La pratica di comprare follower, visualizzazioni, like e commenti non è più solo un innocuo belletto per migliorare le apparenze social, ma è una vera e propria frode quando usata per catturare l’attenzione delle aziende. Generalmente chi fa attività di influencer marketing si fida delle “vanity metric” esposte sui profili. Coinvolge l’influencer e poi gli chiede loscreenshotdei suoiinsightper verificare i risultati raggiunti. Peccato che molto spesso l’immagine venga falsificata.
Per ovviare a ciòBuzzoole(di cui sono direttore marketing) ha ideato una metodologia data-driven basata sull’accesso ai cosiddetti “first party data” (i dati direttamente forniti dai social grazie al social login degli iscritti), che permette di capire lo “stato di salute” di ogni iscritto in piattaforma (performance e genuinità).
Tra gli indicatori alla base dell’Health Score:
Reach/Follower:è il rapporto tra numero di persone che ha visto i post e il numero dei follower accumulati. Se particolarmente basso indica una scarsa capacità di raggiungere il proprio pubblico e potrebbe essere spia di acquisti “illegali” di follower;
Engagement/Reach:se le interazioni risultano di molto superiori al numero delle persone raggiunte realmente (visto che l’utente ragionevolmente lascia solo qualche like e commento su un post) vuol dire che è stata messa in atto un’attività fraudolenta di generazione automatizzata dell’engagement;
Suspicious Follower:le informazioni sul paese di provenienza dell’audience di un influencer sono estremamente utili per avere indizi su eventuali attività poco chiare. Ad esempio, se un profilo italiano mostra un’audience proveniente prevalentemente o in larga parte da paesi non in linea con la nazione di origine o in cui operano “server farm” di fake, l’algoritmo lo segnala come sospetto, restituendo la percentuale di “suspicious audience”.
Inoltre la tecnologia di Buzzoole è in grado di considerare anche altre informazioni come: la pubblicazione di contenuti inappropriati, il rapporto tra i follower online e i follower complessivi, il rapporto tra visualizzazioni del profilo e crescita dei follower.
Il consiglio per le aziende che vogliono intraprendere azioni di influencer marketing è di affidarsi ad intermediari in grado di garantire creator genuini e di misurare i risultati ottenuti scientificamente, al di là delle “metriche della vanità”.
Chi non si è mai sentito perso avendo dimenticato il cellulare a casa? O quando un accessorio hi-tech di uso quotidiano si rompe, quanti sono davvero disposti a ricorrere ai metodi più tradizionali? La tecnologia è ormai parte integrante di ogni nostro gesto, alleata indispensabile, spesso percepita come una necessità primaria che facilita e migliora la quotidianità.
eBay, tra i leader dell’eCommerce a livello mondiale, ha voluto giocare con un classico della psicologia, la piramide dei bisogni di Maslow, declinandola nella piramide dei bisogni tech. Con oltre 100 milioni di prodotti nuovi disponibili in ogni momento e una community che vanta più di 5 milioni di acquirenti attivi solo in Italia, il marketplace ha ben chiara la forza dirompente di tutto ilcomparto tecnologico, segmento che rappresentauno dei quattro più importanti pilastri dell’intero business del sito.
I prodotti irrinunciabili per gli italiani
eBay ha presentato i risultati di una ricerca di mercato* che ha indagato i bisogni tecnologici degli italiani. Il marketplace hachiesto a un campione di popolazione italiana di mettere in ordine di priorità su una scala da 1 a 7 – dove 1 indica i prodotti essenziali e 7 i prodotti non strettamente necessari, ma desiderati – le seguenti categorie merceologiche, individuate da un’analisi degli andamenti degli acquisti online e delle nuove tendenze del mercato:smartphone, PC portatili, videogiochi e console, dispositivi intelligenti per gestione domestica, elettrodomestici smart, smart TV e auricolari wireless.
I risultati della ricerca hanno prodotto questanuova rivoluzionaria piramide di Maslow della tecnologia.
Qualunque sia l’età o il genere, smartphone e PC portatili sono alla base della piramide dei bisogni tech. Considerati vere e proprie appendici del corpo e indicati come indispensabili, possono essere paragonati ai bisogni primari dello schema di Maslow. Sempre con noi in qualunque momento, in ogni situazione.Il 48% degli intervistati – pari a quasi 25,5 milioni di italiani – identifica proprio il telefono come bisogno primario,mentreil 26,2% mette il pc portatile sul gradino immediatamente sopra.Trend confermato daeBay.it, che nel 2018 ha visto lacategoria cellulari e smartphone crescere del 14%,con 1 prodotto di telefonia mobile venduto ogni 6 secondi.
“Fa riflettere anche comeben 10.8 milioni d’italiani diano, ancora oggi, un’importanza così forte alla televisione, qui declinata nell’accezione più evoluta. Solo se ci sofferma sullospaccato esclusivamente femminilela necessità della Smart TV diventa meno impellente e cede il postoall’esigenza più concreta di avere elettrodomestici smartin grado di agevolare e supportare i lavori domestici”, spiega Salvatore Aranzulla, esperto di innovazione e uno dei principali divulgatori italiani di temi tecnologici che durante lo speciale evento di presentazione eBayLovingTech è stato l’oratore d’eccezione della serata illustrando i risultati della survey.
Restandosemprein tema di elettrodomesticiche nel risultato generale sono posizionati al quarto gradino della piramide, è interessante inoltre evidenziare come,tra i Millennials,questi siano ritenuti più essenziali e desiderati delle console o dei dispositivi intelligentiper la gestione domestica. Questi ultimi sicuramente in forte crescita ma ancora non entrati a far parte della routine di tutti noi. Dato confermato da eBay, chenegli ultimi sei mesiha registratouna crescita delle vendite dell’80% su prodotti intelligenti per gestione domestica con il Google Home mini come best seller.
Ilmondo del gamingè quello che registrale maggiori differenze a livello di percepito in base all’età e al sesso. Ed è così che, se si considerano solo gli uomini coinvolti, console e video giochi arrivano subito dopo la Smart Tv, mentre se osserviamo i risultati in base alla fascia di età, gli Over 45, sia uomini che donne, mettono il gaming sulla punta della piramide, là tra gli articoli desiderati ma non necessari. Comparto questoin forte sviluppo su eBay.it, con un prodotto gaming venduto ogni 3 minuti e una crescita del 44% nel 2018.
“Se lo smartphone è bisogno primario, è interessante notare come sia cambiato radicalmente negli ultimi anni il modo di utilizzarlo: si è passati sempre di più dai messaggi digitati al vocale. Una tendenza, quella dei comandi vocali, che lentamente cambia il modo di fruizione di tutta la tecnologia, dagli elettrodomestici, al mondo del gaming, fino ai dispositivi domotici. L’internet of things è il futuro ormai prossimo”commenta Salvatore che aggiunge: “pensando a oggetti di uso quotidiano per me irrinunciabili direi che, tolti ovviamente le categorie alla base della piramide, trovo che tutto ciò che facilita la vita in cucina sia per me davvero interessante”.
“Il comparto tecnologico è senza dubbio uno dei pilastri del business di eBay in Italia”, aggiunge poiFederica Ronchi, Head of Vertical Hard Goods di eBay in Italia, Francia e Spagna. “Come dimostrato dalla nostra ricerca di mercato, ormai un italiano su due si affida all’online per la scelta e l’acquisto di prodotti tecnologici e su eBay.it alcune categorie merceologiche hanno un tasso di crescita più alto del mercato stesso: è il caso ad esempio della categoria videogiochi e console, che nel 2018 ha registrato una crescita del 15% nel mercato e del ben 44% su eBay.it”.
Gli Italiani e il rapporto quotidiano con la sfera digitale
La survey online condotta da eBay è stata anche l’opportunità per riflettere su come gli italiani abbiamo interiorizzato e fatto propri nuovi gesti e nuovi comportamenti. Iniziando dal risveglio,oltre un italiano su due(52%)appena sveglioal mattino, ancora a letto,dichiara di guardare il telefono per controllare notifiche /news.
Sono decisamentepiù le donne rispetto agli uomini che, ancora tra le coperte, guardano il proprio smartphone (il 43%di esse dichiara di immedesimarsi “completamente” con questa situazionerispetto al 28% degli uomini), mentre ragionando sullefasce di etàemerge con forza come questo sia ungesto automatico del 41% dei Millennialse della Generazione X (35-44),rispetto agli Over 45 (25%).
La tendenza attuale di voler essere parte attiva in situazioni impreviste che ci vedono testimoni è sempre più forte e amplificata anche dalla rivoluzione digitale:quasi 1 italiano su 3 si dichiara molto o completamente concorde con l’affermazione “Davanti a un evento non comune, la prima cosa che faccio è riprenderlo con lo smartphone”.
Se tra uomini e donne non sembra spiccare una differenza particolare, curioso invece è il dato che emerge guardando le fasce di età.Sono i più giovani, contrariamente a quanto si potrebbe pensare,i meno sensibili ad immortalare le situazioni particolariche li vedono spettatori involontari:il 24% dei Millennials si dichiara per niente interessato,contro il 18% degli over 45 e il 15% degli intervistatori tra i 35 e 44 anni.
Non si può non parlare di eCommerce, nello specifico per i prodotti tecnologici.Per la metà degli italiani (51%) la prima scelta è l’online,non solo per l’acquisto effettivo ma anche per la ricerca di consigli e recensione prima di effettuare l’acquisto.Il 56% dichiara di fidarsi molto (31%) o completamente (25%) delle recensioni degli utenti.Sonole donnea dichiarare di fidarsi completamente (30% vs il 19% degli uomini), mentre considerando lefasce d’età, èla Generazione X, dai 35 ai 44 anni, quella più sicura delle opinioni degli utenti in rete: il31% di essi dichiara di fidarsi completamente,contro il 23% dei Millennials e il 24% degli Over 45.
Infine i social, ormai divenuti appendice non tanto fisica quanto digitale della nostra persona.Ben il 39,5% afferma di controllare più di 5 volte al giorno i propri account. Sono le donne le più attente. È infatti il48%delle intervistateche alla dichiarazione “Controllo più di 5 volte a giorno i mie account Instagram, Facebook e gli altri social media”ha scelto l’opzione di risposta completamente. Se tra i più giovani non sorprende la loro maggiore sensibilità al mondo dei social, conoltre 1 Millennials su 2 che si dichiara completamente d’accordo alla frase,più curiosoè invece osservare come, anche tragli Over 45, la vita sui social sia diventata consuetudine:quasi 1 su 3 di essi si rispecchia completamente nell’affermazione presa in esame.
App: mai più senza
Oramai c’è un’App per tutto! Ma quali sono i servizi per i quali gli italiani non possono più fare a meno di utilizzare un App? Abbiamo chiesto loro di indicarceli per ordine di importanza. Ecco i risultati in assoluto:
1.Informazioni in tempo reale (attualità, meteo)
2.Internet Banking
3.eCommerce per fare shopping
4.Mappe e Gps
5.Organizzazione Viaggi
6.Food delivery
7.Sport&Fitness
Le differenze tra i generi sono minime. Di base le donne danno più importanza alle App legate a servizi di shopping, quest’ultimi inseriti nella top 3 al femminile, rispetto agli uomini che invece mettono al terzo posto le applicazioni per mappe e Gps. Guardando la parte bassa della classifica, gli uomini mettono Sport & Fitness al sesto e lasciano il food delivery all’ultimo posto, l’opposto invece fanno le donne.
Confrontando i target d’età, se i Millennials e gli over 45 pongono in cima alla classifica le app per ricevere informazioni in tempo reale, la generazione X sceglie i servizi di internet banking.L’eCommerce è per tutte le generazioni al terzo posto.Balza agli occhi infine come i servizi legati a mappe e Gps siano decisamente essenziali per i più giovani (secondo posto) mentre perdano di importanza, scendendo al quarto, per le altre fasce d’età.
La nuova mappa dei social network più popolari per nazione non presenta grandi novità rispetto adodici mesi fa.
Facebook, ha continuato a cresceresuperando i2,3 miliardi di utentimensili, di cui 1,5 connessi almeno una volta al giorno.Oggi è il social network preferito in 153 dei 167 paesi analizzati, pari al 92% del globo terracqueo. Nell’ultimo anno è riuscito a sottrarre anche alcuni territori (Azerbaijan, Georgia, Moldova) a Odnoklassniki, uno dei due social dominanti nei territori dell’ex Unione Sovietica. Questo potrebbe essere il segnale che quelle popolazioni sono pronte per il network di Zuckerberg e che dunque il prossimo a capitolare potrebbe essere VKontakte.
Resta peculiare la situazione in Iran dove, a causa della censura di stato, riesce ad emergere, a tratti, solo Instagram.
Ma cosa succede dietro le posizioni di leadership? Per scoprirlo ho confrontato vari servizi di analisi del traffico, come SimilarWeb e Alexa, che danno una stima della popolarità per nazione, in assenza di dati ufficiali granulari. Nelle 58 nazioni che sono riuscito ad analizzare, nell’ultimo anno ha preso terreno Instagram, raddoppiando la sua presenza e distanziando tutti gli altri sfidanti.Con il suo miliardo di utenti oggi è al secondo posto in 44 paesi, mentre Twitter resiste solo in 9 (tra cui Spagna, Irlanda, Arabia Saudita) e Reddit solo in Canada, Nuova Zelanda, Norvegia.
Insomma il mondo dei social media è destinato a rimanere diviso in blocchi. Forse solo lo spostamento verso la fruizione dei social da dispositivo mobili, e la crescita di realtà comeTikTok, potrebbe spostare gli equilibri in futuro. Vedremo cosa accadrà nei prossimi mesi. Quali sono le vostre previsioni?
Di Max Da Via' (del 18/02/2019 @ 07:18:28, in Brand, linkato 1566 volte)
YouTube scavalca Netflix e Apple, posizionandosi al primo posto tra i marchi che intrattengono un legame emotivo più forte con i giovani adulti. Questo quanto emerge da uno studio condotto dall'agenzia Mblm su suolo statunitense e oltreconfine in 15 settori di business diversi. Ad essere esaminata attraverso una serie di parametri diversi è statala "brand intimacy", ovvero la capacità di un brand di stringere una relazione coinvolgente con il target, in questo caso i Millennial.
Per i consumatori della generazione Y, come dicevamo,in cima alla vetta c'è YouTube, risultato che si spiega in buona parte con la centralità dei video all'interno del loro consumo mediatico (non stupiscono dunque neanche i relativi investimenti adv). YouTube scala tuttavia la vetta, come si legge nel report, anche grazie alla propria capacità di estendere costantemente contenuti e servizi, da YouTube Live alle Stories, passando per il lancio nel 2018 di YouTube Music.A vincere, insomma, è il fattore intrattenimento.
Tra gli altri marchi più importanti per i Millennial, oltre ai già menzionati Apple e Netflix (che restano comunque sul podio) troviamoDisney, Nike, Target, Xbox, PlayStation, Google e Walmart. La presenza di brand come Target e Walmart deriva evidentemente dal peso maggiore che nella ricerca ha il campione statunitense, ma risulta interessante a livello più ampio. Parliamo infatti degliunici due "nativi-retailer", che mostrano a tutti gli altri del settore come sia possibile mantenersi al passo con un nuovo mondo phygital e dove a fare sempre più da padroni paiono i colossi della tecnologia e del virtuale.
Di Max Da Via' (del 12/02/2019 @ 07:28:31, in Mobile, linkato 1072 volte)
Il tempo è denaro. Anche nellaapp economy. Anzi soprattutto nella app economy. Ed è proprio sulla ricerca, o meglio, sul recupero del tempo perduto – quello speso davanti agli schermi di pc e smartphone – che sta pian piano virando il dibattito sociologico, filosofico e del mondo del business. Sì, perché la questione oltre che di ordine “etico” impatta, e non poco, sul giro d’affari.
La killer app del futuro? Quella in grado di liberare tempo per consentire alle persone di dedicarsi alle loro passioni o ad attività al di fuori del mondo del web. Ad appoggiare la tesi già una serie di esperti e analisti, ultima in ordine di apparizione l’imprenditriceArianna Huffingtonche in un’intervista alla Cnbc ha puntato il dito contro l’abuso tecnologico, ossia l’uso eccessivo di piattaforme e dispositivi, scommettendo su una nuova rivoluzione alle porte, quella dell’anti-tech ossia del tech che aiuta a stare fuori dal tech.
Sembrerebbe un paradosso a dirla così eppure cominciano già a farsi stradaapp dedicate alla vita “al di là del Web”: si pensi a quelle dedicate alwellness, alfitnessma anche allameditazione, alla gestione dell’ansia e dello stress. La stessaAppleha capito che si tratta di un trend destinato a farsi strada: la appScreen Timetoè stata in fondo studiata per aiutare gli utenti iPhone- quasi 1,4 miliardi in tutto il mondo – a gestire al meglio il proprio tempo nell’uso dello smartphone.
Nella classifica delle app più scaricate nel segmento allenamento e fitness spiccanoCalm e Headspacein un testa a testa per contendersi spazio e “soldoni” in un mercato, quello della meditazione, valutato 1,2 miliardi di dollari. Lo scorso annoHeadspace ha fatturato 100 milioni di dollarimentreCalm ha toccato i 150 milioni quadruplicando il giro d’affari nel solo 2018. Quest’ultima ha di recente chiuso un round di finanziamento per 88 milioni edè stata valutata 1 miliardo di dollari.
La stessa Huffington sta cercando di allargare i propri orizzonti con il brandThrive Global. E’dedicato al benessere e propone un’app dedicata ad apportare piccoli cambiamenti nella propria vita con l’obiettivo di recuperare il rapporto con sé stessi.Parola d’ordine mindfulness. Che la “disconnessione” stia diventando un fenomeno è comprovato anche da alcune campagne per la chiusura degli account social che hanno riscosso anche un certo seguito, quantomeno sull’onda delle notizie legate al furto dati (vedi casoCambridge Analytica)o alla proliferazione diaccount fake su Twitter, tanto per citare due casi figli della cronaca abbastanza recente.
Ogni anno il Super Bowl è una vetrina per moltissime grandi aziende che vogliono catturare l’attenzione di milioni di spettatori in tutto il mondo. La scorsa notte, tra i protagonisti degli spot più accattivanti si sono susseguiti brand noti, quali Google, Pepsi e Doritos, così come nomi di realtà ancora emergenti, tra cui Bumble e Expensify.
Salesforceha analizzato ciò che le persone hanno detto su Twitter sugli spot pubblicitari andati in onda durante l’evento tramiteSocial Studio, la soluzione per il social media marketing di Marketing Cloud. Inoltre, grazie aEinstein Vision for Social Studiosono state anche esaminate tutte le diverse tipologie di immagini pubblicate sui social.
L’annuncio più apprezzato e seguito è stato, a sorpresa, quello realizzato da Bud Light / Game of Thrones. Lo spot ha conquistato gli spettatori grazie alla combinazione di contenuti pubblicitari tra Anheuser Busch (la holding statunitense proprietaria del marchio Bud Light) e la popolare serie televisiva Game of Thrones. Che sia forse l’inizio di un’era per mash-up tra i diversi contenuti Adv? In effetti, guardando bene tutte le pubblicità andate in onda durante il Super Bowl, gli spot pubblicitari di maggiore successo non solo promuovevano un messaggio oltre che un semplice prodotto, ma prevedevano anche la partecipazione di numerose celebrity e qualche nostalgico richiamo al passato. Tra gli esempi più riusciti come combinazione perfetta tra creatività e ironia si possono citare l’impegno di Audi nei confronti dei veicoli elettrici, l’attenzione per gli animali di Avocados from Messico, la promozione dell’energia eolica di Budweiser e il messaggio di empowerment femminile di Bumble.
La fase di maturità dei social media che stiamo vivendo sta determinando, da tempo, una diminuzione delle interazioni e della reach organica (analizzate qui), che spinge le aziende a far ricorso alla pubblicità per estendere la visibilità dei propri contenuti. Per avere un’idea della convenienza delle varie piattaforme ho selezionato alcune statistiche sui costi pubblicitari frutto delle analisi diAdStage(relative al Q3 del 2018).
Facebook è la piattaforma più conveniente. La pubblicità nel news feed, quella storica, vede un CPC attestarsi su un valore mediano di $0,55 (+19% rispetto allo scorso anno). Contemporaneamente decresce il CPM che si attesta su $8,20. Il CTR tocca il livello più basso degli ultimi due anni e va all’1,44%. La pubblicità fatta attraverso l’Audience Network presenta un CPC di $0,38, un CPM di $5,35 e un CTR dell’1,37%. Se si decide di usare l’adv su Messenger si otterrà un CPC di $0,90, un CPM di $5,55 e un CTR di 0,61%.
Su Instagram gli investimenti sono cresciuti del 177% I marketer stanno spostando velocemente i loro investimenti sul social delle immagini, ma nonostante ciò il CPC continua a scendere, arrivando ad un valore mediano di $1,09. Anche il CPM cala portandosi a $6,90 e il CTR sale allo 0,67%. Per le Storie, secondoSocialbakers, il CPC si attesta intorno a $0,25. Nella mia esperienza l’accoppiata di Facebook e Instagram può portare ad ottimi risultati.
Su LinkedIn fare pubblicità è ancoracostoso. Quest’anno il CPC si è attestato su un dato mediano di $3,77, in forte calo rispetto ai dodici mesi precedenti. Scende anche il CPM a $6,75, mentre il CTR è stato dello 0,19%, il più basso tra tutte le piattaforme social. Va tenuto conto che LinkedIn conta come impression “un annuncio visto per almeno 300 millisecondi con almeno il 50% dello stesso visibile sullo schermo”. Il CPC viene calcolato quando si clicca sull’annuncio, ma anche sul nome dell’azienda o sul logo.
Su Twitter la pubblicità è increscita. Il network dei 140 caratteri fa fatica ad aumentare il proprio pubblico, ma il fatturato dalla pubblicità è cresciuto del 26% nel Q3. Il CPC è di $0,60, simile a quello di Facebook, il CPM è di $6,90 (+6%), il CTR è dello 1,1%. Twitter calcola l’impression in maniera estensiva “ogni qual volta un annuncio appare all’utente”, anche per pochi millisecondi.
Questi sono valori mediani, ma i risultati variano da settore a settore, da paese a paese e, naturalmente, possono essere fortemente influenzati dalla capacità di pianificazione dei singoli marketer.
Siamo giunti ad una fase di maturità di sviluppo dei social media e del marketing che li sfrutta per i suoi obiettivi. Ecco perché ho deciso di selezionare e condividere i dati più solidi, frutto di diverse analisi, che bisognerebbe tenere in considerazione per le proprie attività di social media marketing del 2019.
Crescono i contenuti postati su Facebook dalle pagine grandi. In media ogni pagina pubblica 4 post al giorno.Ma sembrerebbe che,statisticamente, il numero ottimale di post al giorno sia 5. Io consiglio di valutare unicamente sulla base delle statistiche personali, privilegiando sempre la qualità dei contenuti (insomma meglio pochi ma interessanti per il vostro pubblico).
L’engagement della pagine Facebook continua a diminuire. Negli ultimi 18 mesi il numero complessivo delle interazioni (reazioni, condivisioni, commenti) è sceso del 50%. Mentre il numero delle interazioni per post è calato del 65%.
Ivideoricevono più engagement di altri formati(in particolare i live godono del coinvolgimento determinato dai commenti in tempo reale) Considerate che, probabilmente, in questa fase, ai video viene dato un peso maggiore nell’algoritmo di visibilità di Facebook. In generale va bene sperimentare live e post-produzioni, ma a patto di non improvvisare.
La reach su Facebook continua a calare, ossia è sempre più difficile intercettare persone diverse a causa della competizione selvaggia tra contenuti, aziendali e personali.
Su Instagram crescono gli investimenti pubblicitari, ma iniziano a diminuire le interazioni organiche(e presumibilmente anche la reach).
Le Storie su Instagram sono sempre più utilizzate. L’investimento pubblicitario viene ancora fatto sui post del news feed ma, in questa fase, ilCPC (cost per click) delle storie è più basso di quello dei post (In media $0,25 contro circa $0,50). L’obiettivo della pubblicità fatta dei brand si sposta dalle mere interazioni ai click per veicolare traffico sul sito.
La rivoluzione digitale avanza in Italia anche se il gap rispetto agli altri paesi dell’Unione europea rimane ancora rilevante, sia per le imprese sia per i cittadini. E’ quanto mette in luce“Ict, cittadini e imprese 2018”, il rapporto dell’Istat.
Lo scorso anno la quota di famiglie che accedevano a internet da casa mediante banda larga è salita al 73,7%rispetto al 70,2% del 2017. La connessione fissa è la modalità di accesso più diffusa. Sul territorio le differenze tra le regioni sono ancora notevoli e confermano il vantaggio del Centro e soprattutto del Nord Italia. Significativo che la maggior parte delle famiglie senza accesso ad internet da casa indica il non saper utilizzare il web come principale motivo (58,2%) e più di un quinto (21%) non considera il web uno strumento utile e interessante. Seguono motivazioni di ordine economico legate all’alto costo dei collegamenti o degli strumenti necessari (15,2%), mentre l’8,1% non naviga in rete da casa perché almeno un componente della famiglia accede a Internet da un altro luogo.
La popolazione connessa
Il 68,5% delle persone di 6 anni e più si è connesso alla rete negli ultimi 12 mesi (65,3% nel 2017)mentre il 52,1% accede tutti i giorni. I giovani restano i più grandi utilizzatori del web (oltre il 94% dei 15-24enni) ma la diffusione comincia ad essere significativa anche tra i 65-74enni, che nell’ultimo anno passano dal 30,8% al 39,3%. Tra le persone di 14 anni e più si utilizza soprattutto lo smartphone per l’accesso alla rete (89,2%),seguito dal pc da tavolo (45,4%). Il 28,3% utilizza un laptop o un netbook, il 26,1% un tablet mentre il 6,7% altri dispositivi mobili come ebook e smart watch.
Il rapporto con le nuove tecnologie conferma un divario di genere, dal momento che navigano su Internet il 72,5% degli uomini e il 64,6% delle donne.Fino ai 44 anni le differenze di genere sono tuttavia molto contenute e si annullano tra i giovani di 18-24 anni. Permane un forte squilibrio nell’uso del web tra Nord e Sud, isole comprese (72,3% contro 62,2%). A Bolzano si trova la più alta percentuale di internauti (75,1%), seguono Lombardia (73,6%), provincia autonoma di Trento (73,4%) e Friuli Venezia Giulia (73,2%). La Calabria, nonostante abbia fatto registrare un incremento di 5,1% rispetto all’anno precedente, resta la regione con la più bassa quota di utenti di internet (59,8%). L’uso del web è ancora caratterizzato da un forte divario sociale anche se rispetto al 2017 le distanze si vanno a ridurre. Se l’utilizzo della rete presenta livelli prossimi alla saturazione tra i laureati (91,5%), i dirigenti, imprenditori e liberi professionisti (92,7%), tra gli operai la quota di chi accede al web è passata dal 77,6% all’81,3%. Analoga tendenza si registra per chi è in possesso della licenza media (dal 63,9% al 66,5%).
L’evoluzione dell’ecommerce
Rispetto al 2017 aumenta dal 53% al 55,9% la quota di utenti di 15 anni e più che hanno acquistato online nei 12 mesi precedenti l’intervista; in particolare, il 34% ha ordinato o comprato merci o servizi negli ultimi 3 mesi, il 12,4% nel corso dell’anno e il 9,5% più di un anno fa. Sono più propensi a comprare online gli uomini (59,8%), le persone tra i 20 e i 34 anni (circa il 70%) e i residenti nel Nord (60,8%). Tra gli internauti che hanno fatto acquisti negli ultimi 3 mesi il 49,5% ha fatto uno o due ordini, il 30% tra i tre e i cinque, il 10,1% tra sei e dieci mentre solo una piccola quota dichiara di aver fatto più di dieci ordini (5,8%). I beni più acquistati sono abiti e articoli sportivi (45,0%), articoli per la casa (39,4%) e servizi riguardanti “viaggi e trasporti” (39%).
I servizi più utilizzati online dagli internauti sono quellibancari(44,6%), soprattutto nella classe di età 25-44 in cui la quota di utilizzatori supera il 50%, e iservizi di pagamento, ad esempio il paypal (39,2%) con un picco tra i 20 e i 44 anni (oltre il 45%), mentre il ricorso alle rete per vendere merci o servizi è praticato dal 10,8% degli utenti assieme alle operazioni finanziarie (10,1%). Si registra nel 2018 una forte distanza tra il Nord e il Sud, di più di 20 punti percentuali per l’e-banking e di oltre 10 punti per i servizi di pagamento e l’acquisto di beni e servizi online. Pur non avendo fatto acquisti tramite il web negli ultimi tre mesi, il 43,9% ha comunque cercato informazioni online su merci o servizi, e/o ha usato il canale online per la vendita di beni.
Le imprese italiane e le nuove tecnologie
Passandoal mondo delle imprese,tra quelle con almeno 10 addetti il 94,2% si connette in banda larga mobile o fissa. Aumenta in particolare la quota delle aziende che dichiarano velocità di connessione in download di almeno 30 Mbit/s (da 22,1% nel 2017 a 29% nel 2018). Passano inoltre dal 12,9% al 16,9% le imprese che investono sulle competenze digitaliprovvedendo alla formazione dei propri addetti.
Il divario tra grandi e piccole imprese nel livello di digitalizzazione rimane ancora ampio.Elevati livelli (“Alti” o “Molto alti) sono presenti nel 44% delle imprese con almeno 250 addetti e solo nel 12,2% delle imprese da 10 a 49 addetti.
Nell’uso di tecnologie emergenti, le grandi imprese italiane mostrano una propensione superiore o in linea con la media europea nell’analisi di big data (il 30% contro il 25% dell’UE28), nell’uso di stampanti 3D (13% come la quota UE28) e della robotica (26% rispetto al 25% dell’UE28).
Nel mondo dell’ecommerce risulta rilevante la crescita degli intermediari:il 64,1% delle imprese che nel 2017 hanno venduto via web (53,8% nel 2016) ha utilizzato almeno un e-marketplace e il 50,2% (39,1% nel 2016) ha realizzato almeno la metà del fatturato via web tramite intermediari.
LinkedIn ha562 milioni di iscritti(non utenti attivi) che oltre a cercare lavoro condividono contenuti la cui visibilità viene determinata da un algoritmo. Come nel caso di Facebookla formulaè segreta, ma le caratteristiche principali possono essere colte leggendo i diversi pezzi di informazione che vengono disseminati dagli ingegneri nei blog ufficiali.
L’approccio scelto da LinkedIn per determinare la visibilità dei contenuti è ibrido, uomo macchina, e consta di diverse fasi, supportate da un’infrastruttura chiamataFollowFeed(che ha sostituito Sensei).
All’atto della pubblicazione ogni post viene classificato automaticamente dal software come “spam”, “low-quality” o “clear”, in appena 200 millisecondi. Poi il sistema tiene sotto osservazione il contenuto per vedere come viene accolto dalla community. Quanti raggiunge, quanti e quali membri interagiscono, i tempi e le quantità di reazioni (like, commenti, condivisioni), quanti lo segnalano e lo nascondono. Le segnalazioni di bassa qualità di un post possono essere fatte da chiunque e vengono analizzate in tempo reale. Se raggiungono un numero elevato vengono smistate ad un gruppo di dipendenti LinkedIn per una revisione ulteriore (come nel caso di Facebook essa si basa su linee guida conosciute, dette Community Standard, e casistiche reali che non vengono rivelate). A seguito di questo processo di analisi l’algoritmo (potenziato da tecniche dimachine learning) decide se il contenuto può essere fatto circolare liberamente o se deve subire limitazioni di visibilità più o meno estese (può essere reso invisibile in tutta la piattaforma, solo nel feed principale, fino ad arrivare alla sospensione dell’autore).
L’algoritmo di LinkedIn, al momento, risulta essere meno sofisticato di quello diFacebook. Ad esempionon tiene conto del tempo di lettura di un post(al fine di determinarne l’interesse suscitato),della freschezza, dell’affinità tra autore e lettore.
Ovviamente la formula viene continuamente modificata al fine di individuare il giusto equilibrio che consenta di aumentare la frequenza di accesso e i tempi di permanenza online degli iscritti, preservando la qualità dei contenuti. Inoltre, come su Facebook, ognuno di noi può correggere l’algoritmo intervenendo proattivamente sul news feed.
Consigli per migliorare il feed di LinkedIn
Eliminare i contatti aggiunti senza una motivazione professionale. Io aggiungo solo le persone conosciute ed eventualmente seguo quelle in linea col mio lavoro;
Smettere di seguire i contatti che producono contenuti poco interessanti
Nascondere i post non in linea con i vostri interessi
Usare l’opzione “Migliora il mio feed” per scegliere le persone e gli hashtag tematici che vorreste vedere nel flusso di notizie
Quali contenuti funzionano su LinkedIn?
I testi lunghi su LinkedIn vengono apprezzati, soprattutto quelli che generano commenti, facendo leva su temi caldi o sulla richiesta di suggerimenti alla community;
L’uso di strumenti nativi per postare, come la piattaforma interna di LinkedIn, può garantire migliori performance rispetto ad un semplice link ad un blog;
Arricchire il testo con molte immagini aiuta a catturare l’attenzione (unostudioha verificato che 8 immagini determinano il più alto numero di interazioni);
I link a contenuti video esterni non vengono premiati dall’algoritmo (YouTube, Vimeo, TED);
Questi sono solo alcuni consigli frutto della mia esperienza e di studi empirici, ma alla base del coinvolgimento c’è soprattutto la capacità di condividere contenuti professionali di valore per il proprio network. Cosa che sarebbe semplice se esso fosse omogeneo in termini di interessi, invecesu LinkedIn la rete è il risultato di stratificazioni successive (meramente dipendenti dai lavori svolti) e di aggiunte acritiche.
Il rischio più grande che vedo all’orizzonte è che LinkedIn finisca per trasformarsi in Facebook sia per volontà del management(attento a premiare soprattutto l’engagement),che per attitudine dei suoi utenti(a pubblicare post anche più personali) .