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  mymarketing.it: il marketing fresco di giornata... di Admin
 
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Errare è umano, ma per incasinare davvero tutto è necessario un computer.

Arthur Bloch
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\\ : Storico (inverti l'ordine)
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 

“Le imprese devono guardare ai profondi cambiamenti avvenuti nei comportamenti degli acquirenti. Investire nella digital transformation è ormai un obbligo per il Retail tradizionale, come per la quasi totalità dei settori dell’economia. Anche se l’interesse nei confronti dell’innovazione non si è ancora tradotto in investimenti adeguati, non mancano interessanti sperimentazioni: un top retailer su due punta all’omnicanalità e uno su tre all’innovazione del punto vendita”. Sintetizza così Alessandro Perego, Direttore Scientifico degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, quanto emerso nell’indagine condotta dall’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano che ha evidenziato i principali trend di settore. Una sintesi che arriva da diverse evidenze: la rinnovata, anche se timida crescita dei consumi degli italiani con la spesa mensile per le famiglie  aumentata dello 0,7% rispetto al 2013 e un trend positivo dei consumi è confermato anche per il 2015 (+0,8% rispetto al 2014). Ma anche il ritorno al passato, in termini monetari, al livello di spesa corrente di 11 anni fa.

Ma i consumatori italiani, sono sempre più connessi e digitali: nel 2015, gli internet user del Belpaese sfiorano quota 38 milioni, in crescita del 3% rispetto al 2014, e i web shopper arrivano a 17,7 milioni, in crescita dell’11% rispetto al 2014.

L’Osservatorio ha condotto una survey sui top retailer italiani (primi 300 retailer per fatturato, presenti in Italia con negozi fisici) in cui sono stati indagati sia il livello di adozione di 30 innovazioni digitali nel 2015 (e negli anni precedenti) sia le intenzioni di adozione per il 2016. Le innovazioni digitali sono state classificate in tre categorie: innovazioni nel back-end (processi di interazione retailer-fornitori o processi interni del retailer), innovazioni nella customer experience in punto vendita e innovazioni a supporto dell’omnicanalità. Ecco cosa è emerso.

Le principali innovazioni
In testa le innovazioni digitali nel back-end: sono quelle su cui si è investito di più e di conseguenza oggi risultano le più consolidate. L’86% del campione ha già digitalizzato almeno una parte dei processi di back-end e completerà il percorso nei prossimi anni. Se concentriamo l’attenzione sul 2015, il 40% dei retailer rispondenti alla survey ha sviluppato un progetto nel back-end. Le innovazioni che hanno catalizzato i maggiori investimenti sono le soluzioni di CRM (18% del campione), i sistemi di business intelligence analytics (21%) per mappare il comportamento dei propri clienti e le soluzioni a supporto della fatturazione elettronica e dematerializzazione (18%).

L’area che più di tutte ha attirato l’attenzione dei retailer è stata quest’anno l’omnicanalità: nel 2015 il 50% dei rispondenti ha investito in innovazioni per interagire con i propri clienti a distanza, e, più nel dettaglio, il 21% ha sviluppato o potenziato il sito informativo, il 22% ha sviluppato o potenziato il sito eCommerce, il 29% ha sviluppato l’App o Mobile site e il 18% ha implementato programmi Social.

Le innovazioni nella customer experience in punto vendita sono state introdotte dal 33% dei rispondenti. Tra quelle più adottate troviamo lo sviluppo o il potenziamento di App o Mobile site con funzionalità in negozio (27%), sistemi per l’accettazione di pagamenti innovativi (18%) e sistemi di sales force automation o di online selling in punto vendita (17%). “I progetti per il futuro cambiano in funzione del comparto merceologico“, afferma Valentina Pontiggia, Direttore dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail del Politecnico di Milano. “L’abbigliamento punta soprattutto su soluzioni “esperienziali” all’interno del punto vendita per catturare l’attenzione dei potenziali clienti e fidelizzarli. Oltre il 40% del campione ha dichiarato di voler investire in almeno una delle seguenti innovazioni: digital signage e vetrine intelligenti e interattive, chioschi, totem o touch point, sistemi per l’accettazione di couponing e di loyalty (digitali o Mobile). L’Alimentare nel 2015 ha puntato su App o Mobile site informativi da usare a distanza o in negozio e siti eCommerce, mentre nei prossimi anni investirà su sistemi che velocizzeranno il pagamento, come sistemi di cassa evoluti e Mobile POS”.

e-Commerce e risposte del retail tradizionale
L’eCommerce, inteso come la vendita da siti italiani a consumatori italiani e stranieri, nella sola componente di prodotto, ha superato nel 2015 i 7,2 miliardi di euro (in crescita del 28% rispetto al 2014). Tra i comparti di prodotto emergono Abbigliamento (con un peso del 32% sul totale eCommerce) e Informatica ed elettronica di consumo (con il 27%). Nelle vendite eCommerce di prodotto, il peso delle Dot Com è superiore al 70%. I retailer tradizionali, nonostante abbiano nel 61% dei casi sviluppato una propria iniziativa di eCommerce, pesano ancora poco sul valore delle vendite. La convivenza con il canale tradizionale e una scarsa propensione all’innovazione hanno, in passato, rallentato diverse imprese nello sviluppo del canale online. Tuttavia sono diversi i retailer che, in questi ultimi anni, stanno approcciando l’eCommerce in modo più convinto promuovendo non solo un cambiamento tecnologico, ma anche organizzativo e culturale con l’intento di sviluppare una strategia realmente omnicanale.
“Tra i modelli omnicanale evoluti più interessanti per i retailer tradizionali troviamo il Click&collect” spiega Pontiggia, “La possibilità di ordinare online un prodotto e di ritirarlo in negozio piace non solo ai retailer, ma anche ai consumatori. Per i clienti finali il Click&collect coniuga, infatti, i principali punti di forza dei canali fisico e online: è possibile, da un lato, accedere ai prezzi e alla gamma dell’online e acquistare in qualsiasi momento (7 giorni su 7, 24 ore al giorno) e, dall’altro, vedere e provare la merce prima di finalizzare l’acquisto. Mentre nell’Abbigliamento e nelle Profumerie il Click&collect è tuttora offerto da una minoranza di retailer (circa il 20% dei siti eCommerce), nell’Alimentare e nell’Informatica ed elettronica di consumo è una pratica molto più diffusa (oltre il 70% delle inziative). Chi ha implementato in maniera convinta il Click&collect, registra oltre il 30% del totale ordini eCommerce attraverso questa modalità”.

I retailer medio-piccoli
I retailer medio-piccoli utilizzano l’innovazione digitale per migliorare l’esperienza dei propri consumatori in negozio e per rendere più efficienti i processi di back-end, mentre l’omnicanalità non è ancora una priorità. L’88% dei rispondenti dichiara, infatti, di aver investito in almeno un’innovazione digitale per migliorare la customer experience. 8 rispondenti su 10 pubblicizzano la propria attività commerciale tramite almeno un canale innovativo (sistemi di pubblicità via web, email, Sms o Social Network), 6 su 10 hanno attivato sistemi promozionali (via Sms o con coupon digitali), 3 su 10 hanno adottato sistemi di sales force automation o installato sistemi di cassa evoluti e Mobile POS, 2 su 10 hanno attivato sistemi di loyalty (tramite carta dotata di banda magnetica o codice a barre) e meno di 1 su 10 ha installato chioschi, totem o touch point all’interno del negozio per fornire informazioni aggiuntive ai propri consumatori.
Il 60% dei rispondenti ha abilitato innovazioni a supporto dell’omnicanalità, anche se con un approccio molto timido. 6 rispondenti su 10 sono presenti online con un sito informativo, ma solo 2 su 10 permettono di acquistare online (sito eCommerce) o hanno attivato una presenza sul Mobile (con App o Mobile site).

Via Tech Economy

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Di Altri Autori (del 24/11/2015 @ 07:28:06, in Social Networks, linkato 1883 volte)

Facebook at Work è ora accessibile da una applicazione mobile ufficiale. Chiamata Work Chat, l'applicazione consente agli utenti di Facebook at Work - il social network per le aziende - di comunicare tra loro via chat, singole o di gruppo, e di effettuare chiamate vocali. Si tratta fondamentalmente di Facebook Messenger, ma esclusiva per gli utenti di Facebook for Work.

Facebook ha iniziato nelle scorse settimane il test di 'Facebook at Work', una versione professionale di Facebook che mette il social network di oltre 1 miliardo di persone in diretta concorrenza con Google, Microsoft e LinkedIn.

Facebook sta facendo tutto il possibile per monopolizzare il tempo che si trascorre on-line e, dopo aver puntato su video, messaging e notizie, ora è pronta per un portale tutto nuovo dedicato ai lavoratori. Chiamato Facebook at Work, il servizio annunciato Mercoledì funziona più o meno come la versione normale di Facebook, tranne che lo si utilizza per connettersi con i colleghi che possono o non possono essere amici nella versione normale del sito. Più importante di tutto, la combinazione di colori della schermata è diversa, quindi se avete il vostro capo dietro le spalle può con un colpo d'occhio sapere se siete su Facebook o se state ancora "lavorando" su Facebook at Work.

Per ora, Facebook dice che sta rendendo disponibile Facebook at Work ad una manciata di partner, che testeranno il prodotto prima del suo lancio ufficiale, provvisoriamente in programma per la fine di quest'anno. Facebook dice che è sta utilizzando la piattaforma internamente tra i suoi dipendenti ormai da anni.

"Abbiamo scoperto che utilizzando Facebook come strumento di lavoro rende il nostro giorno di lavoro più efficiente," Lars Rasmussen, direttore dell'ingegneria di Facebook, ha detto a Wired.com. "Efficienza" e "passare il tempo su Facebook at Work" sono termini che possono suonare come una contraddizione. Ma se Facebook può effettivamente fare uno strumento che aiuta le persone a lavorare meglio in ufficio, ben venga. Facebook fa soldi quando si spendono più ore sul sito, se sei al lavoro o a casa. Più tempo i vostri occhi sono su Facebook, più la vostra attenzione fa monetizzare l'azienda.

Facebook at Work abbiamo quindi capito che è una piattaforma diversa dal Facebook normale, ma ha le funzioni già note come la pagina News Feed, i Gruppi, messaggi diretti e gli eventi, ha spiegato Menlo Park in una una nota. "Sarà quindi possibile restare in contatto con i propri colleghi nello stesso modo in cui lo si fa con i propri amici e familiari attraverso il social network", aggiunge. Facebook at Work, concepito e realizzato per essere utilizzato all'interno delle imprese, promette "che le informazioni degli impiegati su Facebook at Work sono al sicuro, protette, confidenziali e completamente separate da quelle del proprio Profilo Facebook personale".

Altra cosa importante di 'Facebook at Work' è che le informazioni condivise tra gli impiegati sono accessibili solamente ai dipendenti della compagnia. I commenti e feedback dei primi partner che testeranno la piattaforma "saranno fondamentali al fine di costruire il miglior prodotto possibile per loro e i loro impiegati", chiude Facebook in una nota.

Via PianetaCellulare.it

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Di Altri Autori (del 23/11/2015 @ 07:31:25, in Social Networks, linkato 1651 volte)

Le vacanze di Natale sono alle porte e gli italiani si preparano a festeggiare e condividere esperienze con gli amici e i propri cari. Il Mobile, soprattutto durante le feste, diventa protagonista indiscusso, con la crescita delle condivisioni, contribuendo a modificare le abitudini e le tradizioni legate ai festeggiamenti, e Facebook, insieme a Instagram, vengono utilizzati sempre più per cercare idee innovative per sorprendere i propri amici con regali originali e divertenti.

Abitudini e tradizioni

Secondo una recente analisi Facebook relativa alle abitudini d’acquisto durante il periodo natalizio, il 48% degli italiani sta pianificando di acquistare attraverso differenti canali e il 39% effettuerà acquisti online in misura maggiore rispetto allo scorso anno. Ricevere in dono un’esperienza risulta essere il regalo ideale per il 17% degli italiani: il 46%, per esempio, desidererebbe ricevere in regalo un viaggio, anche se solo il 12% progetta di regalarlo. Inoltre, trascorrere le vacanze natalizie con i propri cari è molto apprezzato, come ogni tradizione che si rispetti: il 77% degli intervistati ha infatti affermato che passare del tempo con chi si ama è tra gli aspetti migliori del Natale.

Mobile: protagonista indiscusso

Secondo lo studio Facebook che ha analizzato i comportamenti degli internauti nel periodo tra fine novembre e fine dicembre 2014, il mobile è stato il motore principale delle condivisioni: gli italiani hanno infatti condiviso il 18% in più di foto e video da mobile, e il 69% dei post, foto e video sono stati creati da mobile; l’87% degli auguri di Natale scambiati su Facebook sono stati condivisi da mobile, così come il 78% delle foto e il 79% dei video legati al Natale. Dati che confermano la crescita di un fenomeno in continua evoluzione. Inoltre, circa il 31% degli acquisti online sono stati effettuati da mobile.

I regali più social

Anche i regali sono stati protagonisti delle numerose discussioni su Facebook: a Natale 2014 i più ricercati sono stati gli oggetti legati al mondo dell’entertainment, dai libri alla musica, dai DVD ai videogame, ma nella wishlist sono rientrati anche i gadget tecnologici, i gioielli, le gift card, i cosmetici, e i viaggi.

Via Spot and Web

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Il marketing digitale è ormai diventato mainstream, e il commercio digitale è una priorità assoluta per il marketing: la trasformazione ormai avvenuta la sancisce Gartner che ha condotto un sondaggio tra i dirigenti marketing in 339 grandi ed extra-grandi aziende del Nord America e del Regno Unito raccogliendo i risultati di quanto emerso nel Chief Marketing Officer (CMO) Spend Survey 2015-2016. L’indagine si è svolta tra maggio e luglio 2015 e ha interessato esponenti di organizzazioni con più di 500 milioni di dollari di fatturato annuo in sette settori: servizi finanziari, ad alta tecnologia, produzione, beni di consumo (CPG), media, retail e trasporti / ospitalità.

“Non c’è dubbio che il marketing digitale sia mainstream“, ha spiegato Yvonne Genovese di Gartner. “Il marketing non fa più una netta distinzione tra offline e discipline di marketing on-line. Mano a mano che i clienti optano per il digitale, marketing online smette di essere un fattore discrezionale e diventa, invece, il contesto dove deve operare tutto il marketing. Il marketing digitale è ora il marketing in un mondo digitale”.

Digitale e analogico: due volti della stessa esperienza d’acquisto

Il 10% degli intervistati spiega di essere “andato oltre” le tecniche del marketing digitale e dichiara di star espandendo il ruolo del marketing per andare a creare nuovi modelli di business guidati dal digitale. La fusione dei mondi fisici e digitali rappresenta una forte opportunità per il marketing per usare informazioni sui clienti e per creare e testare nuove esperienze e modelli di business guidate dal digitale. L’e-commerce è in aumento e lo dicono anche i dati di budget: l’online commerce raggiunge l’11% del budget riservato al marketing digitale (era solo l’8% nel 2014). ”L’aumento del commercio digitale è un’opportunità per i marketer“, spiega Jake Sorofman di Gartner. “C’è stato un tempo in cui il marketing e la vendita erano due discipline distinte. In molti casi, il digitale ha fatto si che queste due dimensioni si fondessero in una unica, continua attività dalla fase di sensibilizzazione iniziale, passando per quella di engagement, la transazione e l’acquisto.”

Due fattori principali stanno guidando l’interesse del marketing nel commercio digitale: la necessità di puntare a risultati tangibili a valle degli investimenti, e il riconoscimento del fatto che le aziende hanno bisogno di più di una piattaforma di commercio per la vendita. Anche in queso caso fino a pochi anni fa le operazioni di commercio digitale erano totalmente scollegate dal “motore” del marketing mentre “oggi, stiamo assistendo alla progressiva l’integrazione tra marketing e commercio digitale intesi come due parti di una singola disciplina.”

E se le aziende B2C sono state a lungo considerate quelle più attive sul commercio digitale, oggi si sta assistendo a una crescita dell’interesse anche del B2B, sempre più interessato a raggiungere i clienti in modo diretto con iniziative di commercio digitale.

E i Chief marketing officer cosa possono fare? I budget complessivi sono in aumento: il 61% degli intervistati ha dichiarato che la spesa per il marketing sarà, in media, l’11% dei ricavi della società, contro il 10% delle entrate società lo scorso anno. Questo cambiamento di un punto percentuale rappresenta un aumento considerevole – del 10%, anno su anno – nella spese in marketing.

Ovviamente “budget più ampi portano le imprese ad avere anche aspettative di considerevoli dimensioni” conclude Sorofman.

via Tech Economy

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Di Altri Autori (del 18/11/2015 @ 07:22:07, in Mobile, linkato 1476 volte)

È in rapida crescita la popolazione di italiani che si affida a smartphone e tablet per piccole operazioni bancarie. Secondo l’ultimo report trimestrale eFinance di Nielsen sono circa 10 milioni gli italiani che utilizzano le aree online riservate ai clienti delle banche italiane. Erano 9,9 milioni lo scorso giugno e, di questi, 2,9 milioni avevano usufruito dei servizi informativi e dispositivi tramite mobile (+80% nell’arco dei 12 mesi).

Lo sviluppo del mobile banking, spiega Nielsen, è legato non solo alla diffusione di device evoluti, ma anche all’ampliamento dell’offerta da parte degli istituti bancari italiani che stanno progressivamente rendendo disponibili applicazioni per i tre principali sistemi operativi (iOS, Android e Windows Phone). Il 79% dei clienti mobile accede ai servizi tramite smartphone. Android si conferma il sistema operativo più diffuso, tuttavia iOS, il sistema operativo Apple, ha una penetrazione sui clienti bancari online doppia rispetto a quella registrata sull'utenza internet nel suo complesso (29% vs. 15%). "Prevediamo che nei prossimi mesi il tasso di adozione dei servizi bancari mobile continuerà a essere sostenuto", afferma Cristina Papini, R&A Director di Nielsen. "Il 75% di chi non ha ancora utilizzato smartphone o tablet per accedere ai servizi bancari non mostra resistenze all'adozione di questo canale".

PER COSA SI USA IL MOBILE BANKING. Il mobile viene utilizzato dai due terzi dei clienti per verificare saldo e movimenti e con regolarità per effettuare ricariche telefoniche o di carte prepagate. La quota di chi accede a questi servizi da smartphone o tablet è simile a quella di chi vi accede da Pc (come si vede dalla tabella). Il computer fisso resta invece la piattaforma preferita per effettuare bonifici, dove il valore della transazione è mediamente più elevato.

Via Business People

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Di Altri Autori (del 17/11/2015 @ 07:01:51, in Social Networks, linkato 1685 volte)

Tante novità nella classifica dei migliori brand su Facebook e Twitter di Blogmeter, innanzitutto per quanto riguarda il focus settoriale incentrato sui brand di auto e moto. Ad ottobre, dall’analisi delle performance dei profili italiani – realizzata secondo le due metriche di engagement e new fan/followe – emerge che i brand del settore ottengono le performance migliori in occasione di eventi importanti come il lancio di nuovi modelli, sponsorship e iniziative particolari.

Facebook: una grande varietà di brand

Le due classifiche di Facebook sono dominate dalle pagine ufficiali di diverse case automobilistiche. Per quanto riguarda il page engagement, ovvero l’engagement pesato sul numero di fan, a trionfare è il brand di moto Triumph MotorcyclesItalia che genera un alto livello di interazioni grazie alla partnership con David Beckham e al lancio della nuova moto Bonneville. Segue in seconda posizione la pagina di Michelin che raggiunge l’apice delle interazioni in concomitanza del Campionato del Mondo Rally (WCR) e al terzo posto Peugeot che genera un’esplosione di interazioni grazie alla sponsorship di #XF9. Un altro brand che fa il pieno di engagement è Mazda Italia: il post più engaging in assoluto è quello relativo al Tokyo Motor Show durante il quale è stato presentato il nuovo modello Mazda RX-VISION.

Considerando invece i nuovi fan, è BMW Italia ad avere la meglio, piazzandosi anche al quarto posto per engagement: il merito del suo successo è stata la campagna #ý40annidiSerie3 attraverso cui è stata celebrata la Nuova BMW serie 3. Tra gli altri brand che più hanno accresciuto la propria fan-base ci sono le due case automobilistiche tedesche Mercedez-Benz, la cui comunicazione risulta efficace anche su Twitter, e Audi che, grazie alle foto suggestive scattate dal profilo Auditography, appassiona gli utenti di Facebook. Seguono infine in terza e quarta posizione, il brand francese Renault che attraverso contest e sondaggi conquista sempre nuovi fan e infine Toyota, diventato a  fine settembre main sponsor di AS Roma.

Su Twitter svettano Fiat e Mercedez Benz

Su Twitter, invece, le due classifiche risultano piuttosto omogenee, presentando all’incirca gli stessi nomi per entrambe le metriche. Primo classificato per total engagement è il profilo Twitter di Fiat, che si posiziona terzo per numero di nuovi follower: il brand propone gli stessi contenuti in italiano e in inglese e la sua comunicazione è improntata sul divertimento e l’originalità. Segue in seconda posizione Peugeot che colleziona la maggior parte delle interazioni in occasione della campagna sociale #MoveYourEnergy legata al lancio della nuova Peugeot 208. Si piazza in terza posizione invece Ford, conquistando anche un quinto posto per numero di nuovi seguaci: in questo caso, è l’iniziativa di guida sicura #DontEmojiAndDrive a suscitare la curiosità degli utenti italiani di Twitter.

A livello di new follower, invece, il brand che conquista la vetta è Mercedes-Benz, che tra l’altro si distingue anche per total engagement piazzandosi al quarto posto: il tweet che genera il successo maggiore è l’omaggio al #BackToTheFutureDay, giornata durante la quale c’è stato anche il divertente scambio di tweet tra le due case automobilistiche, Toyota e Smart, quest’ultima al secondo posto della nostra classifica per new follower. Quinto posto infine per total engagement e quarto per capacità di accrescere la propria community, per Renault: il brand francese cattura l’attenzione degli utenti soprattutto in occasione dellancio della Clio Duel.

Uno sguardo alle classifiche generali

A livello di classifica generale, invece, il brand più coinvolgente su Facebook, è la no profit Enpa, una veterana delle classifiche stilate di Blogmeter, mentre tra le new entry in top 10 spunta la pagina Facebook di Regione Lombardia che risulta molto attiva ad ottobre con una media di circa 20 post al giorno. A livello di new fan, invece, è la pagina italiana di M&Ms a trionfare, grazie ai numerosi post con cui condivide consigli e ricette. A livello di Social CRM, il più veloce è Wind.

Su social dei 140 caratteri, a governare è il profilo di Juventus, che risulta il più coinvolgente ma anche quello che accresce maggiormente la propria community. Continua dominare per entrambe le metriche anche il profilo di Expo nel suo ultimo mese di attività, mentre a livello di nuovi follower, Ikea Italia crescere tantissimo grazie alla campagna #gustatilavita. A trionfare a  livello di response time è infine il profilo Twitter di Inofatac, che impiega solo 4 minuti a rispondere alle richieste degli utenti.

Via Spot and Web

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Di Altri Autori (del 13/11/2015 @ 07:35:20, in eCommerce, linkato 1650 volte)

I primi acquisti online con il PagoBancomat sono realtà. I clienti di Banca del Piemonte, Cassa di Risparmio di Asti, Cassa di Risparmio di Ravenna e Banca di Imola – che partecipano come emittenti pilota al progetto del Consorzio Bancomat – hanno effettuato con successo le prime transazioni sul Web con la loro carta PagoBancomat. “Finalmente siamo riusciti a portare su internet il circuito di pagamento più utilizzato dagli italiani”, ha affermato il direttore generale del Consorzio, Sergio Moggia. “Ora ci aspettiamo un’ampia adesione al servizio da parte di banche ed esercenti per consentire a un numero sempre maggiore di titolari di carte PagoBancomat di usarle anche online”.
SOLO UN OSTACOLO. Requisito fondamentale per fare acquisti sul Web con il circuito di debito nazionale, infatti, è che le banche, che emettono le carte e convenzionano gli esercenti, abbiano aderito al servizio abilitando così clienti e negozianti a utilizzare ed accettare anche questo strumento per le transazioni online.
COME FUNZIONA. Una volta abilitato al servizio dalla propria banca, il titolare potrà usare in modo facile e veloce la carta PagoBancomat sui siti di e-commerce convenzionati. Sarà sufficiente, infatti, scegliere il servizio tra gli strumenti di pagamento messi a disposizione dal sito. Cliccando sul simbolo del circuito si verrà reindirizzati a una pagina contenente l’elenco di tutte le banche aderenti al servizio. A questo punto sarà sufficiente selezionare la propria banca nell’elenco per essere trasferiti direttamente al sito di home banking, dove basterà digitare le proprie credenziali per concludere in pochi secondi il pagamento.

Via Business People

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Di Altri Autori (del 09/11/2015 @ 07:32:13, in Internet, linkato 1588 volte)

Negli scorsi giorni Facebook ha chiaramente dimostrato, semmai ce ne fosse stato bisogno, come l’advertising, soprattutto se mobile, sia oggi una delle principali fonti di entrate per chi opera in rete. Eppure, di pari passo con la crescente importanza della pubblicità online, cresce anche l’apprezzamento degli utenti per sistemi e app che ne bloccano l’invasività: secondo un report di PageFair e Adobe sono 198 milioni gli utenti attivi nel mondo che usano software che bloccano le pubblicità online il che si traduce in un costo stimato di 22 miliardi persi, quest’anno, per gli editori.

Un campanello di allarme significativo per gli advertiser che hanno puntato molto sul web in questi anni di magra su altri media: solo in Italia, sostiene Nielsen, Internet è cresciuto del +4,6% nel singolo mese di settembre (+4,6%), con la pubblicità digitale che cresce del 9,1% nel periodo gennaio – settembre di quest’anno. A livello globale Statista prevede che il digital advertising rappresenterà il 33% di tutta la spesa pubblicitaria nel 2018 mentre in Ue il mercato della pubblicità online è raddoppiato in cinque anni+11,6% rispetto allo scorso anno raggiungendo un valore di  30.7 miliardi di euro.

Un mercato potenzialmente vasto che sta però facendo i conti con sistemi sempre più sofisticati di blocco di pubblicità digitale che vanno ad intercettare atteggiamenti diversi da utenti diversi: di recente Apple ha rilasciato una  nuova versione del suo sistema operativo iOs 9 che permette di installare applicazioni che bloccano le pubblicità e altri contenuti sulla versione mobile di Safari tanto che, in poche ore, si è assistito a un boom di download di tali app. Di fatto quello che già permettono di fare altri browser da tempo nel corso della navigazione web. La mossa di Apple ha seriamente preoccupato gli inserzionisti già allarmati da un fenomeno dilagante che il colosso di Cupertino, per la portata di utenza che arruola, potrebbe acuire ancora di più.

Piace o no?

Potrebbe sembrare una domanda retorica ma non lo è del tutto. Sempre secondo PageFair, che ha intervistato un campione di 400 persone in Usa, tra i motivi che spingono, o spingerebbero, i consumatori a usare tali metodi vi è principalmente il timore che i loro dati possano essere usati per personalizzare la pubblicità mentre per altri gli utenti sarebbero semplicemente infastiditi dalla pubblicità, relegando il fattore privacy ad uno dei motivi primari ma non il principale.
L’invasività delle forme pubblicitarie display è chiamata in causa da TechCrunch, e da diversi operatori di settore, come uno dei perchè che spingono gli utenti a non voler visualizzare i contenuti pubblicitari: Scott Scott Cunningham, della Interactive Advertising Bureau spiega che: “abbiamo assistito a un aumento di pubblicità invasiva” e si, gli operatori capiscono perchè le persone sono scontente su come loro ottengono dati sui target delle loro pubblicità. Harry Kargman, fondatore e CEO delll’azienda di pubblicità mobile Kargo, a TechCrunch spiega che in molti casi la pubblicità online ha creato effettivamente “una cattiva consumer experience da tutti i punti di vista: di privacy, di usabilità e di fastidio.” Allo stesso tempo, spiega, bisognerebbe spiegare alle persone, mentre gli operatori elaborano nuove strategie, che bloccare la pubblicità è quasi come rubare: “Non c’è dufferenza dallo scaricare video pirata.”

Eppure non tutti gli utenti sono così ostili all’adversting online: nel report “What’s my worth 2015”, realizzato da Opinium Research e commissionato da Millennial Media, sul comportamento di 4000 utenti mobili in 4 Paesi: Francia, Germania, Regno Unito e USA, emerge come ci sia consapevolezza che con laa pubblicità è possibile fruire di App gratuite. Il 79% del campione è consapevole del meccanismo per cui la pubblicità permette di mantenere gratuiti contenuti e applicazioni. Solo il 3% accetta di pagare per non far apparire messaggi pubblicitari sul proprio device, mentre il 72% preferisce pubblicità e servizi gratis.

Insomma, lo scenario appare delicato con valide motivazioni pro e contro sistemi di adblocking, a dimostrazione di come l’ecosistema sia ancora alla ricerca di un giusto bilanciamento tra quelle che sono le esigenze di sopravvivenza di attività online gratuite per l’utenza e quelle della stessa utenza, che rivendica la possibilità di aggirare i vincoli, e i fastidi della pubblciità. Infondo cambiano strumenti e canali, ma il dilemma è il medesimo della tv e del telecomando.

Via Tech Economy

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Audience Engagement, Social Selling: queste le keyword assegnateci, come #Takeaways da assimilare e porre in esercizio subito nel nostro lavoro quotidiano, da due contributi usciti freschi freschi questa settimana sul panorama internazionale. «Compiti a casa» con tematiche così ricche, da richiedere però riflessione ed elaborazione, prima di poter essere adeguatamente digerite.

«Increasing Audience Engagement Key Objective in Social Media Marketing», ci dice subito eMarketer, riportando uno studio condotto da Ascend2 nel mese di ottobre su «quali siano ad oggi gli obiettivi più importanti di una strategia di» – chiamiamolo così, non proprio correttamente, lo sappiamo – «social media marketing». Il KPI più importante? L’accrescimento dell’«audience engagement», ritenuta dai marketers finalmente, si direbbe, l’obiettivo principale, più urgente e di maggior peso rispetto alla «brand awareness».

Chiariamo. La conoscenza, la diffusione del marchio non ha necessariamente il significato quantitativo di un mero «purché se ne parli», di una popolarità fine a se stessa: bensì anche, e ormai forse soprattutto, quello qualitativo di un’immagine comunicata in modo tale che il cliente possa dire «Ti amo, mi piaci, ti compro». Non a caso resta decisiva. Nella classifica mondiale redatta da Ascend2, compare al secondo posto, ricercata dal 54% degli intervistati.

Primo obiettivo strategico in ogni caso, al 64% (quasi i due terzi dei partecipanti allo studio), l’innalzamento schiettamente qualitativo della conoscenza del brand in termini di engagement, della sua capacità di generare relazioni, dialoghi, coinvolgimento positivo col proprio network. Conversazioni social – da intendersi a 360 gradi oggi, nel mondo iper-connesso dell’#IoT, ma anche del “caro vecchio passaparola”, ora più che mai primo fattore nell’innesco all’acquisto. Un panorama dove passato e futuro si fondono: che i mercati siano «conversazioni» non lo scopriamo certo oggi.

Oggi però accade che anche da noi si presti più attenzione a quell’«acqua calda» che forse da sempre c’è e vale, ma andava solo «scoperta», o riscoperta. Che il marketing – il processo di vendita – siano guidati non più, o non tanto, dalla corsa all’offerta ribassata, al deal stracciato «solo-per-nuovi-clienti» – ché ormai la prima cosa cui tanti pensano è: «Ok, dove sta la fregatura?». Non tanto dunque da una lead generation avulsa dal resto del processo, nella candida e beata dimenticanza dei clienti già acquisiti, vecchi e fedeli – almeno sinora. Proprio questa compare infatti solo al terzo posto, col 41% dei consensi. Importante: ma in un marketing-mix.

Sempre più centrale, nel New Marketing di fine decennio, appare il Social Engagement: il Social-Selling, col dito puntato sul carattere decisivo del fattore social più che sul selling.

Ecco «perché dovresti rendere il Social Selling parte della tua strategia di Lead Generation», come ricorda – venendo al secondo contributo – Claire Trévien in un articolo originariamente pubblicato su Passle e poi ripreso da Business 2 Community. Utilità del social non solo dunque per il customer care; non solo dunque per i customers già tali. La sua utilità è piuttosto ribadita qui anche per la lead generation, per le nuove acquisizioni: da aggiudicarsi evidentemente – anche, o forse anzitutto – a colpi di fiducia, di dimostrazioni del trust che si può riporre nel brand.

La gente oggi ha bisogno di sentirsi rassicurata: deve fidarsi, potersi affidare all’azienda per i cui prodotti o servizi sceglie di pagare. Per la qualità sborserà anche di più. Ma quella dev’esserci. «Build trust», si ricorda.  E la sua costruzione passa anche per un rapporto con i miei contatti, ove sia in grado di metter in gioco tutto me stesso per fornire un prodotto che sia davvero utile, che soddisfi in, ogni esigenza: umana, emotiva, emozionale in primis. «La gente si fida sempre più delle persone che delle compagnie», scrive Trévien. «Investendo una parte di te stesso», della tua persona, «nel processo, costruirai un rapporto reale coi tuoi prospect», cementandolo per il futuro, rendendolo stabile nel lungo periodo.

Quali sono allora le chiavi del New Marketing, di questo New Business Model che ci viene incontro – pur essendo appunto forse, in realtà, presente e operante da anni ormai? Customer Experience, Passaparola – «Word of Mouth» come «World of Mouth», una «parola-della-bocca» con potenziale valore di diffusione a livello mondiale – e Social CRM, Social Customer Relationship Management. Solo in questo circolo virtuoso, il cliente può esser realmente invogliato a divenire nostro cliente o, per chi già lo è, fidelizzato a restar tale, magari migliorando anche il proprio «valore economico». Obiettivo dev’essere che il cliente continui – o inizi – a comprare, a far comprare da amici e conoscenti dopo accorta recommendation, e non si trovi mai nelle condizioni di restar insoddisfatto o scontento se malauguratamente inciampa il qualche problema, per cui richiede la nostra assistenza. Un circuito che non può permettersi mai di esser vizioso e che «entro il 2020», come ricorda Jay Baer – diverrà più importante del prezzo»: se non lo è già.

Social Selling come Social Engagement: questa la sintesi delle nostre 3 keywords – il digital trend del New Marketing, proprio alle soglie del 2016. Stop Social-Selling se l’accento è posto sul selling, sul voler vendere a ogni costo via web e social media. Focus sul social, sul fattore chiave delle relazioni sociali: sul Social Helping, Social Engagement quale principio del successo, anche e in specie in termini finanziari.

La radice di questo, più profonda e originaria? In un hashtag: #SellHelp: «Vuoi vendere? Aiuta!». Vuoi avere successo nel marketing, nelle vendite, nel business? «Aiuta»: metti il cliente al centro: come persona, amico, non ticket da gestire. Sii utile: venderai. Offri al tuo cliente qualcosa che gli serva davvero, in un momento di difficoltà – seria o più “leggera e frivola” che sia: faranno la fila alla tua porta per comprarlo. Il ROI è Responsabilità: consiste nel quanto e quanto a lungo tu sia responsabile, quanto tu metta il cuore e tutto te stesso nell’aiutare, soddisfare ogni esigenza del cliente-amico, dalle più serie a quelle più “leggere”. Mostrandoti come sei, senza trucchetti, finzioni: In cui io possa riporre la mia fiducia, sentendoti vicino.

Autenticità, affidabilità e fiducia, amicizia, awareness del brand qualitativamente impeccabile: «4 A» per indicare come le aziende devono essere e mostrarsi online e offline per ottenere il business: oggi più che mai, in tempi di crisi e resilienza.

Via Tech Economy

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Di Altri Autori (del 04/11/2015 @ 07:36:48, in Aziende, linkato 1383 volte)

Quella della rapidità nelle spedizioni, per Amazon, è un'autentica ossessione. Il progetto dei droni è vivissimo - e anche Google è della partita -, ma impatta con regole e limiti di un mondo forse ancora non troppo pronto a certe tecnologie. Anche per questo, però, il colosso di Bezos spinge forte su Prime Now, il servizio dedicato ai clienti Prime che assicura la consegna in un'ora (o al massimo in due), dalle 8 del mattino a mezzanotte, sette giorni alla settimana. Oggi Prime Now arriva in Italia. Lo ha annunciato la stessa società californiana attraverso un comunicato. Il servizio è immediatamente attivo a Milano e in alcune città del suo vasto hinterland, tra le quali Cinisello Balsamo e Paderno Dugnano, e può già contare su 15.000 prodotti, alcuni dei quali sono disponibili solo tramite il nuovo servizio, per esempio pane, yogurt, gelato o minestrone surgelato.

Con un ordine minimo di 19 euro, i clienti Prime possono acquistare prodotti di uso quotidiano come pasta, caffè, pannolini e prodotti per l'infanzia, per la bellezza e la cura della persona, vini e alcolici, ma anche altri prodotti bestseller come videogiochi per console, giocattoli ed attrezzatura sportiva, che saranno consegnati direttamente a casa.

«I clienti Amazon dell'area di Milano possono usare l'app Prime Now da oggi e scoprire più di 15.000 prodotti che possono essere consegnati in un'ora» ha dichiarato François Nuyts, Country Manager di Amazon.it e Amazon.es. «L'Italia è il secondo Paese in Europa dove Prime Now è stato lanciato e siamo molto orgogliosi di offrire ai nostri clienti Prime una consegna ultra-veloce, oltre ai benefici di cui possono già godere grazie al loro abbonamento Prime».«Tutti noi abbiamo vite molto impegnate e talvolta è facile dimenticare di comprare una bottiglia di vino per una cena con gli amici oppure scoprire che abbiamo finito lo shampoo proprio prima di entrare in doccia. Grazie a Prime Now questo non è più un problema» ha spiegato Mariangela Marseglia, EU Director Prime Now.
Prime Now è disponibile attraverso una App (per iOS e Android) attraverso la quale si possono scegliere i prodotti e ordinarli. La consegna in un'ora ha un costo aggiuntivo di 6,90 euro, mentre quella in due ore è gratuita. L'abbonamento ad Amazon Prime è disponibile per 19,99 euro all'anno, incluso un periodo di prova di 30 giorni per i nuovi iscritti. Si parte oggi da Milano e da alcune cittadine dell'hinterland meneghino. Ma una copertura molto più vasta per l'Italia è prevista entro il 2016. Lo scoglio più visibile rimane il costo: i 6,90 euro per avere un prodotto in un'ora sono un esame importante da superare.

Via IlSole24Ore.com

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