Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
L’uso del telefonino per navigare online è in crescita anche in Italia, anche se a tassi inferiori rispetto a quelli europei. Oltre sette milioni di utenti italiani hanno utilizzato i cellulari per accedere ad internet. L’alto livello di penetrazione in Italia, della navigazione internet tramite cellulare, è stata sicuramente favorita dalla diffusione dell’ i-Phone e in generale dei 3G.
Secondo la ricerca-presentata al Convegno “Mobile Content & Internet: niente è più come prima!”- l’accesso a notizie e informazioni via browsing guadagna il 12% di reach a gennaio, una penetrazione leggermente inferiore alla media europea, il 14%.
La crescita del mobile internet in Italia è tuttora penalizzata dalla preponderanza delle prepagate e delle tariffe a consumo, a scapito di piani tariffari a traffico illimitato il cui utilizzo si diffonde lentamente a differenza del resto d’Europa.
Dal punto di vista socio-demografico, gli utilizzatori di Internet su mobile si rivelano più adulti rispetto alla media europea, tra i 37 e 38 anni in media in Italia, tra i 33-34 della media europea, e evidenziano una marcata componente maschile.
I principali consumi dei navigatori, ad eccezione di e-mail e social networking, riguardano motori di ricerca (43% di chi naviga news ed info), informazioni meteo (30%), news in generale (29%), dice lo studio. Bene anche i contenuti/servizi a carattere meno informativo e più ludico come lo sport (24%) e l’entertainment (19%).
Tra le prime posizioni si collocano anche le mappe (26%) e i contenuti/servizi a carattere tecnologico (23%) e finanziario (financial news 20%, accessed financial account 19%).
Dalla ricerca, basata sull’analisi di un campione di 3.200 individui rappresentativo della popolazione italiana, spiega in una nota l’Osservatorio Mobile Content & Internet della School of Management del Politecnico di Milano - che ha organizzato l’incontro - è emerso anche l’elevato livello di conoscenza dei Mobile Content nella popolazione italiana. Il 94% ha dichiarato di essere a conoscenza della possibilità di fruire di almeno una tipologia di Mobile Content tramite il proprio telefono cellulare.
Per alcune tipologie di contenuti, come, ad esempio, suonerie, giochi, informazioni via sms, televoto, sfondi - tale percentuale è superiore all’80%.
Oltre il 25% della popolazione italiana, pari a oltre 13 milioni di individui, dichiara di aver acquistato almeno un Mobile Content nell’ultimo anno. Poco più del 14% (circa 7,7 milioni di persone) dichiara di aver acquistato più di una tipologia di contenuto.
Quasi il 6% (3,1 milioni di individui) dice di aver comprato Mobile Content almeno una volta al mese.
“Il telefonino rappresenta il social media per eccellenza; basti pensare a quanti sms vengono scambiati tra utenti tutti i giorni”, dice in una dichiarazione Filippo Renga, responsabile della Ricerca dell’Osservatorio Mobile & Internet.
“Il Mobile Internet oggi abilita nuove forme di relazione tra utenti, come l’accesso ai servizi di instant messaging e di social networking. Indubbiamente una sempre maggiore penetrazione dei telefonini di nuova generazione darà ulteriore stimolo alla diffusione della fruizione del mondo Internet tramite cellulare, rendendo sempre più semplice e naturale navigare il Web”.
Via Marketing Journal
Secondo una ricerca di GfK, una stragrande maggioranza dei consumatori americani dichiara che, una volta passata la recessione, continuerà a comprare le private label della grande distribuzione.
(si veda questo pdf scaricabile)
A quanto pare, la qualità di questi prodotti è considerata più che soddisfacente - uguale o migliore di quella dei prodotti a marchio (definizione, btw, abbastanza superata - ormai anche molti prodotti delle catene sono delle vere e proprie marche...).
Anzi, emerge una domanda di avere ancora più varietà e numerosità dei prodotti a marchio privato, quasi una richiesta di copiare e migliorare i prodotti esistenti...ad un prezzo migliore.
Sicuramente la recessione con le sue pressioni economiche è un fattore molto motivante nel cambiare abitudini d'acquisto, e questo ha portato ad un incremento nell'acquisto delle marche commerciali - acquisto che si sta trasformando in una abitudine.
Questo fenomeno sicuramente pone interessanti sfide per le marche, he devono obbligatoriamente lavorare, sia in termini di marketing che di comunicazione, per riguadagnere la percezione di un superiore valore, di una giustificazione di un prezzo più elevato o premium agli occhi dei loro consumatori...
Beh, probabilmente per ora questo titolo vi parrà oscuro ma a breve quella descritta non sarà un’esperienza così surreale, visto che il cinguettio sarà su Twitter.

Twitter è un servizio di microblogging che consente agli utenti di mandare aggiornamenti al proprio status con brevi messaggi di testo (140 caratteri).
Da molti è individuato come la prossima applicazione di massa per il web 2.0 e, stando a quanto riportato da ComScore Media Matrix, il sito ha raggiunto ad aprile 17 milioni di visitatori statunitensi, l’83% in più rispetto a marzo e il 3000% in più dello scorso anno.
Sicuramente dunque si presta ad essere un canale di marketing, a patto che sia usato bene.
Per chi è dunque Twitter?
1) Per chi ha tanti contenuti freschi e frequentemente aggiornati, nessuno si interesserebbe di un aggiornamento fatto una tantum ogni mese.
2) Per chi ha già altre iniziative sul web in pista: Twitter si integra ottimamente con siti e blog grazie ai servizi aggiuntivi e alle API. Un canale di twits senza legami e fine a se stesso mi sembra poco utile per noi e per i navigatori, mentre Twitter ci aiuta ad aggiornarci real time su blog, eventi e quant’altro ci interessi.
3) Per chi sa parlare ai clienti in modo non solo promozionale: come recita una delle tesi del ClueTrain Manifesto “le conversazioni tra esseri umani suonano umane. E si svolgono con voce umana”. Potete parlare di promozioni e offerte ma non focalizzatevi solo su questo e scegliete bene il linguggio e i temi.
4) Per chi lavora sui social media con un approccio strategico: anche per Twitter occorre avere fatto un ragionamento strategico sulla base degli strumenti teorici e pratici di cui ho più volte parlato recentemente.
5) Per chi sa misurare i risultati in modo nuovo: ho già avuto modo di dire che la misurazione del ROI dei social media è possibile a patto di non rimanere prigionieri dei vecchi schemi. In questo bel post Leonardo Bellini spiega molto la logica e gli strumenti per misurare Twitter.
E voi, adesso che ne sapete qualcosa di più, siete pronti a far cinguettare il vostro marketing?
Gianluigi Zarantonello via http://webspecialist.wordpress.com
Da una recente ricerca svolta dal Chartered Institute of Public Relations emerge che tra i comunicatori inglesi sono diffuse ben otto definizioni di ROI della comunicazione e altrettante modalità per calcolarlo.
La maggior parte dei professionisti sostiene che il ROI deve essere espresso in termini economici perché solo mutuando il linguaggio e gli indicatori dal business language (pensiamo per esempio bottom line, return, accountability, results, turn-around) è possibile aumentare la credibilità delle RP agli occhi degli interlocutori aziendali.
Secondo questa posizione il ROI si ottiene dividendo i benefici ottenuti da un’attività di comunicazione, per ogni risorsa economica investita nella medesima attività.
E i benefici ottenuti possono essere espressi in tre diversi modi: a) la generazione di entrate economiche (p.e. % incremento nel valore delle azioni, % incremento nelle vendite); b) la riduzione dei costi (p.e. la riduzione di costi amministrativi o di produzione avvenuta a seguito di cambiamenti nei comportamenti dei dipendenti) e c) i risparmi di costo dovuti alla riduzione dei rischi (p.e. grazie al miglioramento delle relazioni con alcuni stakeholder vengono abbattuti i rischi di azioni legali contro l’organizzazione e quindi i costi connessi).
E’ importante rilevare tuttavia che sono sempre più numerosi gli esperti di misurazione delle RP (del calibro di Tom Watson e di Jim Macnamara) che non condividono questa posizione. Essi sostengono al contrario che esprimere il ROI delle RP in termini economico- finanziari è inadeguato per almeno due ragioni. Primo, perchè la maggior parte delle attività di RP non sono direttamente collegabili a risultati economici, pur contribuendovi senza dubbio nel lungo periodo. Secondo, perché leattività di RP sono sempre svolte in modo integrato con altre forme di comunicazione, così che risulta difficile isolare con precisione il ritorno economico di ciascuna di esse. Ma allora, in cosa consiste il ROI della comunicazione secondo questi studiosi? Esso consiste nel grado di raggiungimento degli obiettivi di comunicazionepredefiniti.
Secondo questa definizione, il ROI di una campagna di comunicazione può essere espresso per esempio nell’aumentopercentuale di conoscenza dei messaggi chiave da parte dei destinatari.
Adottare questa posizione attribuisce alla fase di definizione degli obiettivi dell’attività di comunicazione un ruolo cruciale, a differenza di quanto sia avvenuto e continui ad accadere, nell’attività quotidiana dei professionisti.
Ma se le RP non parlano il linguaggio del business, riprendendo le perplessità della maggior parte dei professionisti, non corrono il rischio di essere sottovalutate? Secondo quegli esperti che definiscono il ROI in termini di obiettivi di comunicazione avviene esattamente il contrario.
E’ infatti proprio grazie alla ricerca e alla definizione di un linguaggio specifico, e quindi di indicatori e di tecniche di misurazione ad hoc, che le RP potrebbero assumere il ruolo di disciplina manageriale a tutto tondo, come è avvenuto per le discipline di più recente sviluppo come il marketing e la gestione delle risorse umane.
Il dibattito è dunque aperto e le diverse soluzioni proposte sembrano tutte molto interessanti!
di Stefania Romenti
SingTel, principale compagnia di telecomunicazioni del sudest asiatico, ha lanciato a Singapore un servizio di music-mobile che permette agli utenti di scaricare file musicali e video sui propri cellulari. Sviluppata con Universal Music, la funzione dovrebbe attirare nuovi clienti. Oltre il 50% degli utenti telefonici di Singapore, infatti, ascoltano musica sui loro apparecchi. SingTel spera di estendere prossimamente il servizio ad altri paesi asiatici. Via Quo Media
Virgin Media, attraverso una partnership commerciale con la discografica Universal, sta per lanciare un servizio di abbonamento per scaricare musica senza limiti.
L’operatore di tv via cavo permetterà a tutti i suoi clienti di banda larga di ascoltare in streaming e scaricare tutti gli album e i brani musicali che vorranno dal catalogo di Universal, dietro pagamento di una quota. La musica sarà in formato mp3.
Virgin pensa che questo genere di collaborazioni con l'industria discografica aiuterà a contrastare la pirateria sul proprio network, ma ha aggiunto che nessun utente sarà disconnesso in modo permanente nel caso vengano riscontrate delle infrazioni al copyright o operazioni di scambio illegale di file.
Via Quo Media
Penso che il titolo del mio post rappresenti un quesito ricorrente per molti imprenditori e marketing manager. La prima risposta che mi viene in mente è “dipende”.

Se guardiamo allo strumento di per sé il blog è veramente adatto ad ogni tipo di azienda: si può costruire con poche risorse economiche, fa molta immagine, permette di aprire un dialogo con il cliente, acquisito o potenziale che sia.
A dispetto delle apparenze però lanciarsi nell’avventura di un corporate blog non è per tutti, e non mi riferisco alla complessità tecnica o gestionale.
Il primo tema è quello del committment: il blog in sé è un semplice sito ma culturalmente comporta una vera rivoluzione nell’azienda: la comunicazione è diretta, non pubblicitaria, trasparente, dialogica e non sempre i tempi dello scambio dialogico sono dettati dall’impresa. Insomma in primo luogo non avrete lo stesso controllo che potreste vantare sul vostro sito tradizionale, o almeno che credete di avere. Questa paura infatti in realtà è relativa, in quanto chi vuole parlare di male di voi lo può fare in mille altri siti, ed è un freno che ormai ha un senso limitato.
Ciò non toglie però che per bloggare per davvero in azienda occorre avere l’appoggio di sponsor interni importanti, non a tutti infatti piacerà da subito questo nuovo approccio e non si cambia la cultura di un’azienda in un giorno.
Inoltre chi sarà il blogger (o i blogger) non deve essere costretto a questo ruolo ma deve trovarsi a suo agio e, soprattutto, deve essere convinto dell’utilità del suo operato. Deve trovare un proprio stile, scrivere comunque bene, trasmettere passione e competenza, invitare a conversare e, come dice Debbie Weil, deve divertirsi.

Se ci sono tutte queste condizioni anche il tempo, altra grande paura nel seguire un blog, sarà sempre una risorsa meno scarsa del previsto.
Un ulteriore grande tema poi è la scelta degli obiettivi e della strategia del blog: come abbiamo visto più volte a proposito dell’approccio post infatti occorre avere ben chiaro che cosa si vuole ottenere dal blog e come raggiungere l’obiettivo. Ciò non può prescindere dall’ascolto e dall’analisi del profilo Social Technographics del pubblico atteso, che ci aiuterà anche a trovare i giusti argomenti ed i toni di voce migliori.
Infine il tema della misurazione dei risultati può essere affrontato con gli stessi criteri di tutti i social media, magari aiutandosi con le Social Media Ad Metrics Definition di IAB.
A questo punto la risposta al quesito iniziale cambia, o meglio è la domanda che formulata meglio: io e la mia organizzazione siamo pronti per bloggare?
A ciascuno la propria risposta, anche qui di seguito come commento, se vi va. Io tornerò appena possibile sul tema.
Gianluigi Zarantonello via http://webspecialist.wordpress.com
Reebok:su iPhone fatti la scarpa personalizzata Nuovo da Reebok: Your Reebok, l'applicazione che ti permette di disegnarti la scarpa personalizzata e di comprarla online.
(concetto simile a NikeID)
L'applicazione non è disponibile per gli utenti italiani - al momento il sistema è attivo solo per USA e UK, più avanti verrà probabilmente introdotto in Germania, Austra, Francia, Belgio, Olanda e Irlanda.
Un passo avanti nel filone del m-commerce: viste anche le annunciate nuove potenzialità del rinnovato sistema operativo dell'iPhone che arriverà tra un po', potremo presto cominicare a parlare di iPbone-commerce come categoria a sè?
I consumatori dell’era digitale chiedono contenuti espressi in forme innovative. È questa la sintesi dello studio condotto alla fine dello scorso anno su oltre 2.800 consumatori in Australia, Germania, India, Giappone, Uk e Usa da Ibm Istitute for Business Value, dal titolo “Beyond advertising: choosing a strategic path to the digital consumer”.
I consumatori di oggi, non più soggetti passivi ma attivi, per poter essere raggiunti efficacemente con i messaggi pubblicitari, hanno bisogno di una dieta multimediale nuova, di nuovi mezzi di comunicazione, di nuovi contenuti.
Se il mercato non saprà adeguarsi alle nuove tendenze applicando nuovi modelli, saranno a rischio le stesse strategie di marketing e sviluppo delle aziende. Insomma: occorre diventare efficaci in tempi molto veloci, mettendo in campo nuove capacità: innovazione cross-platform, maggiore veduta di insieme, una più aperta collaborazione e, infine, processi digitali.
In particolare lo studio, che evidenzia una significativa discrepanza tra chi si occupa di pubblicità, chi possiede i contenuti da veicolare, chi li distribuisce ai media e le agenzie, conferma alcuni trend emersi già da tempo: la personalizzazione del messaggio, l’utilizzo dell’ambiente web, il passaggio a una comunicazione “brand-actional”.
È più che nota la crescita di interesse suscitata dai social network, la cui adozione è quasi raddoppiata tra il 2007 e il 2008 (passando dal 33% al 60%), così come dalla possibilità di accedere online a musica e video (addirittura quadruplicata, con un passaggio di utilizzo dal 7% del 2007 al 35% del 2008). Un cambiamento questo che richiede una profilazione più nitida del consumatore, che sceglie i messaggi pubblicitari di suo interesse, e - di conseguenza - una maggiore personalizzazione del messaggio pubblicitario stesso.
Nuovi media, nuovi mezzi, nuovi messaggi. È questa in sostanza la spinta che porta chi si occupa di pubblicità a prendere atto di internet come nuovo spazio/mezzo di comunicazione. La tendenza, già iniziata anni fa, è destinata a crescere, come confermano i dati (il 63% dei chief marketing officer a livello globale si aspetta una crescita della comunicazione pubblicitaria online, mentre il 65%di loro è certo che le forme tradizionali di pubblicità sono destinate a decrescere).
Infine la migrazione dei consumatori sulle nuove piattaforme digitali confonde i confini tra pubblicità e marketing. Questo fatto consente chi si occupa di comunicazione di perseguire due obiettivi simultaneamente. Mentre i mezzi di comunicazione tradizionali sono adatti a veicolare o un brand (tv, radio, stampa, cartellonistica ecc.) o un’informativa transazionale (telefono, volantini postali ecc.), i nuovi mezzi digitali consentono di fare entrambe le cose insieme.
(Lo studio integrale si può scaricare a questo indirizzo: www.ibm.com/services/gbs/beyondadvertising).
Via Promotionmagazine.it
Il mercato del mobile advertising è in forte espansione, almeno stando al rapporto specifico ‘Mobile advertising: canali di distribuzione, modelli di business e previsioni’ della società d’analisi Jupiter Research, secondo cui la pubblicita’ sui cellulari dovrebbe arrivare ad un volume d’affari di 5,7 miliardi di dollari entro il 2014.
La crescita dell’advertising nel settore mobile ha portato all’aumento in questa fetta del mercato di molte start-up che cercano di capitalizzare. Molte le imprese che hanno mirato all’iPhone della Apple come piattaforma per i propri utenti.
Via Quo Media
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