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  mymarketing.it: il marketing fresco di giornata... di Admin
 
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Errare è umano, ma per incasinare davvero tutto è necessario un computer.

Arthur Bloch
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\\ : Storico (inverti l'ordine)
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Altri Autori (del 23/04/2013 @ 07:02:38, in Social Networks, linkato 1920 volte)

Il mondo dell’auto è uno dei più ricercati in rete e Bmw, Fiat, Volkswagen, Mercedes e Alfa Romeo. sono i marchi maggiormente ricercati e di cui si discute di più online. L’informazione è conferma di uno studio condotto da Blogmeter presentato al recente ‘Internet Motors’ di Roma. La ricerca ha preso in considerazione 50 brand di automobili ed analizzato quasi 280.000 conversazioni sul web, 8 milioni di interazioni su Facebook e oltre 30 mila su Twitter.

Dalla ricerca emerge come la maggior parte delle discussioni sul web riguardo questi brand, che avvengono principalmente nei Forum, siano utili per confrontarsi circa le decisioni d’acquisto e per informarsi e commentare i nuovi modelli in uscita sul mercato. Prendendo in considerazione Twitter e Facebook, si scopre che il primo è ancora poco sviluppato per l’argomento e che difficilmente viene utilizzato per comunicare con il pubblico italiano; il secondo, invece, è molto più utilizzato, ma spesso solo come vetrina e non con lo scopo di preoccuparsi delle preferenze del cliente.

Dall’indagine emerge, inoltre, che il brand più discusso del trimestre è Bmw a cui si riferiscono il 13,6% delle discussioni sulle auto, seguito da Fiat con il 10,6% e a poca distanza da una triade di marchi come Volkswagen, Mercedes ed Alfa Romeo.

Su Facebook, la maggior parte dei marchi ha una pagina per ogni Paese, altri come Fiat, Lancia e Nissan hanno deciso di accorpare le pagine utilizzando le Global Page. I brand di lusso invece preferiscono utilizzare una sola pagina internazionale nella quale dialogano in lingua inglese. Il brand con più fan in Italia è Ferrari con quasi 800 mila fan italiani sugli oltre 11 milioni totali, seguito da Audi Italia (540 mila), Citron Italia (420 mila), mentre Fiat è in dodicesima posizione con 220 mila fan.

Fiat è molto più attivo su Twitter dove si conferma primo brand con oltre 25 mila follower e 2.341 mention (il profilo si rivolge anche ad utenti di lingua inglese), anche se nel trimestre le crescite maggiori vengono registrate da Ford Italia e Seat Italia. Infine la Facebook Engagement Map (che incrociando le dimensioni “total fan” e “total engagement”, posiziona le pagine Facebook in quattro quadranti che ne qualificano le performance: Leaders, Engagers, Collectors e Laggards), nella quale Blogmeter ha considerato soltanto le pagine che parlano in lingua italiana, mostra come il brand che performa meglio sia Audi Italia, il cui post più engaging (un video di presentazione della nuova Audi A3 Sportback) è stato anche il secondo miglior post di marzo per numero di interazioni tra tutte le pagine italiane. Completano il settore dei leader Volkswagen Italia, Bmw Italia, Citron Italia e Mini Italia.

Via Tech Economy

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Di Altri Autori (del 19/04/2013 @ 07:55:36, in Internet, linkato 1944 volte)

Continua la corsa degli investimenti pubblicitari sul web, che nel Stati Uniti, mercato principe a livello mondiale, hanno toccato un nuovo picco nel 2012. L’anno si è concluso con un trimestre da 10,31 miliardi di dollari (+14,9% rispetto allo stesso periodo del 2011).

Da Oltreoceano arrivano dunque buone notizie per il settore internet, che tra ottobre e dicembre ha fruttato come mai prima sino ad ora, nonostante i venti di crisi siano tutt’altro che sopiti, anche in America. La rete è capace di attirare i pubblicitari anche quando i budget sono ridotti, facendo leva sull’enorme mole di utenti potenziali e sui costi relativamente bassi delle campagne online.

La chiusura in grande stile ha permesso al mercato pubblicitario statunitense di incassare sul web 35,57 miliardi di dollari nell’intero 2012. Un record che probabilmente sarà battuto già nel 2013 e che sin d’ora manda segnali di ripresa a tutta l’economia mondiale: il digitale può essere la zattera per guadare la recessione.

Via Quo Media

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Di Altri Autori (del 18/04/2013 @ 07:17:59, in Media, linkato 3027 volte)

Secondo un’indagine presentata a Milano e realizzata da ConMe, laboratorio di ricerca frutto della collaborazione tra la School of Management del Politecnico di Milano e Makno/Abis analisi e strategie, gli italiani sono sempre più un popolo di “consumatori convergenti”, ovvero con un consumo mediale e una dotazione tecnologica sopra la media. Sono quasi 18 milioni, infatti, quelli che, fra 15 e 64 anni, usano attivamente più mezzi di comunicazione nelle più svariate situazioni.

Dal rapporto emerge come fino a 34 anni i potenziali convergenti hanno una penetrazione uguale tra uomini e donne, mentre oltre i 35 anni si osserva che la concentrazione tra gli uomini è più alta per il maggior tasso di attività. Come prevedibile, la penetrazione è massima, invece, nelle fasce di età più giovani ovvero per l’80% fra 15 e 18 anni e il 73% fra 18 e 24. In questo caso si tratta di persone che fanno più esperienze mediali sui dispositivi digitali e che utilizzano sempre di più smartphone (+77%) e tablet (+186%).

Dall’indagine emerge come i dispositivi mobili siano parte integrate della giornata e che, insieme al pc, occupano l’intera giornata degli utenti, soprattutto per il bisogno relazionale e la fruizione di intrattenimento. In questo senso si evidenzia come piattaforme quali Facebook e YouTube raggiungono il 90% degli intervistati.

Facebook è il social network più utilizzato (tutti i giorni per il 62% del campione), seguito da YouTube (usato almeno una volta a settimana dal 71%). Twitter non sembra essere, almeno in Italia, il social network così diffuso come lo è nel resto del mondo. Altri social, invece, sono per lo più inutilizzati, come Linkedin, non frequentato per il 60% degli intervistati e Pinterest che affornta una quasi totale indifferenza (79%).

Altri dati sono relativi all’utilizzo della pratica comunemente chiamata “second screen”. Il dispositivo più utilizzato mentre si guarda la tv è il computer, acceso “sempre” e “spesso” nel 50% dei casi, mentre lo smartphone è fra i dispositivi più presenti nel corso della giornata (37%), seguito dal tablet (15%).

Via Tech Economy

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Di Altri Autori (del 17/04/2013 @ 07:25:47, in Internet, linkato 1993 volte)

Secondo i nuovi dati rilasciati da Netcomm, il consorzio del commercio elettronico italiano, il numero di utenti che hanno effettuato un acquisto on-line negli ultimi tre mesi continua a crescere sfiorando la soglia dei 14 milioni di eShopper, con una media di 3,5 acquisti nel trimestre.

Stando all’ultima rilevazione di marzo, il 47,7% dell’universo dei navigatori internet, pari a 13,8 milioni di individui, ha effettuato acquisti in rete negli ultimi tre mesi superando la cifra dei 9 milioni dello scorso anno.

In occasione del Digital Fashion promosso da Netcomm, è stato presentato un focus specifico della ricerca relativo al solo campo della moda. Dai dati emerge come i consumatori che hanno comprato un prodotto di moda almeno una volta nella vita sono cresciuti di 200mila unità negli ultimi sei mesi (arrivando a toccare quota 8 milioni) rivelando di aver comprato per il 40,6% un capo di abbigliamento; il 36% ha comprato scarpe; il 30,4% accessori; e per il 15% hanno acquistato borse da donna.

“I consumatori italiani mostrano nell’acquisto di prodotti ‘moda’ una grande e crescente attenzione, al punto che stiamo parlando di 8 milioni di eFashionShopper” – commenta Roberto Liscia, Presidente di Netcomm – Consorzio del Commercio Elettronico Italiano.

Continuando, Liscia spiega che tale crescita è spiegabile innanzitutto grazie all’incremento dell’utilizzo di smartphone e tablet che incidono per un totale del 165% sugli acquisti online. Anche il buon rapporto qualità/prezzo sembra influire parecchio sulle scelte d’acquisto (36%) anche se il principale fattore di scelta rimane essere il connubio tra credibilità del sito, del brand, del prodotto e dell’occasione. Fattore rilevante rimane, comunque, la difficoltà di reperire alcuni prodotti se non grazie all’utilizzo dei negozi online, fattore che incide per il 10,4% dei casi.

Il focus continua nello specifico con i dettagli relativi ai prodotti maggiormente acquistati in rete. I prodotti ‘fashion’ più gettonati online sono capi di abbigliamento (40,6%), seguiti da scarpe (36%), accessori, ovvero guanti, calze, cappelli e sciarpe (30,4%) e, infine, borse da donna (15%). Il 40,7% degli acquirenti online dichiara di non aver mai acquistato alcun prodotto di queste categorie.

Proseguendo, dai dati emerge anche l’ammontare dei soldi spesi per questo genere di prodotti. Quelli per cui in media si spende di più sono le borse da donna (spesa media 85 euro), seguite dalle scarpe (70 euro) e dai capi di abbigliamento (65 euro). Per gli accessori si tende a spendere in media l’ammontare più basso (circa 53 euro).

Infine la ricerca illustra i fattori che maggiormente determinano il buon fine delle transizioni online. Tra questi emerge con forza la convenienza, intesa come buon rapporto qualità/prezzo, per il 35,9% degli acquirenti di articoli fashion, seguita da credibilità del sito venditore per il 27,1% dei rispondenti, quindi dall’occasione irrinunciabile per il 20%, la marca del prodotto in vendita 13,1%, infine la difficoltà di trovare quel prodotto in altro modo 10,4%.

Via Tech Economy

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Di Altri Autori (del 16/04/2013 @ 08:10:49, in Mercati, linkato 2235 volte)

Secondo uno studio realizzato da Booz & Company e Google sui trend nei settori editoria e stampa, cinema e TV, gaming e musica, crescono a quasi 20 miliardi di euro i ricavi dell’industria creativa italiana, in linea con il trend europeo.

Secondo la ricerca, nonostante i significativi cambiamenti strutturali, i ricavi dei  cinque principali settori industriali, nello specifico editoria, stampa, cinema e televisione, gaming e musica, sono cresciuti a quasi 20 miliardi di euro che raggiungono un tasso di crescita annua di circa il 2% dal 2001. I ricavi dal business digitale, poi,  sono cresciuti addirittura del 15% annuo, raggiungendo i 4 miliardi di euro pari al 21% del totale.
A queste cifre si aggiungono i dati sulla fruizione generale dei media: con un consumo dei media totale di 4 ore al giorno, di cui solo meno di un’ora per Internet, il settore creativo italiano ha ancora molto margine di sviluppo ed è destinato crescere ulteriormente in ambito digitale.

Lo studio mostra che l’Italia corre in parallelo al trend generale europeo, dove i ricavi totali dei settori considerati sono cresciuti del 2% dal 2001 raggiungendo i 200 miliardi di euro. Il 25% di questi ricavi, vale a dire 50 miliardi, possono essere attribuiti al business digitale, che è cresciuto su base annua a un tasso dell’11%, leggermente meno dinamico rispetto alla tendenza italiana.

È Internet, in particolare, che ha portato il consumo dei media degli europei a livelli record. Gli europei trascorrono mediamente più di 4 ore al giorno sui media. Due di queste ore le dedicano a guardare la televisione e circa 40 minuti sono trascorsi su giornali e riviste. Ad Internet viene dedicata oltre un’ora e venti minuti, più del doppio rispetto a sette anni fa. Parallelamente, la monetizzazione dei contenuti è migliorata significativamente. I consumatori europei spendono in media più di 4 centesimi all’ora sui media online, un trend in crescita di quasi il 140% rispetto al 2003. In confronto, il livello medio del pagamento da  parte del consumatore è di 17 centesimi all’ora per  cinema e televisione e all’incirca di 23 centesimi per prodotti stampati.

Secondo l’autore, anche i creatori beneficiano della digitalizzazione, per lo più in forma di accesso più facile alla distribuzione e di nuovi canali di comunicazione con il loro pubblico. Nel settore della musica, ad esempio, la generazione di valore assoluto per artisti ed etichette è stata costante nel corso degli ultimi dieci anni. A fronte di una fetta di solo il 32% dalla classica vendita di CD, godono di una quota del 66% da download, perché i margini per produzione, distribuzione e vendita sono minimizzati con questo modello.

“Consumatori e artisti sono i grandi beneficiari della digitalizzazione del settore creativo,” dice Hannes Gmelin, responsabile ed esperto di media digitali in Booz. “Ma anche le aziende del settore creativo possono prosperare fin quando saranno in grado di creare esperienze rilevanti per il consumatore e focalizzarsi sulle due aree di crescita: il digitale e i pagamento da parte del consumatore.”

Via Tech Economy

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Di Altri Autori (del 11/04/2013 @ 07:15:03, in Mobile, linkato 1959 volte)

Non conosce crisi e anzi è in discreta crescita il mercato delle applicazioni per smartphone e tablet. Secondo l’ultimo rapporto della società Canalys nel primo trimestre del 2013 dai quattro maggiori app store sono state scaricate complessivamente 13,4 miliardi di app nel mondo, in aumento dell’11% rispetto agli ultimi tre mesi dello scorso anno, per ricavi pari a 2,2 miliardi di dollari (+9%). Google batte Apple per numero di download, ma non per le entrate.

A livello globale, si legge nel rapporto, se l’App Store di Apple è il maggiore per quanto riguarda la fetta dei ricavi (il 74%) è Google Play che vince in termini di app scaricate: circa il 51% del totale, mentre lo store di Cupertino è secondo. I due negozi online fanno in generale la parte del leone, mentre BlackBerry World e Windows Phone Store, spiega Tim Sheperd, analista senior di Canalys, “ad oggi restano concorrenti lontani seppure non vadano ignorati”.

A crescere, secondo Canalys, sono in particolare i mercati emergenti, come il Sudafrica, il Brasile e l’Indonesia, trainati dalla diffusione di dispositivi mobili. Bene anche i mercati maturi, come il Nord America e l’Europa occidentale, con incrementi sia per i ricavi sia per i download: rispettivamente +8% e 6% in Nord America e +8% e 10% nel Vecchio Continente sempre nei primi tre mesi dell’anno.

Via Tech Economy

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Di Altri Autori (del 10/04/2013 @ 07:47:34, in Social Networks, linkato 2033 volte)

Quali sono le pagine Facebook con più fan italiani? Grazie a Social Analytics, Blogmeter ha analizzato oltre 83 milioni di interazioni e scoperto quali sono le pagine del social preferire dai connazionali. A marzo Nutella è il brand leader con più di 2,9 milioni di fan italiani; segue Coca-Cola con 2,1 milioni di italiani, dei complessivi 63 milioni mondiali. Al terzo posto invece si piazza la trasmissione televisiva Le Iene che con quasi 2 milioni di fan italiani spicca tra gli show che meglio usano il social network.  

Tra le squadre di calcio la più amata dagli italiani è la Juventus che con 1,8 milioni di fan super il Milan di quasi 600mila unità anche se quest'ultima ha un maggiore seguito all'estero. Il brand hi-tech più seguito è quello di Nokia Italia, tra i gestori di telefonia mobile Tim è il più popolare, mentre il marchio della moda più seguito dagli italiani è Luis Vuitton.

Se si considera anche il rapporto tra interazioni totali e numerosità dei fan è il quotidiano Libero a meritare la prima posizione: per ogni mille sostenitori fa registrare mediamente oltre 185 interazioni quotidiane. A poca distanza seguono il nuovo show di Rai 2 The Voice of Italy (176 interazioni per mille fan) e Famiglia Cristiana (115 interazioni quotidiano ogni mille fan).

Via Quo Media

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In settimana ho letto due articoli, per coincidenza casuale legati entrambi all’argomento di cronaca dell’elezione del nuovo Pontefice, che mi hanno fatto venire voglia di tornare sul tema dell’utilizzo delle nuove tecnologie da parte delle persone e, purtroppo, su alcune degenerazioni che stiamo osservando: il primo testo è di Massimo Melica e il secondo di Antonio Lupetti.

Premetto che non scrivo queste righe per particolari vene sociologiche quanto piuttosto perché nel mio lavoro mi occupo di studiare l’ecosistema digitale e il modo in cui le persone usano gli strumenti online e offline nella loro vita, in particolare ho lavorato sul tema dei social media fin dal 2002 e sul mobile web dal 2005 e dunque ho potuto apprezzare a pieno certi cambiamenti nel tempo.

Siamo sempre più aggressivi online (Image by © Royalty-Free/Corbis)

Siamo sempre più aggressivi online (Image by © Royalty-Free/Corbis)

Il mio punto di partenza è che nell’ultimo anno sul (social) web, declinato anche in versione mobile, sono sbarcate davvero le persone comuni, tanto è vero che anche la politica ci ha voluto mettere il naso per le elezioni, pur con diversi esiti che ho già avuto modo di commentare.
Per gli early adopters questo ha sicuramente significato un abbassamento della qualità delle conversazioni e di parte dei contenuti, ma per chi si occupa di digital marketing con un occhio strategico è significativo vedere come l’accesso si sia allagato e come ora la multicanalità rispecchi molto più da vicino la realtà sociale del paese, nel bene e nel male (e con le dovute cautele nell’analisi).
Per molti di questi “nuovi” utenti non c’è stato il tempo di imparare a usare i mezzi e comprenderli, il target più adulto infatti non è entrato a pieno nei meccanismi per ragioni culturali, mentre i più giovani si sono trovati catapultati quasi automaticamente dentro questo mondo multicanale e social, dove la pervasività dei device tecnologici è radicata e sfuma sempre più la percezione del confine fra ciò che è tangibile e ciò che è digitale.

La pervasività dei dispositivi tecnologici

La pervasività dei dispositivi tecnologici

Per certi versi insomma la diffusione tecnologia è andata più veloce della sua comprensione, e le campagne di sensibilizzazione, di cui ho parlato in tempi ancora non sospetti, non sono state ancora abbastanza incisive. 

Io però non credo a quelle visioni secondo cui la colpa di certe situazioni va data al mezzo, le persone plasmano ciò che viene dato loro da usare sulla base di un contesto più ampio e certi fenomeni partono da lontano.
Prendiamo ad esempio il desiderio di visibilità a tutti i costi, l’interesse morboso per il banale e il trash, la voglia di cavalcare le polemiche e le risse verbali: il mondo dei reality show e di molti programmi televisivi ha preceduto di gran lunga le cose di cui discutiamo oggi e la vera grande differenza non sta dunque nei concetti ma nell’accesso universale e semplice ai mezzi di comunicazione, che ora sono nelle mani del singolo a costo zero e con una visibilità potenzialmente globale.

Un approccio simile può aiutarci a comprendere un altro aspetto, quello della velocità che porta a diffondere in automatico le cose più assurde senza verifica e approfondimento. 
Da tempo le persone dedicano una quota minore di attenzione a capire in profondità le cose che sentono, quale che sia il mezzo che abbiano a loro disposizione, a causa dell’enorme quantità di stimoli che ricevono ogni giorno.
Allo stesso tempo, come detto queste stesse persone oggi possono accedere a costo zero a dei mezzi per produrre testi, foto e anche video gratuitamente e con delle piattaforme di publishing che garantiscono loro visibilità potenzialmente globale verso un pubblico che però a sua volta ha poca quota di attenzione disponibile.
Questo porta naturalmente alla contrazione della profondità del contenuto, che viene prodotto e fruito su base veloce e contestuale e perde spesso di senso dopo poco tempo, appena è passata la contingenza spazio-temporale.
In questo contesto, in cui anche i tg sfornano versioni da sessanta secondi, è piuttosto prevedibile che la verifica delle fonti e la riflessione prima di agire/condividere/commentare non sia spontanea per delle persone che non sono mai state educate in tal senso.

Dovendo catturare l’attenzione in pochi instanti ecco dunque che la polemica, il gesto eclatante e la satira becera siano il modo migliore di attrarre l’attenzione e generare visibilità, perché è più facile distruggere che costruire e bene lo insegna anche la politica, sia con i partiti tradizionali sia soprattutto con il Movimento 5 Stelle che ha fatto della critica aggressiva e violenta allo status quo il suo tratto distintivo, fatto innegabile comunque la pensiate sulle sue proposte.
Anche molti autori estremamente seguiti in rete devono, a mio avviso, gran parte della loro visibilità al fatto di trattare dei temi di largo interesse e ad alto contenuto di passionalità e polemica, generando scontri verbali fra i commentatori e larghi numeri di condivisioni. Leggete qui questa simpatica sintesi di Rudy Bandiera.

I toni accesi poi si propagano a 360 gradi e fanno sì che anche le interazioni fra le persone e con le aziende e le istituzioni in rete si facciano sempre più tese ed aggressive, solo per basarmi sulla mia attività lavorativa infatti posso dire che man mano che passano gli anni le critiche che naturalmente possono manifestarsi sui social o negli altri punti di contatto diventano sempre più volgari, rabbiose e spesso pretestuose ogni giorno che passa.
La dinamica sociale, lavorativa e anche democratica certo non può trarre gran beneficio da questo modo di comunicare e di relazionarsi.

Il modello di  linguaggio offline non aiuta...

Il modello di linguaggio offline non aiuta…

Quello che mi preoccupa di più di tutto però è sempre la scarsa percezione delle conseguenze, non solo perché spesso notizie assurde vengono prese per vere ma soprattutto in quanto ciò che viene condiviso in rete è pubblico e per molti versi incancellabile, il pentimento dunque per una foto, una frase, un fatto privato spiattellato al mondo è sempre tardivo e può pesare sulla vita delle persone più giovani e impreparate.
Pensate solo ai recruiter che sempre più si documentano online sul loro candidato, all’importanza dei legami sociali per trovare un’occupazione e incrociate questo parametro con la difficoltà di trovare oggi un lavoro…

Alla fine di questo lungo, e spero non troppo noioso, ragionamento, mi sento dunque di dire che siamo in una fase sociale difficile e in un clima culturale teso che si riverbera sul digitale come sugli altri media, quello che possiamo e dobbiamo auspicare è una maggiore attività di educazione all’approfondimento, al dialogo non urlato e alla comprensione delle conseguenze dell’utilizzo scorretto degli strumenti che abbiamo in mano.

L’educazione civica, democratica e anche comunicativa delle nuove generazioni non può essere lasciata al fai da te davanti ad un mondo globale dove la gestione dell’informazione è la chiave per competere.
 
Io vedo molto da fare, e voi?

Gianluigi Zarantonello via internetmanagerblog.com

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Di Altri Autori (del 08/04/2013 @ 07:46:17, in Mercati, linkato 2218 volte)

Secondo quanto riportato da uno studio firmato Gartner, tra tre anni da oggi, i tablet saranno più venduti dei PC tradizionali, con cifre che si attestano intorno al 72%. Allo stesso tempo, le spedizioni di PC scendono a tassi sempre più veloci.

Parte di questo declino sarà dovuto alla crescita rapida delle spedizioni di “ultramobiles”, la nuova versione dei dispositivi Windows 8 come Microsoft Surface Pro. Il declino dei PC, secondo quanto affermano gli analisti di Gartner sarà permanente, e riflette già ora un “cambiamento a lungo termine nel comportamento degli utenti“.

La maggior parte degli utenti “sarà soddisfatta dall’esperienza che ricevono da un tablet come dispositivo di elaborazione principale“, secondo Carolina Milanesi, vice presidente ricerca di Gartner. “Dal momento in cui i consumatori spostano la loro attenzione dal loro PC ad un tablet o uno smartphone, questi non avranno più motivo di sostituire i loro vecchi PC con dei nuovi modelli”.

Gartner prevede che il mercato dei tradizionali PC, notebook e desktop, si ridurrà del 7,6% nel 2013. Le vendite totali di PC per il 2013 sono stimate intorno alle 315 milioni di unità, rispetto ai 341 milioni nel 2012. Gli ultramobile, d’altra parte, raggiungeranno i 23,6 milioni nel 2013, rispetto ai soli 9,8 milioni nel 2012.

Gartner prevede inoltre che le spedizioni di tablet raggiungeranno le 197 milioni di unità nel 2013, con un incremento del 69,8% rispetto alle 116 milioni di unità nel 2012. Questo tipo di crescita sarà visibile in tutti i mercati, compresi i cosiddetti mercati emergenti in Asia, Africa e America Latina. Entro la fine del 2017, Gartner prevede che le spedizioni di tablet raggiungeranno le 468 milioni di unità rispetto ai 272 milioni di PC.

Via Tech Economy

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Di Altri Autori (del 05/04/2013 @ 07:54:35, in Social Networks, linkato 2222 volte)

Non è nè un telefonino nè un sistema operativo: “vi presento Home, un’esperienza nuova” che rende Android più social. È la “prossima versione di Facebook“. L’amministratore delegato del colosso delle reti sociali, Mark Zuckerberg, sul palco di Menlo Park, quartier generale di Facebook, lancia il software Home, un’interfaccia grafica che vuole modificare il rapporto quotidiano con il proprio cellulare mettendo al “centro la persona e non le app”. “Un social network l’abbiamo. Ci mancava un telefono e ora ce l’abbiamo – aggiunge il vice direttore di Facebook Corey Ondrejka -. Home consente di aver un accesso costante all’ecosistema Facebook, ovunque e a portata di mano: permettere di vedere foto e ricevere notifiche su messaggi e post più importanti degli amici, e introduce il nuovo servizio di messaggistica Chat heads” .

Con questa mossa Facebook conferma la sua volontà di rafforzare gli sforzi per affermarsi nel mobile: nel 2012 ha totalizzato 680 milioni di utenti attivi sulla sua app mobile, il 57% in più rispetto al 2011. E il mobile è – secondo gli analisti – è il settore dove Facebook ha i maggiori spazi di crescita dei ricavi con la pubblicità. Home sarà disponibile per Android, il sistema operativo di Google, a partire dal 12 aprile per un numero inizialmente ristretto di dispositivi, fra i quali il Samsung S3 e l’S4. E non ci sono al momento notizie di uno sbarco sulla piattaforma iOS di Apple.

Home potrà arrivare anche preinstallato: basterà acquistare, sempre dal 12 aprile, il nuovo smartphone HTC  First, in vendita a partire da 99,99 dollari. First diventa cosi il primo a poter essere in qualche modo definito “facebookfonino”. Il social network non sembra voler rinunciare, però, a una platea il più vasta possibile. “Quello che è fantastico del fatto di essere su Google Play e che ci rende potenzialmente disponibili su un’ampia gamma di dispositivi. Home sarà fantastica anche sui tablet, ma abbiamo ancora bisogno di tempo, arriveremo fra qualche mese” afferma Ondrejka. Da un certo punto di vista – affermano da Facebook – Home è la nuova versione mobile di Facebook. Ma dall’altro potrebbe essere l’inizio di una nuova modalità d’uso degli stessi dispositivi mobili. “Mettere prima la gente e poi le app, semplicemente invertendo l’ordine, è – afferma Zuckerberg – un piccolo ma significativo cambiamento del nostro rapporto con la tecnologia”.

Via Tech Economy

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