potranno comprare i file musicali, attraverso i video che guardano sul sito, ciccando un pulsante che si indirizzarà al negozio online di mp3 di Amazon.com o all’Apple store iTunes.
Tramite il link di Amazon, i navigatori potranno accedere al negozio virtuale di videogiochi, in cui saranno disponibili i prodotti della Electronic Arts, come ad esempio Spore.
Le entrate saranno proporzionalmente ripartite tra Amazon, iTunes e YouTube.
La decisione di trasformare YouTube in un canale di vendita è dovuta alla pressione degli investitori, che chiedono alla società di Mountain View maggior entrate per il sito di video sharing. L’acquisto di YouTube è avvenuto nel 2006 ed è costato al motore di ricerca ben 1,65 miliardi di dollari.
Google non ha rivelato le stime di guadagno previste per questa impresa, ma secondo gli analisti di Piper Jaffray Research la cifra si aggirerà intorno ai 200 milioni di dollari per il 2009, rispetto ai circa 27 miliardi incassati in media da Google.
Secondo comScore gli utenti di YouTube aumenteranno, considerando che nell’agosto 2008 il sito ha raggiunto i 330 milioni di visitatori.
La società sta scommettendo anche sul sistema di riconoscimento dei video, sperando che posa contribuire a migliorare le entrate pubblicitarie. Il sistema video ID consente ai titolari dei contenuti, come produttori tv e musicali, di sapere quante copie dei loro videoclip vengono caricate su YouTube dagli utenti e di rimuovere i video non autorizzati.
Mentre moltissime aziende non sono ancora in grado di avere una presenza online vagamente decente e meno che mai una strategia di comunicazione integrata, altre aziende sono in fregola per essere "Leading Edge".
Tipico caso, "Essere nei social network" dove molto spesso a nessuno frega nulla della loro presenza.
Ancora più curioso il tentativo di costruirsi il proprio SN, pensando che attrarrà frotte di consumatori fortemente motivati ad interagire fra loro e l'azienda in uno spazio protetto, aziedale.
Il rischio del chissenefrega effect è altissimo - ottimo esempio Kotex, produttrice di Assorbenti Femminili, che ha pensato bene di fare non uno ma ben 2 SN, uno per le donne, uno per le fanciulle più in fiore...
L'utente attivo della rete oggi non si identifica più, come in passato, con il blogger. La blogosfera è un universo variegato, in cui il divario tra professionisti e amatori cresce esponenzialmente. I blogger continuano a crescere in valore assoluto, ma l'attenzione dedicata al proprio blog diminuisce in favore di nuove forme di comunicazione figlie del blogging – Twitter, Tumblr, FriendFeed – e del fenomeno del social networking, altrettanto complesso e sfaccettato.
La grande conversazione viene sempre più monitorata da aziende e brand, consapevoli che gli utenti attivi parlano spesso di loro raccontando le proprie esperienze positive e negative. Curare un blog è una attività prevalentemente maschile, giovani ma non troppo, più ricchi e istruiti rispetto alla media di tutti i navigatori. Questi i dati più interessanti tra quelli emersi dallo Stato della Blogosfera 2008, recentemente pubblicato da Technorati, frutto di una ricerca demoscopica condotta per mail tra un campione casuale di utenti registrati al motore di ricerca per blog, con 1.290 questionari compilati da 66 Paesi da tutto il mondo.
Anche se i valori assoluti appaiono impressionanti – 133 milioni di blog indicizzati e 1,5 milioni di blog aggiornati negli ultimi sette giorni con 81 lingue tracciate – il fenomeno del blogging visto da Technorati sembra stabilizzarsi e non crescere più. Diminuiscono infatti rispetto alla precedente rilevazione i singoli contenuti, passati da 1,5 milioni a 900mila al giorno. È evidente come oggi il blogger sia un utente molto più evoluto e complesso di quanto poteva essere solo un paio di anni fa. L'avvento del microblogging e di piattaforme di immediato consumo per la citazione di contenuti altrui e per la comunicazione e la segnalazione in tempo reale – Twitter e Tumblr hanno in breve generato un insieme di cloni molto vivace e per usi specialistici – hanno consentito a nuovi blogger di attivarsi e ai vecchi di esprimersi più semplicemente al di là del proprio blog principale. Technorati ha deciso da qualche tempo di non considerare questi strumenti blog al pari dei cugini di Blogger, WordPress e TypePad, finendo per restringere l'oggetto della propria indagine.
Non è un caso se nella parte della blogosfera più attenta alle evoluzioni tecnologiche Technorati sia considerato sempre meno autorevole e utile, nello storico servizio di indicizzazione e tracciamento della conversazione in rete, concentrato oramai nel perseguimento di altri obiettivi, come per Technorati Media, concessionaria di pubblicità per blog lanciata nel corso del 2008. La blogosfera è sempre più terreno di conquista dei professionisti e del mondo corporate, con brand e aziende attente al monitoraggio, alla comunicazione e alla relazione con i blogger considerati più influenti. È così che i primi 500 blog per quantità di link in ingresso da altri blog, metrica che per Technorati è utile a stimare l'autorevolezza del blog medesimo, si avvicinano molto ai media tradizionali per frequenza di aggiornamento, contenuti di carattere giornalistico, temi già all'interno dell'agenda dei grandi media e ricavi provenienti da annunci pubblicitari. Non è un caso se il 95% dei primi 100 giornali americani per diffusione di copie abbia affiancato alle notizie del sito uno o più blog curati da reporter.
La blogosfera globale – seppur con la postilla che Technorati sottostima fortemente l'Asia, con popolarissime piattaforme in Cina e Corea del Sud che non comunicano gli aggiornamenti dei propri blog al motore di ricerca – emerge progressivamente divisa in due sfere: una microsfera business, composta da blog d'informazione professionali e da blog con finalità aziendali, e una macrosfera personale, composta da moltissimi blog senza alcuna pubblicità, curati per il semplice piacere di esprimere liberamente le proprie opinioni sull'attualità e di stabilire nuove conoscenze.
Da ultimo emerge uno stretto rapporto tra blogger e brand, con i primi molto attivi nel pubblicare recensioni su prodotti e servizi (quattro su cinque) e i secondi consapevoli che i blogger sono opinion leader, attraverso l'ottimo posizionamento sui motori di ricerca e la capacità di influenzare i media tradizionali. Un blogger su tre dichiara inoltre di essere stato oggetto di attenzioni da parte di aziende, con l'invio di campioni gratuiti. Quale sarà l'evoluzione del blogging nei prossimi anni? È facile prevedere che le tendenze evidenziate dalla ricerca condotta da Michele Madansky e Polly Arenberg per Technorati siano destinate ad amplificarsi nei mesi a venire, con la moltiplicazione di microblog e altre modalità di espressione e condivisione all'interno dei social network quali MySpace, Netlog, Badoo e Facebook. Il blog sta diventando adulto ed è tutt'altro che morto.