Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Il settore Food-Tech è in costante crescita: nel 2015 gli investimenti a livello globale hanno raggiunto la quota di 6,8 miliardi di dollari. I maggiori Paesi ad effettuare investimenti ed acquisizioni in questo settore sono stati USA, Cina, Germania, India e Regno Unito mentre l’Europa ha investito circa 1 miliardo di dollari.
Questi alcuni dei dati emersi dall’ultimo rapporto di Rosenheim Advisors, che avvalora e conferma un trend positivo anche nel nostro Paese, con i segmenti relativi alla possibilità di effettuare ordini e consegne online che rappresentano una parte significativa del consolidamento globale nel corso degli ultimi anni.
L’ecosistema Food Tech & Media continua a essere protagonista di rapidi cambiamenti, creando significative opportunità di mercato anche per nuovi operatori: le startup di settore hanno attirato ben 5,7 miliardi di dollari nel 2015, con un incremento del 152% rispetto all’anno precedente.
LA SITUAZIONE ITALIANA
Dalla ricerca di ristoranti, alla vendita di prodotti locali, passando per le etichette intelligenti, il mercato del food-tech sembra aprire scenari che vanno ben oltre il solo segmento della consegna di cibo a domicilio. Secondo alcuni dati recenti il volume d’affari che coniuga cibo e tecnologia sfiora i 135 miliardi di euro e il trend è in crescita. In termini di investimenti, in Italia, nel 2015 si è assistito a due importanti round di finanziamento e un exit: Foodscovery e WineoWine, che hanno raccolto 800mila euro dai rispettivi investitori, mentre Foodinho – startup di food delivery – è stata acquisita dalla spagnola Glovo. A giugno a Milano ha debuttato Foodinho, che seleziona alcuni dei migliori ristoranti della città e consegna tramite fattorini in bici; a settembre è stata la volta di Foodora, supportata da Rocket Internet che ha lanciato la startup contemporaneamente in 21 città in 14 Paesi diversi e infine Deliveroo, startup londinese, che ha iniziato a consegnare nel capoluogo lombardo a inizio novembre.
SVILUPPI FUTURI ED INIZIATIVE D’INTERESSE
Il 2016 vedrà un ampliamento e probabilmente un consolidamento in Italia delle piattaforme di food delivery che puntano a coprire completamente i vari segmenti di mercato (dalla pizzeria ai ristoranti stellati) e i vari modelli (dal semplice markeplace alla justeat o foodpanda alla piattaforma logistica integrata alla Foodora). Se la prima ondata di innovazione ha digitalizzato l’incontro tra domanda e offerta (marketplace) e la seconda ha aggiunto la piattaforma logistica per aggredire nuove fasce di mercato premium, si stanno affacciando all’estero nuovi modelli che puntano ad una ulteriore integrazione verticale aggiungendo anche la produzione dei cibi stessi. A leggere i dati, il volume d’affari del mercato della consegna di cibo a domicilio si aggirerebbe intorno ai 400 milioni di euro in Italia (fonte Sole24 Ore), ma è tutto il comparto food technology a far ipotizzare scenari interessanti.
Le opportunità di mercato future potrebbero convergere verso modelli innovativi principalmente legati a soluzioni iper-locali, che danno l’opportunità ai clienti di avere accesso a tutta la varietà dei prodotti enogastronomici italiani. Inoltre indubbiamente il modello delle restaurant appsi affermerà sempre di più sul mercato grazie alla capacità di integrare le diverse modalità di consegna del cibo con le abitudini alimentari degli utenti.
In questo scenario la creazione di un Food Accelerator in partnership tra H Farm e Cisco permetterà di raggiungere ampiamente lo scopo di selezionare e soprattutto investire sulle startup che sviluppano soluzioni innovative e tecnologiche per il settore agro-alimentare. Le attività dell’acceleratore sono partite con il lancio di una call for ideas dedicata al settore food e, in particolare, alle seguenti aree: e-commerce e food delivery; sostenibilità, supply chain e logistica; tracciabilità, nutrizione e biologico; agricoltura di precisione. Tra le candidature verranno selezionate 5 tra le più promettenti startup a livello internazionale che prenderanno parte al programma della durata di ben 4 mesi. Ogni team riceverà servizi di tutoring e mentoring mirati allo sviluppo e alla crescita del proprio progetto, vitto e alloggio, oltre a un primo finanziamento di 20.000 euro.
Food Accelerator è il secondo Industry Accelerator che punta ad un nuovo modello di programma di accelerazione che vede come elemento distintivo il coinvolgimento di 5 aziende leader di settore nel supportare le startup durante il percorso.
Altra iniziativa interessante è Value for Food in partnership tra UniCredit, Cisco Systems Italy e Penelope, azienda leader in tecnologia e know-how per il digitale nell’AgriFood. Scopo del progetto è quello di finanziare e realizzare programmi di evoluzione tecnologica delle aziende agroalimentari, che sappiano coniugare le esigenze di comunicazione e marketing territoriale, di efficientamento e automazione dei processi di filiera, di dematerializzazione e digitalizzazione degli asset informatici. L’iniziativa mira a predisporre un’offerta di servizi alle aziende agricole – dalla formazione alle piattaforme digitali – sostenuta da un programma di finanziamento che diventa uno strumento per la valorizzazione del proprio marchio e dell’immagine del Made in Italy.
Via Tech Economy
uropei 2016? Vince la Spagna. Non è il risultato della finale, conquistata dal Portogallo contro la Francia, ma quel che emerge da un’analisi di brand engagement effettuata da Ogury – piattaforma di mobile data – su oltre mezzo milione di mobile user in 5 paesi durante i campionati Europei 2016. L’analisi considera gli sponsor della kermesse calcistica e confronta gli accessi mobile ai loro siti e il download delle loro app prima e durante gli Europei di calcio appena conclusi.
Gli user spagnoli sono quelli che hanno scaricato di più l’app della UEFA durante gli europei di calcio 2016, nonostante il torneo fosse organizzato in Francia e la Spagna sia uscita agli ottavi, quindi poco dopo il girone delle eliminatorie iniziali. Si parla infatti di una crescita di download del 261% contro il 235 % dei padroni di casa – partecipanti anche alle finali – e un più modesto 176% dell’Italia. Fanalino di coda la Gran Bretagna, meno interessata all’app, con un aumento di soli 67 punti percentuali.
Essendo integrata in oltre 10.000 applicazioni, l’esclusiva tecnologia di Ogury di raccolta dati ad alta precisione permette infatti di conoscere l’uso reale dell’intero dispositivo mobile di oltre 250 milioni di utenti nel mondoe calcolare quindi download e accessi ai siti degli sponsor degli Europei “France 2016”.
Agli italiani piace Nike
Per quanto riguarda lo sport, è uno scontro tra titani: sebbene lo sponsor ufficiale sia Adidas, anche Nike ha beneficiato delle manifestazione calcistica, in particolar modo in Italia, dove si è è registrato un aumento dei download del 28% per l’app di Nike e una diminuzione del 7% per l’app di Adidas, rispetto al mese precedente.
Not ‘Appy
In realtà, quel che si è notato è un processo particolare: tutti i Paesi, ad eccezione della Spagna, hanno diminuito il download delle app degli sponsor durante il torneo, anziché aumentarlo. In generale Ogury ha calcolato un calo del 13% del download di app sponsor del torneo.
A farla da padrone a livello europeo due brand meno popolari
Complessivamente hanno ricevuto una forte attenzione due brand sponsor pressoché sconosciuti nel panorama europeo: stiamo parlando di Socar Energy, che ha visto aumentare gli accessi al sito del 200% durante le partite, e Hisense, con un +127%. Si tratta della società svizzera attiva nel campo dei servizi energetici e del colosso cinese specializzato nella produzione di TV, frigoriferi, climatizzatori e smartphone.
…ma in Italia vince McDonald’s
L’attenzione che i due brand hanno destato negli altri paesi europei non trova però riscontro nei dati registrati in Italia. Nel Belpaese a fare da padrona è senza dubbio McDonald’s (+63% di unique visitors) seguita daContinental (+33%), Hisense (+30%) e Coca Cola (+15%).
“I dati presentati testimoniano e premiano ancora una volta la tecnologia Ogury e di conseguenza la qualità degli insight che si generano”, dichiara Francesca Lerario, Managing Director di Ogury Italia, a commento dell’analisi effettuata. “La nostra utenza è ultra profilata e origina un network all’interno del quale siamo in grado di muoverci con estrema accuratezza per garantire i migliori risultati in termini non solo di advertising, ma anche di ricerche. I pilastri che reggono questo sistema si basano sul nostro sdk, sugli algoritmi che i nostri ingegneri quotidianamente analizzano e ottimizzano”, conclude Lerario.
Via Spot and Web
I dati dell’ultima indagine comScore Mobile Advisor mostrano come cresca in Italia ed Europa l’acquisto di beni e servizi via smartphone, ormai nelle tasche di un numero sempre maggiore di consumatori. “Gli italiani utilizzano sempre più lo smartphone per fare shopping”, ha commentato Fabrizio Angelini, ceo di Sensemakers e rappresentante di comScore in Italia. “Secondo le ultime rilevazioni che abbiamo condotto con comScore MobiLens e Mobile Advisor sugli acquisti tramite device mobili nel primo trimestre 2016, analizzando gli italiani sopra i 13 anni che possiedono uno smartphone, ben 8,6 milioni hanno acquistato prodotti e servizi via mobile nel mese di aprile 2016. E la loro percentuale sul totale dei possessori di smartphone è passata dal 24,4% di aprile 2015 al 28,3% di quest’anno”, fa notare ancora Angelini.
Fashion settore più amato in Italia
A beneficiare della maggiore propensione degli italiani per gli acquisti via smartphone è il settore del fashion: abbigliamento e accessori sono i prodotti che più mobile shopper hanno dichiarato di aver acquistato questo aprile, che equivale a oltre il 35% degli utenti. Elettronica e libri “fisici”completano il podio acquistati, rispettivamente, da un mobile shopper su tre e con il 28% di utenti che ne hanno acquistato almeno uno nel corso del mese. A seguire biglietti (24%), prodotti per la cura personale (19,8%), buoni regalo (17,4%), giocattoli e biglietti aerei (entrambi 12,3%), articoli per sport e fitness (11,5%) e hotel al 10%.
Il contesto europeo
Il dato italiano sul mobile shopping si inserisce all’interno di un quadro generale europeo in crescita. Nonostante una penetrazione dello smartphone (pari al 68,7%) relativamente inferiore agli altri Paesi EU5, l’Italia è il mercato con il tasso di crescita maggiore in assoluto, con un aumento del 13,4% del numero di utenti possessori di smartphone rispetto al mese di aprile 2015. Nel Regno Unito, gli utenti smartphone che hanno anche effettuato almeno un acquisto online sono stati oltre un terzo nel mese di aprile, seguiti proprio dall’Italia.
I mobile shopper acquistano da app o browser
Sebbene l’utilizzo di applicazioni nel complesso costituisca la componente principale del consumo di contenuti da mobile, gli utenti che hanno acquistato da browser sono risultati superiori a quelli che hanno completato la transazione da app, in tutti e cinque i mercati nel mese di aprile.
Nei mercati EU5, infatti, oltre il 60% dei mobile shopper che ha compiuto acquisti online ha scelto di farlo visitando i relativi siti da browser mobile. Regno Unito e Germania hanno però registrato la più elevata incidenza di acquisti da app, con percentuali pari rispettivamente a 59,3 e 52,1%. La capacità di quantificare la crescita dello smartphone come canale commerciale è un aspetto importante per i retailer al fine di ottimizzare l’esperienza in funzione della piattaforma e massimizzare l’interazione da parte della audience di riferimento.
via DailyOnline
La recente indagine “Online Video Barometer 2016“, condotta da BuzzMyVideos, ha rilevato che il 94% dei Millennials italiani sembra esser più propenso ad acquistare un prodotto che ha una recensione video online fidata. Il 90% di essi, infatti, ricerca informazioni e recensioni video prima di procedere all’acquisto su Internet. Tra i contenuti più visti musica (35%), seguita da tecnologia (21%) e videogame (17%).
Questi risultati aprono prospettive interessanti per i brand che ancora non hanno adottato una strategia video su Internet. Le nuove generazioni, infatti, stanno attraversando un cambiamento epocale nella fruizione di intrattenimento e informazione, abitudini che avranno un impatto sempre più forte sul mercato pubblicitario. Se da un lato sembra sempre più difficile intercettare i Millennials seguendo paradigmi classici, dall’altro l’online video offrirà incredibili opportunità di dialogo per coinvolgere e fidelizzare questa fascia di pubblico. Oggi il segmento dei Millennials comprende oltre 11 milioni di italiani, nati tra gli anni ’80 e gli anni 2000, esigenti, tecnologicamente evoluti, informati e con un buon potere d’acquisto.
Dati interessanti rilevano che il 69% dei Millennials guarda più di 6 ore di video online ogni settimana e il 56% di questi resta connesso per oltre 11 ore settimanali; un dato distribuito equamente tra pubblico maschile e femminile. Il 16% di coloro che preferiscono video sul mondo del cibo e l’8% degli appassionati di tecnologia guardano oltre 31 ore di video su questi temi ogni settimana.
Se la musica occupa per entrambi i sessi oltre un terzo del tempo trascorso davanti allo schermo del proprio device, le donne spendono più tempo guardando video dedicati a temi come beauty (15%) e tutorial DIY (14%), mentre gli uomini si interessano di videogame (25%) e tecnologia (27%).
In questo contesto sembra che le fonti più attendibili per i Millennials siano proprio gli YouTuber e, in generale, le celebrità dei video online. Il 42% dei soggetti intervistati sostiene di fidarsi di più di una recensione su YouTube rispetto a qualsiasi altro mezzo di comunicazione.
La pubblicità in Rete non viene percepita come un elemento invadente, bensì migliora la fruizione complessiva di contenuti video su internet: l’83% degli intervistati dichiara, infatti, di gradire la presenza di video promozionali ben fatti. Se, nel 2015, l’Advertising su Internet ha rappresentato il 29,9% del mercato pubblicitario, nel 2016 si prevede una forte crescita che arriverà a raggiungere il 38,4% del mercato entro il 2018.
In futuro, l’82% degli intervistati vorrebbe poter cliccare direttamente su un prodotto visto in un video online: una funzionalità ad alto tasso di engagement che potrebbe convertirsi in un format molto interessante per gli inserzionisti.
Via Tech Economy
Questo mese la Top Brands – l’osservatorio periodico firmato da Blogmeter che rivela quali sono i migliori brand su Facebook e Twitter in Italia secondo le principali metriche di engagement, new fans/followers e response time – ha realizzato un focus sul mondo della birra – la bevanda che coinvolge i consumatori soprattutto durante la bella stagione – con l’obiettivo di scoprire quali sono i brand più talentuosi nella gestione dei rispettivi account social. Con l’occasione il team di Blogmeter ha realizzato anche un’analisi sull’audience e sui contenuti legati all’universo birra attraverso il suo nuovo servizio Facebook Topic Data.L’indagine ha messo in luce le caratteristiche socio-demografiche degli utenti, i principali temi di discussione, le campagne più ingaggianti e i contenuti più condivisi su Facebook.
Le migliori birre su Facebook
Per quanto riguarda il rating delle migliori birre sui social emerge un dato di fondo, ovvero che le aziende produttrici amano Facebook, lo dimostrano le performance ottenute sul social di Zuckerberg sia in termini di engagement che di new fan rispetto a Twitter. Ad aprire la Top 5 delle birre più coinvolgenti su Facebook èCeres, quinta per numero di nuovi fan, che con i suoi originali post di real-time marketing conquista tutti. In particolare, a giugno la pagina italiana del birrificio danese ha generato un grande numero di interazioni con la sua campagna in occasione delle elezioni amministrative, pubblicando diversi post ironici e satirici, ma non perdendo mai di vista il prodotto. Il post più coinvolgente ha come protagonista Giorgia Meloni. Al secondo posto per engagement si posiziona Birra Moretti grazie alla pubblicazione di post sempre curati e dalla creatività piacevole: a giugno appassiona con la special edition “Campioni col baffo”, dedicata a tutti i campioni del calcio che hanno i baffi. La medaglia di bronzo va a Carlsberg, seconda per nuovi fan, molto attiva durante gli Europei 2016, essendo official sponsor che per l’occasione ha riadattato il suo claim in “Probably the best UEFA EURO 2016”. Chiudono la Top 5 Birra Ichnusa con le sue numerose iniziative e Birrificio Angelo Poretticon la sua comunicazione sobria ed elegante. Dando un’occhiata invece all’altra metrica chiave per misurare l’efficacia delle strategie di social media marketing dei brand, ovvero la crescita della community, la pagina che ha acquisito più fan a giugno è Tuborg con post ironici e tante iniziative, seguono la già citata Carlsberg al secondo posto e Bavaria in terza posizione, che conquista tanti nuovi fan in occasione degli Europei. A distinguersi per numero di nuovi fan è infine Birra Antoniana che promuove su Facebook principalmente gli eventi che organizza.
Le migliori birre su Twitter Sebbene i numeri di Twitter siano decisamente più contenuti rispetto a Facebook, sul social dei 140 caratteri si fanno spazio altri nomi. Conquista lo scettro dei birrifici più coinvolgenti su Twitter, Peroni, che non compariva nelle Top 5 di FB: colleziona quasi 8.000 interazioni con l’iniziativa #nonnedoitbetter2 e il suo testimonial Chef Rubio, piazzandosi al secondo posto per numero di nuovi fan. Segue a distanza Ceres che anche su Twitter adotta una strategia di real-time marketing, mentre in terza posizione troviamo Beck’s Italia con un picco di interazioni in occasione del #CheersToIndependence. Tuborg si conferma la più brava a conquistare nuovi seguaci anche su Twitter con numeri superiori alla media di mercato (80 follower al giorno), cavalcando l’onda di eventi e iniziative come il concorso artistico #SkateboardsConfluence. Spunta al quarto posto della classifica, dopo Peroni e Ceres, il profilo italiano di Heineken che pubblica meno di un tweet al giorno. Fanalino di coda di entrambe le Top 5 di Twitter è Baffo Moretti con #TuLaConosciBianca, l’hashtag legato alla presentazione ufficiale de La Bianca.
Via Spot and Web
BuzzMyVideos ha pubblicato i risultati dell’ Online Video Barometer 2016, che esamina le opinioni di un campione di 500 Italiani, rappresentativi della popolazione tra i 18 e i 35 anni, sulle tendenze nel consumo di video online. Il sondaggio ha rivelato un dato eccezionale: il 94% dei Millennials italiani intervistati dichiara di essere più propenso ad acquistare un prodotto che ha una recensione video online positiva da una fonte fidata, mentre il 90% degli intervistati cerca informazioni e recensioni video online, prima di procedere all’acquisto su internet. Tra i contenuti più visti, musica (35%), seguita da tecnologia (21%) e videogame (17%).
Risultati che aprono prospettive interessanti per i brand che ancora non hanno adottato una strategia video su internet e che, dall’altro lato, riflettono il successo di molti marchi che hanno scelto questo canale per rivolgersi ai Millennials. Oggi questo segmento comprende infatti oltre 11 milioni di italiani, nati tra gli anni ’80 e gli anni 2000, esigenti, tecnologicamente evoluti, informati e con un buon potere d’acquisto; una fascia di pubblico connessa 24/7, che guarda sempre meno la TV, perchè preferisce accedere a contenuti video on-demand in base ai propri interessi, soprattutto da mobile. L’indagine, condotta in maniera indipendente da OnePoll, ha mostrato che il 69% dei Millennials oggi guarda più di 6 ore di video online ogni settimana ; di questi, il 56% resta connesso per oltre 11 ore settimanali, un dato distribuito equamente tra pubblico maschile e femminile. Il 16% di coloro che preferiscono video sul mondo del cibo e l’8% degli appassionati di tecnologia guardano oltre 31 ore di video su questi temi ogni settimana.
Se la musica occupa per entrambi i sessi oltre un terzo del tempo trascorso davanti allo schermo del proprio device, le donne spendono più tempo dei coetanei maschi guardando video dedicati a temi come beauty (15%) e tutorial DIY (14%), mentre gli uomini si interessano di più a videogame (25%) e tecnologia (27%).
Gli YouTuber e, in generale, le celebrità dei video online, sono tra le fonti più attendibili per i Millennials nel panorama pubblicitario: quasi la metà degli intervistati (42%) sostiene di fidarsi di più di una recensione di prodotto su YouTube rispetto a qualsiasi altro mezzo di comunicazione, in particolare tra chi preferisce i video di tecnologia (54%) e gaming (51%); un dato che si sta riflettendo in modo sensibile sulla sottrazione di budget pubblicitari alla TV, un mezzo che le nuove generazioni stanno gradualmente abbandonando a favore dell’online video. La spesa pubblicitaria globale toccherà quest’anno $ 579 miliardi; l’advertising su Internet ha rappresentato il 29,9% di questo mercato nel 2015 e si prevede che arriverà al 38,4% entro il 2018. Secondo il recente rapporto di ZenithOptimedia, video online e social media saranno i canali che, più di tutti, contribuiranno allo sviluppo di questo mercato, con un crescita media annuale prevista del 20% e 24%, tra il 2015 e il 2018.
La pubblicità video online è considerata meno fastidiosa, anzi l’83% degli intervistati dichiara di gradire la presenza di video promozionali ben fatti: la pubblicità non viene percepita come un elemento invadente nella propria esperienza di visione, ma migliora la fruizione complessiva di contenuti video su internet. Gli appassionati di tecnologia e fai-da-te sono quelli che apprezzano di più questo tipo di contenuti pubblicitari (rispettivamente il 92% e 87% degli intervistati).
L’uso di adblockers nei video online sembra molto legato al tipo di contenuti: il 54% dei giovani intervistati dichiara di usarli (di questi 15% li usa sempre), mentre il 46% sostiene di non utilizzarli mai.
L’82% degli intervistati vorrebbe poter cliccare direttamente su un prodotto visto in un video online: una funzionalità ad alto tasso di engagement che potrebbe convertirsi in un format molto interessante per gli inserzionisti. Tra gli appassionati di video dell’area beauty questa soluzione è richiesta ben dal 92% degli intervistati.
Solamente il 3% non vorrebbe questo tipo di possibilità e il 15% esprime un parere neutrale.
I dati emersi dall’Online Video Barometer dimostrano come le nuove generazioni stiano attraversando un cambiamento epocale nella fruizione di intrattenimento e informazione, abitudini che avranno un impatto sempre più forte sul mercato pubblicitario. La crescente domanda di profilazione di contenuti per aree di interesse non può più essere soddisfatta dai mezzi tradizionali: se da un lato è sempre più difficile intercettare i Millennials seguendo paradigmi classici, dall’altro l’online video aprirà incredibili opportunità di dialogo per coinvolgere e fidelizzare questa fascia di pubblico.
Paola Marinone, co-founder e CEO di BuzzMyVideos ha spiegato: “Osservando i risultati del sondaggio abbiamo rilevato come guardare video promozionali prima di acquistare un prodotto sia diventato una necessità assoluta per il 90% dei Millennials. L’Italia e’ pronta per un cambiamento nella dinamica dell’investimento pubblicitario ed è questa una grande opportunità per i brand e le agenzie per creare ampie quote di mercato su target molto difficili da raggiungere”.
Via Spot and Web
Il mercato degli investimenti pubblicitari in Italia nel mese di maggio è stabile a +0,4%: i primi cinque mesi si attestano a +2,7%, rispetto allo stesso periodo del 2015, grazie a un incremento nella raccolta di circa 73 milioni di euro. Se si aggiungesse anche la stima della raccolta sulla porzione di web attualmente non monitorata (principalmente search e social), il mercato chiuderebbe il mese di maggio a +2,5% e i primi cinque mesi dell’anno a +4,3%. TRA EURO 2016 E BREXIT. “In attesa del traino degli Europei di calcio, a maggio la crescita è stata più contenuta, ma sempre in terreno positivo”, spiega Alberto Dal Sasso, Tam e Ais Managing Director di Nielsen. “Si tratta di un risultato in linea con le aspettative, dal momento che maggio 2015, coincidendo con l’inizio dell’Expo, era stato un mese di crescita al 3%, preceduto e seguito da un mese in negativo. In attesa di capire come in autunno la Brexit potrà avere effetti anche sul mercato pubblicitario, confermiamo una fase finale dell’anno fisiologicamente più tranquilla”. BENE TV, RADIO E INTERNET. Relativamente ai singoli mezzi, la Tv cresce a maggio del +5% e chiude i primi cinque mesi a +6,1%. Tornano in negativo i quotidiani, che chiudono il mese a -10,6% e consolidano il periodo gennaio – maggio a -4,7%. L’andamento di maggio è negativo anche per i periodici: maggio a -10,1% e i primi cinque mesi a -3,6%. Gli investimenti sul mezzo radio restano positivi grazie al singolo maggio in crescita dell’1,2%, che consolida a +2% il trend del periodo gennaio-maggio. Internet, relativamente al perimetro attualmente monitorato in dettaglio, registra un decremento dell’1,9% nel periodo cumulato e un calo a maggio del 6,3%. Integrando il dato con le stime desk di Nielsen sull’intero mondo del web advertising (aggiungendo principalmente search e social), i primi cinque mesi chiuderebbero a +8,1% (maggio a +7,7%). Sempre buone le performance per il cinema, che cresce del 18,6%. Il mondo dell’out of home risente dell’assenza di Expo nel confronto con il singolo mese di maggio; nel periodo cumulato, l’outdoor chiude i primi cinque mesi a +5,0%, il transit a +9,3% e la GO tv (ex out of home tv) a -10,1%. Via Business People
Nel 2016, gli acquisti dei consumatori italiani su siti sia nazionali sia stranieri supereranno gli 1,8 miliardi di euro, con un incremento in valore assoluto di 365 milioni di euro (+25%) rispetto al 2015. Il contributo della moda nell’e-commerce di prodotto sarà secondo solo a quello di informatica ed elettronica: l’incidenza era pari al 6% nel 2012 e, nel 2016, sfiorerà il 10 per cento. È quanto emerge dalle stime dell’Osservatorio e-commerce B2C dalla School of Management del Politecnico di Milano, giunto alla sua quindicesima edizione e presentato a Milano in occasione del convegno “L’online nel fashion: un canale che fa tendenza”.
“L’abbigliamento è uno dei comparti merceologici più dinamici dell’e-commerce B2c italiano per almeno tre ragioni: ritmo di crescita superiore a quello medio del commercio elettronico, offerta eterogenea e in continuo fermento, e, infine, spiccata propensione all’innovazione. Negli ultimi 5 anni, il tasso di crescita medio annuo dell’abbigliamento è stato pari al 30% circa, il doppio rispetto a quello dell’e-commerce nel suo complesso (+15% circa), sia nella domanda (acquisti dei consumatori italiani da merchant sia italiani sia stranieri) sia nell’offerta (vendite dei merchant con sede operativa in Italia a consumatori italiani e stranieri)”, ha dichiarato Alessandro Perego, direttore scientifico degliOsservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano.
Sempre secondo quanto emerso dalla ricerca, i web shopper italiani effettuano, nel 46% dei casi, acquisti mass market sui siti dei grandi retailer italiani e internazionali e sui marketplace generalisti; seguono, con un peso del 36%, gli acquisti di prodotti del settore lusso realizzati sui siti dei principali player del settore, delle vendite private, dei produttori high fashion del made in Italy e delle boutique multi-brand. Infine conquistano una quota del 18% gli acquisti di abbigliamento e accessori sportivi dai siti dei retailer specializzati, dei produttori e dei portali generalisti. “Nel fashion uno dei principali driver di scelta del canale online rimane il prezzo: il 52% della domanda e-commerce è realizzata nella componente di prodotti a prezzo ridotto (scontato, con sconti dal 10% al 30%, o molto scontato, con sconti dal 30% al 70%) e il 48% nella componente a prezzo pieno. Se consideriamo la tipologia di prodotti acquistati online, i capi di abbigliamento (camicie, vestiti, capi spalla, jeans, pantaloni) incidono per circa il 55% e gli accessori per il 45%, con una preferenza spiccata per le scarpe e per le borse o accessori di pelletteria. Per quanto riguarda il genere, i capi di abbigliamento e gli accessori da donna pesano per il 50% del mercato fashion online, quelli da uomo per il 40% circa (ed in crescita), quelli da bimbo per il 10%”, ha spiegato Valentina Pontiggia, senior advisor dell’Osservatorio e-commerce B2c Netcomm Politecnico di Milano.
Infine, nel 2016, gli acquisti via smartphone nell’abbigliamento cresceranno del 26% e supereranno quota 350 milioni di euro, confermandosi come uno dei comparti con la più alta penetrazione (19%) degli acquisti da mobile sul totale domanda e-commerce. Se si aggiungono gli acquisti da tablet la penetrazione raggiunge il 33% del totale domanda online.
via PambiancoNews
La moda fa bene all’e-commerce: stando al report realizzato dall’Osservatorio eCommerce B2c e presentato a Milano in occasione del Convegno “L’online nel fashion: un canale che fa tendenza”, nel 2016 gli acquisti via Internet di prodotti fashion hanno superato gli 1,8 miliardi di euro (+25% rispetto al 2015). Ma è soprattutto il ritmo di crescita del comparto a essere significativo: se negli ultimi cinque anni il tasso di crescita del mercato dell’e-commerce si è attestato sul +15%, quello dell’abbigliamento è addirittura il doppio, per una media del +30%. “L’abbigliamento è uno dei comparti merceologici più dinamici dell’e-commerce B2c italiano per almeno tre ragioni: ritmo di crescita superiore a quello medio del commercio elettronico,offerta eterogenea e in continuo fermento, e, infine, spiccata propensione all’innovazione”, afferma Alessandro Perego, direttore scientifico degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano.
CORSA AL RISPARMIO. La ragione alla base dell’exploit dell’e-commerce del fashion è presto detta: su internet è possibile risparmiare. Basti pensare che il 52% della domanda è realizzata nella componente di prodotti a prezzo ridotto, ossia scontati (dal 10% al 30%) o molto scontati (sconti dal 30% al 70%). E ancora: in occasione del Black Friday e del Cyber Monday alcuni operatori riescono a realizzare in soli due giorni oltre il 5% del totale fatturato online. Tradotto: circa 10 volte il valore delle vendite registrate nello stesso intervallo di tempo in altri periodi dell’anno. Tuttavia il prezzo non è l’unica variabile che promuove gli acquisti online. L’e-commerce del fashion funziona anche perché in rete è possibile reperire una vasta gamma di prodotti, spesso assente nei punti vendita fisici. Inoltre i siti spesso suggeriscono prodotti affini da acquistare.
SPOPOLANO ABBIGLIAMENTO E ACCESSORI. Ma cosa si compra in Rete? “Se consideriamo la tipologia di prodotti acquistati online, i capi di abbigliamento (camicie, vestiti, capi spalla, jeans, pantaloni) incidono per circa il 55% e gli accessori per il 45%, con una preferenza spiccata per le scarpe – sia eleganti sia sportive – e per le borse o accessori di pelletteria”, risponde Valentina Pontiggia, Senior Advisor dell'Osservatorio. “Per quanto riguarda il genere, i capi di abbigliamento e gli accessori da donna pesano per il 50% del mercato fashion online, quelli da uomo per il 40% circa (e in crescita), quelli da bimbo per il 10%”. Quanto ai canali, gli italiani acquistano i prodotti mass market (46%) sui siti dei grandi retailer italiani e internazionali e sui marketplace generalisti, mentre per gli acquisti “luxury” (36%) si opta per i siti delle grandi Dot Com, delle vendite private, dei produttori high fashion del Made in Italy e delle boutique multi-brand.
EXPORT A +30%. Per quanto riguarda le vendite da siti italiani verso clienti stranieri, l’export dell’abbigliamento segna un +30% nel 2016, per un valore delle vendite superiore a 1,3 miliardi di euro. Il comparto trainante è quello del lusso. I compratori più forti sono inglesi, francesi, tedeschi, americani e russi: da soli coprono il 45% delle vendite Fashion che valicano i confini nazionali. Seguono, in misura minore, Cina, Giappone e America Latina. A fare la differenza sono soprattutto le Dot com a cui si deve il 69% delle vendite all’estero. Le imprese tradizionali pesano appena il 31%.
Via Business People
Se negli ultimi tempi vi è capitato di visitare negozi o centri commerciali e ricevere sul vostro smartphone dei messaggi che decantavano le incredibili qualità del televisore che stavate guardando proprio in quel momento o che segnalavano sconti esclusivi su scarpe presenti nella vetrina davanti cui eravate appena passati, non preoccupatevi, è solo l’inizio.
Quello che ad occhi distratti potrebbe apparire come una piccola magia, altro non è che una forma di Proximity Marketing che sta prendendo sempre più piede, basata sutecnologia Beacon. I beacon sono piccoli dispositivi che utilizzano il Bluetooth Low Energy per inviare contenuti verso uno smartphone o un tablet, attraverso un’app mobile, senza necessità di eseguire la procedura di accoppiamento tipiche di questo protocollo e purché il dispositivo si trovi a transitare entro un range di 70 metri. Una tecnologia potenzialmente in grado di rivoluzionare il modo di fare shopping in store che ha attirato l’interesse di due colossi come Apple e Google, che hanno sviluppato soluzioni tecnologiche ad hoc [iBeacon ed Eddystone]. Il report “Mobile & Online Coupons: Redemption, Loyalty & Consumer Engagement 2015-2020” di Juniper Research ci aiuta a capire ancora di più la portata di questo cambiamento: se nel 2015 in tutto il mondo sono stati distribuiti attraverso beacon 11,6 milioni di coupon digitali, nel 2020 saranno oltre 1,6 miliardi, una crescita impressionante.
IN CHE MODO PERÒ I BEACON POSSONO DARE VITA A VANTAGGI CONCRETI PER GLI UTENTI E PER I BRAND?
La potenzialità di questa tecnologia è quella di trasformare i processi di acquisto e di vendita attraverso attività di Proximity Marketing ritagliate sempre di più sulla singola persona. Ad esempio, chi fa shopping può ricevere informazioni rilevanti nel momento opportuno, senza mediazioni, relazionandosi direttamente con i Brand e disponendo di contenuti esclusivi non altrimenti accessibili. Attraverso le mobile app in grado di comunicare con i beacon, le informazioni raggiungono gli utenti in modo mirato, nel momento giusto e nel rispetto delle scelte di ciascuno, rendendo i potenziali clienti protagonisti di un’esperienza coinvolgente e personalizzata. Dall’altro lato, i Brand hanno ora a disposizione un formidabile strumento per stimolare la fidelizzazione dei clienti abituali e l’attrattiva sui quelli potenziali, interagendo con i consumatori nel momento più importante del processo decisionale e disponendo in qualsiasi istante delle analisi dei comportamenti d’acquisto.
ALCUNE BEST CASE DI UTILIZZO DEI BEACON IN GIRO PER IL MONDO.
Il report di Juniper Research evidenzia come l’esperienza cinese della catena digioielleria Chow Tai Fook abbia ottenuto una redemption del 60% su una campagnaavviata a inizio 2015, con un incremento delle vendite che ha portato nelle casse dell’azienda oltre 16 milioni di dollari di fatturato aggiuntivo. Negli Stati Uniti Macy, catena della grande distribuzione, ha posizionato oltre 4.000 dispositivi beacon nei propri centri, con lo scopo di progettare esperienze di acquisto sempre più interattive e personalizzate, mentre in Gran Bretagna Proxama ha adottato un approccio diverso, installando i beacon su bus, taxi, centri commerciali e aeroporti, raggiungendo i potenziali clienti in momenti di attesa o in cui hanno più attenzione, per stimolare le vendite negli online store e aumentare l’interesse verso una visita ai negozi fisici, magari con l’incentivo di sconti e promozioni esclusive.
ANCHE IN ITALIA QUALCOSA SI STA MUOVENDO.
OVS ha sviluppato una mobile app, disponibile per iPhone e Android, che rappresenta il tassello centrale della sua strategia omnichannel. Attraverso l’app gli utenti possono comprare prodotti, creare wish list, ricevere informazioni tramite lettura dei barcode, individuare lo store più vicino, rimanere sempre aggiornati su news ed eventi e interagire con i dispositivi innovativi presenti nei negozi fisici come ad esempio il camerino intelligente “Magic Fitting Room”. Nelle ultime settimane, l’app si è arricchita di un’ulteriore funzionalità che sfrutta la tecnologia beacon attraverso la piattaforma OVS “Connection Message” [qui la lista dei negozi in cui è attiva], il cui obiettivo è aumentare il traffic to store comunicando direttamente con le persone presenti in strada e successivamente arricchire la shopping experience. I clienti che si trovano in un raggio di 200 metri da un negozio OVS ricevono un invito sul loro smartphone a entrare nel punto vendita, dove potranno avere un’esperienza diretta di tutte le promozioni. Attraverso i beacon e la radio in store, la posizione dei clienti all’interno del negozio può essere determinata in ogni momento, rendendo possibile l’invio di notifiche push riguardo prodotti, prezzi e promozioni in funzione delle aree del negozio in cui si trovano.
n’esperienza di acquisto totalmente nuova quindi, che costruisce un rapporto diretto Brand-Cliente da prima ancora dell’entrata nel negozio, per poi accompagnare con messaggi e promozioni mirate l’utente nel suo viaggio nello store, in base alle sue azioni e a ciò che più apprezza. Il passo finale è rappresentato dall’integrazione con latecnologica NFC [ad esempio attraverso la piattaforma Apple Pay], che permette pagamenti rapidi via smartphone solamente avvicinando il device al POS. Il coupon inviato con i beacon al cliente, quindi, può essere immediatamente speso alla cassa con un pagamento contactless, chiudendo il cerchio di un Customer Journey che rappresenterà sempre di più il nuovo modo di acquistare nei negozi fisici.
LE POTENZIALITÀ DEI BEACON PERÒ NON SI FERMANO ALLO STORE MARKETING.
indoor mapping, guide turistiche e museali, eventi e domotica sono solo alcuni degli scenari in cui questa tecnologia potrebbe davvero fare la differenza. Qualunque sia il contesto di utilizzo, è bene che i Brand che vogliono investire in questo settore ricordino uno dei principi base di ogni attività di marketing: esagerare con la frequenza dei messaggi inviati, soprattutto su un device che nello scenario digitale rappresenta per antonomasia lo spazio personale, equivarrebbe ad essere percepiti come invadenti e insistenti, con conseguente perdita della relazione con l’utente. Considerati i vantaggi in termini di business che questa nuova tecnologia potrebbe portare, un rischio da scongiurare con tutte le forze.
Via Republic+Queen Magazine
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