Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Anche nel mondo del lusso la competizione tra le diverse griffe è sempre più accanita, con prodotti che lottano per affermarsi in un occidente affamato di novità e molto volubile e mercati orientali che stanno rapidamente crescendo come importanza e prospettive di sviluppo. In molte di queste zone i prodotti hanno una vita utile maggiore e sopravvive una certa fedeltà alla marca che in altri mercati più maturi è ormai poco più di un pallido ricordo.In un recente summit gli esperti di Bain & Company hanno identificato due direttrici chiave che possono favorire lo sviluppo del mercato dei beni di lusso: innovazione e personalizzazione.Quali aspetti privilegiare allora?- Non investire solo sulla notorietà del brand, ma dedicare tempo e risorse anche a conoscere le reali caratteristiche dei propri clienti.- Affiancare alla creatività una particolare attenzione a tutti gli aspetti legati al marketing e al merchandasing.- Introdurre nuovi servizi e curare con la massima considerazione le relazioni con la propria clientela, cercando di trasformare ogni occasione di contatto in uno strumento per “carpire” le reali esigenze del cliente e agire per soddisfarle in maniera proattiva.- Rinnovare rapidamente la propria offerta, favorendo un continuo aggiornamento degli assortimenti disponibili.
Il marketing nella sua storia ha conosciuto diverse fasi, prima come semplice strumento di "spinta" della produzione industriale verso i consumatori e poi gradualmente come metodologia d'analisi ed ascolto del mercato.
Le nuove tecnologie oggi consentono una sempre maggiore interazione con il consumatore, anche in tempo reale, un consumatore che nel frattempo si è fatto sempre più esigente, informato ed anche "infedele" alla marca.
Il marketing one-to-one dunque rappresenta una nuova concezione della disciplina, che ne modifica il punto di partenza tradizionale: lo scopo dell'impresa infatti non è più quello di soddisfare un solo bisogno del più ampio numero di clienti possibile ma il maggior numero di bisogni di uno stesso cliente.
Per fare questo l'impresa deve, in primo luogo, apprendere il maggior numero d'informazioni possibile sul suo cliente ma soprattutto deve essere in grado di ricordarle e di poterle usare di volta in volta per migliorare e personalizzare il servizio.
Facciamo un esempio: un cliente si abbona ad una rivista virtuale, e inizia a riceverla regolarmente: se la rivista riesce a monitorare gli argomenti che interessano maggiormente l'utente con il secondo invio potrà fornirgli una versione personalizzata un po' più vicino alle sue esigenze.
Dal monitoraggio di questo secondo invio si potranno precisare ancora un po' meglio i gusti e le preferenze del cliente e così via, fino a raggiungere un livello considerevole di rispondenza alle necessità del lettore, anzi di quel preciso lettore.
A questo punto potrebbero essere passati alcuni mesi: se una rivista concorrente proponesse un analogo servizio con un prezzo identico o anche un po' più modesto il lettore sarebbe disposto a spendere altri tot mesi per ricreare tutto il processo d'apprendimento?
Probabilmente no, e in questo modo l'azienda che produce la prima rivista si è guadagnata la fedeltà del suo consumatore.
Sapendo tante cose di quest'ipotetico lettore inoltre la rivista potrebbe vendergli altri prodotti coerenti con gli interessi, o vendere spazi pubblicitari sapendo con esattezza chi sarà la persona cui giungeranno.
In sostanza una volta acquisito un consumatore l'impresa one-to-one cercherà di soddisfare il maggior numero dei suoi bisogni, capitalizzando sempre di più le risorse di conoscenza e d'interazione consolidate nel tempo.
Questo paradigma non vale solo per le imprese on-line ma anche per le brick and mortar tradizionali, prendiamo ad esempio una catena di alberghi di lusso: il loro business si concentra sulla soddisfazione massima delle esigenze di chi vi pernotta.
Ora se il fatto che un cliente preferisca un cuscino più duro o una certa bibita nel frigobar è registrato in un data-base condiviso da tutti gli altri hotel della catena esso troverà già realizzata la sua esigenza in qualsiasi altra sua visita in un albergo affiliato, in qualsiasi parte del mondo.
Difficilmente questo cliente passerà senza particolari motivi alla concorrenza.
Infine fare marketing one to one è vantaggioso anche nell’invio di comunicazioni e mailing, in quanto sia l'azienda che i clienti ne hanno vantaggi.
LINKS UTILI
Siti di riferimento sul marketing one to one
www.1to1.com
Anche in Italia prosegue la lenta affermazione del marketing non convenzionale. Grazie alla collaborazione con Ogilvy e Ogilvy One Indesit, il terzo produttore europeo di elettrodomestici, si appresta ad effettuare una campagna di marketing virale per il lancio della nuova linea Indesit On Time, una linea di prodotti specificatamente rivolta ad una clientela giovane e informale.Proprio in funzione di questo segmento bene identificato l’azienda ha deciso, in vista della campagna di marketing che avverrà all’inizio del 2006, di affiancare ai canali tradizionali iniziative virali on-line.Jack the Cuckoo, il cucù protagonista, ha come scopo quello di promuovere la libertà da schemi e orari predefiniti (da qui presumibilmente la scelta del testimonial) per riappropriarsi del proprio tempo, ed è al centro di vari episodi on-line all’interno del sito Indesit.La campagna partirà con l’invio di un’email contenente la presentazione del personaggio ad un target di 1.500.000 persone in tutta Europa i cui nominativi sono stati acquistati da alcune community on-line e profilati in modo da identificare un target giovane e dinamico in linea con questo nuovo stile di comunicazione.
via Pubblicità Italia
Mazda ha intrapreso un singolare piano ambientale rivolto ai propri dipendenti; incentivi e premi pecuniari per chi si reca a lavoro utilizzando solo le proprio gambe. Oltre a consigliare questa cura per un maggior benessere personale, chi aderirà all'iniziativa vedrà incrementato il proprio stipendio di una picola cifra molto simbolica; l'incentivo è vermente minimo, infatti non si vuole ne' costringere i lavoratori a muoversi a piedi, ne' comprarli con denaro facile, ma solo sensibilizzarli e convincerli che fare quattro passi è un piccolo favore che si fa all'ambiente e a sè stessi. La curiosità maggiore sta nel fatto che l'idea è partita dalla Mazda, un'azienda che se tutti seguissero il suo consiglio chiuderebbe in poco tempo i battenti; forse però la necessità di respirare aria che non uccida si colloca prima di qualsiasi altro obiettivo aziendale e sicuramente, il fatto che moltissime persone stiano prendendo coscienza di questo tema, sta convincendo molte imprese a dedicarsi sempre più al rispetto dell'ambiente. Un prodotto ecologico, un'immagine vicina alle problematiche ambientali, un'attenzione alla salute della società saranno sempre più un importante fattore competitivo.
Un'altra simpatica iniziativa che avvicina un brand ad una filosofia ecologica è quella intrpresa da Tiscali che ha recentemente sponsorizzato un suo dipendente e più esattamente Paolo Budroni, giovane Business Intelligence Manager, supportandolo nella preparazione e poi nella partecipazione alla maratona di New York. Un'iniziativa con la quale Tiscali ha voluto evidenziare alcuni valori aziendali sicuramente apprezzati dai tanti spettatori. A proposito, alla manifestazione erano presenti circa 2 milioni di persone, non male come visibilità. I testimonial sono importanti per l'immagine della società che li sceglie. Il brand in qualche modo riesce ad incrnarne le caratteristiche principali e farle proprie; in questo caso Budroni è un semplice lavoratore, un maratoneta amatoriale e la società ha voluto puntare su di lui anche fuori dall'ambito lavorativo aiutandolo inoltre a classificarsi in un ottima posizione. Una comunicazione genuina, non convenzionale, economica e sociale.
Lancio in grande stile sul mercato italiano per il nuovo Motorola SLVR L7. Per garantire la massima visibilità all’evento Motorola ha ideato una multiproiezione architetturale sul grattacielo Pirelli a Milano. Si tratta della più estesa multiproiezione mai effettuata su un grattacielo con superfici vetrate così estese e dimensioni simili. Questa proiezione che è durata dal 29 novembre al 03 dicembre, ha destato un forte interesse sia in Italia che all’estero.Oltre a questa iniziativa è prevista a inizio 2006 una campagna televisiva che si estenderà progressivamente anche a internet e carta stampata.
Pubblico questo articolo apparso sul blog di Roberto Venturini. Mi sembra sia un tema di grande attualità, che stimola numerosi confronti tra appassionati di marketing e media.
Nuove tecnologie in arrivo e c’è qualcuno che ci crede davvero. Ma i consumatori adotteranno la TV sul cellulare? E chi ci metterà i soldi per farla?Ad essere sarcastico, c'è da domandarsi se domani qualcuno userà ancora il cellulare per parlare. Ovvero se il traffico voce sarà ancora la colonna portante del business degli operatori di telefonia mobile.E' peraltro chiaro che il mondo della telefonia cellulare sembra essere alla vigilia di un periodo di nuova, forte innovazione.La lezione degli SMS è ben presente nella mente delle compagnie telefoniche; nati come puro strumento di servizio per gli operatori, sono esplosi nelle mani degli utenti, arrivando a rappresentare una percentuale molto importante delle revenue. Ed il boom di fatturati creato da servizi come loghi e suonerie ha reso manifesto quanto l'utente telefonico sia disposto ad investire sul proprio cellulare.Di cosa si vivrà, domani?La voce rischia dunque un giorno di trasformarsi in una commodity, soggetta a forti dinamiche di concorrenza sui prezzi - ed è tutto da capire cosa potrà comportare la diffusione della telefonia VoIP anche su questa piattaforma.Logico quindi che si stia guardando con attenzione a tutti quei servizi che possano essere fatturati al cliente e che, essendo meno "basici", presentino opportunità tariffarie migliori. Di qui MMS, contenuti premium, videotelefonia, e, prossimamente sui nostri (piccoli) schermi, la televisione.Se oggi già sono disponibili serial televisivi (“Mobisodes”) appositamente riprodotti per il cellulare (di cui ho già scritto in passato), l’obiettivo di fondo è convertire il cellulare in un vero e proprio ricevitore televisivo. Di passare dai contenuti da scaricare o da vedere in streaming all’utilizzo “in diretta”. In parole povere, rielaborare sia il telefono che l'infrastruttura di telecomunicazione per rendere il cellulare capace di fare, ad occhio e croce, quello che un qualsiasi televisorino portatile (disponibile sul mercato da anni) sa già fare benissimo e a costo di connessione pari a zero.Si metterà la mano al portafoglio?Se dunque mi viene proposto di pagare per un servizio che potrei avere gratis, il business non andrà molto lontano - motivo per il quale occorre trovare una differenziazione che permetta di far pagare per questo contenuto. Questa necessità potrà dunque costringere a ripensare non solo terminali e network telefonici, ma anche il sistema radiotelevisivo. Potenzialmente affiancando, alle numerose piattaforme televisive esistenti, nuovi "canali" fruibili (solo?) attraverso il telefono.Balza immediatamente alla mente l'immagine di 50 milioni di Italiani che si guardano le partire di calcio mondiali sul cellulare, in ufficio, facendo finta di essere impegnati in una cruciale videotelefonata di lavoro. E sorge spontanea la domanda: ma lo useranno negli altri 3 anni, 11 mesi e rotti, quando il mondiale non c’è? E se l’Italia, il cielo non voglia, non si qualificasse ai Mondiali, che speranza di vita avrebbe questo modello di business tele-telefonico?Un modello meno complesso è invece quello adottato, e con successo, in Corea, dove milioni di utenti già hanno l'accesso alla TV satellitare via telefono. In questo caso il modello sarebbe più semplice: pagare per pagare, si può anche spendere per vedere i programmi sul telefono, quando il megaschermo LCD del salotto non è a portata di telecomando. Sempre che la popolazione si sia già massicciamente adattata a sborsare per la TV “normale”…Non è insomma assolutamente chiaro se il consumer sarà disposto a dare soldi in cambio di questi servizi. E ancora meno quale possa essere (a breve e a lungo termine) il modello di pricing corretto.Dagli Stati Uniti arrivano ricerche che dimostrerebbero una sostanziale resistenza o disinteresse dei potenziali utenti verso questo tipo di servizio a pagamento. Servizio che, va detto, potrebbe incontrare però un interesse del tutto diverso in un paese tanto più cellulardipendente come il nostro. E’ lecito poi riflettere sul fatto che questo tipo di servizi rischiano di non essere facili da testare significativamente attraverso ricerche sui consumatori e che l’effetto imitativo (ce l’hanno tutti, lo fanno tutti, ergo devo farlo anch’io) potrebbe introdurre un fattore moda impossibile da prevedere a priori – fattore che spesso ha giocato un ruolo importante nel mondo della telefonia mobile.C’è spazio per la pubblicità?Ancora meno chiaro è il ruolo che la pubblicità potrebbe avere su questa nuova forma di diffusione televisiva. Sono quasi certo che sarebbe impossibile l'introduzione dei nostri tradizionali spot, sia per le limitazioni del terminale, sia perchè, in un contesto pay per view, l'intrusione della pubblicità potrebbe causare reazioni molto negative da parte del pubblico e potrebbe arrivare addirittura a mettere in pericolo il successo stesso di questa forma di comunicazione. E poi, diciamocelo, che fine farebbe la magia della prima presentazione dello spot al cliente, da parte dell’agenzia, se invece di uno schermo da 50 pollici la facessimo su uno schermo da 5’?Con ciò non voglio ipotizzare che advertising e television-telefono non possano convivere; ad esempio con modelli legati a promozioni fidelizzanti in cui l'accesso gratuito a specifici programmi sia offerto ai clienti che abbiano completato un certo numero di acquisti, o mettendo in palio periodi di connessione attraverso concorsi a premio (per intenderci, in maniera analoga a quanto ha fatto, sul fronte della musica digitale, Pepsi Cola in partnership con iTunes di Apple).Un problema di bandaE' comunque chiaro che la tecnologia odierna non sarebbe assolutamente adatta ad un’introduzione seria della televisione sul cellulare. I terminali attuali, per dirne una, esaurirebbero la batteria in meno di un’ora di microgodimento televisivo.Quel che è peggio è che la banda usata per guardare la TV sarebbe concorrente con quella usata per la voce. Gli analisti sostengono che, in caso di successo del consumo di televisione sul cellulare, potremmo finire per non riuscire più ad usarlo per parlare. Costringendo gli operatori ad upgrade costosi o addirittura impossibili.Si richiedono quindi tecnologie e soprattutto concetti nuovi. Sta, infatti, proprio ora emergendo un concetto radicalmente innovatore: niente video on-demand, niente streaming, ti guardi quello che emette la stazione quando lo emette – esattamente quello che faccio a casa con il mio sano, tradizionalissimo tubo catodico. O con il mio televisorino a pile. Che però fa molto meno trendy di un telefono che fa ti fa vedere la CNN.Più che un passo in avanti, due in indietro (o forse in ogni caso in avanti, se il telefono lo guardiamo passeggiando).La solita guerra degli standard?Già si sono formate cordate che propongono potenziali standard concorrenti, focalizzati sull'offrirci a breve l’accesso a 10 o 15 canali televisivi su misura.Forse è presto per dirlo, ma è probabile che la sigla DVB-H possa presto diventarci familiare, come sinonimo di uno standard su cui stanno lavorando Nokia, Texas Instruments, altri produttori di microelettronica, operatori del mondo delle teletrasmissioni ed altri partner di peso. Anche se non si può escludere che a spuntarla possa essere lo standard concorrente Flo o lo standard proprietario che si stanno sviluppando in casa i giapponesi.Tutta gente in ogni modo dalle casseforti molto ben guarnite, se si pensa che per mettere in piedi negli USA un network operativo in grado di trasmettere la TV sui cellulari si dovrebbero investire tra i 4 e i 10 miliardi di dollari.I primi trial televisivi veri dovrebbero iniziare nel 2006 / 2007, quindi da aspettare non ci sarà molto - anche se poi la strada dal trial al successo potrebbe essere lunga e lenta. O il consumatore potrebbe ancora una volta sorprenderci ed adottare massicciamente, immediatamente la novità.Un bel pasticcio per quelli che devono pianificare il business ma, come dicono quelli della TV, è il bello della diretta…
Roberto Venturini
Su quattro ruote o su quattro zampe. Su mongolfiere o aerei. Persino sulla fronte o sulla nuca della gente affittate a 40.000 dollari l'anno. L'advertising è sempre più mobile: cattura l'attenzione di chi guarda e raggiunge ogni angolo del Pianeta. E a conti fatti, sembra essere più economica di quella statica e con redemption maggiore. Infatti il numero dei contatti garantito dal "mezzo"in movimento è superiore. Il vantaggio è notevole: il contatto con i consumatori è continuo e la comunicazione è inevitabile.Ma non è tutto qui: mongolfiere ed aerei o dirigibili volano alti trainando striscioni o recando loghi e scritte pubblicitarie. Tali mezzi possono anche emetter fumi colorati o lanciare volantini su vasta scala ed hanno il vantaggio di un costo contatto bassissimo .Sono generalmente visibili in un raggio di 15 chilometri da centinaia di migliaia di persone.Funzionano a meraviglia anche i megaschermi illuminati montati da entrambi i lati su autocarri o rimorchi e consentono la rotazione di più messaggi .Anche applicare vele o cartelli rettangolari in vetroresina su furgoni, piccole auto o Ape Piaggio spesso e volentieri si rivela una scelta strategica azzeccata. Ma le due vere novità sono: 1) sponsorizzare i cerchioni dei taxi ( o della flotta aziendale). Le ruote anche se girano sembrano ferme e la pubblicità si vede benissimo: il sistema è brevettato dall'azienda californiana AdFleet. 2) sponsorizzare le gobbe di cammello che porta a spasso l'immagine : accade con frequenza in India. La variante nostrana potrebbe essere una pettorina promozionale sulla la schiena dei cani.
Ad essere precisi il più noto concorso di marketing rivolto agli universitari ha cambiato nome. Da questa edizione in poi si chiamerà International Challenge, un nome che chiarisce subito il nuovo orientamento scelto. Negli anni passati sono stati proposti concreti casi aziendali che avevano ad oggetto per esempio un aumento della quota di mercato, di migliorare il posizionamento, di aumentare di un certo tot gli iscritti al sito della società; ogni anno una diversa società del calibro di Tim e Maserati( solo per citare le ultime edizioni), chiedeva ai giovani universitari di risolvere un problema che la società realmente sta incontrando. Ora invece il problema verte sull' internazionalizzazione ovvero sullo sviluppo di una strategia che faccia espandere una società ben precisa (quest'anno sarà Indesit) in nuovi mercati. Durante l'ultima edizione hanno partecipato più di 350 squadre provenienti da tutte le università italiane le quali hanno avuto la possibilità di provare a fare i manager, di gestire una società provandone a risolvere un problema reale. Per chi fosse interessato a leggere più dettagliatamente il caso Tim o il nuovo caso Indesit può recarsi sul sito del Premio.
Il parere dei più piccoli influenza in maniera sostanziale le scelte dei genitori nel momento in cui la famiglia decide di cambiare macchina.Questo aspetto deve essere ben chiaro a qualche esperto di marketing tailandese, che ha convinto la BMW a consentire il download di 16 modellini di macchina (ovviamente BMW) direttamente dal sito. Al piccolo futuro consumatore non rimane quindi che ritagliare la sagoma e preferita e iniziare la collezione.Bella azione di promozione del brand, chissà se funziona anche a livello subliminale, per cui al compimento del diciottesimo anno di età questi baby visitatori si troveranno come trasportati in qualche concessionario per una prova su strada.
Di Eli (del 02/12/2005 @ 20:48:44, in Advertising, linkato 2141 volte)
Quando si fa sport viene sete, e se non c'è l'acqua ci pensa Carlsberg.
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