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  mymarketing.it: l'isola nell'oceano del marketing... di Admin
 
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Errare è umano, ma per incasinare davvero tutto è necessario un computer.

Arthur Bloch
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\\ : Storico (inverti l'ordine)
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Altri Autori (del 28/05/2012 @ 07:27:43, in Mercati, linkato 1917 volte)

Il mercato della tecnologia di consumo è in recessione. Fa eccezione la telefonia mobile, che però in Italia non ha infrastrutture adeguate per dar vita a un’economia virtuosa.

Gli smartphone piacciono a tutti, anche in periodo di crisi. Nel primo trimestre 2012, la telefonia mobile ha registrato un +7,3%, a dispetto del calo che ha colpito i piccoli elettrodomestici, -5,6%, l’informatica, azzoppata del 9,7%, e gli apparecchi legati alla tv, in ribasso del 25%. Il mercato urla recessione, ma non per i cellulari, che nel complesso hanno fatturato 780 milioni di euro tra gennaio e marzo: questo grazie alle vendite di iPhone, Android e dei nuovi Windows Phone. In Italia circolano circa 95 milioni di telefonini: molti di questi sono di ultima generazione e necessitano di una rete adeguata e veloce.

Il problema sono proprio le infrastrutture che non consentono agli utenti italiani di sfruttare a pieno i loro dispositivi: wifi latitante, connessioni lente, siti non ottimizzati per la visione sui display mobili. La questione infrastrutturale è ancora irrisolta: si discute dei problemi del 3G, quando  altrove si diffonde il 4G; la rete senza pubblica fili resta un miraggio; e Agcom, che dovrebbe deliberare in materia, è invischiata nel rinnovo del consiglio. Le aziende, dal canto loro, mancano di siti e servizi pensati per i sistemi mobili.

La mania degli italiani per gli smartphone, se supportata da strutture adeguate, potrebbe creare un circolo tecnologicamente ed economicamente virtuoso, basato su e-commerce, servizi pubblici e privati. Ma ad oggi si può solo parlare di consumo compulsivo o, forse, di onanismo hi-tech.

Via Quo Media

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Di Altri Autori (del 24/05/2012 @ 07:14:05, in Mobile, linkato 2013 volte)

Le app mobili rappresentano una quota sempre maggiore dei consumi mediali delle persone e rivestono un ruolo centrale nell’ecosistema complesso dei media digitali. Le abitudini di consumo cambiano di conseguenza, con la maturazione del mercato e del mezzo.

Flurry, società di analisi e servizi per il mobile, ha di recente riscontrato che le app social hanno raggiunto i game in quanto a tempo di utilizzo da parte degli utenti mobili. Un cambiamento non da poco nelle abitudini di consumo, visto che tradizionalmente la categoria game aveva sempre riscontrato il maggiore successo.

Un nuovo studio della società di ricerca analizza i trend principali del mercato app, mostrando come i cambiamenti nell’utilizzo di app siano in realtà molto più profondi e vadano oltre il social e il game.

I consumatori stanno modificando profondamente la distribuzione del tempo che trascorrono utilizzando le diverse categorie di applicativi. Le app fotografiche e video sono quelle che crescono di più tra i consumi degli utenti; tra Ottobre 2011 e Marzo 2012 i minuti spesi dagli utenti attivi nell’utilizzo di questa tipologia di app sono cresciuti del 89%. Seguono le app musicali, di produttività, social e legate all’intrattenimento, che crescono rispettivamente del 72%, 66%, 54% e 40%.

La crescita del tempo trascorso nella fruizione di app video e fotografiche è impressionante. I minuti spesi in questa attività sono passati dagli 87 di Luglio 2011 ai 231 di Marzo 2012, con una crescita pari al 166%. Crescita trainata dall’innovazione tecnologica dei dispositivi, da applicazioni che facilitano l’editing e lo sharing, e da app di condivisione sociale di video e foto.

Il successo di app come Viddy e SocialCam rischia addirittura di sottrarre pubblico a YouTube e, in generale, alla fruizioni di video dal web, a causa della crescita maggiore del tempo speso nelle fruizione di video da mobile. Flurry, confrontando i propri dati con i dati di consumo di video sul web di comScore, riscontra, infatti, una forte crescita del consumo di video sia sul web che sul mobile, ma l’incremento è maggiore in mobilità. Nel 2011 i minuti spesi nella fruizione di video sul web sono passati da 276 a 472,, con un incremento del 71%. Nello steso periodo, le applicazioni video hanno registrato una crescente popolarità tra gli utenti. I minuti spesi nel loro utilizzo sono passati da 63 a 152, con una crescita quasi doppia pari al 141%. Il consumo di video, al momento, è ancora decisamente maggiore sul web, ma i trend di crescita segnalano un cambiamento degli equilibri; soprattutto se si considera che nei primi tre mesi del 2012 il consumo di video online è calato del 10%, mentre quello di app video è cresciuto del 52%.

Via Tech Economy

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Di Altri Autori (del 23/05/2012 @ 07:11:46, in Social Networks, linkato 2626 volte)

Chi condivide fa carriera, incoraggia il team, valorizza idee e professionalità facendo crescere se stesso e l'azienda per cui lavora. Le conclusioni di una ricerca realizzata da Millward Bown per Google smontano alcuni luoghi comuni sull'uso dei social network sul posto di lavoro.

Emerge che chi li adopera per motivi professionali fa carriera più facilmente: l'86% degli intervistati è stato promosso di recente contro il 61% di chi non ne fa uso. È inoltre mediamente più soddisfatto del lavoro e si ritiene il 25% più produttivo ed efficiente. Non solo, più si sale nella scala gerarchica più i social network diventano familiari: il 71% di chi fa parte degli staff senior li impiega almeno una volta a settimana, contro il 49% degli utenti in ruoli junior.

“L'obiettivo della ricerca non è fornire una fotografia complessiva dell'adozione degli strumenti sociali online nell'industria italiana ed europea - spiega Roberto Rossi, analista di Millward Brown -. Abbiamo interrogato i dipendenti di aziende dove questi strumenti sono già disponibili, vedendo quali conseguenze hanno per chi ha una maggiore attitudine all'innovazione”. Il campione è di 2.700 dipendenti in Italia, Gran Bretagna, Francia, Germania, Olanda, Spagna e Svezia provenienti da diversi settori: telecomunicazioni, media, trasporti, farmaceutico, retail, logistica.

Via Quo Media

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Di Altri Autori (del 21/05/2012 @ 07:45:04, in Aziende, linkato 2175 volte)

La quotazione in borsa deludente rispetto alle aspettative non ferma la strategia di espansione ed acquisti di Facebook. Ieri, poco dopo la chiusura dei mercati finanziari, il social network ha annunciato l’acquista di un’altra compagnia del mercato mobile, Karma.

Karma sviluppa un’app di social gift, che permette alle persone di inviare regali fisici connessi a cartoline di auguri digitali. Probabilmente, l’acquisto mira ad incrementare le entrate, integrando alle forme di monetizzazione attuali una fonte aggiuntiva di guadagni in forte crescita nell’ultimo anno; e all’acquisizione di expertise prezioso nel settore mobile, critico per il futuro di Facebook.

Un portavoce del social network ha, infatti, fatto sapere che il team di Karma, guidato dai fondatori Lee Linden e Ben Lewis, si unirà al gigante social e continuerà a sviluppare ed espandere i servizi.

I dettagli dell’acquisizione non sono stati resi noti, ma attraverso il blog di Karma i due fondatori si sono detti eccitati e convinti che l’integrazione nella piattaforma Facebook apporterà forti benefici per gli utenti.
 
Via Tech Economy

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Di Altri Autori (del 17/05/2012 @ 07:21:51, in Advertising, linkato 2384 volte)

General Motors ha deciso di non comprare più spazi pubblicitari su Facebook. La società continuerà, però, a mantenere una pagina sul social network. La decisione, secondo una fonte vicina alla compagnia riportata da The Wall Street Journal, nasce dal fatto che il produttore di autoveicoli ritiene che la pubblicità su Facebook abbia poco impatto sui consumatori.

GM, terzo inserzionista pubblicitario negli USA dopo Procter & Gamble e AT&T, ha speso lo scorso anno 1.1 miliardi di dollari in advertising, di cui $271 milioni in online display e search, budget succulento da cui Facebook verrebbe escluso.

La mossa di GM, più di tutto però, sottolinea e rende evidenti dubbi, già circolati, sulla strategia economica di Facebook, a breve distanza dall’IPO, e le incertezze sulla reale efficacia degli ad sul social network. “Mette in risalto quello su cui stavamo discutendo, la pericolosità dell’intero business model di Facebook.” ha commentato Brian Wieser, analista Internet e media presso Pivotal Research Group.

GM non è l’unica compagnia a nutrire dubbi. Un dirigente di un’altra azienda produttrice di un prodotto di largo consumo avrebbe affermato che è difficile capire se gli ad valgono i soldi spesi. “È solo un nuovo brillante oggetto, o una reale proposta di valore?”.

I pareri non sono unanimi e Ford, ad esempio, sta incrementando la propria spesa su Facebook.  Scott Monty , portavoce della società, ha spiegato che il punto è cosa si fa nel social network e come. “Non si può comprare l’ingresso in Facebook. Si deve avere una credibile presenza e fare cose innovative.”

Michael McHale, portavoce Subaru, è altrettanto entusiasta dei risultati. “Advertising più contenuti equivale a più click al nostro sito web, il che ci piace.”

“GM è un colpo di avvertimento” secondo John Battelle, presidente del network di advertising Internet Federated Media. Battelle ritiene che Facebook debba investire di più nella costruzione di relazioni con i principali inserzionisti e sviluppare un’offerta di advertising più ricca e personalizzabile.

Facebook si è rifiutata di commentare. Di certo la vicenda getta ombre sul futuro della compagnia e rischia di influenzare l’imminente quotazione in borsa.

Via Tech Economy

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Di Altri Autori (del 16/05/2012 @ 07:11:51, in Advertising, linkato 2012 volte)

L’offerta pubblicitaria sul web è tanto vasta quanto dispersiva, ed anche se i principali attori di rilievo dell’advertising online sono pochi, rimangono sempre molti dubbi quando si sceglie a quale piattaforma affidare la propria campagna, e quanto può essere conveniente puntare su una soluzione rispetto ad un’altra simile.

A conferma della diversità sostanziale nelle offerte pubblicitarie sul web, WordStream ha condotto un confronto in questo senso tra la proposta di Google e quella di Facebook, stabilendo che l’advertising sul social network di Zuckerberg è molto meno efficace rispetto a quello di Google, raccogliendo tutti i dati in questa infografica.

La quota di click-through per un annuncio su internet è in media solo dello 0,1 per cento. Sul celebre social network è ancora più bassa, raggiungendo appena lo 0,051%, mentre le inserzioni pubblicitarie di Google raggiungono un risultato quattro volte superiore alla media, registrando uno 0,4 per cento.

Un altro degli attuali limiti della piattaforma pubblicitaria di Facebook è rappresentato dalla scarsa varietà dei formati disponibili e dalla loro rigidità strutturale, mentre l’offerta di Mountain View è molto più variegata ed adattabile alle esigenze specifiche del committente.

“Finora, la piattaforma pubblicitaria di Facebook non ha tenuto il passo con la crescita esplosiva del social network, e resta da vedere se il CEO Mark Zuckerberg vuole mettere tra i punti centrali delle sue strategie future la pubblicità come principale fonte di entrate. Nella sua lettera agli azionisti, rilasciata questo mese, ha citato la pubblicità solo una volta”, conclude Larry Kim, fondatore e CTO di WordStream.

Via Tech Economy

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Di Gianluigi Zarantonello (del 15/05/2012 @ 08:00:00, in Strategie, linkato 2028 volte)

Ho scelto un titolo provocatorio per attirare l’attenzione su di un post in cui sarò molto schietto a proposito di un tema che mi sta a cuore da tempo: l’incontro e il dialogo tra manager d’azienda e esperti di nuove tecnologie.

Vado spesso (o partecipo in streaming) a interessanti eventi dedicati a mobile, e-commerce, digital communication e chi più ne ha più ne metta e ho sempre l’impressione che i partecipanti siano addetti ai lavori che ascoltano altri loro colleghi.
Grandi assenti invece sono spesso i manager d’aziende non digitali, coloro che disegnano le strategie o, più semplicemente, le rendono effettive attraverso tutti gli strumenti oggi esistenti.

Fonte http://whatconsumesme.com

Io ho la fortuna di ricoprire una posizione strategica a cavallo fra questi due mondi e spesso per tale motivo faccio anche da interprete fra le due facce del business, per quanto sempre più vicine. E non ho usato casualmente la parola “interprete”.

Ricordo nitidamente una domanda del test di ammissione all’università su di un concetto di sociolinguistica che poi avrei ampiamente studiato ma che allora probabilmente sbagliai: la variazione di diafasica della lingua, ossia l’adattamento del modo di esprimersi al tipo di interlocutore e di contesto.
In molti di questi eventi infatti si discute con grandissima competenza di tematiche importanti anche per chi non è un “tecnologo” ma lo si fa usando una terminologia settoriale corretta ma incomprensibile per chi non è del ramo.
Se a ciò si unisce una certa colpevole mancanza di attenzione ai nuovi scenari da parte di una parte del management italiano, ecco che la frittata è fatta.

Non so se sia nato prima l’uovo o la gallina, ossia se i manager non vengono a questi eventi perché li considerano troppo tecnici o se invece questi eventi sono molto specialistici perché si prevede siano destinati agli addetti ai lavori vista la mancata partecipazione di altre figure professionali. E non voglio nemmeno generalizzare.

Dico solo che, secondo me, oggi probabilmente mancano occasioni in cui i professionisti (veri) della strategia digitale possano offrire visioni stimolanti e centrate sul business ai decisori aziendali, in una lingua che loro capiscono.
E sono certo che molti esperti del digitale sarebbero in grado di ispirare realmente e concretamente anche persone che non conoscono la tecnologia ma che avrebbero bisogno urgente di capire che cosa oggi è possibile fare per migliorare il proprio business.

Insomma, il punto non è se questi temi possano importare a entrambi, ma solo riuscire a capirsi, dopo essersi trovati in uno stesso luogo per questo, un evento (o un’altra situazione) che sia come una piacevole cena dove si parla di cose interessanti in una lingua simile e fluida.

Poi ci saranno tante occasioni per eventi specialistici che non perderanno di importanza, anzi, saranno vitali per sviluppare i singoli aspetti dell’ecosistema di business creato dagli incontri di cui sopra.

Ma non possiamo dimenticare che la strategia digitale si fa assieme con chi può decidere.

E ora sono curioso di sentire la vostra opinione.

Gianluigi Zarantonello via Internet Manager Blog

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Di Altri Autori (del 14/05/2012 @ 07:05:32, in Social Networks, linkato 2277 volte)

Pagare per uno status di Facebook? A molti sembrerà strano, ma il social network ha deciso di creare l’opzione Facebook Highlight per dare la possibilità agli utenti di mettere in risalto un post, un link, una foto ecc. previo pagamento. Al modico prezzo di 1,80 dollari potrete assicurarvi che il vostro aggiornamento di stato sia messo in risalto in modo che i vostri amici lo leggano. In vista dello sbarco a Wall Street, Mark Zuckerberg e il suo team continuano a sfornare novità una dietro l’altra, nella speranza di fare cassa. Ma questa volta non avranno esagerato?.

Dopo il lancio dello store per gli antivirus per rassicurare gli investitori sulla sicurezza del social network e dei suoi utenti e dopo il lancio di un App Store per le applicazioni social, ecco l’ultima innovazione (alcuni la chiamerebbero “trovata”) del sito blu: Faceboook Highlights. Il funzionamento di questa funzionalità è molto semplice, si sceglie un post, un link, una foto, un aggiornamento di stato…che si vuole far vedere a più persone possibili, si paga 1,80 dollari e il post viene messo in evidenza. Una forma di pubblicità a basso costo?, una porta aperta allo spam?, un’invasione non gradita del news feed degli utenti?, ognuno la veda come preferisce. In generale però, quella di Zuckerberg sembra una sorta di test per vedere se gli utenti sarebbero disposti a pagare per mettere in risalto un loro post.

I metodi di pagamento accettati sono PayPal e carta di credito, non vi è comunque alcuno strumento per verificare effettivamente quante persone vedano il post in questione. Facebook ha dichiarato “Stiamo continuamente testando nuove funzionalità all’interno del sito. Questo particolare test è atto semplicemente a valutare l’interesse della gente circa questo metodo di condivisione con i propri amici“. Il test partirà dalla Nuova Zelanda, e se dovesse avere successo, potrebbe essere esteso presto anche agli USA e agli altri stati. Una volta scelto di mettere in risalto il contenuto, questo verrà posizionato nella parte alta del feed degli amici e resterà lì più a lungo. A livello grafico, il post sarà identico a tutti gli altri presenti nel feed.

Dato che, in media, un post raggiunge circa il 12% dei contatti, una soluzione del genere potrebbe anche rivelarsi utile. Ma un sistema del genere può essere adatto ad un social network basato su una sorta di “democrazia”?. In fondo, se un post è interessante, verrà condiviso, sarà commentato e si farà notare senza bisogno di “aiuti” esterni. Se i post a pagamento si dovessero diffondere, gli utenti comuni non disposti a pagare si ritroverebbero in una posizione di svantaggio, mentre i brand inizierebbero a monopolizzare i feed degli utenti. Visto in questo modo, il progetto sembra destinato a fallire, ma tutto dipenderà dal riscontro positivo o negativo degli utenti Neozelandesi (confidiamo in loro). Voi cosa ne dite, vi piace l’idea di Zuckerberg?

Via Trackback

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Di Altri Autori (del 10/05/2012 @ 07:20:01, in Social Networks, linkato 2313 volte)

La dipendenza da social network è più diffusa tra i neo iscritti e le donne, mentre rischiano meno le persone più ambiziose e organizzate. Sono alcuni dei risultati della ricerca condotta dalla Università di Bergen, pubblicata sulla rivista Psychological Reports, che nell’ambito del progetto Facebook Addiction analizza attraverso le motivazioni alla base di questa nuova dipendenza e i segnali di allarme da considerare per valutare l’impatto del fenomeno ed eventuali trattamenti.

Secondo la scala progettata dai ricercatori norvegesi, oltre ai neo iscritti a soffrire maggiormente di dipendenza da Facebook sono le donne e le persone ansiose e socialmente insicure, che vedono in questo strumento un tipo di comunicazione più semplice rispetto a quella faccia a faccia.

“La dipendenza è legata al grado di estroversione - ha spiegato Cecilie Schou Andreassen, principale autrice dello studio - che tendono ad avere un certo ritardo nel ritmo sonno-veglia”. Secondo lo studio i sintomi della dipendenza da Facebook sono simili a quelli della dipendenza da alcol e da sostanze chimiche.

Via Quo Media

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Di Gianluigi Zarantonello (del 08/05/2012 @ 08:00:00, in Strategie, linkato 1536 volte)

L’ecosistema digitale è sempre più complesso ma per molte aziende questo fatto non è ancora evidente.
I social media e l’evoluzione tecnologica degli strumenti digitali, che vengono abbastanza da lontano, hanno infatti dato una percezione di semplificazione rispetto alla realtà: mezzi gratuiti o poco costosi, simili a quelli che usiamo già come utenti privati e con basso profilo di rischio.

Un esempio di complessità: i frattali

Come sappiamo anche solo limitandoci a una visione superficiale non è così perché, ad esempio, il fatto che gli utenti siano perfino più esperti dei loro interlocutori aziendali e accedano alla pari agli stessi mezzi crea più di qualche grattacapo nel momento in cui vogliono essere ascoltati e dialogare.

Proviamo però ad andare anche oltre a questi temi, piuttosto assodati anche se totalmente ignorati da larga parte di chi si occupa di digitale in azienda, per spingerci più avanti.

Ecco alcune questioni che i CMO (o i Chief Marketing Technologist?) dovranno presto affrontare:

a) Skills tecnologiche: saranno sempre più richieste anche se non in chiave di puro tecnicismo quanto in termini di visione strategica e di comprensione degli strumenti. Non possiamo essere meno competenti sui mezzi rispetto al pubblico target. E la strategia è un’altra cosa rispetto a saperci smanettare.

b) Capacità di ragionare in ottica multicanale: mentre in molte realtà si fa ancora fatica ad adattare la propria comunicazione tradizione al web il mondo va sempre più nella direzione di una ipertestualità diffusa e di una multicanalità in cui i nativi digitali si aspettano un’esperienza coerente in tutti i canali digitali e fisici. Una bella sfida, sopratutto sul piano dei contenuti.

c) Capacità di bilanciare paid, earned e owned media: il panorama degli strumenti è reso ancora più complicato dal fatto che alcuni sono sotto il nostro pieno controllo e altri molto meno. E’ il dilemma di cui ho parlato ad esempio qui, e che non va dimenticato nella costruzione delle basi della nostra digital strategy.

d) Corretto uso di tutti i dati per comprendere le opportunità di business e modificare i propri modelli: è il tema del big data, rispetto al quale la capacità di sfruttare la (fin troppo?) ampia quantità di informazioni disponibili sarà cruciale.

e) Coraggio di cambiare: cambiare l’organizzazione interna, cambiare i modelli di business, cambiare mentalità e vincere il timore di esporsi e dialogare, dato che ormai non è più possibile farne a meno.

Non mi sembra uno scenario così semplice, no? <img src=" src="http://s0.wp.com/wp-includes/images/smilies/icon_smile.gif?m=1129645325g" />

Secondo la vostra esperienza stiamo maturando queste consapevolezze in Italia o siamo ancora indietro?

Gianluigi Zarantonello via Internet Manager Blog

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