Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Facebook rimane il più popolare social network tra gli adolescenti americani di età compresa tra 13 e 17, secondo un nuovo sondaggio di Pew.
Anche se siti come Instagram e Snapchat si rivolgono sempre più alla fascia d'eta dei ragazzi, Facebook è ancora una "forza dominante", Pew ha detto. Tra gli oltre 1.000 ragazzi intervistati, il 71 per cento ha dichiarato di utilizzare Facebook, mentre il 41 per cento ha detto che Facebook è il sito che usano più di frequente su tutte le altre reti sociali. Instagram e Snapchat sono, rispettivamente, il secondo e terzo dei siti più utilizzati di frequente.
Mantenere (e anche trovarne di nuovo) pubblico adolescente è fondamentale per Facebook per attirare dollari di pubblicità, sia nel presente e soprattutto nel futuro. Nel frattempo, il ruolo di Facebook nella vita del tipico adolescente americano (perchè il sondaggio è stato condotto tra ragazzi americani) è stato più volte messa in discussione negli ultimi anni.
Indagini pubblicate l'anno scorso, come quelle di Piper Jaffray e Frank N. Magid Associates, hanno concluso che la popolarità di Facebook tra gli adolescenti è diminuita negli ultimi anni. Tuttavia, un sondaggio di Forrester sempre dello scorso anno ha ottenuto risultati più in linea con la nuova indagine di Pew e ha notato che Facebook è ancora il sito di social media più utilizzato tra gli adolescenti.
Ad ottobre 2013, il Chief Financial Officer di Facebook David Ebersman ha detto che ogni giorno l'uso di Facebook tra gli adolescenti più giovani era diminuito tra il secondo trimestre ed il terzo trimestre di quell'anno. Tuttavia, il mese successivo il Chief Operating Office di Facebook Sheryl Sandberg ha respinto tali preoccupazioni, dicendo che "la stragrande maggioranza dei ragazzi americani sono su Facebook, e la maggior parte degli adolescenti americani usano Facebook quasi ogni giorno."
Secondo il nuovo sondaggio di Pew, la maggior parte degli adolescenti trascorrono il loro tempo su più di un social network. Nello specifico, il 22 per cento degli intervistati usano ancora solo un sito, il 66 per cento dpreferisce Facebook, il 13 per cento usa Google+, il 13 per cento Instagram e il 3 per cento Snapchat.
Pew ha precisato che i ragazzi avevano più probabilità rispetto alle ragazze di dire che visitano Facebook più spesso - il campione era composto per il 45 per cento da ragazzi contro il 36 per cento di ragazze.
I ragazzi tra i 15 a 17 anni hanno più probabilità dei giovani adolescenti di età tra 13 e 14 anni di usare maggiormente Facebook (il 44 per cento dei ragazzi più grandi contro il 35 per cento dei ragazzi più giovani). Gli adolescenti più giovani si sono rivelati essere più appassionati di Instagram dei ragazzi più grandi. Questa è ancora una buona notizia per Facebook, in quanto la società ha pagato 1 miliardo di dollari l'acquisizione di Instagram nel 2012.
Pew ha anche interrogato i ragazzi per il loro numero di amici di Facebook. Tra gli intervistati, il tipico adolescente ha 145 amici in rete. Nel dettaglio, il 30 per cento ha riferito di avere amici in numero tra 0 e 100, il 12 per cento tra 101 e 200 amici, il 9 per cento tra 201 e 300 amici, e il 15 per cento oltre 300 amici. Circa un terzo dei ragazzi intervistati ha dichiarato di non essere sicuro di quanti amici in Facebook avevano.
Il sondaggio di Pew è stato condotto online negli Stati Uniti in inglese e spagnolo tra circa 1.060 ragazzi di età compresa tra 13 e 17 anni, insieme a un genitore o tutore, dal 25 settembre al 9 ottobre 2014 e ad altre 44 coppie di adolescenti/genitori dal 10 febbraio al 16 marzo 2015.
Via PianetaCellulare.it
Con il progetto Google Plus in netto declino e clinicamente morto, Google potrebbe lanciare una offerta di pubblico acquisto per Twitter per dotarsi di uno strumento social e rilanciare una ulteriore integrazione tra il proprio motore di ricerca e l'enorme flusso informativo di Twitter.
Si tratta per ora solo di voci di corridoio, sufficienti a far volare il titolo in borsa del 4%.
Secondo le indiscrezioni, circolate a Wall Street, Google si sarebbe rivolta alla società Goldman Sachs per valutare il caso e preparare l'offerto di acquisizione delle azioni che, come forse saprete già, sono quotate al Nasdaq.
In queste occasioni, l'acquirente ha l'obbligo di annunciare una offerta di pubblico acquisto ovvero una promessa di acquisire le azioni detenute da investitori e risparmiatori ad un prezzo prefissato. In caso di adesione di una certa quota azionaria, l'operazione si conclude effettivamente. Per avere il controllo sicuro di una società quotata, è necessario disporre del 50% +1 delle azioni totali, anche se in realtà, in molti casi, un buon 30% è sufficiente per averne il controllo di fatto.
A leggere i commenti sui siti americani, sembrerebbe che la notizia possa trovare effettivamente delle basi solide.
Google dispone di ampia liquidità, calcolata intorno ai 60 miliardi di dollari e deve in qualche modo sopperire alla mancanza di un progetto Social in grado di funzionare a dovere.
Inoltre, come già accaduto in passato, l'integrazione con Twitter darebbe anche un certo valore aggiunto a Google che potrebbe includere i tweet nei risultati di ricerca, sfruttando la dote di istantaneità tipica di Twitter.
Altro punto da considerare, l'ipotesi che Google, messe le mani sul cuore del social network, possa acquisire dettagli da sfruttare poi nel proprio algoritmo di ricerca, aggiungendo una interessante componente social per stabilire l'importanza e l'ordinamento nei proprio risultati di ricerca.
Riguardo Twitter, il sistema si presa decisamente bene alla rivoluzione Mobile in corso, per la sua stessa natura.
Via PianetaCellulare
All'inizio di marzo sono stato ospite di SAP e di DMA Italia al SAP Executive Summit nella splendida cornice di Villa d’Este a Cernobbio, e in particolare nella prima parte del meeting ho partecipato alla sessione sul consumatore digitale.
Con una location così…
La domanda da cui partiva il dibattito era proprio: esiste il cliente digitale? La risposta, che condivido, è no.
Digitale? Sì, ma quando mi fa piacere esserlo
Il punto di partenza è semplice, esiste il cliente, anzi forse sarebbe corretto dire i clienti perché ciascuno di essi ha un percorso sempre più personale ed è difficile racchiuderlo in etichette. In questo senso, come detto giustamente anche dalla brava Mafe De Baggis che ha condotto parte dell’incontro, l’utilizzo degli strumenti tecnologici avviene quando questo risponde ad un’esigenza ed è spontaneo, non c’è un momento in cui un cliente si mette consapevolmente il cappellino “consumatore digitale”! Come tutti quelli che si occupano di digital da tanto tempo poi anche Mafe è ormai stufa di vedere questo ambito come qualcosa di separato ed esoterico, e tanto meno pensa che questa separazione esista per le persone.
Come ho scritto anche io tante volte, bisogna invece pensare al mobile, al social, al web, al cloudcome qualcosa che fa parte di un contesto di vita (e di strategia aziendale) e che si sposa in modo coerente con tutto il resto. Molte delle tendenze, come ad esempio lo sharing e certe forme di socializzazione, in realtà non sono certo nate con i social media o i cellulari, questi strumenti le hanno fatte evolvere, trasformate, potenziate, come già tante invenzioni prima di essi. La digitalizzazione quindi è un elemento del quotidiano, ed il fatto che un evento importante come quello di SAP sia stato dedicato alla digital transformation mi sembra un’ottima prova.
La conversazione ci piace, ma meno dell’informazione
Un’altra cosa che condivido in pieno è il fatto che il social è uno strumento di relazione prezioso ma che nel tempo si è creata una mitologia circa il cliente che vuole conversare con noi, che va quanto meno integrata. Se è indubbio infatti che una comunicazione puramente promozionale è distonica in cui contesto in cui le persone si stanno obiettivamente facendo i fatti propri è altrettanto vero che le stesse persone per fare conversazione non stanno di certo cercando un brand.
Che cosa vuole da noi allora il cliente? Informazioni prima di tutto
Il social è diventato una estensione di Google e del SEO, per cui le persone che cercano risposte su di un brand si aspettano di trovarlo (anche) nel loro network preferito, per soddisfare le loro necessità. Questo non vuol dire di certo che gli owned media vanno abbandonati per gli earned o che sesiamo veloci a rispondere sul social abbiamo risolto tutti i nostri guai (e il call center che ci mette tre giorni, non siamo sempre noi?)! Più semplicemente il cliente cerca di rispondere a dei suoi bisogni, nel contesto (parola molto importante) in cui si trova.
La convergenza di ruoli continua a pieno ritmo
Concludo sottolineando con piacere che la convergenza fra ruoli di IT e business prosegue spedita:al di là del tema digital transformation infatti anche i partecipanti all’evento parlavano chiaro, con solo la metà dei delegati con cariche di CIO o equivalente. Il resto erano persone di marketing, HR o di altri rami del business. Ci avreste scommesso solo due o tre anni fa?
Gianluigi Zarantonello via Internetmanagerblog.com
Chi l’ha detto che le donne sono le e-shopper più accanite? Almeno in Usa, stando a una ricerca di Bronto Software, con dati rilasciati nel mese di marzo 2015, la situazione sarebbe esattamente opposta, con i compratori maschi ad avere il click sul tasto buy più frequente rispetto alle femmine.Tre su 10 degli acquirenti digitali negli Stati Uniti, infatti, hanno dichiarato di fare un acquisto on-line almeno una volta alla settimana, rispetto a meno di un quinto degli intervistati di sesso femminile. E mentre quattro donne su 10 fa acquisti on-line di tanto in tanto, gli uomini sono ancora i più propensi a fare acquisti online almeno una volta al mese o più: il 62% contro il 58%.
Un’altra ricerca, quella di dicembre 2014 condotta da Ipsos Public Affairs ha scoperto che gli uomini si sono dimostrati leggermente più entusiasti rispetto alle donne nel fare shopping natalizio online. Il 31% degli utenti maschi statunitensi ha fatto shopping digitale il giorno del Ringraziamento e il Black Friday, le occasioni calde per gli acquisti d’oltreoceano a ridosso delle festività, contro il 28% delle femmine.
I maschi sono anche coloro che spendono cifre più rilevanti rispetto alle femmine per gli acquisti da mobile. Secondo uno studio di novembre 2014 condotto da Harris Poll per la Interactive Advertising Bureau (IAB) Mobile Marketing Center of Excellence e Market Insights Precision di Verizon, il 35% degli americani maschi adulti possessori di smartphone hanno speso 51 dollari o più ogni mese per gli acquisti tramite i loro telefoni, contro il 20% delle donne.
Via Tech Economy
Instagram vanterà più di 100 milioni di utenti degli Stati Uniti entro il 2018, dicono le stime di eMarketer, e nel corso del 2015 il pubblico del social network aumenterà quasi del 21%, raggiungendo i 77,6 milioni utenti. Dati che danno conto del continuo apprezzamento del social, di proprietà di Facebook dal 2012.
Ma quali sono le categorie di brand che usano di più Instagram in Usa? Se lo è chiesto Yesmail che ha rilevato come, a fronte di una crescente adozione, innanzitutto ci sia un ampio margine di miglioramento lato brand: Instagramsolo il 23% dei marchi degli Stati Uniti ha avuto un account su Instagram, la cifra più bassa rispetto a ogni altro social network studiato tra cui Twitter (82%), Facebook (80%), YouTube (60%) e Google+ (37%). I ristoranti sono quelli più attivi con il 31,1% dei clienti YesMail che hanno dichiarato di avere un account su Instagram. Seguono ristoranti e hotel e alberhi, categorie legate al mondo più ampio delle vacanze e del relax. E sono gli stessi brand ad apprezzare lo “sbarco” sul social visuale per eccellenza: sempre secondo Yesmail, marche presenti sul social network hanno visto il numero di seguaci crescere anche del 278% in media nel 2015, più di qualsiasi altra piattaforma studiate.
Ma occhio alla frequenza dei post: i marchi non dovrebbero intasare i follwer con troppi messaggi secondo il principio sempre valido che la qualità conti più della quantità. Secondo dati L2 Think Tank brands monitorati in tutto il mondo hanno condiviso una media di 121 posti durante il Q4 del 2014 e hanno visto un tasso di engagement del 1,03%, in assoluto il più basso registrato lo scorso anno. Al contrario nel Q1 del 2014, con 110 post, il medesimo tasso arrivava a all’1,15%.
Via Tech Economy
All’evento F8 dedicato all’ecosistema di sviluppo che ruota attorno a Facebook , David Marcus, incaricato in Facebook dei servizi di messaggistica , ha presentato un progetto che mira a trasformare Messenger in una piattaforma di scambi finanziari. Si tratta della seconda tappa di avvicinamento al settore dei pagamenti di Facebook .
Il social media aveva già annunciato il suo progetto che permette agli utenti di scambiarsi denaro tra amici. Marcus era uscito da Paypal proprio per preparare la strategia finanziaria di Messenger. I pagamenti rappresentano già il 7 percento di fatturato del gruppo. I professionisti con Business on Messenger potranno fare ordini ai loro fornitori,ricevere alert sulle spedizioni o entrare in contatto con i servizi per la clientela. Il tutto senza passare per le email tradizionali. Resta ancora da risolvere come pagare le fatture. Per Facebook si tratta di rendere Messenger uno spazio in cui comunicare con le imprese oltre che con le persone
Ma con Gmail Google non sta ferma. Secondo una informazione di Re/Code il gigante americano punta la progetto battezzato Pony Express che permetterà di pagare fatture attraverso la messaggistica. Per fare questo gli utenti dovranno sottoscrivere un account legato a Google Wallet, il sistema di pagamento di Google. Per Google o Facebook il potenziale è enorme. Gmail è utilizzata da 425 milioni di persone nel mondo. Quanto a Facebook gli utenti di Messenger sono 600 milioni. Un portfolio clienti immenso. Qualche esperto ha parlato di un fenomeno di “uberizzazione” del settore bancario da parte delle società di messaggistica. In realtà l’obiettivo è più complesso e punta al mix di e-commerce e pagamenti da un unica interfaccia.
I giganti dell’hi-tech cercano di andare in profondità nell’economia mondiale e i sistemi di scambio di denaro o di pagamento sono un elemento fondamentale per farlo. Così le soluzioni sono numerose , resta da convincere il parco degli utenti.
Via TechWEEKeurope
In Italia la tv è ancora il mezzo più usato per la fruizione di video (l’84% la usa per vedere film contro l’81% della media Ue; l’81% per i notiziari contro l’80% media Ue; il 77% per i documentari contro il 79% media Ue), ma si tratta di una fruizione che ha sempre più a che fare con device mobili e social media: il 10% degli italiani, infatti, usa il tablet per visualizzare notiziari mentre a febbraio i post relativi a programmi sono stati 6,4 milioni generando 433 milioni di impression (cioè il numero di visualizzazioni di una pagina web). I dati emergono dall’indagine Digital Landscape and The Impact of TV Everywhere condotta da Nielsen su un campione di 30.000 individui in 60 Paesi.
Il 72% degli italiani dichiara di volere essere connesso sempre e ovunque (contro il 66% della media Ue). Il 66% sottolinea che lo schermo televisivo deve essere grande, rispetto al 55% della media europea. “Dai dati della nostra survey – spiega l’ad di Nielsen Italia Giovanni Fantasia – emerge che i ‘second screens’ (pc, tablet, smartphone) stanno diventando un’estensione strutturale di quello televisivo, al punto che i produttori di contenuti sono chiamati ad affrontare la sfida di fornire vere e proprie esperienze di entertainment fruibili attraverso diversi strumenti mediatici. Ne derivano nuove opportunità per l’intero comparto della comunicazione”.
Quanto all’uso social della tv, il 39% degli intervistati dichiara di tenersi aggiornato sui programmi per poter partecipare al dibattito su Twitter e Facebook, mentre il 29% guarda più volentieri un programma se ha una sponda di condivisione in rete. Nello stesso tempo il 26% proprio mentre guarda la tv si mette in contatto con altre persone via web e il 47% naviga in internet. Questo perché sempre più spesso le relazioni “faccia a faccia” sono sostituite con scambi virtuali: trend riconosciuto dal 62% degli italiani e se solo l’8% già cerca l’anima gemella sul web, il 26% pensa di farlo in futuro. Il 66% del campione (media Ue 58%) preferisce i programmi in diretta, anche se la visione differita è molto gradita dal 55%, poiché dà la possibilità di accedere alle puntate perse dei programmi preferiti, anche guardando più episodi in uno stesso giorno. Per i video di breve durata (inferiori a 10 minuti), spiega Nielsen, il pc è al primo posto (62% degli intervistati), lo smartphone al secondo (27%) seguito dal tablet (24%). Il 49% guarda la tv durante i momenti di relax in famiglia, il 52% mentre mangia, il 67% quando è solo a casa e il 54% per passare il tempo. In questi ultimi due momenti gli italiani usano contemporaneamente tv e pc (rispettivamente 50% e 44%) e tv e tablet (16% e 18%). Pc, tablet e smartphone vengono usati principalmente per ricerca di informazioni (67%), lettura di notizie (67%), rapporti con famigliari e amici (63%). Per il futuro, emergono tre probabili aree di sviluppo: il 49% degli italiani si dichiara interessato a utilizzarli come strumenti per acquistare beni alimentari (il 14% ne fa già uso), il 50% alla condivisione di informazioni mediche (il 17% già ora utilizza i device per questo), il 32% vorrebbe fare operazioni bancarie (50% dato attuale) e il 43% pagare le bollette (36% dato attuale).
Via Tech Economy
Che fosse un piano inclinato lo si era capito da tempo ma questo dato degli Usa più che una conferma è un segnale di accelerazione. Lo streaming audio si sta imponendo come piattaforma di distribuzione e fruizione della musica online. Nel 2014, certifica la Riia the Recording Industry Association of America,, per la prima volta i servizi e quindi gli abbonamenti di musica in streaming hanno superato per giro d’affari quello della vendita dei Cd. Il dato è relativo agli Stati Untiti ma la tendenza sembra essere la stessa anche in Europa. E’ dagli anni Novanta che il compact disc rappresenta la più importante fonti di finanziamento dell’industria musicale. Il primo segnale di declino è arrivato nel 2012 con il sorpasso da parte del download. E oggi è il momento dello streaming. Interessante anche l’andamento del download che sta rallentando negli ultimi due anni. Per fornire due numeri l’anno scorso il fatturato ai Cd è stato di 1,86 miliardi di dollari, quello dello streaming che poi vuol dire Spotify, Pandora e iTunes Radio è salito a 1,87, triplicando nell’arco di tre anni. Il download invece continuam a viaggiare a quota 2,58 miliardi, con un trend come detto in calo.
Via IlSole24Ore.com
Record di utenti online e massiccia presenza sul social network: il 12esimo Rapporto Censis-Ucsi sulla comunicazione presentato oggi a Roma, dà conto di un trend in continua crescita: nel 2015 gli utenti di internet aumentano ancora (+7,4% rispetto al 2013) e arrivano alla quota record del 70,9% della popolazione italiana anche se solo il 5,2% di essi si connette con banda ultralarga. E continua la forte diffusione dei social network: è iscritto a Facebook il 50,3% dell’intera popolazione (il 77,4% dei giovani under 30), YouTube raggiunge il 42% di utenti (il 72,5% tra i giovani) e il 10,1% degli italiani usa Twitter.
La televisione continua ad avere una quota di telespettatori che coincide sostanzialmente con la totalità della popolazione (il 96,7%), con un rafforzamento però del pubblico delle nuove televisioni: la web tv è arrivata a una utenza del 23,7% (+1,6% rispetto al 2013), la mobile tv all’11,6% (+4,8%), mentre le tv satellitari si attestano a una utenza complessiva del 42,4% e ormai il 10% degli italiani usa la smart tv connessa in rete. Anche per la radio si conferma una larghissima diffusione di massa (l’utenza complessiva corrisponde all’83,9% degli italiani), con l’ascolto per mezzo dei telefoni cellulari (+2%) e via internet (+2%) ancora in ascesa. L’uso degli smartphone continua ad aumentare vertiginosamente (+12,9%) e ora vengono impiegati regolarmente da oltre la metà degli italiani (il 52,8%), mentre i tablet praticamente raddoppiano la loro diffusione nel giro di un biennio e oggi si trovano tra le mani di più di un quarto degli italiani (il 26,6%).
Sul fronte della carta stampata, invece, l’indagine non rileva una inversione di tendenza rispetto alle perdite del passato: -1,6% i lettori dei quotidiani rispetto al 2013, tengono i settimanali e i mensili, mentre sono in crescita i contatti dei quotidiani online (+2,6%) e degli altri portali web di informazione (+4,9%). Dopo la grave flessione degli anni passati, non si segnala una ripresa dei libri (-0,7%): gli italiani che ne hanno letto almeno uno nell’ultimo anno sono solo il 51,4% del totale, e gli e-book contano su una utenza ancora limitata all’8,9% della popolazione (+3,7%).
Spiccano le distanze tra i consumi mediatici giovanili e quelli degli anziani. Tra i giovani la quota di utenti della rete arriva al 91,9%, mentre è ferma al 27,8% tra gli anziani; l’85,7% dei primi usa telefoni smartphone, ma lo fa solo il 13,2% dei secondi; il 77,4% degli under 30 è iscritto a Facebook, contro appena il 14,3% degli over 65; il 72,5% dei giovani usa YouTube, come fa solo il 6,6% degli ultrasessantacinquenni; i giovani che guardano la web tv (il 40,7%) sono molti di più degli anziani che fanno altrettanto (il 7,1%); il 40,3% dei primi ascolta la radio attraverso il telefono cellulare, dieci volte di più dei secondi (4,1%); e mentre un giovane su tre (il 36,6%) ha un tablet, solo il 6% degli anziani lo usa. Al contrario, l’utenza giovanile dei quotidiani (il 27,5%) è ampiamente inferiore a quella degli ultrasessantacinquenni (il 54,3%).
Oggi le prime cinque fonti di informazione usate dagli italiani sono: i telegiornali (utilizzati dal 76,5% per informarsi), i giornali radio (52%), i motori di ricerca su internet come Google (51,4%), le tv all news (50,9%) e Facebook (43,7%). Aumento record dell’utenza delle tv all news, in crescita del 34,6% rispetto al 2011, Facebook +16,9%, le app per smartphone +16,7%, YouTube +10,9% e i motori di ricerca guadagnano il 10% dell’utenza di informazione. Ma tra i più giovani la gerarchia delle fonti cambia: al primo posto si colloca Facebook come strumento per informarsi (71,1%), al secondo posto Google (68,7%) e solo al terzo posto compaiono i telegiornali (68,5%), con YouTube che non si posiziona a una grande distanza (53,6%) e comunque viene prima dei giornali radio (48,8%), tallonati a loro volta dalle app per smartphone (46,8%).
Ma cosa fanno gli italiani su internet? Si cercano strade e località (lo fa il 60,4% degli utenti del web), informazioni su aziende, prodotti, servizi (56%). Poi viene l’home banking (46,2%) e un’attività ludica come l’ascolto della musica (43,9%, percentuale che sale al 69,9% nel caso dei più giovani). Fa acquisti sul web ormai il 43,5% degli utenti di internet, ovvero 15 milioni di italiani. Guardare film (25,9%, percentuale che si impenna al 46% tra i più giovani), cercare lavoro (18,4%), telefonare tramite Skype o altri servizi voip (16,2%) sono altre attività diffuse tra gli utenti di internet. Sbrigare pratiche con uffici pubblici è invece un’attività ancora limitata al 17,1% degli internauti.
Gli utenti si servono sempre di più di piattaforme telematiche e di provider che li mettono a diretto contatto con i loro interlocutori o con i servizi di loro interesse, evitando l’intermediazione di altri soggetti. “Si sta sviluppando così una economia della disintermediazione digitale che sposta la creazione di valore da filiere produttive e occupazionali tradizionali in nuovi ambiti. Negli anni della crisi la diminuzione delle disponibilità finanziarie ha costretto gli italiani a tagliare su tutto. Ma non sui media digitali connessi in rete, perché grazie ad essi hanno aumentato il loro potere individuale di disintermediazione, che ha comportato un risparmio netto finale nel bilancio familiare”.
Via Tech Economy
Un modo semplice per inviare denaro agli amici? Facebook ha annunciato in via ufficiale l'introduzione nella sua app mobile Messenger la funzione che permetterà di fare proprio questo: inviare denaro agli tuoi amici. Facebook spera che gli utenti inizino a scambiarsi denaro con la sua app invece di affidarsi ai servizi concorrenti come Paypal.
Il servizio di social-networking ha annunciato la novità Martedì, spiegando che gli amici in Facebook potranno presto inviare denaro ad un altro amico, dopo aver associato al proprio account le informazioni dei loro conti di carte di credito dei circuiti MasterCard o Visa. E' possibile attivare la funzione toccando il simbolo del dollaro presente nella conversazione con un amico nell'app Facebook Messenger.
Circa 500 milioni di persone attualmente utilizzano Messenger, quindi potenzialmente Facebook ha una grande base di utenti che possono utilizzare la nuova funzione - che inizialmente viene resa disponibile solo negli USA.
Facebook spera di battere una lista crescente di concorrenti. Square, per esempio, ha collaborato con Snapchat a novembre per dare agli utenti del servizio di messaggistica un modo semplice per scambiarsi denaro a vicenda. Venmo di PayPal e Square Cash sono altri servizi che rendono più semplice per gli utenti lo scambio di moneta.
La funzione di pagamento potrebbe contribuire a rendere l'app di messaggistica mobile di Facebook universale. Alla fine dello scorso anno, il social network ha registrato quasi 1,2 miliardi di utenti al mese che hanno acceduto da un dispositivo mobile, ma meno della metà in realtà utilizza il servizio Messenger dell'azienda. Facebook lo scorso anno ha acquisito Whatsapp per più di 19 miliardi di dollari, che conta 700 milioni di utenti in tutto il mondo - ma non offre servizi di pagamento.
Nel frattempo, i concorrenti, come Snapchat, sono cresciuti da piccole start-up a mostri del settore, in parte integrando nelle loro app nuove funzionalità di tendenza tra gli utenti più giovani. Snapchat è particolarmente popolare tra i giovani tra i 14 anni e i 34 anni, secondo il ricercatore di mercato eMarketer. Questo gruppo di età corrisponde anche a quello che maggiormente utilizza i servizi di messaggistica istantanea, la cui maggiore parte dei membri non ha un conto in banca, secondo le indagini da parte della Federal Deposit Insurance Corporation. Questi nuovi servizi di pagamento potrebbero contribuire a cambiare la situazione, e far utilizzare le app anche a coloro che rientrano in altre fasce di età maggiori.
I pagamenti mobili stanno diventando una delle più grandi tendenze nella Silicon Valley. Apple ha introdotto il suo servizio di mobile-payment Apple Pay lo scorso anno, permettendo ai possessori dell'ultima generazione di iPhone e (presto) i proprietari di Apple Watch di sfruttare i loro dispositivi per pagare presso i negozi dotati dei POS abilitati. I concorrenti Samsung, Google e PayPal offrono servizi simili - o presto come nel caso di Samsung (con Samsung Pay introdotto con Galaxy S6).
La funzione per inviare denaro agli tuoi amici sarà disponibile per gli utenti iOS e Android nei prossimi mesi, solo negli USA, ha detto la società.
E' da Ottobre che Facebook prepara il sistema di pagamenti in Messenger Uno studente e sviluppatore della Stanford University, Andrew Aude, ha anticipato lo scorso Ottobre 2014 quella che Facebook ha confermato solo a marzo 2015 come nuova caratteristica per Facebook Messenger. La caratteristica in questione è il sistema di pagamento online che Facebook si appresta di integrare direttamente nella sua app Messenger, che non sarà più quindi usata solo per parlare con gli amici ma anche per scambiare denaro. Andrew Aude al tempo ha fornito una prova di quello che ha scoperto, ossia uno screenshots che ha mostrato chiaramente che, all'interno di una conversazione, è possibile attivare un menu da cui poter scegliere la fonte (carta di debito) da cui prelevare il denaro e inviarlo al contatto. Funzionerebbe un po' allo stesso modo di come si invia una foto, per intenderci.
Via PianetaCellulare
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