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 mymarketing.it: e tu cosa ne pensi?... di Admin
 
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Errare è umano, ma per incasinare davvero tutto è necessario un computer.

Arthur Bloch
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\\ : Storico (inverti l'ordine)
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Roberto Venturini (del 16/04/2007 @ 07:36:44, in Marketing, linkato 2773 volte)

Il podcasting si è ormai trasformato da media rivoluzionario, che fa notizia, a media tutto sommato "normale", che va per la sua strada sulla sua utenza.

Ormai un gran numero di media tradizionali hanno inserito una certa quantità di contenuti in versione "podcast" (io sono fidelizzato ai documentari audio della BBC che mi ascolto in metropolitana).

Certo, spesso si tratta di un uso un po' strumentale da parte del mezzo, tanto per mettere lì qualcosa e far vedere che si podcasta. Non sono molti i media che usano in maniera strategica il podcast.

In ogni caso quasi sempre si vede il podcast come mezzo per un utenza consumer - tipico caso le guide turistiche.

Interessante è riflettere sulle potenzialità dei podcast per un uso B2B, business to business, come mezzo per un'azienda di fare business su un'altra azienda. Come un nostro tool di mobile marketing.

Non sono molte le aziende che usano questo strumento, a me vengono in mente solo Oracle o BMC Software (se ne conoscete alte segnalatemele)

Certo il mezzo, sul target "business", se il nostro target-ascoltatore è il responsabile acquisti del nostro prodotto, ha dei limiti e delle specificità di utilizzo non da poco.
Possiamo pretendere che ascolti il nostro file audio in ufficio? Direi proprio di no. Siamo tutti troppo abituati a leggere, che ad ascoltare ci sembra di perdere tempo.

Possiamo sperare ci ascolti in auto mentre va al lavoro o in cuffia mentre gira in treno o in metropolitana? Forse. Ma dobbiamo essere dannatamente interessanti.

Possiamo sperare ci ascoltino se diamo news di settore; siamo probabilmente morti se speriamo che ascoltino al nostra "pubblicità". Per quello si fa prima a sfogliare una brochure o il sito web.

Forse il taglio che possiamo dare al nostro podcast B2B che più probabilmente potrebbe portarci download e ascolti è quello della formazione. Del Training.

Dare un valore a gratis, fare contenuti educational che possano aiutare il nostro target nel lavoro ( e che siano "relevant" rispetto al nostro prodotto).

Sempre sperando che il target abbia voglia e interesse a formarsi - fuori dalle 4 mura dell'ufficio. Ma lì sta anche a noi rendere interessante il contenuto e stimolare il bisogno nell'audience potenziale.

Potremmo poi affrontare il discorso di realizzare non semplici file audio ma file video per il training ma lì, davvero mi viene il dubbio. Sì, magari in ufficio se li guardano, ma allora parliamo di webinars. Qualcuno davvero si guarderebbe una conferenza sull'ipod video mentre aspetta l'aereo? (Io, molto onestamente, mi guardo una qualche puntata di "Lost")...

D'altra parte è anche vero che io ho imparato non poco spagnolo sfruttando corsi di lingue scaricabili sull'ipod e ascoltando podcast in lingua castigliana. Insomma, come al solito un mercato con un interessante potenziale ma su cui dobbiamo ancora chiarirci le idee?

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Di Altri Autori (del 11/04/2007 @ 07:37:43, in Pubblicità, linkato 3788 volte)

Le attuali vicende Telecom e quelle della famiglia Alice - protagonisti Elena Sofia Ricci e Diego Abatantuono - portano a chiedersi se la pubblicità di un’azienda ne rifletta in qualche modo le caratteristiche o se sia un “prodotto” inventato a tavolino intorno a un’immagine anch’essa concepita in vitro.

Dalla privatizzazione in poi, Telecom ne ha effettivamente passate tante, ma non si può dire che non abbia mantenuto, almeno nella pubblicità commerciale, continuità e vivacità di discorso (a parte il bel film istituzionale, Gandhi, vincitore di molti premi).
Le miniserie televisive, tra l’altro, sono state inventate proprio da Telecom, quasi 15 anni fa, e da allora, fra Tim e Telecom è stato tutto un florilegio di storie nate nel solco della commedia all’italiana. 

Il format della famiglia Alice non si discosta dal genere e lo si apprezza per la gradevolezza degli interpreti, ma porta anche a chiedersi se la famiglia Alice ci è o ci fa.
Possibile che, nel 2007, l’arrivo dell’ADSL provochi un tale effetto panico nella famiglia media italiana? Che un padre di famiglia ignori tutto della banda larga? E che un’azienda che fattura 31.000 milioni di euro l’anno (in un rapporto di dieci a uno con Rai e Mediaset) non sia riuscita a chiamare i propri prodotti altro che Alice e Aladino? Con nomi così sciocchi, non c’è da stupirsi che anche la pubblicità suoni falsa, leziosa e, alla fine, abbastanza insopportabile.

Spesso la commedia all’italiana è il risultato di un equivoco – o forse anche di un complotto che ci porta tutti a credere che Alice è qualcosa che si installa sul tetto.

Via Lillo Perri

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Di Altri Autori (del 10/04/2007 @ 07:36:33, in Media, linkato 3063 volte)

Tra il 1° e il 3 aprile, l’insieme dei canali via satellite ha prodotto nel giorno medio un’audience media di 766.00 individui, per una quota d’ascolto del 7,9%. In prima serata, l’ascolto medio ha raggiunto i due milioni, per uno share che ha sfiorato il 7,5%. Nell’intero giorno, il pacchetto Sky ha registrato uno share medio del 2,79%, che tra le 20:30 e le 22:30 è arrivato fino al 4,13%.

Ad alzare la media, in quest’ultimo caso, è stata la Champions League: il match tra Milan e Bayern, infatti, ha fatto segnare da solo una quota d’ascolto del 5,2%. Assai positivi pure i valori di Fox, trascinati da Fox Life, Fox Crime e Fox Channel. Risultati inferiori sono stati prodotti dall’offerta digitale della Rai: ascolto medio sotto i 50.000 individui nell’intero giorno (0,47%) e sotto i 100.000 in prima serata (0,28%). Il pacchetto Discovery, invece, conta su un pubblico di circa 20.000 persone nel giorno medio e di poco meno di 30.000 in prima serata. In entrambe le fasce, infine, il Gruppo Sitcom produce un’audience media di circa 10.000 telespettatori.

Considerando i singoli canali, il più seguito nel giorno medio è stato Sky Sport 1, seguito da Fox Crime (con uno share dello 0,43%) e Sky Cinema 1 (sh. 0,28%). In prima serata, i canali più visti sono stati Sky Sport 1, Sky Cinema 1 e Fox Life. Intanto la lista dei canali che hanno scelto la rilevazione mensile si allunga e comprende: Jimmy, Sailing Channel, Match Music, Jetix, Jetix +1, Gxt, Disney Channel, Disney Channel +1, Playhouse Disney, Toon Disney, Studio Universal, Nickelodeon, Paramount Comedy, Deejay Tv, Music on Sky, Cartoon Network, Cartoon Network +1, Boomerang, JimJam, E! Entertaiment, Hallamrk Channel, Video Italia, Axn.

Via Pubblicità Italia

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Ancora previsioni, da prendere con un paio di molle lunghe due metri.

Secondo uno studio della Commissione Europea, nel 2010 l'acquisto di contenuti a pagamento online generera' un fatturato complessivo di 3,8 miliardi di Euro – con una crescita del 400% rispetto al 2005.

Oltre il 50% del fatturato sara' fatto da contenuti musicali (leggi iTunes?) e da videogiochi (vedi alla voce World of Warcraft).

A questo aggiungiamo che molto probabilmente entro 5-10 anni giornali come il NY Times dovrebbero rifocalizzare pesantemente l'interesse dalla carta all'online... e che di sicuro in Rete le notizie non le regaleranno...

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Di Altri Autori (del 04/04/2007 @ 07:45:30, in Internet, linkato 2907 volte)

La formula di Repubblica.it, un quotidiano a misura di web con tante immagini, filmati e interattività con i lettori, sembra proprio funzionare, visto che i dati di marzo parlano di oltre 9 milioni e 410.000 lettori unici mensili, per 450 milioni di pagine viste, con una media di 810.000 contatti unici giornalieri. Rispetto allo stesso periodo dello scorso anno si parla di un incremento di lettori del 54% e di una crescita di pagine viste del 36%, mentre le sessioni aumentano del 27%. Certo il caso Mastrogiacomo ha giocato un ruolo non secondario in questo andamento decisamente positivo, ma molto ha contato il potenziamento delle sessioni, le dirette di Repubblica Tv, le iniziative sul canale motori e sullo sport. Positivo l’andamento del mese di marzo anche per le altre testate online del gruppo editoriale l’Espresso nel suo complesso, che ha raggiunto i 12,6 milioni di utenti con oltre 550 milioni di pagine viste. Molto buoni in particolare i dati di Radio Deejay, con un milione di utenti unici e dell’Espresso, che dal restyling dello scorso anno ha più che raddoppiato gli accessi (+110%) con quasi 950 mila lettori.

Via Pubblicità Italia

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Assistiamo oggi ad una svolta nel mondo delle community, i luoghi virtuali in cui condividere i propri contenuti. L’utente ha sempre desiderato mostrare agli altri foto, video e musica autoprodotti, ha sempre agognato un luogo in cui avere la possibilità di diventare il protagonista, di acquisire fama seppur in un contesto virtuale. Lo user, soggetto alle regole del “wanna be a star”, ha così dato vita al fenomeno dello “user generated content”.
Nel luglio 2003 MySpace ha dato spazio per foto, musica e video; nel febbraio 2004 è stata la volta di Flickr con spazio per foto e nel febbraio 2005 YouTube con spazio per video. Da questa piccola digressione nella storia delle community più famose si nota che esse, seppur ottime piattaforme, non hanno organizzato in modo tematico e a seconda degli interessi i propri contenuti, e risultano quindi generaliste, motivo per cui nascono sempre più gruppi al loro interno. Inoltre le community sono talmente numerose da far nascere il bisogno di un aggregatore di identità digitali e di community tematiche, in modo che l’utente possa scegliere la community più adatta alle sue esigenze e passioni, in modo da vivere un’appagante esistenza virtuale.
Ed è così che hanno preso vita nuove community che spaziano dal porno al divino, come Pornotube e GodTube. Ma la community del futuro è Ning: una piattaforma che permette di creare community personali e personalizzabili a proprio piacimento, consentendo ad ognuno di avere la propria community, pubblica o privata, dove condividere foto, video e blog. Lo user è quindi libero di creare una community a suo piacimento, non solo dal punto di vista grafico, ma soprattutto dal punto di vista dei contenuti e dei partecipanti, divenendo esso stesso moderatore e scegliendo gli eletti che faranno parte della sua cerchia. Il tema della community sarà esso stesso un selezionatore che permetterà di raccogliere persone legate e accomunate dallo stesso interesse.
In questo modo si ha l’evoluzione da “user generated content”, un utente che condivide i propri contenuti in uno spazio pubblico e poco personalizzabile, a “user generated community”, un utente che crea una community, con temi specifici e spazio personalizzato.
Attualmente sono disponibili 30.000 Ning, ed i dati indicano 20 milioni di pagine viste al mese e 4.5 milioni di utenti unici solo in Gennaio, con un traffico per metà proveniente dagli USA.
Così, mentre il marketing trova nelle community una fonte inesauribile di dati e studia i profili degli utenti per indagare gusti e preferenze, le community create dagli user diventano il luogo di incubazione degli scenari futuri, perchè hanno al loro interno dei veri esperti in quel campo. Basterà seguirli per anticipare le tendenze?

Via Lillo Perri

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Di Roberto Venturini (del 30/03/2007 @ 07:34:38, in Marketing non convenzionale, linkato 3851 volte)

Noto che spesso viene dato per scontato che il GM sia una iniziativa di Marketing necessariamente Low Cost. Anche se spesso è così, non è questa la base della tecnica.

L'idea dietro il Guerilla Marketing non è quella di spendere poco ma quella di amplificare il risultato. Sfruttare il potenziale dirompente dell'evento perchè i Mass Media lo riprendano e ne parlino al mondo – generando un potenzialedi comunicazione dal valore (monetario) estremamente elevato.

Infatti, se faccio un evento anche straordinario, ma colpisco solo 100 persone e nessuno riprende la notizia, non è che il mio business vada molto più lontano.

Potenzialmente anche i blog si prestano alla diffusione della notizia, ma è indubbio che vederlo al telegiornale in prime time, spesso il nostro GM fa tutto un altro effetto...

Un ottimo esempio, tratto dalla mia personale Hall of Fame: l'evento di Mini che ha piazzato le proprie automobili piantate sugli spalti come spettatori, all'interno dello stadio americano dove si giocava la partita del lunedì sera di Football, trasmessa in diretta dalla TV. Un evento di grande audience, un evento di grande budget, un colpo di mano spettacolare... ma non certo economico.

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Di Altri Autori (del 28/03/2007 @ 07:52:08, in Marketing, linkato 2843 volte)

Il lato meno noto della grande guerra sulla televisione riguarda la sincronizzazione automatica dei canali sul telecomando.
Poiché è difficilmente immaginabile che vi siano volonterosi o maniaci interessati a programmarsi manualmente più di 100 canali, è evidente che la questione della programmazione "dall’alto”, automatica e pilotata, del telecomando riveste un valore semplicemente stratosferico. E riguarda già da ora tutto il digitale terrestre, con particolare valenza per le due aree che già sono in area switch off (Sardegna e Valle d’Aosta), per quelle che sono ai nastri di  partenza (Veneto, Sicilia, Toscana più le due province di Trento e Bolzano) e poi per tutto il Paese.
L’associazione di tutte le emittenti, nazionali, regionali e locali, attraverso il coordinamento di DGTV  presieduto da Piero De Chiara (Telecom) è arrivato alla quadratura del cerchio.
Dal numero 1 al numero 9 del telecomando le nazionali. Nell’ordine noto, prima Rai, poi Mediaset, poi Telecom. Dal 10 al 15 le locali, tramite il ribaltamento pedissequo delle attuali graduatorie dei Corerat regionali. Dal 15 al cinquanta di nuovo le nazionali. Poi nuovamente le locali.
I telecomandi dovranno poter sincronizzare automaticamente il numero delle emittenti attuali moltiplicato per 4/5. Infatti l’occupazione di banda di un canale digitale terrestre è mediamente un quinto dell’occupazione di banda di un singolo canale analogico.
La guerra del telecomando, quindi, si concentrerà soprattutto nella fascia che va dalla numerazione 15 alla numerazione 50, dove la classificazione non potrà essere fatta per ascolti ma per gruppi editoriali o per multiplex. Andranno per primi quelli della Rai? E dentro i canali Rai anche i canali  che troveranno ospitalità dentro i suoi due multiplex, secondo la direttiva che impone la cessione del 20 % della capacità trasmissiva (e che per la Rai si tradurrà nel 40 % del multiplex B, visto che il mulotiplex A per definizione sarà di puro servizio pubblico e quindi non  frazionabile)?
Siamo all’inizio delle grandi manovre. Ma il fatto che si stia decidendo di questioni così rilevanti (e che oggi l’indiscreto pubblica in anteprima) ci dice che il digitale terrestre comincia effettivamente a muovere dei passi veri verso l’attuazione.

Via Lillo Perri

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Di Altri Autori (del 27/03/2007 @ 07:52:20, in Internet, linkato 6848 volte)

500 Première, l'evento online che mostrava le prime immagini ufficiali della nuova Fiat 500 sul sito www.fiat500.com, è stato visto da 15.462 utenti web. La redemption è stata del 30,9%.
La piattaforma multimediale interattiva realizzata e sviluppata dall’agenzia Arc di Leo Burnett Group è riuscita a creare grande interesse da parte degli utenti web.
Il progetto Fiat 500 Wants You ha ottenuto l’oro dal premio del Direct Marketing Italiano 'Freccia D’Oro'.

Via Pubblicità Italia

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Di Altri Autori (del 26/03/2007 @ 07:50:59, in Marketing, linkato 2936 volte)

L'uscita delle nuove console non è detto che si traduca per forza in una crescita del mercato. Qualche nube all'orizzonte esiste tanto che Gartner ha provato a individuare i fattori di rischio di questo mercato.

La crescita della potenza delle macchine, sostiene la società di ricerca, permette di realizzare giochi sempre più sofisticati, ma anche molto più costosi per quanto riguarda lo sviluppo. Oggi un titolo tripla A (i più importanti) per le nuove console ha un costo di sviluppo che con una stima un po' ampia oscilla fra i 15 e i venti milioni di dollari. Un costo che se non si traduce in almeno un milione di copie vendute decreta l'insuccesso del titolo.

Il mercato poi ha un forte bisogno di espansione. Oggi il consumatore tipo dei titoli per console è un maschio fra i 16 e i 34 anni interessato a giochi complessi con differenti livelli. Questo segmento però è stato ormai penetrato a fondo dalle console che difficilmente potranno vedere crescere di molto i loro numeri. Per questo bisogna rivolgersi alle donne o ad altri target differenti da quello degli hard gamers.

Le società di videogiochi dovrebbero poi lavorare un po' meglio di Pr. Il problema dei giochi violenti esiste, le polemiche sulla loro influenza sui giovani sono ricorrenti, per questo il settore deve porre maggiore attenzione sui prodotti e sulle relazioni con associazioni e istituzioni.

Di sicuro, i numeri dicono che questa generazione di console si sta muovendo a un passo decisamente più lento rispetto al passato. Secondo le cifre fornite da Gartner nel 2006 sono stati venduti 14,9 milioni di pezzi di vecchie console contro i 13,8 milioni delle nuove.

L'analisi di Gartner ha il limite di restringere il campo alle sole console da tavolo escludendo quelle portatili. Un errore visto che proprio da Psp e Nintendo Ds sono arrivati cifre importanti di vendita per il mercato. In più, in particolare da Nintendo con titoli come Nintendogs (che hanno costi di sviluppo più bassi) è arrivata quella espansione del mercato verso altri target (le ragazzine per esempio) più difficile da realizzare con le console da tavolo. Inoltre, non bisogna sottovalutare il ruolo di Wii che più che sulla potenza della macchina ha puntato sull'innovazione di prodotto che fino a oggi permette a Nintendo di raccogliere ottimi risultati.
Forse innovazione e mobilità sono il futuro dei videogiochi.

Luigi Ferro

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