Cominciamo. Sono 32,9 milioni gli Italiani tra gli 11 e i 74 anni che dichiarano di avere un accesso a internet da qualsiasi luogo e attraverso qualunque device.
Sono connessi (o meglio, possono / potrebbero connettersi) a internet il 70,5% degli uomini e il 66,7% delle donne; in particolare i giovani tra gli 11 e i 17 anni (85,3% degli individui in questa fascia d’età) e i 18-34 anni (83,4%) e nella fascia più matura tra i 35 e i 54 anni (76,1%), di tutte le aree geografiche d’Italia con livelli di concentrazione simili nel Nord e nel Centro (circa 72%) – a eccezione dell’area Sud e Isole che presenta una percentuale più contenuta (61,8%).
Il profilo professionale di chi dichiara di avere un accesso a internet, risulta abbastanza alto. Si registra, infatti, un’elevata diffusione tra imprenditori e liberi professionisti (97,1%), tra gli impiegati e gli insegnanti (94,1%), tra i dirigenti, quadri e docenti universitari (93,8%), tra i laureati (94,7%) e tra gli studenti universitari (98,3%).
Ma questo è il numero di quelli che potrebbero andare in Rete; a settembre 2010 risultano 24,042 milioni gli Italiani che si sono collegati almeno una volta, l’11,2% in più rispetto a allo stesso periodo del 2009 ma poco di più rispetto ad Agosto, dove erano 23,8 milioni (interessante questo scalino così basso tra un mese lavorativo e uno in cui l'Italia è chiusa). A Luglio erano sempre 23,8 milioni e a Giugno 23,7 milioni. Comunque il trend sembra essere di lenta crescita.
Mi domando seriamente quanto potrà ancora crescere, se i ragionamenti che ho fatto sono corretti; il sospetto è che Internet abbia già raggiunto tutti quelli in grado di usarlo, sapendo leggere e scrivere (Si veda il mio articolo "Quanti sono davvero gli utenti Internet").
Specialmente se consideriamo (tornando a quelli che potenzialmente potrebbero andare in rete, avendo una qualche forma di connessione, che i 32,9 milioni gli Italiani che dichiarano di avere un accesso a internet da qualsiasi luogo rappresentano il 68,6% della popolazione tra gli 11 e i 74 anni. Questo dato registra un incremento dell’8,7% rispetto al mese di settembre 2009.
Da sottolineare anche il fatto che ci sono 9 milioni di Italiani che potrebbero andare in Rete, avendo il collegamento ma non lo fanno. Non sono pochi e secondo me qualche riflessione sul Digital Divide "vero" lo dovremmo fare... cioè se davvero tanta gente non va in rete perché non ha la banda o se anche gli porti la banda non ci vanno lo stesso e il problema è culturale (probabilmente un mix dei due, ma come sapete io spingo molto sul secondo fattore).
Cresce del 13,4% su base annua anche l’audience online nel giorno medio che questo mese registra 11,986 milioni di utenti attivi (erano 10,566 milioni gli utenti attivi nel mese di settembre 2009). Ad Agosto erano 9,8 milioni. A Luglio erano 10,8 milioni. Erano 11,7 a Giugno e Maggio. In pratica, in un giorno qualsiasi, non trovate nemmeno 1 su 2 di quelli che nel mese hanno navigato.
Media giornaliera di 1 ora e 26 minuti di tempo speso online (siamo sempre lì, minuto più minuto meno) e 166 pagine viste per persona (che mi sembra allineato con il medione dei mesi precedenti).
Bella crescita del mobile Si afferma sempre di più l’accesso in mobilità; cresce, infatti, del 26,1% rispetto a settembre 2009 l’accesso a internet tramite cellulare, disponibile per 5,3 milioni di italiani (sui 32,9 milioni di utenti potenziali).
Tra i navigatori attraverso il cellulare le attività principali online sono la semplice navigazione (50,4% dei casi), la consultazione dei motori di ricerca (26,3%), l’accesso ai social network (24,5%), inviare o ricevere e-mail (24%) e la consultazione di itinerari/mappe (20,7%).
Internet si usa dall'ufficio? Mah, no, anche se si accede in orario d'ufficio... (Da qui in poi sostanzialmente copio & incollo)
La distribuzione dell’utilizzo del mezzo presenta dati significativi già nella prima parte della giornata, con 5,4 milioni di utenti attivi tra le 9 e le 12, confermando la fascia pomeridiana quale prime time del web anche per questo primo mese di rientro lavorativo.
Infatti, a partire dalla fascia oraria tra le 12:00 e le 15:00 si registrano6,280 milioni di utenti attivi e il dato si mantienesullo stesso livello fino alle ore 21, quando parte la fascia oraria tra le 21 e le 24 (4,8 milioni di utenti attivi) che registra il valore più alto sia per tempo speso (37 minuti) che pagine viste (66) in media per persona.
Prevale il collegamento da casa tramite computer, (qui siamo tornati a parlare di quelli che possono collegarsi, i 32,9 milioni) con 30,5 milioni di persone pari al 63,6% della popolazione nella fascia considerata dalla ricerca, mentre risulta meno diffuso l’accesso da luogo di lavoro/ufficio (39,1% degli individui occupati), di studio (6,2%) o da altri luoghi (3,8%) quali, ad esempio, internet point o biblioteche.
Gli utenti attivi nel giorno medio sono 3,7 milioni dell’area Nord-Ovest (il 25,2% della popolazione di riferimento), 2 milioni dell’area Nord-Est (pari al 22,3%), 2 milioni del Centro (il 21,7%) e 3,7 milioni dell’area Sud e Isole (il 18,5%).
Quando si parla di social media si pensa sempread un mondo di persone che scrivono, postano, creano.
Per chi conosce davvero la materia è noto invece che questo non è totalmente vero eJakob Nielsenha formulato in tal senso l’espressione “Participation Inequality“, riassunta dallaformula 90-9-1:
90%degli utenti sono “lurkers”, audience non attiva, lettori che non creano contributi.
9%degli utenti sono “editors”, che modificano e commentano contenuti che però sono creati da altri.
1%degli utenti sono “creators”, coloro che creano attivamente il contenuto e alimentano la rete.
Ma se gli utenti attivi sono così pochiperché dovremmo iniziare una strategia di social media marketing?Semplice,perché gli attivi sono pochi ma gli interessanti (critici, collezionisti etc.) sono davvero tanti (e di valore)!
Quando creiamo una fan page su Facebookquanti sono davvero quelli che creano contenuto?Pochi, ma vi sono migliaia di persone che fanno sharing e commentano quando postiamo, mentre contemporaneamente i rari contributori attivi hanno un pubblico enorme.
Per far diventare un caso di studio anche il vostro dunque dovete essere pronti a capire e governare questaregola del 90-9-1 per agire con strategia, e vi ricordo che lastrategia si fa prima, e non dopo!" src="http://s2.wp.com/wp-includes/images/smilies/icon_smile.gif?m=1235672804g" />
Fine dell’attesa: internet passa dal social network al personal network, con Path. Una rete sociale ma non troppo, in cui ciascuno ha la propria pagina e un massimo di cinquanta contatti amici, così da limitare scocciature, curiosi indesiderati e scambi inutili di battute.
Un piccolo spazio online in cui essere davvero se stessi: così viene presentato il nuovo sito dai suoi fondatori, Dave Morin e Sawn Fanning. Il primo già dirigente di Facebook, il secondo co-fondatore di Napster. L’idea è quella di minare le fondamenta di colossi come Twitter e lo stesso Facebook, in cui regna spesso il caos dovuto alle centinaia di contatti potenziali da gestire, con scarsi risultati e qualche imbarazzo.
Path prova dunque a proporsi come rete esclusiva, in cui l’utente sceglie accuratamente i propri amici digitali sulla scorta delle relazioni nel mondo reale. Il network è pensato per le piattaforme smartphone ed è da subito disponibile su iPhone, mentre presto sbarcherà anche su Android e Blackberry.
Ormai è evidente. Facebook è diventato qualcosa di molto più grande di quel cerca-amici nato quasi per gioco fra un gruppo di adolescenti del college. Qualcosa che ha la pretesa di cambiare la nostra vita digitale, radunando in un unico piatto tutti gli ingredienti che oggi (separatamente) compongono il mondo delle applicazioni Web. Così, l’annuncio di un nuovo servizio di e-mail non è solo l’ultimo dei tasselli aggiunti da Mark Zuckerberg al suo mosaico. E’ soprattutto il segnale che Facebook è pronto a lanciare la sfida ai colossi del Web – Google in testa – anche sui servizi che fino a qualche tempo fa sembravano estranei al proprio core-business.
Per riuscirci Facebook esce dal suo giardino recintato: dai rudimentali messaggi privati fra amici si passa a un vero e proprio servizio di e-mail con tutti i filtri e le funzionalità accessorie del caso, compresa l’integrazione con i vari client di posta. Significa che da oggi potremo godere di un dominio @facebook.com aperto al Web e integrabile nei principali servizi esterni di posta come Outlook, Thunderbird e Windows Mail.
Ma soprattutto che potremo contare sull’intelligenza di Facebook e sulla sua capacità di tenere traccia dei nostri movimenti, ad esempio separando in modo razionale ciò che è importante da ciò che non lo è. Qualcosa di molto simile a ciò che ha sviluppato Gmail con il servizio di Priority InBox ma potenzialmente ancora più raffinato: Facebook sa chi sono i nostri amici e come ci relazioniamo con loro e può dunque capire quali fra le email che riceviamo vogliamo leggere per prime.
Non dimentichiamoci poi che Facebook dispone già del più grande archivio fotografico del mondo, del calendario più utilizzato e che presto avrà un prodotto per la vendite locali. E che, come suggerisce TechCrunch, potrebbe dunque modificare la struttura del suo sistema di posta elettronica per visualizzare ciascun contenuto nel modo più consono.
Il resto sarà affidato all’alleanza con Microsoft e all’integrazione con le Web Apps di Redmond: l’anello che mancava per gestire gli allegati di Word, Excel, PowerPoint, OneNote e (forse) SharePoint in modo più pratico e conquistarsi finalmente le simpatie di coloro che utilizzano Internet per lavoro. Gli stessi che fino a poco tempo fa consideravano Facebook poco più che un giochino per adolescenti.
Gli internauti non amano la pubblicità sui social network.
Tre quarti del campione della ricerca svolta da eCircle (European Social Media and Email Monitor) in collaborazione con Mediacom, non apprezzano spot e affini sui propri profili web, anche se il 60% degli intervistati ritiene che informazioni su aziende e brand veicolate via Twitter o Facebook possano rivelarsi utili.
La metà degli utenti considera interessanti le pagine ‘fan’ dei marchi, mentre il 40% le trova addirittura divertenti.
Primo: se una assicurazione si chiama "Farmer's Insurance Group", non può non essere nel farming world (virtuale) per eccellenza. Ovvero, Farmville.
Come esserci? Inserendo un oggetto, un dirigibile che sorvola campi e giardini. Ma, lo sappiamo, la comunicazione strategicamente corretta non fa solo awareness, lega la comunicazione ai benefit / caratteristiche etc.
E così il dirigibile serve anche a proteggere i campi, impedendo che i preziosi raccolti appassiscano per incuria (chi gioca a Farmville sa cosa intendo).
Insomma, si lega cosa fa la marca nel reale (proteggere) con una applicazione sul virtuale e tutte queste altre belle pippe da digital planner (visto su http://brand-e.biz/).
C'è da sapere però anche una cosa: la Farmers, nel mondo reale, ha davvero un dirigibile che sorvola campi e città. Anzi, il più grande dirigibile del mondo (così affermano). Uno Zeppelin Eureka che è protagonista di operazioni promozionali anche, ad esempio, su Facebook - dove si può vincere un bel giretto sull'aeronave.
Secondo: McDonald's si è fatta la propria fattoria su Farmville. Interagendo con la quale si ottengono oggetti virtuali per la propria fattoria, rari ed esclusivi etc etc. compresa una mongolfiera molto decorativa. Maggiori dettagli qui.
Il mercato pubblicitario italiano ha chiuso l’estate con investimenti praticamente stabili. I 700 milioni di euro raccolti a settembre hanno fermato la crescita allo 0,8% su base annua.
Dopo una primavera fortemente positiva, dunque, l’advertising nazionale ha rallentato nuovamente. Secondo gli analisti Nielsen, il 2010 dovrebbe comunque chiudersi in saldo positivo, con il settore al +3% rispetto all’anno precedente.
La televisione, considerando sia i canali generalisti che quelli satellitari (Sky e Fox), chiude i primi nove mesi dell’anno con una crescita del +6,9% e una raccolta pubblicitaria vicina ai 3,3 miliardi di euro. Continua invece il calo la stampa: i periodici restano il ramo maggiormente penalizzato e stazionano al -7,3%, mentre i quotidiani hanno saldo praticamente nullo (quelli nazionali guadagnano il 2,5% degli investimenti, i locali perdono il 2,6%). Positivi i numeri di internet (+17,6% degli introiti) e cinema (+7,1%). Buon riscontro anche per le direct mail (+6,7%).
Trovo infatti che ormai molti elementirendano obsoleta e riduttiva la distinzione fra ciò che accade, ad esempio,in un negozio di mattoni e ciò che ruota intorno alla sua versione digitale.
Nonostante questo ho l’impressione chemanchi ancora un anello di congiunzioneche renda davvero fluido e democratico tale passaggio, senza frapporre barriere economiche, cognitive e, naturalmente, tecnologiche all’uso di massa.
Provo ad individuarne alcune:
a) molte tecnologie non sono presenti di default sugli strumenti più comuni, come i cellulari: dai semplici lettori di QR fino ai chipNSCoRFIDle risorse oggi esistenti non sono (per ora) montate di serie sui device. Dove questo è accaduto (come per i QR in Giappone) l’adozione è stata altissima, negli altri casi invece gli strumenti non sono mai decollati.
c) poca conoscenza da parte delle aziende: è vero che certi strumenti oggi hanno poco mercato per i motivi di cui sopra ma è difficile per gli utenti apprezzare questo genere di servizi…fino a quando nessuno li offre! La riprova? Prima dell’iPad non credo che nessuno vedesse così profittevole il mercato dei tablet…
d) infrastrutture poco adeguate: questo tema vale sia per le aziende, che spesso hanno architetture IT rigide e non adatte ai nuovi modelli cloud orientend, sia per il mondo delle reti, visto che in Italia il wi-fi scarseggia e con lui anche solo la banda larga.
e) validi motivi per l’utilizzo: fatto salvo il punto c) perché una tecnologia sia davvero utilizzata deve dare vantaggi reali, tangibili e unici, e finora molti esperimenti non hanno portato all’utente reale valore aggiunto.
Sicuramente ci sonoaltre ragioni che non ho elencato(scrivetele pure nei commenti) e si potrebberofare molti distinguo(io mi sono molto focalizzato sui cellulari e gli smartphone, perché sono lo strumento che quasi tutti hanno in mano), però la sensazione è questa:manca un anello di congiunzione per legare fra loro le enormi possibilità del digitale.
Un esempio illuminante in questo sensosono i social network geolocalizzati, che come sapeteho già utilizzato:sono frubili da tutti i telefoni(certo, rendono meglio con gli smartphone),non chiedono installazioniné lato azienda né lato utente,possono offrire piccoli o grandi vantaggi esclusivi agli utenti.
Naturalmente si tratta di un tipo di applicazioni molto circoscritte, ma è un esempio utile a spiegare ciò che voglio dire, ossia che vale davvero la pena di investire in questi settori, tanto più che lavera killer application che faccia da anello di congiunzione in realtà ancora manca!
Di Altri Autori (del 24/11/2010 @ 07:06:54, in Mobile, linkato 1950 volte)
L’advertising mobile in Europa è sempre più una questione di sms. Nei cinque paesi guida dell’Unione (Regno Unito, Francia, Germania, Spagna e Italia), il mercato specifico ha raggiunto ormai un target di 100 milioni di utenti. Questo il numero di iscritti ai diversi servizi di marketing via messaggio nel Vecchio Continente.
Secondo i dati comScore/Mobilens, il 44% delle sottoscrizioni a servizi pubblicitari mobili riguarda dunque gli sms.
Vi allego il video del "best of" del Rich Media Award 2010, prestigioso premio dedicato al digitale etc etc. Una presentazione video dei progetti arrivati in nomination e di quelli premiati.