Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Il progetto è sicuramente ambizioso: un gruppo di esperti di internet ha unito le forze per creare una rete di news e di approfondimento online.Fin qui niente di nuovo, verrebbe da dire. La novità consiste nell’organizzazione di questo network di informazione: si tratta di cento blog professionali, monotematici curati da esperti,giornalisti ma anche semplici appassionati.
Questo progetto, battezzato Blogosfere, punta dichiaratamente alle nicchie dell’informazione, avvalendosi di un network di blog monotematici gestiti da un appassionato del’argomento. L’organizzazione cura gli aspetti tecnici, di comunicazione e marketing, mentre gli autori avranno il compito di scriveranno e aggiorneranno i loro blog. Il blogger viene pagato tramite il riconoscimento di una percentuale sulle delle entrate pubblicitarie derivanti dal blog di cui si occupa (fino ad un max del 50%), mentre il rimanente sarà di competenza di Blogosfere. Tra i benefici collaterali derivanti dal partecipare a questo progetto gli ideatori assicurano un’elevata visibilità e la possibilità di entrare in contatto con gli altri partecipanti, creandosi quindi un network di contatti.
Nel mio precedente post ho parlato di come Yahoo! intendesse avvalersi anche dei blog per arricchire la propria offerta di news, mentre oggi stiamo parlando di un network italiano di informazione, sempre basato sul principio dei blog, resi complementari e opportunamente integrati per offrire informazioni su svariati argomenti. In questi giorni sembra quindi che un po’ tutti, sia in Europa che in altri continenti, stiano puntando molto, con diverse modalità, su questi nuovi canali di informazione. Questo ritengo sia prima di tutto una prova di come questo diverso modo di gestire le informazioni si stia affermando ritagliandosi un proprio spazio, ma anche di come i canali tradizionali spesso siano meno efficaci e diretti rispetto ad alcuni di questi siti.
Ultimamente si parla infatti fin troppo dei blog, e credo che parte dell’interesse esponenziale che si sta manifestando possa derivare da una sorta di “febbre collettiva” verso lo strumento, diventato improvvisamente di gran moda e il toccasana di tutte le esigenze di contro-informazione. Ma potrebbe essere, come molte improvvise infatuazioni, un interesse destinato a ridimensionarsi nel momento in cui ci sarà un’ulteriore evoluzione nelle modalità di comunicazioni o uno strumento che il tam-tam multimediale vorrà mettere sotto la lente di in gradimento esaltandone i pregi e minimizzandone i difetti. Fino a quel momento comunque godiamoci questo momento di grande popolarità, in attesa di vedere la prossima idea che vedrà i blog ancora una volta protagonisti.
Il Marketing non è certo una disciplina statica e per sua natura evolve continuamente per far fronte ai cambiamenti del consumo e dell'economia.
Qualche volta però deve fare un passo indietro e recuperare qualcosa che sembra appartenere al passato per affrontare il futuro.
E' il caso del Buzz Marketing o Viral Marketing, niente altro che la sublimazione tecnica del passaparola, semplice, economico e convincente, basato sulla forza degli opinion leaders, persone dotate di carisma che riescono ad influenzare il comportamento e le idee di un gran numero di individui.
Non è certo di oggi la scoperta della loro influenza, Paul Lazarsfeld ne aveva individuato l'importanza parecchi anni orsono (1940-1960) teorizzando, in quel caso per le elezioni americane, il “Two steps flow of communication”, ossia il flusso di comunicazione a due stadi.
In breve Lazarsfeld aveva notato che gli elettori ricevevano informazioni sia direttamente dai media e dai candidati, sia da mediatori (gli opinion leaders) che riportavano, commentando e analizzando, notizie e dati appresi da altri.
Il ruolo di questi mediatori (non semplici trasmettitori ma veri e propri filtri che rielaborano l'informazione) e la loro influenza avevano un peso notevolissimo.
C'è chi allora ha iniziato ad applicare questi principi a una precisa strategia, ad esempio la società americana BzzAgent, che detiene un esercito di “apostoli” del brand più o meno stimabile in 100 mila adepti.
Mode? Può essere ma di fatto l'azienda nel suo portafoglio clienti ha già nomi come Coca-Cola, Estée Lauder, Lee Jeans, Kelloggs, Ralph Lauren e altri.
E la Procter&Gamble disporrebbe, secondo Panorama, di 250 mila giovani leader d'opinione che promuovono i suoi tanti prodotti.
Diversi guru del marketing USA, come Seth Godin e Malcolm Gladwell, si sono pronunciati con interesse sul tema, dato che il suggerimento e il passaparola tra amici, parenti e conoscenti è da sempre il motore delle mode.
La conoscenza e l'interesse per un bene cresce fino a raggiungere il tipping point di cui parla Gladwell in un suo libro recente, il punto oltre il quale il fenomeno decolla e contagia masse enormi di individui.
Il punto più delicato sta nel convincere le persone a diventare veicoli del contagio (di solito avviene gratis), infatti esse nel dare un consiglio a qualcuno del proprio gruppo di riferimento si giocano in parte nome e attendibilità, perché dunque dovrebbero farlo?
Normalmente è un fatto d'immagine, dunque un ritorno di tipo intangibile legato al rafforzamento della propria leadership in fatto di opinioni e al propri prestigio sociale nel gruppo.
Questo comporta anche una maggiore attenzione nel svolgere il proprio compito perché più si diventa influenti e più una brutta figura o un suggerimento sbagliato diventano pesanti.
Qualche benfit tangibile poi viene da campioni omaggio e altri piccoli regali/gadget, ma in effetti è l'aspetto immateriale a farla da padrone nella motivazione.
Quanto costa tutto ciò in termini economici? Per ora relativamente poco, visto che si tratta di una materia ancora in evoluzione e che i costi per la gestione degli opinion leaders sono pressoché nulli, una campagna tipo con la Bzz Agent viene a costare grossomodo 100mila dollari.
I costi di fatto sono uno degli elementi di forza del viral marketing ma anche i risultati in termini di efficacia non sono da buttare.
Con espedienti di Buzz Marketing Penguin ha venduto tirature record di romanzi di autori sconosciuti, le salsicce Al Fresco hanno raddoppiato le loro vendite, Hasbro e Lego sono riusciti a far diventare popolari dei giochi fra i bambini prima ancora che fossero lanciati sul mercato e la già citata Procter&Gamble ha fatto lo stesso con le Pringles in Italia.
Alla base del successo però ci deve sempre essere un'idea valida per spingere l'opinion leader a farsi carico, di fatto spontaneamente, del suo ruolo di “untore” del brand.
Altrimenti detto: non sempre funziona.
Iniziative come se porti un amico ti faccio uno sconto non sono vero viral marketing (ma sales promotion), occorre che le persone siano realmente coinvolte per spingere avanti il prodotto, anche senza niente in cambio.
Ci vogliono individui legati al prodotto da interessi personali e appartenenza sociale, l'oggetto da pubblicizzare deve avere davvero qualcosa di innovativo e altrettanto deve esserlo il modo di presentarlo.
E bisogna sapere osare, avendo alle spalle un brand forte.
GIANLUIGI ZARANTONELLO
LINK UTILI E BIBLIOGRAFIA WEB DELL'ARTICOLO
http://www.bzzagent.com/
http://www.permission.com/
http://www.gladwell.com/
http://www.sethgodin.com/
http://www.percheinternet.it/autoformazione/viral-marketing.html
http://www.buzzmarketing.com/
http://www.undicom.it/ (link completo >>)
A breve l'interazione tra i due noti networks di messaggeria istantanea sarà resa possibile grazie ad un apposito accordo. Gli utenti di Msn e di Yahoo, mantenendo il proprio indirizzo, potranno scambiarsi files e comunicare tramite messaggi o voce.
La portata di questa intesa è ampissima coinvolgendo ad oggi quasi 50 milioni di persone per una quota che si aggira intorno al 44% del mercato. Cosa ne penseranno quelli di AOL che fino ad oggi controllavano il settore con un (non più) rassicurante 55%? Ma oltre a minacciare così da vicino AOL, questa mossa potrebbe essere stata pensata anche per prendere subito le distanze dal recente servizio di instant messaging Google Talk, che pur potendo contare solo su una quota dell' 1%, rimane sempre un componente della famiglia Google e come tale da non sottovalutare.
Proprio in questi giorni leggo su Reuters che Yahoo! ha ufficialmente annunciato che renderà disponibile nelle ricerche il lavoro autopubblicato dei blogger sul web oltre a quello tradizionale giornalistico, sfumando le distinzioni tra le due fonti di informazione. L’utilizzo di questa nuova modalità di ricerca potrà dare visibilità a certe informazioni che non sono pubblicate dai canali ufficiali perché ritenute poco significative ma che invece, per comunità ristrette, possono essere molto rilevanti. Per questo motivo la scelta di abbinare le news pubblicate da professionisti e i commenti della gente comune sembra in gradi di arricchire il flusso di informazioni sull’attualità. I livelli di ricerca saranno quindi tre: il primo presenterà i tradizionali link ai siti più popolari mentre in una seconda pagina sarà possibile accedere a due sezioni che mostrano rispettivamente le news provenienti da 6.500 fonti tradizionali e centinaia di link a blog. Questa iniziativa mostra l’importanza assunta dai canali di comunicazione “non-ufficiali”, che spesso per rapidità nell’anticipare i rumors e per rigore nell’informazione fornita si collocano in competizione se non al di sopra del siti tradizionali. D’altro canto, così come è democraticamente in grado di dare libertà di parola a tutti, internet rende a volte difficile la verifica dell’attendibilità delle informazioni fornite, specialmente quanto pubblicate nei blog. Le informazioni così reperite, inoltre, non sono soggette ad alcun controllo, e potrebbero quindi rivelarsi offensive o volutamente fuorvianti. In ogni caso mi sembra un primo passo interessante verso una comunicazione più libera e globale, spostando in parte il monopolio dell’informazione da pochi eletti a chiunque sia armato di pc e buona volontà.
Il recentissimo DoubleClick's quarterly e-mail marketing report non lascia dubbi: nel secondo trimestre del 2005 la percentuale di apertura di e-mail di marketing di poco superiore al 27%, e conferma una chiara tendenza la ribasso che era già stata evidenziata nei mesi precedenti.
Ma quali possono essere i motivi di questo tracollo? In parte la riduzione può essere attribuita all’utilizzo in molte aziende di applicativi per la lettura della posta elettronica in grado di bloccare le immagini, e che determinano una riduzione del dati statistici disponibili. L’uso di immagini molto piccole permette infatti il tracking delle risposte da parte dei destinatari.
I sistemi di posta descritti, inoltre, bloccando le immagini e spostando la formattazione rendono spesso l’email quasi illeggibile. Utilizzando Lotus Notes da quasi tre anni ormai posso dirlo con assoluta certezza (e numerose aziende hanno questa soluzione).
A parziale compensazione di questo andamento negativo Il click-to-purchase conversion rate è cresciuto dal Q2 2004 del 27,8% (da 3,6 % al 4,6% del Q2 2005), anche se fatturato associabile alla singola e-mail è al palo dal 2004, e si attesta a 0,20 centesimi di dollaro.
Secondo DoubleClick in questo caso la colpa non è però dello strumento ma del momento economico difficile, in quanto l'acquisto medio derivante da un’email promozionale è anch’esso sceso nel periodo considerato.
Ma chi l�ha detto che il pesce è dietetico? Secondo l�Americana Chicken of the Sea, nel caso del tonno in scatola, la soluzione migliore per mantenere la linea consiste comprare un prodotto a basso contenuto di grassi.E per far capire o rischi legati ad una cattiva alimentazione non c�è niente di meglio di un bel video in stile viral marketing , che mostri chiaramente le conseguenze nefaste che una dieta poco equilibrata possono portare.Il video originale, tailandese, è targato 2001 e ha fatto il giro della rete riscuotendo un successo tale da essere riproposto in chiave aggiornata anche in America. Per chi non lo avesse ancora visto è possibile trovarlo ancora online qui, mentre a questo indirizzo è disponibile la versione americana, sostanzialmente simile.Entrambi gli spot hanno procurato un�ottima visibilità all�azienda senza particolari costi salvo quelli di realizzazione, grazie al meccanismo del viral marketing. Che abbia anche redento qualche golosone?
eBay, dopo la recente acquisizione di Skype ha annunciato di voler investire nel settore dei servizi di sicurezza per siti, acquistando VeriSign.VeriSign, che nel 2004 ha gestito transazioni per oltre circa 40 miliardi di dollari, sarà acquisita entro la fine del 2005 e costerà ad eBay circa 370 milioni di dollari, tra contanti e azioni.eBay, che con PayPal è l’attuale attuale leader mondiale dei servizi per i pagamenti on line, grazie a questa integrazione potrà procedere con lo sviluppo di soluzioni integrate per pagamenti e operazioni di ecommerce.Vista la tipologia di acquisizione probabile che PayPal voglia estendere la propria sfera di influenza anche ai servizi di pagamento dedicati alle aziende, rendendo la sua piattaforma disponibile a decine di migliaia di nuove società medio-piccole che operano online.
Ennesimo annuncio clamoroso di Google in questi giorni: l'azienda di Mountain View si impegnerà a promuovere e distribuire Java e OpenOffice. Molti prodotti Sun, dal canto loro, offriranno la possibilità di scaricare anche la Toolbar di Google. Scopo di quest’intesa sembrerebbe essere combattere ad armi pari lo strapotere di Microsoft, che nel 2004 ha guadagnato oltre 11 miliardi di dollari grazie alle sole vendite di Office.L’alleanza consentirà di opporre Java a .Net, OpenOffice a Microsoft Office e i servizi Google a quelli proposti attraverso Msn. Le due società infatti collaboreranno n termini di ricerca e marketing, allo scopo di sviluppare OpenSolaris e il formato OpenDocum ent.Ma il grosso cambiamento che potrebbe derivare da questa intesa è legato agli sviluppi futuri, con lo scopo di spostare le applicazioni dai pc desktop ai server centrali affidando a internet il ruolo di piattaforma base per la distribuzione del software.Continua quindi la politica delle alleanze di Google, che non rinuncia ad intraprendere una nuova avventura i cui sviluppi potrebbero essere davvero interessanti.
Un articolo apparso in questi giorni su MediaGuardian evidenza come oltre i 2/3 delle aziende non percepiscano chiaramente il pericolo rappresentato per l’immagine del brand dalle dichiarazioni e recensioni che appaiono nei forum e nei blog sul web. La recente Blog Relations PR Survey ha messo in evidenza innanzitutto che più di 1 su 4, tra i manager che hanno risposto al sondaggio, ritiene che i blog con una grande popolarità siano in grado di influenzare l’immagine percepita dell’azienda (soprattutto in America, esistono blog specifici e molto frequentati, che prendono spesso di mira grossi player come Ryanair, Dell e BT). Oltre il 60% dei responsabili comunicazione intervistati è inoltre convinto che i blog frequentati da impiegati scontenti o clienti esasperati possano danneggiare la reputazione dell’azienda.Non tutti però sono dello stesso avviso e alcuni manager intervistati hanno dichiarato di considerare i blog come una delle tante realtà esterne che possono esercitare pressioni sull’azienda, ma che non per questo si debba “perdere tempo” cercando di comunicare con gli utenti.
Un aspetto sottolineato da molti è la consapevolezza che per molte aziende spesso sia difficile relazionarsi con questi blog in maniera efficace. La natura stessa della comunicazione, e le modalità di funzionamento dei blog sono infatti molto diverse dai tradizionali canali di comunicazione, e richiedono un approccio specifico. Ciò non toglie che siano però fonti inesauribili di informazioni del valore del proprio brand: in America l’80% dei manager che si occupano di comunicazione frequentano alcuni di questi blog almeno 5 volte a settimana, mentre se ci spostiamo in Europa la percentuale scende a meno del 36%.Nonostante queste difficoltà, proprio a seguito del riconoscimento dell’importanza di questi strumenti, alcune aziende, anche in Europa, si stanno organizzando per monitorare le comunità on-line, identificando le modalità più efficaci per entrare in relazione con loro. Se da un lato in questo modo le aziende potranno continuare nella ricerca di informazioni utili attraverso un media diretto e reale come internet, dall’altro c’è di sicuro alla base del tutto la speranza non tanto recondita di gestire e manipolare le informazioni che circolano sul blog.È la speranza che internet sta dando alle aziende da quando è nato, prima con i forum, poi con le community e ora con i blog. Gli interrogativi sono sempre gli stessi: come convincere gli utenti che gli sto offrendo uno spazio gratuito e “libero”? E se li convincessi, come monitorare l’informazione ed essere proattivi rispetto al mercato? Ma più di tutto, ciò che ancora non è chiaro è quanto l’investimento in un blog “aziendale” (che presupporrebbe come minimo un team di gestione tecnica, una redazione e un reparto marketing) possa essere redditizio in termini di costo contatto e risultato. In attesa quindi di poter giudicare dati alla mano l’eventuale strategicità di promuovere un blog o un forum all’interno del proprio sito, ritengo sia comunque utile essere consapevoli dell’importanza che queste nuove forme di comunicazione attualmente rivestono sia per capire meglio il reale punto di vista degli utenti che la percezione che questi ultimi hanno dell’immagine della nostra azienda.
Via Reuters la notizia che Time Warner e Microsoft hanno ripreso i colloqui relativi a una alleanza tra le loro unità Internet, America Online e MSN.
Le due società sono interessate a combinare i contenuti Web di Aol con la tecnologia relativa ai motori di ricerca di Microsoft.
I colloqui sono iniziati quest'anno, ma si sono bloccati alla fine dell'estate su diversi punti, compresi problemi tecnici e questioni relative al controllo. Molti ostacoli restano ancora da superare prima di un accordo, scrive il giornale, citando persone vicine alla trattativa.
Una fonte ha detto che se un accordo non sarà raggiunto entro l'anno, probabilmente salterà del tutto.
Time Warner sta discutendo anche con altre società interessate ad una partnership con Aol, scrive ancora il quotidiano.
Né Microsoft né Time Warner hanno commentato per il momento.
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