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  mymarketing.it: perchè interagire è meglio!... di Admin
 
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Errare è umano, ma per incasinare davvero tutto è necessario un computer.

Arthur Bloch
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\\ : Storico (inverti l'ordine)
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Altri Autori (del 28/02/2011 @ 07:08:24, in Internet, linkato 2057 volte)

Google fa la scrematura dei siti, retrocedendo nei suoi risultati di ricerca i portali più futili e scadenti. La novità annunciata da Mountain View ha l’obiettivo migliorare il lavoro del popolare motore di ricerca, offrendo agli utenti una graduatoria qualitativa dei siti riguardanti l’argomento richiesto.

“L’aggiornamento dell’algoritmo - si legge sul blog ufficiale di Google - è pensato per ridurre il ranking, ovvero la visibilità, dei siti di bassa qualità, quelli che hanno pochi contenuti di valore aggiunto per gli internauti o ad esempio con notizie fotocopia rispetto ad altri”. L’innovazione, per ora apportata solo alla versione statunitense di BigG, interesserà il 12% dei risultati di ricerca. Gli utenti potranno contribuire alla ‘nuova’ indicizzazione segnalando i siti da penalizzare, premiando così la qualità e l’efficienza degli altri.

Via Quo Media

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Di Altri Autori (del 25/02/2011 @ 07:28:47, in Internet, linkato 3072 volte)

Si diffondono sempre più, anche in Italia, i gruppi d’acquisto via internet, che offrono coupon a prezzi particolarmente vantaggiosi e la possibilità di acquistare spesso direttamente dal produttore.

Secondo l’indagine compiuta da comScore sulle tendenze digitali dei paesi europei nel corso del 2010, Italia, Francia e Gran Bretagna sono in testa alla classifica degli stati più attratti dai coupon delle offerte online. Sviluppo e uso intensivo delle piattaforme di social networking e delle piattaforme mobili sono gli altri due aspetti rilevanti dell’evoluzione digitale negli ultimi mesi: evoluzione che fa dell’Europa il secondo mercato digitale mondiale, alle spalle della regione Asia-Pacifico, che può contare sul traino di Cina, India e Giappone.

Nel Vecchio Continente dominano ormai Facebook, che catalizza l’11% totale del tempo trascorso sul web dagli europei, e gli smartphone, che nei paesi più evoluti (Gb, Germania e Francia) ha conquistato più del 30% del mercato della telefonia mobile.

Via Quo Media

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Di Altri Autori (del 23/02/2011 @ 07:23:56, in Prodotti, linkato 2377 volte)

Dall'Italia riparte la sfida per gli ebook reader: sono i lettori digitali per sfogliare le pagine, prendere appunti, ascoltare la lettura delle parole. LeggoIbs è appena arrivato sul mercato: ha un schermo da sei pollici, poco più piccolo di un libro tascabile. Il display è touchscreen. Gli utenti possono accedere a un archivio con 8mila titoli sulla libreria online Ibs e ai testi in pdf, epub e altri formati: sono scaricabili attraverso le reti wifi e i network di telefonia mobile 3G. Oppure i lettori possono utilizzare la connessione Bluetooth e il cavo usb se le opere letterarie sono sul proprio computer.

 Dai laboratori di Telecom Italia, invece, pochi mesi fa è arrivato l'ereader Biblet: ha uno schermo di sei pollici ed è acquistabile anche con un piano tariffario mensile. Nel suo negozio online include le opere pubblicate da venticinque editori italiani ed esteri. Ha anche una versione software per accedere agli ebook dal cellulare con un'applicazione.

LeggoIbs e Biblet sono due risposte italiane a una gara globale. È stata la libreria online Amazon a muovere il primo passo con il suo Kindle: partito come un'idea di nicchia, è arrivato anche in Europa, Asia e Africa. Di recente ha integrato la lettura dei testi con i social network: gli utenti possono segnalare in tempo reale ai loro amici frasi interessanti trovate in un saggio o un racconto. Il tablet iPad di Apple ha debuttato a maggio: attraverso le sue applicazioni diventa una porta di accesso agli scaffali digitali delle librerie e a internet, arricchito dall'interazione con video e altre tecnologie multimediali. Inoltre nei negozi italiani sono accessibili i lettori digitali progettati da aziende specializzate, come Cybook della francese Bookeen e Cosmo PocketBook di Nilox. Anche le multinazionali hitech hanno lanciato i loro ereader: Sony Touch Edition (da cinque o sei pollici), Samsung E60 e Asus Eee Reader con un display da nove pollici.

Le stime dell'Associazione italiana editori valutano che nel 2009 il giro d'affari nazionale per la vendita di ebook ha raggiunto un milione di euro: secondo fonti dell'agenzia Reuters, nel medesimo periodo erano 20mila i lettori digitali acquistati. Durante il 2010 gli ebook nel mondo hanno premuto sull'acceleratore. L'associazione americana degli editori (Aap), per esempio, segnala che negli Stati Uniti la spesa per ebook è arrivata a 49,5 milioni di dollari nel mese di dicembre, con un aumento del 165% rispetto al 2009. E il mercato ha raggiunto 441 milioni di dollari nel 2010: un anno prima il valore complessivo delle vendite era di 167 milioni di dollari. Negli Usa gli acquisti di libri attraverso tutte le piattaforme sono aumentati del 2,8%.

di Luca Dello Iacovo su IlSole24ORE.com

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Di Altri Autori (del 22/02/2011 @ 07:13:30, in Social Networks, linkato 1766 volte)

Un pubblico all’altezza del loro nome e del loro appeal: Google e Facebook, negli Stati Uniti, attraggono un’utenza per lo più giovane e con un livello d’istruzione alto. E ricchi. Lo dice una ricerca promossa dal quotidiano Usa Today e svolta fine 2010 da Gallup su un campione di adulti americani, secondo cui i seguaci dei due siti sono per oltre il 50% sotto i 50 anni, hanno una laurea e guadagnano almeno 90mila dollari l’anno.

Secondo l’indagine, uomini e donne mostrano un interesse simile verso Facebook (il 42% dei maschi e il 45% delle femmine intervistate ha un account proprio), mentre gli uomini usano di più Google (63% contro il 56% delle donne), che comunque resta il motore di ricerca più popolare: il 40% totale del campione ha dichiarato di visitare le pagine di BigG almeno una volta a settimana.

Ma la forza motrice dei due celebri siti, come detto, sono i giovani benestanti: tra i 18 e i 29 anni, l’83% naviga su Google e il 73% ha un account Facebook. I dati calano sensibilmente se si considera la categoria più anziana, gli over65, in cui il 34% sfrutta i servizi di Mountain View e solo il 17% ha una propria pagina sul social network di mark Zuckerberg.

Via Quo Media

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Apple e Google hanno lanciato in pochi giorni due servizi rivolti agli editori che vogliono vendere i loro contenuti. L'offerta è diversa, non soltanto nella spartizione dei ricavi. Nel caso di Google è multipiattaforma, "entra" nei siti di news online che aderiscono all'offerta, dando una sorta di piattaforma di ecommerce comune, si adatta a tutti i device e al negozio di applicazioni Android. Nel caso di Cupertino è più centralizzata e legata all'Appstore.

Google One Pass consente agli editori di vendere abbonamenti, singoli articoli e altri contenuti online. L'utente che arriva su un sito partner clicca una news, vede un'anteprima dell'articolo, finisce sulla piattaforma di pagamento di Google e una volta sottoscritta una formula di abbonamento, o fatto il login con il profilo creato precedentemente, ha accesso all'articolo. È possibile utilizzare il sistema anche per i pagamenti all'interno dell'Android market.

«Da tempo dialoghiamo con gli editori - spiega al Sole24ore.com Madhav Chinappa, responsabile sviluppo partnership strategiche di Google per l'area Emea (Europa, medioriente e Africa) -. È emersa la necessità di innovare e sperimentare nuovi modelli di business. Ci vuole una tecnologia efficiente per mettere a pagamento i contenuti digitali, compito estremamente difficile. Abbiamo deciso di collaborare, mettendo a disposizione una piattaforma che possa essere trasversale».

Una volta registrato un account, l'utente avrà la possibilità di utilizzare lo stesso servizio su altri siti partner. Gli articoli potranno essere letti su pc, notebook, cellulari o tablet. La scelta delle modalità di pagamento e delle piattaforme spetta agli editori. I ricavi della vendita dei contenuti sono divisi in questo modo: il 90% agli editori, il 10% a Google.

Per la gestione del pagamento viene utilizzato Google checkout, piattaforma lanciata da Mountain View nel 2006 per i siti che fanno ecommerce. I primi editori che hanno aderito alla sperimentazione sono Focus Online (Tomorrow Focus), stern.de e Axel Springer in Germania, Nouvel Obs in Francia, Prisa in Spagna e Rust Communications negli Stati Uniti. «Entro marzo lanceranno il servizio - afferma Chinappa - ma alcuni partner lo renderanno operativo già da settimana prossima. Speriamo di poter fare lo stesso a breve anche in Italia, l'idea è stata accolta molto bene».

Quello di Apple è invece un servizio di abbonamento per i contenuti distribuiti dal negozio digitale App store e usufruibili su iPhone e iPad. La durata dell'abbonamento è variabile e modificabile dall'utente. Sembrerebbe dunque riguardare più le versioni di quotidiani e riviste studiate per tablet e device portatili che i siti di informazione online. Differente anche la spartizione dei ricavi: il 70% va all'editore, il 30% a Apple. Il ceo Steve Jobs ha poi spiegato che «quando l'editore porta un utente esistente o un nuovo abbonato all'app, l'editore mantiene il 100 percento e Apple non guadagna nulla». Viene chiesto all'editore che sta facendo un'offerta di abbonamento al di fuori dell'app, di farla anche all'interno dell'applicazione, con le stesse o migliori condizioni.

di Luca Salvioli su IlSole24ORE.com

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Di Altri Autori (del 17/02/2011 @ 07:16:33, in Mercati, linkato 2633 volte)

Si parla molto di editoria digitale: e-reader e affini incuriosiscono sempre più gli italiani, ma l’offerta è scarsa e la diffusione minima.

Tanto rumore per nulla, o quasi. In autunno, editori e grandi distributori del comparto elettronico avevano ufficialmente dichiarato aperta, anche in Italia, la stagione degli e-book. Il libro digitale come nuovo feticcio dell’industria culturale (ri)organizzata dalla rete. Nonostante l’entusiasmo dei promotori e lo slancio del pubblico più attento, i numeri non promuovono ancora l’editoria digitale. Una ricerca presentata nei giorni scorsi da AtKernsey, intitolata significativamente ‘I lettori sognano i libri elettronici?’, prova a dar conto dell’universo e-book.

Cinque anni fa Amazon lanciava Kindle negli Stati Uniti, e-reader oggi leader di settore ma sbarcato in Europa solamente lo scorso anno, quando l’editoria digitale ha aperto i battenti anche nel Vecchio Continente, con la presentazione di iPad e la definizione dei progetti di Google in materia di biblioteche virtuali. Nonostante il rapido recupero tecnologico, gli editori e i consumatori europei non sono ancora maturi per sfruttare a pieno le opportunità del canale digitale. Il mercato continentale vale un decimo rispetto a quello americano (75 milioni di euro contro 750), ed è dominato dal Regno Unito, che conta il 65,5% degli introiti. L’Italia si ferma al 2,6%, contro il 5,3% della Francia e il 25,8% della Germania. Le principali deficienze europee in materia di e-book sono tre: bassa penetrazione dei lettori digitali e numero limitato di titoli in catalogo, l’assenza in molti paesi dei grandi attori del settore (Amazon e Google sono assenti in Italia, Spagna e Svezia), la poca chiarezza dei modelli di business adottati, scarsamente sostenuti dai rispettivi governi statali.

Per quanto riguarda la prima problematica, in Italia si contano settemila volumi digitalizzati a disposizione dei 470mila utenti che già possiedono un lettore apposito. Decisamente pochi per poter sperare di indirizzare il pubblico nostrano all’acquisto di un e-reader, aggeggio molto utile in potenza ma in pratica vezzo per pochi vista la ridotta libreria presente sul web nella nostra lingua madre. La grande industria di settore non ha ancora aggredito il mercato dello Stivale, poco allettante per questioni numeriche e di profilo. L’italiano resta lingua per pochi e nel Belpaese i lettori forti sono una minoranza esigua. Per questo gli investimenti chiave dipendono dagli operatori nazionali (editori, distributori, commercianti online, provider) più che dalle grandi multinazionali come Google e Amazon, che comunque in futuro proveranno a conquistare anche l’Italia. Quanto ai modelli di business, l’Italia presenta un grande calderone di iniziative, più o meno riuscite. Mentre i distributori scarseggiano (sono essenzialmente sei), proliferano i rivenditori online (oltre venti). Tra questi Internet Bookstore, Bol.it e il portale delle Librerie Feltrinelli, che sono l’estensione web di librerie fisiche e offrono un modello misto, in cui i libri digitali rappresentano solo una piccola parte del business, basato sulla vendita online di libri cartacei, dischi, dvd. Il Libraio e Rizzoli.it sono invece rivenditori online puri. Book Republic ha scelto di trattare esclusivamente e-book, così come Isbn Reader, primo esperimento nazionale di un editore (Isbn appunto) che ha provato a fare tutto in casa, con app studiate per e-reader e tablet. Novità di fine 2010 è Biblet Store, libreria online nata dall’investimento di Telecom Italia che, sul modello di Amazon, sta provando a costruire un sistema proprio che prevede un lettore digitale, un catalogo costruito grazie ad accordi con i singoli editori e una distribuzione diretta.

La struttura cresce in maniera poco organizzata, privilegiando gli store senza sviluppare adeguatamente i contenuti. Restano poi le disfunzioni di sistema. Un e-book italiano costa mediamente il 25% in meno della sua equivalente versione cartacea in prima edizione (non economica, quindi), mentre nel Regno Unito e negli Usa la differenza è del 40-50%. L’Iva sui titoli digitali è del 20%, a dispetto del 4% agevolato per le copie cartacee. Gli utenti sono pigri e spesso poco informati, anche se la curiosità per il nuovo formato è alta, almeno quanto il numero degli scettici. Il dato di penetrazione degli e-book in Italia, fermo allo 0,2% del settore, è sconfortante, ma la storia dell’editoria digitale è solo all’inizio. Il libro elettronico può avere un futuro roseo, specie in settori specifici come la scolastica e la manualistica. Pratico, poco costoso, interattivo. Ma, al momento, è come se non esistesse. E il fascino altero della carta resiste.

Via Quo Media

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Di Altri Autori (del 16/02/2011 @ 07:07:49, in Social Networks, linkato 1802 volte)

Negli Stati Uniti nasce Everloop, primo social network pensato per i bambini tra gli 8 e i 13 anni. Il progetto coinvolge alcuni investitori privati che sperano di catalizzare l’attenzione delle scuole e dei marchi dedicati all’infanzia. Everloop funziona più o meno come Facebook, ma richiede la certa verifica dei genitori al momento dell’iscrizione.

I genitori possono anche scegliere di ricevere notifiche sulle attività svolte dal figlio nel social network e possono disattivare alcune delle funzioni, quali le richieste di amicizia ricevute e la chat.

Everloop è stato programmato tenendo conto del Children’s Online Privacy Protection Act, legge che poibisce ai siti web di chiedere e archiviare informazioni degli internauti sotto i 13 anni.

Via Quo Media

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Ecco Habbo, il social network alternativo a Facebook con poca pubblicità e monete digitali

Facebook è ancora alle prime sperimentazioni con la sua valuta elettronica, i "credits". Ma non è all'avanguardia. A superarlo, per esempio, è stato Habbo, un ibrido tra mondo digitale e social network dove gli utenti entrano con le figure di un avatar, hanno una loro abitazione e si incontrano. Come in un videogioco.

Ma è un ambiente diverso rispetto a Facebook. C'è poca pubblicità. E gli iscritti utilizzano una moneta digitale per gli acquisti, i "credits": a spenderli sono nove utenti su dieci. Simili a dobloni con una "H" incisa sui lati, hanno portato nelle casse un fatturato da 49 milioni di euro in un anno. Ma Habbo ha seguito una strada diversa da social network e altri "virtual worlds". Scommettendo da subito su avatar e stanze da abitare. E ha appena tagliato il traguardo di 200 milioni di utenti registrati: in Italia sono sei milioni.

Ma Facebook all'inizio ha puntato soprattutto sugli studenti universitari: sono stati i primi a iscriversi in massa alla rete sociale online. Ma finora non è ancora diffuso l'impiego di monete digitali per le transazioni, come i "credits": sono spese soprattutto nei videogiochi e sono acquistabili online. Si tratta, però, di sperimentazioni ancora ai primi passi. Habbo, invece, ha avuto già successo nella vendita di beni virtuali: mobili per l'arredamento, vestiti da comprare, giochi. Da subito è diventato un punto d'incontro per gli adolescenti: in Italia acquistano i "dobloni" attraverso carte prepagate in tabaccheria, come avviene con il credito telefonico. Oppure, richiedono un addebito sul telefono fisso.

Circa l'8-10% degli italiani che frequentano il mondo digitale compra i "credits". «Per gli adulti spesso è impensabile spendere monete reali per banconote virtuali, ma i più giovani sono abituati: è una nuova cultura e una differente modalità di fruizione», osserva Silvia Vianello, Sda Bocconi Professor dell'Area Marketing. Nelle altre nazioni, invece, il mezzo di pagamento più utilizzato sono gli sms inviati dai cellulari. Ma in una decina di anni Habbo ha costruito 150 alternative per l'adozione della moneta digitale a seconda delle nazioni. È una miniera d'oro già valorizzata da anni in Estremo Oriente, soprattutto in Cina e in Giappone. Facebook muove i primi passi. Il giro d'affari stimato per i beni virtuali è di 2,1 miliardi di dollari entro l'anno.

di Luca Dello Iacovo su IlSole24ORE.com

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Di Altri Autori (del 11/02/2011 @ 07:54:56, in Social Networks, linkato 1774 volte)

Sette anni di vita e oltre 600 milioni di utenti nel mondo: Facebook è senza dubbio il social network più popolare. In Italia, la creatura di Mark Zuckerberg conta 18 milioni di utenti, di cui 12 attivi quotidianamente.

Di questi, 4 milioni accedono ai propri account attraverso connessioni mobili. Tra le regioni più attive su Facebook, come evidenzia un'infografica di Vincosblog, vi sono il Lazio, con 2,45 milioni di iscritti, e la Lombardia, con 1,84 milioni.

Decisamente meno interessate al social networking sono il Trentino Alto Adige, la Valle d’Aosta, il Molise, l’Abruzzo e la Basilicata, tutte con meno di 30mila utenti.

Via Quo Media

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Di Altri Autori (del 10/02/2011 @ 07:13:09, in Mobile, linkato 3066 volte)

La storia dei pagamenti mobili in Italia è ancora tutta da scrivere. La conferma di ciò giunge dai dati della School of Management del Politecnico di Milano, secondo quali solo l'1% della nutrita popolazione di utilizzatori mobili di casa nostra ha sfruttato il suo dispositivo per effettuare un pagamento in remoto.

"Sono stati censiti 107 servizi di mobile payment in Italia nel 2010 rispetto ai 78 servizi disponibili nel 2009. In generale, possiamo dire che il mobile remote payment (servizi che consentono di pagare con il cellulare anche in remoto, ndr) in Italia cresce poco in termini di offerta – 65 servizi nel 2010, rispetto ai 63 del 2009 – e mancano ancora progetti a larga diffusione, comparabili con i migliori progetti a livello mondiale. Nonostante questa lenta crescita, l'opzione continua a rappresentare in Italia il paradigma maggiormente diffuso. La dimensione del mercato totale è di quasi 200 milioni di euro ed è quasi totalmente rappresentata dal pagamento di ricariche telefoniche. Le principali cause della limitata diffusione presso i consumatori sono, a nostro avviso, la mancanza di circolarità dei servizi, la complessità del processo di attivazione per l’utente e la ridotta attività promozionale", ha spiegato Alessandro Perego, responsabile scientifico dell'Osservatorio.

Un esempio di questo sistema di pagamento nel nostro paese? Il pagamento della sosta: dopo aver associato la targa della propria automobile al numero di cellulare, l’attivazione e la disattivazione del pagamento può essere fatta tramite un semplice Sms o Ivr. Questa piattaforma ha esteso il servizio a nuove città arrivando nel 2010 a 30 Comuni abilitati rispetto ai 25 dello scorso anno. Nonostante gli utilizzatori siano pochi, la soddisfazione appare elevata: il 55% si è detto molto soddisfatto e ha affermato di utilizzare spesso il servizio. I plus citati sono la comodità (61%), la velocità del pagamento (53%) e la facilità (per il 61% è addirittura “facilissimo”).

In via di sviluppo anche il mobile commerce, che ha raggiunto i 12 milioni di euro di transato nel 2010. Per ciò che concerne gli altri sistemi di pagamento, la ricerca segnala uno sviluppo del soluzioni contactless, oltre 350.000 carte emesse e i circa 2.000 POS abilitati in poco più di un anno.


L'interesse per la possibilità di pagare in mobilità senza dover mettere mano a contanti o carte di credito, dunque, c'è. Quello che manca in Italia è una presa di coscienza comune delle possibilità offerte e una varietà di proposte per gli utenti e per le aziende. Perfezionare gli acquisti con il proprio dispositivo mobile connesso in rete renderà i consumatori più agili, più consapevoli e più reattivi. Basti pensare all'ipotetica possibilità di visualizzare le caratteristiche di un prodotto e delle eventuali alternative mentre ci si trova in prossimità dello stesso.

Via Quo Media

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