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  mymarketing.it: perchè interagire è meglio!... di Admin
 
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Errare è umano, ma per incasinare davvero tutto è necessario un computer.

Arthur Bloch
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\\ : Storico (inverti l'ordine)
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Altri Autori (del 18/02/2016 @ 07:11:11, in Mobile, linkato 1658 volte)
I consumatori utilizzano sempre di più i loro smartphone mentre fanno shopping negli store fisici e, secondo una ricerca riportata da eMarketer, vorrebbero ricevere promozioni e offerte in real time sul proprio device durante la ricerca e la scelta dei prodotti: il dato arriva da Accenture che ha intervistato 10.096 utenti di smartphone in tutto il mondo che hanno effettuato acquisti sia in digitale che negli store fisici negli ultimi 3 mesi.

Quasi la metà degli intervistati ha dichiarato che non vede l’ora di ricevere promozioni in real time presso i rivenditori sul proprio smartphone; inoltre, il 42% degli intervistati ha anche affermato che desirerebbero avere la possibilità di accreditare automaticamente coupon e sconti; il 37% ha anche espresso di voler avere la possibilità di ordinare merci che non sono più in magazzino tramite il loro smartphone.

Sempre secondo Accenture, però, gli store che offrono questo tipo di servizi si attestano attualmente solo sul 7% del totale, mentre la domanda è visibilmente più alta; l’indagine ha inoltre rivelato, però, che quasi la metà dei rivenditori di tutto il mondo permettono di ordinare merci che non sono più in magazzino tramite il WiFi del negozio e quasi un terzo offre la possibilità di effettuare una “lista della spesa mobile”, in modo da trovare in cassa al momento del pagamento i prodotti richiesti.

Via Tech Economy
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Di Altri Autori (del 10/02/2016 @ 07:09:53, in Social Networks, linkato 2917 volte)
«Uno spettro s’aggira per l’Europa»… O meglio per il mondo. Sì, perché se in Italia siamo ancora qui a lottare per far capire alle aziende l’importanza decisiva della cura, del «Cuore» da riservare al cliente, e dunque al proprio dipendente, primo sostenitore del brand (o suo primo detrattore), altrove il Social Customer Service è già ampiamente smarcato come priorità. I software non si contano più e – chi meglio, chi peggio – ogni brand si è dotato di supporto social dedicato, per l’assistenza clienti e non solo.

Di più, in parecchi stanno già sperimentando strumenti [ormai più neanche tanto nuovi] di aiuto al cliente in modi ancor più mirati per seguirlo là dove va, corre ogni giorno: per metterlo davvero al centro e garantirgli così una Customer Experience realmente memorabile.

social careParliamo, ad esempio, delle funzioni ora disponibili nativamente sui principali social. Come Twitter: lo stop al limite di 140 caratteri per i DM, onde disincentivar l’utente a recarsi su altri client per svolgere il supporto online. O come soprattutto Facebook e le sue Pages, con una messaggistica privata quasi ormai dedicata al Social Caring, tra badge pubblicamente premianti le Pagine «very responsive to messages» – con icona di «elevata reattività ai messaggi» – e nuovo layout, con scheda del cliente e storico delle relazioni con lui intrattenute sinora. Già si è visto come queste features abbiano attirato brand quali Hyatt, Spritz e Conversocial. Ancora più interessante, l’apertura ai chat bot entro Messenger: la possibilità cioè per alcuni sviluppatori di creare bot interattivi, «dipendenti virtuali» in grado di rispondere, via Messenger, alle richieste dei clienti, fornire informazioni, effettuare operazioni di acquisto e pagamento.

WhatsApp ormai pare quasi inutile citarla, col suo miliardo e passa di utenti attivi. Delle sue potenzialità lato #SocialCare, però, noi qui parliamo già da due anni: con l’allora pionieristico caso di Brescia Mobilità che già nel marzo 2014 annunciava la partenza del servizio. Un «messaggino Whatsapp al numero 342/6566207» e largo a «informazioni su linee, orari, percorsi», domande o segnalazioni sul «trasporto pubblico locale», con «risposta in tempo reale». Da tempo peraltro, già allora, testate come il Guardian o «guru» come Jim Freeze parlavano di WhatsApp come #TheNextBigThing del Customer Service.

Non che si abbiano a registrare ad oggi casi particolarmente emblematici. A parte Nardi Elettrodomestici che giusto pochi giorni fa annunciava – prima azienda italiana del settore – il suo sbarco sull’App con un test di gradimento per i primi mille clienti registrati, per il resto non molto si è mosso. La piattaforma – «mobile» per definizione – poco aiuta d’altronde nella gestione di sistemi e ticket complessi. Quando ci provò La Repubblica, infatti, con l’invio di notizie push via WhatsApp, andò in crash.

Esistono comunque altre forme di messaggistica con le potenzialità per soddisfare le esigenze di un servizio clienti customizzato, davvero Customer Oriented, col «cliente al centro»: inteso anche come cliente «interno» e non solo «esterno». Come il dipendente, cioè. Offrirgli una «User Experience» più soddisfacente della sua azienda anche nella comunicazione interna sarebbe un ottimo punto di partenza per incentivarne la motivazione e farlo sentire parte di una realtà che ne riconosce meriti e valore.

Tra le altre App, pensiamo a WeChat. Come già notavamo due anni fa parlandone Andrea Ghizzoni, Country Director Italy, WeChat è dotata di piattaforma web, ha i vantaggi dell’instant messaging uniti a quelli di un social network, offre maggiori tutele alla privacy degli utenti e si presta forse meglio a un Customer Service completo. Già allora non erano pochi i brand presenti e pronti a offrir assistenza anche lì: come China Airlines, Burberry, McDonalds, Starbucks.

Benissimo. Tutto questo – un presente che è ancora futuro per tantissimi, in Italia e non solo – sembra già quasi «passato» rispetto a uno strumento non nuovo, ma che col tempo sta sviluppando tali e tante potenzialità – nonché aumentando la massa utenti, ora a 100 milioni attivi – che non si può non parlarne, per iniziare a riflettere sulle sue utilità e applicazioni al business.

Telegram: chi è costei? Nata nel 2013, pane più che quotidiano per i nerd che la adorano, assai meno nota per ora ai più – questo oggi il suo unico «limite» – è una «cloud-based mobile and desktop messaging app with a focus on security and speed», come si definisce su sito. I suoi vantaggi, lato Employee Experience, Customer Experience, in effetti, partono tutti da qui.

1. Gestione messaggi. Come spiegato sulle FAQ, anche in italiano, Telegram è test di gradimento per i primi mille clienti registrati all’iniziativa basato, diversamente da WhatsApp, sul cloud con sincronizzazione istantanea. Utilizzabile con tutti i dispositivi contemporaneamente - smartphone, tablet o computer – consente di condividere un numero illimitato di foto, video, file (doc, zip, mp3, etc.) con dimensioni fino a 1,5 GB per ogni documento. «E se non vuoi salvare dati nel tuo dispositivo, puoi sempre tenerli nel cloud», si specifica. «Non ti devi preoccupare dello spazio occupato. Con il supporto al cloud e le opzioni di gestione della cache, Telegram può occupare quasi zero spazio».

Tradotto: io, azienda, posso seguire e inseguire clienti – «esterni» e «interni», Customers ed Employees – ovunque essi siano, alla scrivania o in mobilità, qualunque device abbiano sottomano, garantendo loro di trovar sempre informazioni aggiornate in real-time, e con qualunque tipo di contenuto. Anche il video più pesante di How-To per la risoluzione di un problema, anche il keynote più massiccio da presentar domani in CDA. È il trionfo della Omni-Channel Experience: la «omniscient customer experience» tanto di moda adesso.

2. Velocità e sicurezza. Grazie all’infrastruttura con più data center e alla crittografia, Telegram offre prestazioni più veloci e sicure. «Quelli che vogliono ulteriore privacy», esortano sul sito, «dovrebbero controllare le nostre impostazioni avanzate e l’altrettanto rivoluzionaria policy». Non ti basta? Telegram offre anche:

Chat Segrete, basate sulla crittografia client-client, senza passare dal cloud, con autodistruzione di messaggi, foto e video secondo timer preimpostati dai partecipanti;
Self-Destructing Accounts: funzionalità pensata proprio per le «grandi compagnie» che «amano accumulare dati sui loro utenti e conservarli per un tempo indefinito», consiste nell’autodistruzione automatica di un account se non si effettua più accesso per sei mesi. Il tempo è modificabile sino a un anno: non di più.
Blocco App con un codice addizionale.
«Chiunque ritiene di poter decifrare messaggi di Telegram è invitato a dimostrarlo nella nostra competizione e vincere 300000$.», si divertono a stuzzicare. «Puoi controllare la Descrizione del Crack Contest per saperne di più».
Inutile quasi rimarcare il valore di tanta sicurezza in tempi come i nostri, in cui proprio la privacy è priorità assoluta tanto delle aziende quanto dei clienti e dei dipendenti, fra di loro come nel reciproco, rispettivo rapporto con le compagnie. Vogliamoci bene, insomma, diciamoci tutto e di tutto: ma ognuno a casa sua – e con le porte ben serrate…

3. Gruppi e Supergruppi. «Ideali per condividere contenuti con gli amici e la famiglia, o collaboratori in piccoli team», i gruppi possono avere sino a 200 membri. Non basta? Ecco il supergruppo, più centralizzato, con un massimo di 1000 membri.
L’utilità lato #EX-#CX? È ben dichiarata già nel loro «manifesto»: «Gli utenti business e i piccoli team potrebbero amare i gruppi estesi, le app desktop e le opzioni di condivisione file». Coi Supergruppi vengono supportate «risposte, menzioni e hashtag che aiutano a mantenere in ordine e rendere efficienti le comunicazioni». Inoltre «puoi scrivere ai tuoi contatti e trovare persone tramite username». Un tool ottimo per combinare insieme SMS ed email, soddisfacendo le esigenze della messaggistica personale e aziendale.

4. Canali. Ecco un’altra grande novità. Nascono per diffondere messaggi pubblici a un pubblico ampio: prevedono, infatti, un numero illimitato di membri. I nuovi possono visualizzare l’intera cronologia del canale quando si uniscono.

Utilità latoEmployee Experience:

siamo di fronte a una «Internal Communication» versione moderna e perciò molto più friendly. Gli stessi vantaggi, insomma, dei Gruppi e Supergruppi o delle altre chat di Gruppo come WhatsApp, ma senza lo spam, qualitativo, quantitativo e anche “sonoro” – con le fastidiose, continuenotifiche di messaggini in entrata – spesso generato dall’uso sconsiderato del «Reply To All», che fa arrivare sempre-a-tutti risposte d’interesse, magari, invece di uno solo. Col Canale il problema è aggirato alla fonte. Non potendo interagire in maniera diretta, il partecipante deve scrivere singolarmente a chi ritiene davvero impattato dalla comunicazione X.
Utilità lato Customer Experience:

La possibilità per ogni brand di attivare un proprio canale di comunicazione rivolto alla clientela, nella sua globalità o targettizzata secondo differenti criteri, facendo pervenire a ciascuno informazioni personalizzate in base alle esigenze di ogni target. Esempi? Newsletter – ma così rinnovate e più fresche – offerte promozionali, iniziative dedicate, Tips&Tricks, How-To, istruzioni per l’uso, avvisi su prodotti e servizi già acquistati e in fruizione o, per i prospect, di loro interesse;
La qualità, il valoreunicodel network così costituito e raggiunto. Chi ne fa parte l’ha scelto: ha deciso o, comunque, accettato proattivamente di seguire un certo canale. Magari scommettendo per la prima volta su una piattaforma ancora poco nota come Telegram. Il pubblico dev’essere davvero interessato: ecco il vero engagement. Non è come un Like su Facebook o una news passivamente subita in email. Né si è qui soggetti a News Feed che ti oscurano se non paghi. Molto più facile sarà dunque raggiungere la rete di contatti: comunicare con loro, coinvolgerli, prendersene cura. Fino a che non compreranno o ri-compreranno.
Da qui il potenziale di efficacia tanto peculiare del Canale Telegram, anche in termini di raggiungimento del ROI. Dato poi l’ottimale rapporto qualità/prezzo: il tutto è a costo zero. Con tanti saluti all’algoritmo di Facebook.

5. Bot. E qui in fundo… veniamo al vero dulcis. Cosa sono i bot? «Account Telegram speciali, designati per scambio automatico di messaggi», spiegano dalla piattaforma. «Gli utenti possono interagire coi bot inviando loro messaggi di comando privatamente o in gruppo».Qual è il loro plus per la User Experience di Employees e Customers? Perché dovrebbero far felice cliente interno ed esterno, dipendente e consumatore.

«There’s a… bot for that», dicono da Telegram scherzando (ma non troppo). Non c’è quasi cosa cui tu possa pensare, cui non abbia già pensato un bot: e per cui già sia stato creato. «Fa’ virtualmente quel che vuoi. Eccetto i piatti». Ebbene sì, ragazzi: ahinoi «i bot sono terribili [per ora…] a lavar i piatti». Per il resto, però…

Integrazione con altri servizi. In una veste evoluta di IFTTT, un bot può postare commenti da remoto, controllare una #SmartHome, inviar notifiche di ogni genere «quando qualcosa accade da qualche parte». Come con GitHub Bot o Image Bot.
Creare tool personalizzati. Con la stessa filosofia, un bot può fornire alert, previsioni del tempo, traduzioni e mille altri servizi. Esempio? Poll bot.
Costruire giochi «single- & multi-player». Ti va una partita a scacchi? Vuoi cimentarti in un quiz? Altro che Candy Crush su FB: non sai qui quanto ti divertirai. Dà un’occhiata ad esempio a Trivia bot.
Costruire network e fare rete. Vuoi entrare in contatto con persone vicine? Connetterti a possibili partner per il tuo business? In stile Tinder c’è HotOrBot. Ma infiniti altri attendono solo di essere trovati.
Per farsi un’idea della quantità di bot già presenti per le più svariate esigenze, da’ un’occhiata al blog o al Telegram Bot Store. Personalmente mi sono innamorata di @divinacommediabot, realizzato da @piersoft e testato da docenti come la Prof. Paola Lisimberti e dalla classe 3B del Liceo Scientifico Pepe di Ostuni. Un clic e sul display, all’istante, ti trovi squadernata la Divina Commedia che vuoi, Canto dopo Canto, verso dopo verso – o magari proprio quel verso che cercavi. Meraviglia per gli occhi e per la mente. Quale miglior testimonianza di una Customer Experience memorabile?

- Libertà di creazione e personalizzazione dei bot e del servizio offerto. Ecco il vero segreto. Ciascuno di noi, con le minime skills tecniche richieste, può creare bot. «Abbiamo un’API per i Bot,» spiegano, «una piattaforma per sviluppatori che consente a ognuno di creare strumenti personalizzati». Qui e in specie qui le info per la creazione «super-easy» in autonomia. Vi sono comunque bot già predisposti per aiutare nell’operazione. Basta avviare @BotFather, ad esempio, e connetterlo al server di backend Telegram tramite API.

- Immaginate ora tutte le possibili applicazioni sin qui descritte – e le innumerevoli altre ideabili dalla creatività, nonché dalle singole necessità di ciascuno – nell’ambito dell’attività di un’azienda. Ogni compagnia è ora in grado di creare il servizio migliore, più veloce e sicuro, per garantire la Customer Satisfaction interna ed esterna, di clienti e dipendenti, virtualmente in ogni loro possibile esigenza: basta creare un bot e poter dire poi, a chi lamentasse il problema X, «There’s a… bot for that»! Con la massima personalizzazione: un bot che sia tutt’uno col proprio profilo – un tool «brandizzato» a costo zero – e col profilo di ognuno-e-tutti i suoi contatti. Una Omni-Channel – e «omniscient» – Experience che soddisfi tutti e uno per uno al contempo. Qualche esempio di offerte appetibili, proponibili via bot? FAQ per l’assistenza, la fruizione di prodotti e servizi, ma anche di contenuti utili per i dipendenti, risparmiati così da estenuanti ricerche nella Intranet, per risolvere problemi, svolgere procedure o avere info sulle policy. Ancora: tool per automatismi nel payment, rinnovi di contratti o gestione utenze, operazioni, preventivi, calcoli, ordini, invio e ricezione certificati.

Potremmo continuare all’infinito. Ci fermiamo qui, per ora, lasciandoti a riflettere. Vero, gli utenti Telegram sono ancora relativamente pochi, specie da noi. A maggior ragione, però, la posta in gioco è alta. Sii tanto smart, azienda, da dar buone ragioni al cliente per convincerlo alla scommessa di raggiungerti su Telegram. Se accetterà e ti seguirà, quell’unico contatto varrà come diecimila su Facebook. E ti renderà diecimila volte tanto.

Mai sentito il detto «Pochi ma buoni»? Lì però «si parrà la tua nobilitate». Tanto più dovrai esser affidabile e autentica, azienda, per farti – anche tu – seguire e inseguire. Il gioco però vale la candela. E il dollaro: che certo risparmierai (e guadagnerai) a fine mese…

Via Tech Economy
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Di Altri Autori (del 09/02/2016 @ 07:20:32, in Aziende, linkato 1834 volte)
Just Eat continua il suo percorso di espansione tramite acquisizioni di startup nel campo della consegna di cibo a domicilio. E per la seconda volta in pochi mesi la strategia passa dall’Italia. Nei mesi scorsi l’azienda nata in Danimarca nel 2001, trasferita a Londra nel 2006 e quotata alla Borsa britannica dal 2014 (ai tempi era valutata 2,4 miliardi di dollari, oggi sono 3,7) aveva comprato Clicca e Mangia a Milano e DeliveRex a Roma. «L’operazione di oggi è più importante ed è un passo avanti per il consolidamento del mercato» spiega al Sole 24 Ore Daniele Contini, Country Manager di Just Eat in Italia.

L’acquisizione riguarda HelloFood Italia e PizzaBo, due marchi diversi di proprietà di Rocket Internet e integrati nel servizio.Rocket Internet - holding berlinese quotata alla Borsa di Francoforte - aveva rilevato Pizzabo a inizio 2015. Si tratta di una startup bolognese fondata da ragazzi fuorisede che a suo tempo aveva fatto molto discutere per la cifra dell’operazione: 51 milioni e 272mila euro (il dato si evince dalla novestrale 2015 di Rocket Internet). Sulla singola acquisizione odierna non si hanno dettagli, ma rientra in un più vasto take over di servizi di consegna online da Rocket Internet e foodpanda: oltre all’Italia ci sono Spagna (La Nevera Roja), Brasile (hellofood Brazil) e Messico (hellofood Mexico).

L’acquisizione delle quattro attività si chiude per un importo pari a 125 milioni di euro. «Posso dire che l’Italia è uno dei mercati più importanti per Just Eat, investiamo molto - continua Contini -. Valutiamo che Italia e Spagna, insieme, possano valere il 70% del Regno Unito, nostro primo mercato». Nello specifico, «il food delivery in Italia ha una potenzialità di 2 miliardi di euro, tenendo conto che il digitale ha ancora ampi margini di sviluppo».

Su Just Eat già oggi è possibile ordinare da 3500 ristoranti in varie città italiane. Conta una cinquantina di dipendenti, all’incirca lo stesso numero di PizzaBo. «Ci saranno innanzitutto sinergie di marketing, di talenti e operative. L’obiettivo è avvicinare la profittabilità dopo gli importanti investimenti che nel Paese vanno avanti dal 2001» conclude Contini, secondo cui il grande valore di Pizzabo (la valutazione ha sorpreso non poco gli addetti ai lavori) è legato al fatto di «aver creato un mercato dove non c’era». Contatti con i ristoranti, fidelizzazione con i clienti.

Just Eat si aspetta che l’acquisizione delle quattro realtà, al netto dei costi una tantum relativi alla transazione e per l'integrazione, porterà ad un miglioramento dell'adjusted Eps per l'anno fiscale 2016 e un Ebitda 2017 migliore per 5 milioni di sterline. Sono attesi ulteriori sinergie e miglioramenti dei margini con miglioramenti all'Ebitda nell'ordine di 10 milioni di sterline l'anno nel 2018.

È molto probabile che i tedeschi nella vendita abbia incassato una perdita, ma hanno guadagnato in Borsa sia Rocket Internet (+10,38%) che Just Eat (+5,4%). A convincere il mercato sarebbe lo scenario più chiaro e meno competitivo: i tedeschi si concentrano sui Paesi emergenti, mentre gli inglesi sull'Europa continentale.

«Nel medio termine i due servizi resteranno distinti, in futuro è presto per dirlo – spiega Christian Sarcuni, 29 anni, fondatore e ora ad di PizzaBo -. Siamo stati valutati molto perché il nostro fatturato è sbilanciato rispetto alla dimensione aziendale, inoltre abbiamo previsioni di raddoppiare il business anno su anno. Nel 2015 abbiamo consegnato più di 3 milioni di pizze».

Via IlSole24Ore.com
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Di Altri Autori (del 08/02/2016 @ 07:21:51, in Mobile, linkato 1850 volte)
Secondol’Osservatorio Mobile B2c Strategy della School of Management del Politecnico di Milano, lo smartphone non è utilizzato dagli italiani solo per attività sui social network e per l’entertainment, ma anche per prendere decisioni di acquisto: più di 3 su 4 dei navigatori Internet da smartphone (i cosiddetti Mobile Surfer) lo utilizzano, infatti, anche a questo scopo. Più nel dettaglio, il 60% lo sfrutta nella fase di pre-acquisto (cioè per decidere quale prodotto acquistare e dove comprarlo), il 40% all’interno del punto vendita e il 29% nella fase di post-acquisto (per le attività di richiesta assistenza, consultazione dei servizi sottoscritti, gestione della carta fedeltà).
E, ancora, il 41% degli utenti Smartphone è un Mobile Shopper, ossia effettua acquisti tramite cellulare; per questo, il valore delle vendite online provenienti da Smartphone nel 2015 è arrivato a valere il 10% del totale eCommerce italiano [1] e si attendono ulteriori crescite significative nei prossimi anni.

“Il crescente utilizzo dello smartphone da parte degli utenti impone alle aziende di pensare ‘Mobile first’. Questo non significa semplicemente realizzare siti o App progettati per dispositivi mobili, ma ripensare completamente l’esperienza di interazione tra azienda e utente sfruttando le opportunità messe a disposizione dal Mobile“, afferma Raffaello Balocco, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Mobile B2c Strategy. “Per andare in questa direzione occorre una forte trasformazione dei processi e dell’organizzazione, quindi un cambiamento culturale notevole”.
“Lo smartphone non è un touch point qualunque ma un punto di contatto unico“, afferma Marta Valsecchi, Direttore dell’Osservatorio Mobile B2c Strategy del Politecnico di Milano. “È, infatti, l’unico device sempre a disposizione dell’utente in qualsiasi momento della giornata e il dispositivo più utilizzato davanti alla Tv. Questo consente di creare nuove modalità di ingaggio con gli utenti, di avviare attività di real time marketing, di instaurare un dialogo personalizzato con il cliente, di migliorare la shopping experience. Le aziende sono chiamate alla sfida di una Mobile Transformation che orienti tutti i propri processi di comunicazione e fidelizzazione dei clienti verso l’utilizzo dello Smartphone come potenziatore degli altri punti di contatto, siano questi l’ADV su altri mezzi, il customer care o l’esperienza nel punto vendita”.

I DATI NEL DETTAGLIO

Sono 22 milioni gli italiani tra i 18 e 74 anni che accedono ogni mese a Internet da dispositivi mobili (Smartphone e Tablet), pari alla metà della popolazione di riferimento. Inoltre, più del 70% del tempo trascorso giornalmente a navigare è legato a dispositivi mobili e, se per i giovanissimi (18-24enni) questa percentuale sale all’85%, persino per gli over 55 ha superato ormai quota 50% .
Il 77% dei Mobile Surfer utilizza lo Smartphone nelle varie fasi del processo d’acquisto: il 57% lo impiega nel percorso di acquisto di prodotti di Elettronica, il 53% per Abbigliamento e accessori e il 27% per la Spesa alimentare.

Ne consegue che anche il mobile adverstising stia cambiando: è cresciuto del 53% tra il 2014 e il 2015 raggiungendo un valore di 462 milioni di euro e una quota pari al 21% dell’Internet Advertising e al 6% del totale dei mezzi pubblicitari, spiega Valsecchi.  In particolare, a guidare la crescita sono i Social Network, il cui valore è più che raddoppiato, e che raccolgono quasi il 60% degli introiti pubblicitari grazie agli annunci visualizzati su Smartphone. Raddoppia in valore assoluto anche il formato video e rich media, sia con investimenti ad hoc per il Mobile, sia in termini di pianificazioni multi-piattaforma. Il keyword advertising cresce meno del mercato, perché il Mobile mostra nella gran parte dei casi dei tassi di conversione inferiori al desktop e, conseguentemente, la quota degli investimenti associati al Mobile rimane inferiore rispetto al traffico generato; tuttavia il peso del keyword advertising sul totale del mercato è significativo (circa il 30%).

“Complessivamente il 2015 può essere considerato l’anno del cambio di rotta nell’approccio al Mobile da parte delle medio-grandi imprese italiane” afferma Marta Valsecchi. “È infatti aumentato in maniera decisa il numero di aziende in cui si è iniziato a definire puntualmente le strategie Mobile e a riprogettare i propri siti web e Mobile App in questa direzione; se per anni il Mobile è stata una leva nelle mani del marketing o dell’IT – e ancor più spesso del solo team digital –, ora, in un numero crescente di aziende, è un tema trasversale a più funzioni dell’organizzazione. Inoltre si è iniziato a riprogettare alcuni processi (Crm, vendite, customer care, ecc.) con l’obiettivo di avere una vista unica sul cliente e integrare i diversi touch point aziendali. In queste realtà il cambio di rotta è influenzato dal crescente commitment del vertice aziendale che ha iniziato a considerare la Mobile Transformation un fattore chiave per il proprio business nei prossimi anni”.

Via Tech Economy
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Di Altri Autori (del 08/02/2016 @ 07:08:15, in Mobile, linkato 1370 volte)
Il nuovo strumento di shopping? Lo smartphone. Stando infatti a un’analisi sui mobile surfer (coloro che navigano su Internet tramite smartphone) condotta dall'Osservatorio Mobile B2c Strategy del Politecnico di Milano, più di 3 utenti su 4 utilizzano il proprio device mobile per prendere le decisioni di acquisto. Nella maggior parte dei casi, si utilizza lo smartphone prima di comprare, per valutare i prezzi e scegliere il negozio giusto (60%), ma molti lo utilizzano anche all’interno del negozio (40%).
Alta anche la percentuale di chi si avvale in seguito del telefonino per ricevere assistenza, consultare i servizi sottoscritti o monitorare la propria raccolta punti fedeltà: 29%. In particolare, ci si avvale dello smartphone soprattutto per acquistare prodotti di elettronica, (57%), abbigliamento (53) e alimentari (27%). «Il mercato pubblicitario guarda con attenzione a questa fascia di utenza», afferma Marta Valsecchi, Direttore dell'Osservatorio Mobile B2c Strategy del Politecnico di Milano. «Il Mobile Advertising è cresciuto del 53% tra il 2014 e il 2015 raggiungendo un valore di 462 milioni di euro e una quota pari al 21% dell’Internet Advertising e al 6% del totale dei mezzi pubblicitari».
ECOMMERCE MOBILE. Buono anche il trend dell’ecommerce attraverso il telefono: se alla fine del 2014 solo il 32% dei mobile surfers compravano con il cellulare, a fine 2015 la percentuale è salita al 41%, al punto che il valore delle vendite online tramite smartphone è arrivato a rappresentare il 10% del totale ecommerce italiano. «Il crescente utilizzo dello smartphone da parte degli utenti impone alle aziende di pensare “Mobile First” », commenta Raffaello Balocco, responsabile scientifico dell’Osservatorio Mobile B2c Strategy del Politecnico di Milano. «Questo non significa semplicemente realizzare siti o spp progettati per dispositivi mobili, ma ripensare completamente l’esperienza di interazione tra azienda e utente sfruttando le opportunità messe a disposizione dal mobile. Per andare in questa direzione occorre una forte trasformazione dei processi e dell’organizzazione, quindi un cambiamento culturale notevole».

Via Business People
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Di Admin (del 04/02/2016 @ 07:59:29, in Marketing, linkato 1889 volte)
Il turismo è sicuramente uno dei principali settori maggiormente influenzato dall’avvento e consolidamento delle tecnologie digitali negli ultimi anni. Strategie, strumenti e canali: è cambiato tutto ed in maniera molto veloce. La diffusione del web ha contribuito alla creazione di nuova domanda turistica, sempre più segmentata e personalizzata, e della relativa offerta ricettiva, attraverso forme di ospitalità alternativa come AirBnb, con un notevole impatto sul mercato alberghiero tradizionale. Le strutture ricettive che hanno anticipato le aspettative dei clienti e hanno implementato strategie di marketing intelligenti sono riuscite a generare risultati importanti in termini di presenze, fatturati e tasso di occupazione.

Ma come si trasformerà il Digital Marketing Turistico nei prossimi anni? Quali saranno i trend che caratterizzeranno lo scenario internazionale del web marketing turistico? Quali sono gli strumenti e le strategie di comunicazione che le strutture ricettive devono adottare per riuscire ad emergere in un panorama internazionale sempre più digitale e competitivo? Come riuscire ad attrarre l’attenzione dei turisti di domani, sempre meno inclini a subire passivamente la comunicazione commerciale tradizionale?

Non è facile rispondere a queste domande in modo univoco: le strategie di web marketing per il settore ricettivo sono in costante evoluzione e nei prossimi anni e ci si dovrà confrontare con nuovi canali distributivi e con una nuova generazione di consumatori iperconnessi (i “millenials”). Quel che è certo è che anche per il marketing turistico varrà quello che vale per molti altri settori alle prese con la digitalizzazione: sarà sempre più integrato e i contenuti saranno il vero elemento differenziante per riuscire ad avere successo nel digitale.

Vediamo i primi 10 trend del digital marketing turistico per i prossimi anni.

Mobile. Tecnicamente non è più un trend, ma già una realtà. La maggior parte delle persone si collega al web prevalentemente attraverso smartphone e tablet. Ciò significa che va completamente ristrutturata l’intera presenza online della struttura ricettiva, ponendo al primo posto le necessità del visitatore in mobilità (il paradigma da seguire è ormai “mobile only”, non più “mobile first”). Quindi il focus va posto primariamente sul sito web ufficiale dell’hotel che deve essere realizzato in ottica responsive in modo da essere correttamente visualizzabile dai navigatori attraverso qualsiasi dispositivo. Oltre a ciò, è importante che anche le campagne di web marketing che la struttura ricettiva decide di implementare vengano progettate e realizzate pensando principalmente a coloro che navigano in mobilità.
Video. Con la diffusione della banda larga e dei provider di contenuti video (Netflix ad esempio), la fruizione di informazioni ed intrattenimento attraverso questa forma comunicativa sarà un trend in ascesa anche nei prossimi anni. Solo su YouTube ogni mese vengono guardati oltre 6 miliardi di ore di video ed ogni minuto vengono caricate oltre 100 ore di nuovi video. Come può una struttura ricettiva sfruttare il video per trasmettere il proprio messaggio commerciale? Si possono, ad esempio, realizzare dei brevi video dove si raccontano i vari aspetti dell’hotel, un’intervista allo chef del ristorante oppure video-interviste agli ospiti della struttura. Non ci sono regole o determinate strategie fisse da seguire: ciò che conta è stabilire una relazione con i potenziali clienti e, a seguire,  innescare un effetto virale di condivisione sui canali Social. Questi contenuti video vengono apprezzati molto dagli ospiti della stuttura, perchè raccontano un’esperienza autentica.
Big Data. Anche nel mondo del turismo si parla di “Big Data”. Tali dati sono analizzabili solo attraverso software specifici e provengono sia da fonti online che offline come ad esempio tutti i dati relativi alle prenotazioni e transazioni effettuate in hotel nell’arco degli anni, i dati di analisi sul comportamento dei visitatori all’interno del sito web della struttura, le informazioni presenti all’interno dei vari canali Social Media e tante altre fonti. Analizzando questi  dati si possono comprendere gli orientamenti del mercato turistico e di conseguenza adeguare le proprie strategie per offrire un prodotto più aderente alle aspettative degli ospiti, migliorare il fatturato ed incrementare il tasso di fidelizzazione dei clienti.
Remarketing e retargeting.  In questi ultimi anni il remarketing (o retargeting) è stato molto utilizzato dagli addetti ai lavori come strategia per ricontattare un potenziale cliente che in passato ha mostrato interesse verso l’hotel, visitandone il sito web. E’ dimostrato infatti che, in media, solo il 2% del traffico web converte alla prima visita: il restante 98% completa la conversione in successive sessioni di navigazione, spesso dopo aver reperito ulteriori informazioni online. Il numero di siti che un utente visita prima di completare l’acquisto è in costante crescita, quindi è bene “seguire” l’utente anche nella successiva navigazione in modo da continuare ad esporre il proprio brand ed i propri valori. Tale strategia contribuisce a creare familiarità ed un clima di fiducia, oggi più che mai assolutamente indispensabili per invogliare l’utente a completare la prenotazione nel sito ufficiale della struttura. Anche le piccole e medie strutture possono lanciare autonomamente campagne di remarketing di successo: le piattaforme sono molto semplici ed usabili senza particolari conoscenze tecniche.
Esperienze. Molti hotel hanno da tempo iniziato a studiare nuove strategie di comunicazione e marketing per cercare di intercettare i consumatori più attenti all’aspetto esperienziale del soggiorno, un mercato molto interessante e in costante crescita. E’ dimostrato che le persone, soprattutto i più giovani, non amano acquistare solo il pernottamento ma scelgono la struttura che possa offrire anche tutto un set di esperienze da poter svolgere una volta giunti nella destinazione turistica. Tanti hotel hanno prontamente intercettato il mercato e stanno promuovendo dei “pacchetti esperienziali” che comprendono il soggiorno e tutta una serie di esperienze aggiuntive legate al territorio, come degustazioni di prodotti tipici, visite guidate, percorsi naturalistici, etc..
Conversazioni. I Social Media sono saturi di contenuti commerciali. Per coinvolgere il proprio target di clientela sarà sempre più indispensabile trovare dei sistemi alternativi per farsi notare e ricordare. Il modo migliore per incrementare la brand awareness di una struttura ricettiva è quello di distinguersi dalla concorrenza cercando di instaurare conversazioni con i propri clienti. Tutto parte dall’ascolto attivo di quello che gli utenti dicono sul web, in modo da analizzare i feedback. Molto importante è anche rispondere prontamente ai commenti, sia positivi che negativi. Gli utenti amano dialogare con i brand che amano, quindi la struttura ricettiva potrebbe stimolare la conversazione attraverso l’attivazione di un blog con consigli e suggerimenti in merito agli eventi che si tengono nella propria destinazione oppure la realizzazione di un e-book per aiutare i viaggiatori a pianificare le loro vacanze.
App predictive. Le applicazioni “predictive” sono delle tecnologie che anticipano ed inviano il contenuto giusto, sul dispositivo giusto, al momento giusto ed alla persona giusta, continuando ad apprendere dalle sue abitudini.  Queste App suggeriscono all’utilizzatore delle informazioni e dei consigli prima ancora che questi si renda conto di averne realmente bisogno. Se si è costretti a effettuare una ricerca, allora l’App predictive ha fallito. La chiave per inviare i suggerimenti su misura è di analizzare il maggior numero d’informazioni possibili attraverso quelli che abbiamo visto essere i Big Data. Applicazioni come GoogleNow, nativamente installate sui dispositivi Android, potrebbero diventare un valido strumento di marketing anche per le strutture ricettive che desiderano intercettare un determinato target di clientela.
Native Advertising. Negli ultimi anni si è assistito ad un calo costante del CTR degli annunci pubblicitari tradizionali (ad esempio gli annunci delle campagne AdWords) e tanti publisher hanno iniziato a proporre agli inserzionisti dei contenuti editoriali sponsorizzati, quelli che nel mondo offline si chiamano pubbliredazionali. Si tratta della “Native Advertising”, ovvero una forma di advertising online dove i contenuti sponsorizzati assumono l’aspetto grafico ed editoriale del sito sul quale vengono ospitati, cercando di generare interesse negli utenti. L’obiettivo è quello di rendere l’annuncio pubblicitario meno intrusivo in modo da non interrompere la fruizione del contenuto che l’utente sta leggendo, così da aumentare la percentuale di click ed interazioni sull’annuncio. E’ una forma di marketing che, soprattutto per il settore turistico, sta ottenendo buoni risultati in termini di click e conversioni.
Contenuti. I contenuti rappresentano già oggi un elemento di vantaggio competitivo e saranno sempre più importanti nei prossimi anni. I contenuti, in qualsiasi forma essi siano, dovranno essere pensati, progettati e realizzati per informare il potenziale cliente ma soprattutto per raggiungere il cosiddetto “engagement”, ovvero il coinvolgimento emotivo del visitatore. I contenuti devono essere di ottima qualità, approfonditi e possibilmente interattivi al fine di stimolare la conversazione con il cliente.
Usabilità. Gli aspetti legati all’usabilità vengono spesso trascurati da parte dei consulenti di marketing e dagli operatori turistici, invece rappresentano un vero punto di forza di qualsiasi applicazione, sito e, in generale, sistema. Ogni software applicativo deve essere utilizzato da una persona e la progettazione di tale sistema va quindi orientata primariamente per rispettare le esigenze dell’effettivo utilizzatore. Molti siti di hotel sono troppo complessi, con booking engine estremamente macchinosi e difficili da usare, con poca attenzione verso la semplicità di utilizzo. Il sito di un hotel ed il relativo sistema di prenotazione deve consentire all’utente di ricercare facilmente prezzi e disponibilità e, soprattutto, ridurre ogni possibile frizione che possa esserci per arrivare alla conversione (acquisto/prenotazione). Nei prossimi anni assisteremo ad un radicale cambiamento dei siti web e dei relativi booking engine e verrà seguito sempre di più il paradigma “less is more”, ovvero è meglio togliere elementi dall’interfaccia piuttosto che aggiungerne.

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Di Altri Autori (del 01/02/2016 @ 07:51:35, in Social Networks, linkato 1527 volte)
La Top 10 delle campagne hashtag di dicembre stilata dall’Osservatorio Blogmeter di Top Twitter Campaigns vede entrare in classifica diverse campagne legate al Natale, oltre a quelle dedicate ad alcuni temi sociali, del mondo del calcio e del Food. Fa storia a sé invece la campagna legata all’attesissima uscita del settimo episodio di Star Wars. La prima posizione nel rating appartiene alla campagna natalizia #VorreiFarFelice di Coca Cola Italia, che ha ruotato attorno al tema della condivisione. Su Twitter, il noto brand di beverage ha invitato gli utenti a twittare l’hashtag ufficiale e il nome dell’account, permettendo, mediante un servizio di autoreply, di fare degli auguri personalizzati. Il successo è stato travolgente: oltre  37.900 tweet per un totale di 10.600 autori unici e 22,5 milioni di unique impression. Il profilo Twitter di Coca Cola è risultato anche il più retwittato del mese, mentre il tweet più di successo è stato quello attraverso cui il fan club friulano dell’attrice Lodovica Comello le ha augurato Buon Natale. Sempre in tema di Natale, troviamo altre due campagne: in nona posizione #PassionForLife, l’iniziativa di Renault – protagonista la Reanult Twingo – che invitava gli utenti a condividere ciò che provavano sotto le feste natalizie (1.300 tweet). #MissioneEntusiamo di Nutella, si è invece posizionata al decimo posto con 1.300 messaggi e 1000 autori unici. Lanciata il 2 dicembre, era legata alla promozione della Christmas Limited Edition, i nuovi vasetti da un chilogrammo che avevano come protagonista il personaggio dei fumetti Snoopy.

Il Real-time Marketing di Star Wars

La tendenza dei brand di sfruttare il successo e la viralità di un fenomeno per realizzare attività di real-time marketing sta diventando sempre più diffusa soprattutto su Twitter. Anche a dicembre conquista una rilevante posizione in classifica una campagna legata a un fenomeno esploso su Twitter: l’attesa per l’uscita del settimo episodio di Star Wars. Diversi brand hanno colto la palla al balzo, adottando l’hashtag ufficiale del lancio del film @StarWarsIT #IlRisveglioDellaForza, trending topic per diversi giorni. In particolare FCA ha avviato una partnership con Lucasfilm e Disney e il 16 dicembre, giorno dell’uscita del film nelle sale italiane, ha sponsorizzato l’hashtag che, in quella singola giornata, ha collezionato 15.500 tweet per un totale di 8.400 autori unici arrivando al secondo posto in classifica.

Il grande seguito delle campagne sociali

I social network continuano ad essere un ottimo canale per amplificare il passaparola relativo alle campagne sociali. A dicembre ben quattro campagne che avevano un obiettivo di sensibilizzazione sociale e umanitario sono entrate nella Top 10. A partire dal terzo posto ottenuto da #NonMiArrendo, l’iniziativa promossa da Telethon, in concomitanza dell’annuale maratona televisiva che si è tenuta dal 13 al 20 dicembre, con l’obiettivo di raccogliere fondi a favore della ricerca sulle malattie genetiche. La campagna ha raggiunto quasi 9000 tweet, la maggior parte dei quali collezionati il 18 dicembre, giorno in cui è andato in onda sulle reti Rai il Telethon Show 2015. E anche un’enorme visibilità (16,7 milioni di unique impression) grazie al sostegno di numerosi personaggi pubblici come Radja Nainggolan, Caterina Balivo, Giusy Versace e Luciana Littizzeto. Quinto posto, invece, per la campagna #IoCiMettoLaFaccia lanciata dai Patronati d’Italia attraverso l’account TiTuteliamo per protestare contro i nuovi tagli ai servizi dei patronati previsti dal Governo (2.300 messaggi). E sesto posto per #CorriConMe di Amnesty International (2000 tweet), l’iniziativa che ha promosso la maratona mondiale di raccolta firme a favore dei diritti umani.  Continua infine a riscuotere grandi consensi la campagna di  LAV Onlus e Animal Equality, #CoraggioConiglio, già in classifica a novembre, che in questa edizione riceve oltre 1.700 citazioni piazzandosi al settimo posto.

In classifica anche contest e campagne sportive

Bene anche la campagna che trattava del contest di Parmigiano Reggiano #MeglioIlMeglio che ha messo in palio un kit di tre pezzi di stagionatura diversa ai migliori post e tweet che descrivevano l’idea di “Meglio il meglio”. L’iniziativa si è posizionata al quarto posto totalizzando più di 4.900 tweet condivisi da un numero piuttosto esiguo di autori unici. All’ottavo posto infine #BeTheDifference, l’hashtag ufficiale della campagna con cui Adidas annunciava a maggio la “Football Revolution”. A dicembre la campagna è tornata in auge – totalizzando quasi 1.700 messaggi – grazie ai numerosi tweet dedicati alle due squadre di calcio di cui è sponsor tecnico, AC Milan e Juventus FC, che hanno portato grande visibilità in termini di impressions (circa 9,7 milioni).

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L’Italia è il Paese con il più alto tasso su scala globale di acquirenti online che scelgono di comprare prodotti oltreconfine (79% vs dato medio a livello globale pari a 57%, media Europa 65%). In Europa il nostro Paese si posiziona davanti a Germania (73%), Spagna (63%), Francia (59%), UK (52%).  E’ quanto emerge dalla Global Survey “Connected Commerce” di Nielsen realizzata su un campione di 13.000 individui in 24 Paesi, con l’obiettivo di studiare motivi e modalità di approccio all’e-commerce nel mondo.

COSA SI FA ONLINE?

A prescindere dalla categoria merceologica che intendono acquistare gli italiani svolgono diverse attività online a: il 47% ricerca informazioni relative al prodotto, il 41% controlla e confronta i prezzi, il 33% intende individuare sconti, promozioni e coupon. Sul versante dell’advertising online si registra che il 6% degli italiani dice di aver cliccato su una pubblicità online, il 5% afferma di averne aperta una ricevuta via email, il 4% di avere lasciato like, commenti o tweet sulla pagina di un prodotto o store.

“Oggi ci troviamo di fronte a un consumatore che si sposta dal canale fisico a quello virtuale con estrema facilità – commenta   l’amministratore delegato di Nielsen Italia Giovanni Fantasia - E’ la tradizionale nozione di shopping experience che deve essere ridefinita. Le grandi catene della distribuzione devono passare da una visione di marketing lineare a un modello che genera valore in un contesto media e di canale sempre più frammentato. In altri termini non è più possibile affidarsi solo a messaggi di vendita accattivante, occorre fornire all’acquirente strumenti che possano facilitargli il processo d’acquisto, in termini di canale, metodi di pagamento, possibilità di raffronto dei prezzi sul mercato e disponibilità di applicazioni mobile”.

METODI DI PAGAMENTO

Dal momento che il contesto competitivo è in fase di trasformazione, questo si ripercuote anche sulle modalità di pagamento. A livello globale, il 53% degli intervistati ha dichiarato di usare la carta di credito ma, nello stesso tempo, ben il 43% ha usato sistemi digitali come PayPal, il 39% le carte prepagate o il bancomat, il 38% il bonifico, il 36% il contrassegno.
Per quanto riguarda l’Italia, oltre a PayPal – prima modalità con il 55% – i principali strumenti di pagamento sono: carta prepagata (51%), dato controcorrente rispetto a quello degli altri Paesi europei, come Francia al 5%, Gran Bretagna all’8%, e Spagna al 13%, carta di credito (42%), gift card rilasciata dal singolo negozio (27%) e contrassegno (25%).

MOTIVAZIONI ALLA BASE DELLO SHOPPING ONLINE

A spingere verso l’acquisto online è ancora la ricerca dell’affare migliore (42%), seguito dal trovare prodotti non disponibili negli store (39%), ricercare prodotti online prima dell’acquisto in negozio (39%), visitare il maggior numero possibile di siti per intercettare l’offerta al prezzo più basso (39%), guadagnare tempo (38%), cercare opinioni online per prendere decisioni (36%), accedere a punti vendita non localizzati nella zona di residenza (34%), non portare borse pesanti (30%).
Queste, invece, le motivazioni rilevate a livello globale: accorciare i tempi della spesa (53%), sondare le opinioni in Rete per prendere decisioni (50%), reperire ciò che non è disponibile negli store (49%), la migliore offerta (49%), accedere a store non presenti sul territorio (47%), intercettare online il prezzo più basso (47%), trovare maggiore assortimento (41%).

LE BARRIERE

Permangono però dubbi e resistenze verso lo shopping online in Italia: volere esaminare i prodotti di persona (56%), essere preoccupati perché la spedizione dei prodotti può avvenire quando non si è in casa (45%), perché i prodotti non siano rispondenti a quelli ordinati online (40%), per la freschezza del prodotto in base alla data di scadenza (39%), per la qualità del prodotto (38%). Il 44% dei consumatori italiani non acquista prodotti alimentari online se questo implica un pagamento per la spedizione.
In particolare, per quanto riguarda la moda il 30% dei nostri connazionali afferma di acquistare in store a causa dell’eccessiva lunghezza dei tempi di spedizione e per le spese online, mentre il 64% dichiara di acquistare online un cellulare solo se il prezzo è inferiore rispetto a quello praticato nello store.

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Di Admin (del 26/01/2016 @ 07:27:33, in Social Networks, linkato 1835 volte)

L’Osservatorio di Blogmeter, che ha stilato la Top 10 delle campagne hashtag di dicembre più citate su Twitter, incorona il brand di beverage che raccoglie quasi 38.000 tweet con una campagna sul Natale

La Top 10 delle campagne hashtag di dicembre stilata dall’Osservatorio Blogmeter di Top Twitter Campaigns vede entrare in classifica diverse campagne legate al Natale, oltre a quelle dedicate ad alcuni temi sociali, del mondo del calcio e del Food. Fa storia a sé invece la campagna legata all’attesissima uscita del settimo episodio di Star Wars. La prima posizione nel rating appartiene alla campagna natalizia #VorreiFarFelice di Coca Cola Italia, che ha ruotato attorno al tema della condivisione. Su Twitter, il noto brand di beverage ha invitato gli utenti a twittare l’hashtag ufficiale e il nome dell’account, permettendo, mediante un servizio di autoreply, di fare degli auguri personalizzati. Il successo è stato travolgente: oltre  37.900 tweet per un totale di 10.600 autori unici e 22,5 milioni di unique impression. Il profilo Twitter di Coca Cola è risultato anche il più retwittato del mese, mentre il tweet più di successo è stato quello attraverso cui il fan club friulano dell’attrice Lodovica Comello le ha augurato Buon Natale. Sempre in tema di Natale, troviamo altre due campagne: in nona posizione #PassionForLife, l’iniziativa di Renault – protagonista la Reanult Twingo – che invitava gli utenti a condividere ciò che provavano sotto le feste natalizie (1.300 tweet). #MissioneEntusiamo di Nutella, si è invece posizionata al decimo posto con 1.300 messaggi e 1000 autori unici. Lanciata il 2 dicembre, era legata alla promozione della Christmas Limited Edition, i nuovi vasetti da un chilogrammo che avevano come protagonista il personaggio dei fumetti Snoopy.

Il Real-time Marketing di Star Wars

La tendenza dei brand di sfruttare il successo e la viralità di un fenomeno per realizzare attività di real-time marketing sta diventando sempre più diffusa soprattutto su Twitter. Anche a dicembre conquista una rilevante posizione in classifica una campagna legata a un fenomeno esploso su Twitter: l’attesa per l’uscita del settimo episodio di Star Wars. Diversi brand hanno colto la palla al balzo, adottando l’hashtag ufficiale del lancio del film @StarWarsIT #IlRisveglioDellaForza, trending topic per diversi giorni. In particolare FCA ha avviato una partnership con Lucasfilm e Disney e il 16 dicembre, giorno dell’uscita del film nelle sale italiane, ha sponsorizzato l’hashtag che, in quella singola giornata, ha collezionato 15.500 tweet per un totale di 8.400 autori unici arrivando al secondo posto in classifica.

Il grande seguito delle campagne sociali

I social network continuano ad essere un ottimo canale per amplificare il passaparola relativo alle campagne sociali. A dicembre ben quattro campagne che avevano un obiettivo di sensibilizzazione sociale e umanitario sono entrate nella Top 10. A partire dal terzo posto ottenuto da #NonMiArrendo, l’iniziativa promossa da Telethon, in concomitanza dell’annuale maratona televisiva che si è tenuta dal 13 al 20 dicembre, con l’obiettivo di raccogliere fondi a favore della ricerca sulle malattie genetiche. La campagna ha raggiunto quasi 9000 tweet, la maggior parte dei quali collezionati il 18 dicembre, giorno in cui è andato in onda sulle reti Rai il Telethon Show 2015. E anche un’enorme visibilità (16,7 milioni di unique impression) grazie al sostegno di numerosi personaggi pubblici come Radja Nainggolan, Caterina Balivo, Giusy Versace e Luciana Littizzeto. Quinto posto, invece, per la campagna #IoCiMettoLaFaccia lanciata dai Patronati d’Italia attraverso l’account TiTuteliamo per protestare contro i nuovi tagli ai servizi dei patronati previsti dal Governo (2.300 messaggi). E sesto posto per #CorriConMe di Amnesty International (2000 tweet), l’iniziativa che ha promosso la maratona mondiale di raccolta firme a favore dei diritti umani.  Continua infine a riscuotere grandi consensi la campagna di  LAV Onlus e Animal Equality, #CoraggioConiglio, già in classifica a novembre, che in questa edizione riceve oltre 1.700 citazioni piazzandosi al settimo posto.

In classifica anche contest e campagne sportive

Bene anche la campagna che trattava del contest di Parmigiano Reggiano #MeglioIlMeglio che ha messo in palio un kit di tre pezzi di stagionatura diversa ai migliori post e tweet che descrivevano l’idea di “Meglio il meglio”. L’iniziativa si è posizionata al quarto posto totalizzandopiù di 4.900 tweet condivisi da un numero piuttosto esiguo di autori unici. All’ottavo posto infine #BeTheDifference, l’hashtag ufficiale della campagna con cui Adidas annunciava a maggio la “Football Revolution”. A dicembre la campagna è tornata in auge – totalizzando quasi 1.700 messaggi – grazie ai numerosi tweet dedicati alle due squadre di calcio di cui è sponsor tecnico, AC Milan e Juventus FC, che hanno portato grande visibilità in termini diimpressions (circa 9,7 milioni).

 

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Quali saranno i trend della Digital Transformation nel business nel prossimo futuro? A rispondere a questa domanda ci hanno pensato diversi istituti di ricerca, tra cui ForresterGartner e IDC. Secondo Forrester, solo il 27% delle aziende di oggi ha una strategia digitale coerente, in grado di definire in dettaglio come l’azienda crea valore per i propri clienti attraverso il business digitale. Gartner afferma, tuttavia, che 125.000 grandi organizzazioni stanno lanciando iniziative di Digital Transformation e gli amministratori delegati si aspettano che le entrate dal digitale aumentino di oltre l’80% entro il 2020. IDC, invece, si aspetta che la percentuale di imprese che si concentreranno su progetti di trasformazione digitale in tutto il mondo raddoppierà entro il 2020 (dal 22% di oggi a quasi il 50%).

Le previsioni non si fermano qui e addirittura comincia a nascere un nuovo lessico: IDC parla dell’“economia della trasformazione digitale”, Gartner inventa il termine “business algoritmico” e Forrester di “Economia programmabile”. Tutti modi di dire che richiamano all’importanza della trasformazione digitale nel business e nelle aziende. Ma cosa significano? Per comprenderlo, Forbes ha messo insieme una serie di trend che vedremo realizzarsi nel corso del nuovo anno (ma anche successivamente), estrapolando i contenuti proprio dalle ricerche dei vari istituti. Ecco cosa è emerso:

1.     La Digital Transformation diventerà il driver strategico fondamentale per la maggior parte degli amministratori delegati: nel corso di quest’anno i CEO faranno uno sforzo notevole per integrare le diverse iniziative digitali in tutta l’azienda, creando una visione chiara, di lungo periodo, al fine di dimostrare (dati alla mano) come le esperienze digitali riusciranno a generare entrate; inoltre le industrie B2B inizieranno a colmare il divario digitale che c’è rispetto alle aziende B2C, nettamente superiori (ad oggi) nell’implementare strategie vincenti di digital transformation.

2.     I Big Data saranno la colonna portante della Digital Transformation: l’analisi dei dati farà risparmiare circa 60 miliardi di dollari all’anno entro il 2020; questo sarà possibile perché (mentre altre aziende ignoreranno i big data) alcune imprese utilizzeranno i dati per fornire servizi personalizzati ai propri clienti, ma riusciranno anche a implementare strumenti e competenze in grado di ricavare valore dal flusso continuo di informazioni. In sintesi, il successo della digital transformation sarà basato sull’analisi dei flussi di dati (dentro e fuori l’azienda) in grado di essere monetizzabili.

3.     Le iniziative digitali saranno legate ad una visione precisa e le aziende saranno riorganizzate in base ad essa: nel 2016 i decision maker delle aziende realizzeranno progetti digitali in grado di influire su tutta l’organizzazione, perseguendo pochi scopi ma efficaci; in dettaglio, dal punto di vista organizzativo potremo assistere alla nascita di figure professionali il cui scopo sarà unicamente quello di verificare l’attuazione della digital transformation.

4.     L’Internet of Things sarà un forte driver per la trasformazione digitale in tutti i mercati: entro il 2018 ci saranno almeno 22 miliardi di dispositivi funzionanti all’interno dell’ecosistema dell’Internet delle cose, portando ad uno sviluppo di oltre 200.000 nuovi servizi; le soluzioni dell’internet of things hanno il potenziale di essere concretamente applicabili in ogni tipo di attività economica e di cambiare in modo sostanziale le modalità con cui le persone e i consumatori si relazionano con le imprese e le loro catene del valore.

5.     La Digital Transformation richiederà nuove competenze e uno spostamento di investimenti verso il settore IT: entro il 2018 il 35% delle risorse IT sarà investito in progetti volti a creare nuovi flussi di entrate dal digitale ed entro il 2020 quasi il 50% del budget IT sarà legato esplicitamente a iniziative di digital transformation. Riuscire ad intercettare giovani talenti e la capacità di assumere le persone giuste al momento giusto diventerà una grande differenziazione competitiva. Inoltre le nuove competenze digitali, come la creazione di app per il mobile e il design thinking, diventeranno il “new normal” per lo sviluppo dei software.

6.     L’Intelligenza artificiale (IA) sarà un nuovo driver: entro il 2018 almeno il 20% di tutti i lavoratori utilizzerà le tecnologie di assistenza automatizzata per prendere decisioni e ottimizzare il lavoro; sempre Forbes sostiene che entro il 2020, software autonomi, che non rispondono direttamente al controllo umano, parteciperanno al 5 % di tutte le transazioni economiche. L’interesse per l’intelligenza artificiale è stato manifestato concretamente anche da Mark Zuckerberg ad inizio anno, quando ha dichiarato di voler sviluppare una propria IA personale per aiutarlo nella gestione del lavoro.

In sostanza la Digital Transformation avrà molto a che fare con aspetti fondamentali che riguardano da una parte i cambiamenti organizzativi delle aziende e delle società, dall’altro la dimensione tecnologica e analitica: l’importanza delle competenze così come degli investimenti è un fattore cruciale che sarà affrontato durante il corso dell’anno da diverse realtà; inoltre la diffusione sempre più elevata dell’Internet of Things, della Big Data Analysis e, gradualmente, delle intelligenze artificiali toccherà da vicino i mercati, fino ad obbligare le aziende a ristrutturarsi e ri-organizzarsi. Questo però non vuol dire solo spese e cambiamenti, ma anche nuove opportunità di risparmio e di guadagno grazie a servizi personalizzati e analisi sempre più potenti.

Via Tech Economy

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