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Arthur Bloch
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E-commerce, mobile e social
Di Altri Autori (del 30/05/2012 @ 07:00:32, in Internet, linkato 2602 volte)

Il mercato dello shopping online italiano regge alla crisi economica, crescendo dell’11%. Contano sempre più le app e i consigli degli amici.
 
Il commercio elettronico italiano tiene bene la crisi e, a dispetto della sfiducia generalizzata, può al contrario rivelarsi uno dei principali motori per il rilancio del nostro Paese. Crescono dell’11% gli utenti attivi online da aprile 2011 raggiungendo quota 10 milioni negli ultimi tre mesi 2012 secondo una ricerca Human Highway. Cresce il fatturato, a ritmo costante, e l’export. Ed è proprio sul gap con il resto d’Europa, in termini di alfabetizzazione digitale, acquisti online, banda larga, vendite crossborder, che le nostre imprese devono oggi misurarsi per cercare di riprendere in mano le sorti dell’economia italiana. Questo è quanto è emerso dall’analisi dei dati presentati alla settima edizione del Netcomm eCommerce Forum 2012 di Milano. L’Italia è un paese che ancora importa troppo (2,8 miliardi di euro) e che soffre un ritardo cronico nell’alfabetizzazione digitale rispetto ai cugini europei. Gli italiani che usano la rete nelle fasce d’età tra i 55 e i 74 anni sono infatti il 22%, contro una media europea del 40%; quelli tra i 25 e i 54 anni sono il 60%, contro una media del 76%; quelli tra i 16 e i 24 anni sono l’81%, contro una media del 91%, ben 10 punti percentuali in meno. Tra gli obiettivi fissati per il 2015 dall’Agenda Digitale Italiana,  gli acquisti online occupano un posto di primaria importanza, poichè tra gli italiani che navigano solo una porzione ridotta (15%) oggi compra sul Web, contro una media europea del 43%.
 
Sebbene ancora sottoutilizzato, il canale online registra un gradimento molto alto da parte chi lo utilizza, che ne apprezza il vantaggio economico, il facile reperimento dei prodotti, l’ampia scelta e la possibilità di effettuare gli acquisti in qualsiasi momento. Otto utenti su dieci, chiamati a esprimere un giudizio sulla propria esperienza di acquisto online, hanno assegnato al canale online un voto superiore al 7. Per alcuni prodotti, l’informazione derivante da attività di engagement e social network risulta rilevante: il ricorso a consigli di terzi per gli acquisti sul web riguarda circa il 60% degli intervistati da eCircle. Inoltre, mentre per soggiorni (hotel, villaggi, pacchetti vacanze), e telefonia o servizi online c’è una diffusa consuetudine ad acquisire informazioni prima dell’acquisto, al contrario libri, abbigliamento e ricariche telefoniche sono categorie di prodotti e servizi per le quali la ricerca di informazioni prima dell’acquisto risulta poco frequente. Sull’acquisto influiscono infatti molte variabili, illustrate da una ricerca di MagNews: prime risultano le spese di spedizione gratuite, le offerte (a prescindere dal canale sul quale si ricevono), l’aver trovato il prodotto in un sito di comparazione prezzi e l’aver letto feedback positivi di altri utenti in rete o sul sito di e-commerce. L’e-mail rimane il canale preferito per ricevere le offerte mentre sono ancora pochi coloro che le ricevono via smartphone, attività gradita solo dalla metà degli intervistati.
 
Interessante è sottolineare come, alla presenza di dati decisamente confortanti per quanto riguarda i panorama presente e futuro dell’e-commerce italiano, poi emergono situazioni che fanno tornare all’età della pietra, almeno tecnologicamente parlando. La realizzazione, ad esempio, di siti non ottimizzati per i device perchè creati in Flash sono forse il dato più macroscopico. Analizzando il sito di Ntv per il booking del nuovo treno ad alta velocità Italo si può notare che gli orari sono “semplicemente” stati caricati in un pdf, che è difficilmente consultabile persino se si è dotati di uno schermo da 27 pollici. E se in mano avessimo un normale smartphone da  4’’, come potremmo preferire il nuovo collegamento offerto da Luca Cordero di Montezemolo al posto dei cari, vecchi Frecciarossa?
“Tutti i siti e-commerce italiani stanno testando o almeno considerando i social network come nuovo canale per raggiungere i clienti”, dice Roberto Liscia, presidente di Netcomm, il Consorzio del commercio elettronico. È questa la nuova frontiera di sviluppo, “ma a oggi i social network sono usati ancora in modo superficiale dalle aziende e-commerce italiane”, replica Riccardo Mangiaracina, ricercatore del Politecnico di Milano. “Negli Usa siamo agli inizi del fenomeno, che però crescerà senz’altro”, aggiunge Krista Garcia, analista di eMarketer. Le tre opinioni tracciano i confini della questione: la strada da fare per sfruttare i social media in chiave e-commerce è ancora lunga, ma l’inizio è promettente. “Gli americani compreranno prodotti tramite social network per 3 miliardi di dollari quest’anno, contro 1 miliardo del 2011 e 14 miliardi previsti per il 2015”, dice Garcia, citando stime di Booz & Company. Il problema principale in Italia è che «le aziende non integrano ancora i social network con l’e-commerce: utilizzano soprattutto Facebook, meno Twitter e, da poco, Pinterest; ma quasi solo come vetrina che si aggancia al sito di e-commerce e per fare supporto ai clienti dopo l’acquisto – dice Mangiaracina –. La sola eccezione è Privalia: su Facebook permette di accedere in anteprima ad alcune vendite. Questo crea un circolo virtuoso che rafforza community e quindi il business”. La pratica di fare offerte esclusive è considerata, da eMarketer, tra quelle da imitare e adottate dalle avanguardie (americane) del social commerce: Startbuck’s, Best Buy, il sito-negozio di Lady Gaga, Asos (vestiti), Victoria’s Secret. Altre buone pratiche: possibilità di provare il prodotto su Facebook (“tryvertising”), raccomandazioni regalo (consigliare prodotti all’utente in base ai suoi interessi e stimolarlo a mostrare ai propri amici del network quanto ha acquistato). Eventi: costruire una campagna social attorno a un evento e così portare utenti sul proprio sito e-commerce.” Un’altra buona idea è coinvolgere gli utenti con progetti che richiedano la loro interazione. Giochi, per esempio: se vendi vestiti, puoi chiedere loro di suggerire il look migliore per un personaggio – dice Mangiaracina –. La presenza sui social è un costo, sottovalutato: un paio di persone dell’azienda devono comunque seguire la discussione. Sono risorse sprecate se poi il social non è integrato con il proprio e-commerce – avverte quindi Mangiaracina –. Tra l’altro, solo grazie a un’integrazione delle vendite è possibile misurare il fatturato aggiuntivo ottenuto grazie ai social network”.
 
Liscia però è ottimista: “Nascono e crescono le piattaforme che sposano e-commerce e social: gli italiani Blomming, Youmpa, Ulaola.com. Entro fine mese arriverà da noi l’inglese Ejero.com e sarà una rivoluzione». L’utente compra su uno dei siti affiliati a Ejero.com e poi può suggerire lo stesso prodotto ad amici del proprio network. Se così genera un altro acquisto, i due utenti (chi fa e chi riceve il suggerimento) ricevono una somma di denaro (proporzionale al valore del prodotto). È un’alternativa alla pubblicità tradizionale: il negozio concede uno sconto per ottenere una vendita in più tramite spontanee raccomandazioni social, veicolate da Ejero.com. Una cosa è certa, secondo Liscia: “L’e-commerce italiano ha bisogno dei social media per crescere, perché grazie a loro può aggiungere emozioni agli acquisti”. È un fattore che finora è mancato, in sostanza: i social sono usati quasi soltanto nella fase di pre e post-vendita (ricerca di consigli, commenti su quanto comprato). Per colpa di quell’assenza di integrazione, restano insomma su un binario parallelo rispetto al cuore del negozio e-commerce. «Ma è fondamentale fare questo passo ulteriore. Soprattutto nel nostro Paese, dove la maggior parte dei ricavi e-commerce provengono da viaggi e vestiti, cose che hanno da sempre un alto contenuto emozionale e che quindi ben si sposerebbero con i social network”.

Via Quo Media

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