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  mymarketing.it: perchè interagire è meglio!... di Admin
 
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Errare è umano, ma per incasinare davvero tutto è necessario un computer.

Arthur Bloch
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\\ : Storico (inverti l'ordine)
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Altri Autori (del 23/12/2005 @ 07:08:33, in Marketing, linkato 2563 volte)
E’ possibile per la pubblicità riconquistare l’attenzione e l’interesse di un consumatore sempre più sfuggente e annoiato? Secondo Roberto Venturini si, ricorrendo ad una strategia di  “Engagement Marketing”.

Da qualche tempo alcuni guru della comunicazione stanno scommettendo su una nuova "buzzword". La nuova parola magica è "engagement", la capacità della comunicazione di attirare, coinvolgere il pubblico.
In una parola di farsi vedere e appassionare.

Di fronte alle correnti di pensiero che attribuiscono una disaffezione del pubblico al mezzo televisivo e di fronte alle richeste sempre più pressanti dei grandi clienti di otrtimizzare il budget, si sta iniziando a spostare il tiro.
A passare dalla necessità di fare OTS (un gran numero di opportunità potenziali per il target di vedere il messaggio, calcolate estrapolando i numeri dei un campione Auditel) alla necessità di misurare quanto in effetti il messaggio sia davvero visto, compreso, di quanto abbia avuto effetto.

Si parla allora di engagement, della capacità del messaggio di costruire una storia per la marca, una storia che abbia un effetto sugli atteggiameni e sui consumi.

Si parla di engagement come alternativa al ricorso alla pura "interruzione" - ovvero all'affidarsi alla potenza della televisione di infilarsi nella vita del target e dello spot di colpire il prospect. Un meccanismo che, in uno scenario dove l'affollamento di messaggi pubblicitari che ci interrompono è sempre più alto, il consumatore ha sviluppato dei filtri potenti - in grado di cancellare dalla sua percezione buona parte delle comunicazioni indesiderate o non "engaging"

Al crescere del numero di interruzioni cresce la capacità di filtro e la sfida per le agenzie ed i clienti di osare, di investire strategicamente in pensiero ed esecuzione per creare messaggi coinvolgenti, non solo dal punto di vista meramente esecuzionale ma dal punto di vista dei concetti di marketing sottostanti

Creando una relazione più stretta e proficua con la marca - una marca che non ci assedia durante il giorno "interrompendoci" ma una marca piacevole, che ci arricchisce (un pochino) la vita con contenuto interessanti, affascinanti..."engaging"

Nasce quindi (in TV e su altri media) la disciplina dell'"Engagement Marketing", naturalmente basata in larga parte sulla capacità di inserire elementi di entertainment value nella comunicazione pubblicitaria.

Una forma di marketing che se non richiede necessariamente forti budget richiede molta competenza fantasia e, soprattutto un grandissimo coraggio... direi fuori della portata della maggior parte delle aziende nostrane (e non solo...). O no?

Roberto Venturini

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Di Danilo Arlenghi (del 22/12/2005 @ 06:38:08, in Marketing, linkato 2154 volte)
Viviamo senza dubbio nella società dei senza, dove il privativo sembra essere sinonimo di miglioramento ed invece non è altro che un paludato modo per spacciare prodotti e servizi innovativi che mistificano la natura stessa dei prodotti e dei servizi.

Eccovi alcuni scampoli veritieri e significativi: birra senza alcool, burro senza grassi, merendine senza zuccheri, pasta senza glutine, marmellate senza conservanti, bevande senza gas, caramelle senza coloranti.
E la lista, ahimè , continua con arresti senza prove, sentenze senza giustizia, bambini senza istruzione, faccendieri senza coscienza, saccenti senza cultura, ministri senza portafoglio, autisti senza patente, medici senza laurea, popolazioni senza cibo, uomini senza religione, donne senza veli. E non potevano mancare servizi senza qualità.

Troppo spesso sento direttamente dai miei clienti o, in modo riportato, dai miei colleghi frasi come questa:
"Non ha importanza (la qualità), basti che costi poco!

Che i manager aziendali , oggi, non badino più alla qualità , ma si curino solamente dei costi bassi è un fatto accertato. Sino a ieri si discorreva solo di qualità: come fine a cui tendere nella erogazione dei servizi e nella elaborazione dei prodotti. Era un onore ed un privilegio consumare prodotti e servizi di qualità.

Oggi è in corso un vero ribaltone dei valori, un vero salto all'indietro da veri acrobati dei principi base, a scapito della immagine dei prodotti, della identità aziendale e della credibilità dei manager stessi. Un modo di pensare e di agire che porta i consumi ed i comportamenti verso il basso, in una sorta di regressione collettiva dominata dal Dio risparmio.


Il processo in atto , ci auguriamo solo temporaneo , non nasce da profonde convinzioni ma dalla contingenza economica e finanziaria. Stanno cavalcando la crisi, certo, ma non la professionalità: e appena il mercato si riprende potrebbe essere la crisi a cavalcare loro.

Comunque , anche in tempi di vacche magre è preferibile l'equazione : meno ma buono! Altrimenti questi manager diverrano oggetti del monito di Ruskin: " E' difficile trovare al mondo qualche cosa che un uomo non possa fabbricare leggermente peggio e vendere più a buon mercato. Divengono preda legittima di quest'uomo coloro che desiderano solo il prezzo".
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Di Gianluigi Zarantonello (del 21/12/2005 @ 10:24:56, in Viral Marketing, linkato 2748 volte)

L'advergaming è l'uso di giochi interattivi per comunicare messaggi pubblicitari, sviluppare la brand awareness e generare traffico verso i siti di tipo 'consumer', che si è sviluppato a partire dal 1998 negli Usa.

Gli advergames sono quindi un'alternativa ai banner ed alle forme tradizionali di pubblicità on-line e permettono di raggiungere, a costi relativamente bassi, milioni di utenti, creando un'esperienza coinvolgente, che fa in modo che le persone non cambino pagina di fronte al messaggio commerciale.

Secondo gli esperti le persone giocano solitamente per 10-15 minuti alla volta, si divertono e sono dunque portati ad associare il gioco ad una positiva esperienza di contatto con il brand, che viene ricordato meglio.

C'è poi l'effetto passaparola, per cui i giocatori spediscono o segnalano il gioco agli amici, abbattendo i costi ulteriori di stampa o distribuzione per l'industria che li propone.

I vantaggi però non si limitano agli effetti sul marchio: i giocatori infatti possono registrare i loro punteggi e questo non solo aumenta il traffico sul sito, ma permette anche di farsi lasciare importanti dati demografici e di far iscrivere gli utenti a newsletter promozionali mirate.

Se si pensa che, ad esempio, un gioco creato da Mike Bielinski e Dan Ferguson di Blockdot per M&M's è stato giocato per oltre 12 milioni di volte i vantaggi risultano piuttosto evidenti.

Non è solo un business per colossi internazionali: anche Le PMI possono pensare a questa forma di pubblicità, facendo attenzione però ai costi di distribuzione, che, ad esempio, può essere risolta tramite giornali locali, confidando nel passaparola fra gli utenti per un?ulteriore diffusione.

Chiaramente anche l'advergaming è cambiato e maturato dai suoi esordi, la tecnologia ha fatto molti passi avanti, nonostante l'idea di partenza sia rimasta sempre la stessa, e, secondo Forrester Research, il mercato dell'advergaming, nel 2005 vale oltre un miliardo di dollari (cfr. Charlene Li nel report "Best Marketing Practices With Advergames").

Si tratta di un business che sta coinvolgendo anche l'Italia, non più tardi di qualche giorno fa infatti mi è arrivato via e-mail un gioco promozionale (con tanto di premi) da parte di un grosso gruppo del settore caseario/alimentare.

Molti marketers quindi si sono interessati al questa occasione di business ma è comunque necessario che gli advergames rimangano più un gioco che una pubblicità, perché gli utenti sono ormai maturi e non si fanno prendere in giro impunemente.

Gianluigi Zarantonello

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Di Danilo Arlenghi (del 21/12/2005 @ 06:32:51, in Marketing, linkato 1921 volte)
Gli istituti di ricerca stanno escogitando nuove tecniche e fiutano l'aria in cerca delle sue tracce, ma il consumatore sembra scomparso. Che fine ha fatto?

A domandarselo sono sociologhi, marketer, psicologi, imprenditori, manager, pubblicitari, comunicatori, commercianti e perisno la gente comune che si chiede che fine abbia fatto quel suo alter ego, quel tale che si inferforava per ogni ultimo modello, andava in crisi d'identutà senza una firma addosso, cambiava l'auto più spesso degli indumenti intimi e si dedicava all'accumulo di quantità industriale di prodotti come se stesse facendo scorte per un letargo lungo cinque anni.

Le avvisaglie erano nell'aria: negozi mezzi vuoti (e sono già ottimista), consumi in ribasso, pensioni da fame, in compenso (si fa per dire!) i prezzi , l'inflazione e la disoccupazione sono le sole variabili a salire. Le imprese , preoccupate, erano state le prime ad attivarsi: "Spendi, perchè se lo fai l'economia gira con te!" avevano flautato, lanciando nell'etere uno spot da pifferai magico con ricetta risolutoria.

Ma, se non altro per l'insistenza, al consumatore, avevano fatto girare, qualcosa. Non esattamente quel che si aspettavano. Gli esperti, gli aruspici dei comportamenti sociali, quelli che nel '69 avevamo previsto il '68 (per intenderci) hanno una pronta soluzione. Il suo nome è creatività!
Che , a me pare come l'Araba Fenice: tutti ne parlano e nessuno sa dove sta!
Si , perchè oramai , il consumatore sa bene come difendersi da sciocchi imbonimenti dai quali è bombardato ogni momento e distingue questi ultimi da una campagna sul podio a Cannes.

Una comunicazione efficace, in grado di sollecitare le corde del desiderio, e del bisogno necessità più che di grandi investimenti, di grande intelletto. Meno soldi e più creatività. La creatività non consiste di certo nel colpire il consumatore a tradimento, in modo invasivo e continuativo, perchè questa modo di approccio ha mutuato atteggiamenti e linguaggio dalla guerra: strategie, tattiche, target, campagne, conquiste di territori....

Si sa che gli italiani sono tra i popoli più pacifisti della Terra. Ed ancora: il rischio può essere che in questa guerra senza regole alla conquista del consenso, la reazione del troppo bersagliato acquirente sia quella di reagire facendo ricorso all'arma definitiva e letale: il telecomando. La creatività non è fatta di agguati e aggressioni, ma di parole e di immagini: McLuhan ha affermato che una immagine vale più di mille parole, e per dimostrarlo ha dovuto scrivere più di un libro.

Le immagini col tempo sbiadiscono, si cancellano. Le parole superano intatte i millenni. Nella civiltà dell'immagine l'ultima frontiera della comunicazione è la conquista del vocabolario. La creatività, quintessenza della pubblicità,è l'anello di congiunzione fra la marca e il gradimento del consumatore.

La creatività è insieme inventiva, intelligenza, mestiere. E quando Maometto consumatore sembra poco propenso ad andare alla montagna pubblicitaria, quest'ultima è costretta a muoversi verso il consumatore, anche con strumenti below the line, escogitando espedienti per farsi prima udire, poi sentire, ed infine comprendere.

Jacques Seguelas, uno dei più grandi creativi francesi, sostiene che i consumatori non comperano prodotti, ma sogni. Quali siano i sogni in cui desideriamo cullarci fa parte di quel libero arbitrio dell'inconscio che spesso e volentieri ci rende immuni anche alle più elocubrate seduzioni dei venditori di chimere.
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Di Matteo B. (del 20/12/2005 @ 13:48:16, in Internet, linkato 1709 volte)

Rumori sempre più insistenti parlano di una possibile alleanza tra Aol e Google, mentre Microsoft, secondo pretendente, sarebbe ormai fuori gioco.

A Google le risorse per l’acquisizione non mancano di sicuro, mentre Aol si avvantaggerebbe dagli ottimi volumi pubblicitari che il motore di ricerca è in grado di portare. Una prima stima sulle cifre dell’operazione parla di un acquisto da parte di Google del 5% di Aol, per una contropoartita che si aggirerebbe sul miliardo di dollari.

Tra i potenziali sviluppi derivanti da questa unione una delle ipotesi che circolano è che Google possa in qualche modo influenzare le ricerche fatte tramite il proprio motore, dirottando un numero crescente di utenti sul portale di Aol, con evidenti vantaggi in termini di advertising.

Si tratterebbe però di una scelta con molti rischi associati. Una delle chiavi di successo di Google è la precisione e l’affidabilità delle ricerche. Se dovessero sorgere dubbi sulla sua neutralità è quindi sull’efficacia dei risultati forniti molti utenti potrebbero cambiare rapidamente bandiera, e utilizzare uno dei tanti concorrenti che cercano da anni invano di strappare il monopolio della ricerca al motore di Mountain View.

Del resto si sa che la fedeltà su internet è molto volatile, e decisioni avventate di oggi possono vanificare in poco tempo anni di sforzi, investimenti e credibilità.

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Di Max Da Via' (del 20/12/2005 @ 06:52:37, in Internet, linkato 2548 volte)
Anche quest’anno sono stati assegnati da “Il Sole 24ORE” gli Oscar della Rete, un premio giunto all’ottava edizione che ha come scopo dare il giusto riconoscimento alle realtà più interessanti presenti sul web.

Il concorso si è articolato in diverse sezioni, curate da una giuria tecnica, mentre trasversalmente è stato premiato il sito più votato in assoluto dai navigatori: il solito Google, efficace e pluripremiato motore di ricerca.

Per quanto riguarda le altre categorie, il pubblico ha potuto votare una classifica di cinque finalisti, tra i quali la una giuria tecnica ha scelto i vincitori.

Ecco i premiati dell’edizione 2005.

- News e Informazioni: www.beppegrillo.it
- Tecnologia e Innovazione: www.punto-informatico.it
- Entertainment: www.105.net
- Commercio Elettronico: www.misterprice.it
- Istituzione, Pubblica Amministrazione e No Profit: www. trenitalia.com
- Finanza e Investimento, Banche e Assicurazioni: www.ingdirect.it
- Viaggi: www.turistipercaso.it
- Istruzione e Lavoro: www.wikipedia.org
- Home, Fashion e Lifestyle: www.glamour.com
- Imprese: www.enel.it
- Auto e Motori: www.moto.it
- Motori di ricerca, Portali e Community: www.virgilio.it

Premi per le categorie speciali:

- Education: www.wikipedia.org
- Broadband: www.105.net
- Migliore campagna di Comunicazione web: Voola con Global Italia
- Premio speciale del Sole 24ORE per il maggior traffico generato per il concorso: www.cartoline.net.


Classifica molto eterogenea e con poche sorprese, trattandosi prevalentemente di realtà consolidate. Le premiazioni lasciano però spazio a due brevi riflessioni:

1. Beppe Grillo continua a fare incetta di premi e riconoscimenti. Poche settimane fa il comico genovese è stato anche premiato dalla rivista Time come uno tra i trentasette eroi europei del 2005, mentre il suo sito è da mesi saldamente in testa alla classifica dei blog italiani più visitati. Pur comparendo poco nei media tradizionali (tv, radio e giornali in particolare) grazie alla propria instancabile attività sul web riesce comunque a far riflettere provocando con la consueta ironia, ritagliandosi un proprio spazio nell’affollato panorama mediatico.

2. Virgilio, anno dopo anno, rimane uno dei marchi più noti e amati dai navigatori italiani. Per questo motivo stupisce molti la decisione di Telecom Italia di sacrificarlo a favore della giovane e più strategica Alice, allo scopo di uniformare la presenza dei brand su internet. Per maggiori informazioni sull’argomento rimandiamo al post Il funerale di Virgilio. Ad ogni modo la transizione verso l’uniformità è già cominciata: se vi recate su Virgilio noterete che Alice ha già parzialmente sostituito i loghi e il nome sulla barra del browser. Largo ai giovani!
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Di Jacopo Gonzales (del 19/12/2005 @ 14:00:28, in Blog, linkato 5322 volte)

Il proliferare dei blog ha convinto gli organizzatori del più antico, prestigioso e noto premio per il giornalismo, a prendere in considerazione anche la forma parallela del giornalismo tradizionale; ovvero quello online.

La Fondazione Pulitzer, infatti, fondatrice dei prestigiosi premi di giornalismo, ha deciso di aprire una sezione dedicata anche ai giornali online. Il nuovo modo di accedere alle news online, ha fatto si che il più famoso premio di giornalismo ha aperto la sua nicchia al giornalismo web.

Ma come in ogni "club d'elite" che sperimenta strade alternative, non tutti sono d’accordo: non piacciono alcune posizioni troppo liberal di molti blog o di altri web journal, non piace, ai guru del giornalismo offline sedersi allo stesso tavolo di un qualsiasi "uomo della strada" che con il suo blog, ha per esempio, pubblicato un'inchiesta di rilevanza internazionale.

Molti però devono capire che questa è la modernità portata da internet: non più una conoscenza verticale, stratificata e monodirezionale giornalista-lettore, ma una conoscenza-condivisa che rende ogni singolo essere umano un'entità indipendente, atomizzata e protagonista del cambiamento. [fonte marketing-adv]

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Di Jacopo Gonzales (del 19/12/2005 @ 13:32:52, in Internet, linkato 2106 volte)

Telegodado

 

Il motore di ricerca Godado ha inaugurato il suo nuovo portale Telegodado.com, interamente dedicato alla web tv.  La nuova web tv in chiaro del motore di ricerca è già fruibile online.

Su Telegodado si può quindi trovare una selezione dei migliori programmi televisivi trasmessi via internet e i relativi links per accedervi.

In particolare la redazione segnalerà le trasmissioni in chiaro delle principali emittenti televisive che trasmettono eventi sportivi di interesse internazionale.

Ad aiutare il visitatore a fruire del servizio vi sarà un'interfaccia grafica innovativa di facile utilizzo e sarà possibile vedere le tv di tutto il mondo via internet. Inizia a prendere forma ciò che fino a poco tempo fa era considerato un futuro troppo lontano; la possibilità di vedere la TV, scaricare un quotidiano o una rivista di un altro continente, comodamente a casa propria. [fonte marketing-adv]

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Di Max Da Via' (del 19/12/2005 @ 07:28:34, in Marketing, linkato 1940 volte)
Uno degli effetti negativi della globalizzazione a detta di molti esperti di mercato è l’eccesso di offerta. I continui miglioramenti nelle tecnologie velocizzano i cicli produttivi, mentre la lenta ma inarrestabile erosione dei margini spinge ad aumentare i volumi per compensare la perduta redditività.. Molte aziende quindi si trovano nella situazione di dover cercare di immettere sul mercato volumi crescenti di prodotti, che non sempre possono essere assorbiti.

Questa sovrapproduzione viene infatti a collocarsi in un contesto di mercato a cresciuta lenta, caratterizzato da consumatori sempre più volubili, che riconoscono il valore della marca ma sono molto difficili da fidelizzare.

Acquista quindi sempre più importanza la capacità di comunicare con il target di riferimento. La grande azienda deve infatti essere in grado di offrire non solo prodotti di elevata qualità ma anche una serie di aspetti collaterali (assistenza pre e post vendita, garanzia estesa, design e packaging) che assumono una rilevanza crescente nel processo decisionale che determina l’acquisto.

Un altro rischio legato alla volubilità della clientela è che innesca una sfida all’arma bianca tra produttori e trader,che attivano programmi di fidelizzazione costosi e poco efficaci, spesso basati sulla convenienza del prezzo e quindi più adatti ad attirare i cacciatori di offerte che a trasformare saltuari visitatori in assidui clienti.

Il rilancio di molte grandi imprese dipende invece dalla capacità di costruire un reale dialogo con i consumatori, promuovendo una comunicazione alla cui base ci siano fiducia e familiarità.

Ma per avere successo questa strategia non può prescindere da una collaborazione più intensa con la grande distribuzione, le cui strategie giocano sempre più un ruolo chiave nelle dinamiche di acquisto del cliente finale.

Secondo gli esperti di Procter & Gamble infatti i consumatori che si aggirano nelle corsie di un supermercato prendono le loro decisioni in un lasso di tempo che oscilla tra i 3 ed i 7 secondi, cioè giusto il tempo di prendere nota della merce esposta sullo scaffale. Questi preziosi secondi sono chiamati “il momento della verità”, e rappresentano un momento di marketing fondamentale per un marchio, che deve essere in grado di suscitare l’emozione che scatena il processo di acquisto, differenziandosi quindi dai numerosi prodotti concorrenti che lo circondano.

Tale è la rilevanza di questo breve intervallo da convincere P&G a creare ruolo dedicato allo studio e all’analisi di questi preziosi istanti, che è il di Direttore del Primo Momento di Verità (FMOT, First Moment Of Truth).
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Di Alessandro Figus (del 18/12/2005 @ 22:37:22, in Marketing non convenzionale, linkato 4525 volte)

        Chi gioca di frequente ai videogames avrà notato più volte la comparsa di riferimenti più o meno espliciti a marche e prodotti ben precisi. Se in un videogioco ci aggingiamo a guidare una moto, questa potrebbe essere un vero modello di una casa motociclistica o per fare un altro esempio, l’abbigliamento dei personaggi, potrebbe essere completamente griffato da marche reali. Il product placement sbarca anche nel mondo dei videogiochi.

Da recenti indagini è emerso che il giocatore accoglie positivamente la presenza di questo tipo di intrusioni pubblicitarie, visto che regalano al gioco un ulteriore tocco di realtà( come i cartelloni pubblicitari ai bordi di un campo di calcio);mentre si fa pubblicità poter godere di una buona considerazione non è cosa di poco conto. Inoltre un prodotto che viene incorporato in un momento ricreativo è facilmente associabile al piacere che il gamer prova mentre si diverte; così il brand entra in stretto contatto con un’esperienza positiva, con il lato emozionale di un momento ludico.

Un altro elemento da considerare è che il target interessato è molto numeroso ed ancora in crescita. Sembra infatti che le ore trascorse davanti alle console dal segmento composto da giovani fino a 35 anni aumenti a discapito delle ore passate davanti alla tv e quindi un accertato incremento degli users e dell’usage di videogiochi non può che aver convinto società del calibro di Activision e Nielsen ad effettuare approfondite ricerche che possano realmente quantificare le potenzialità di crescita di questa nuova tecnica. Per la fine del 2006 sono previsti 173.1 milioni di dollari di ritorni, cifra molto simile ai ricavi previsti per gli advergames. Il divario tra i due modelli si andrà ad ampliare sempre più e nel 2008 l’in-game adv conterà un flusso in entrata per 562.5 milioni mentre per gli advergames salirà a 312.2. Sempre secondo questo studio, l’ 87% degli intervistati ha registrato un elevato livello di imprinting di una marca vista all'interno di un videogioco e il 40% dei giocatori maschi ha affermato di essere stato influenzato all'acquisto dal messaggio visto all'interno del videogame.

Le società che si occupano di in-game advertising dovranno stare attente a non rovinare la loro reputazione mediante campagne eccessivamente intrusive che possano disturbare i gamers; il rischio è quello di rendere questo tipo di comunicazione noioso e fastidioso così come viene recepita la stragrande maggioranza dei messaggi pubblicitari.

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