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  mymarketing.it: perchè interagire è meglio!... di Admin
 
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Errare è umano, ma per incasinare davvero tutto è necessario un computer.

Arthur Bloch
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\\ : Storico (inverti l'ordine)
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Gianluigi Zarantonello (del 20/11/2008 @ 08:00:00, in Internet, linkato 2266 volte)
Linkedin, dopo alcuni mesi dall'annuncio, ha finalmente messo in linea alcune applicazioni sviluppate da terze parti, non molte in termini di quantità ma davvero di notovele interesse.

Lo screenshot della applicazioni di Linkedin

Intanto trovo corretto che le applicazioni pubblicate siano poche e molto selezionate, sono infatti molto coerenti con il target e non sono troppo invasive (come invece quelle di alcuni social network, Facebook in testa). Ancora di più però sono rimasto impressionato dalla potenza che i database dei social network possono generare se interrogati da dei mashup come quelli che ci sono in linea nella directory di Linkedin.

Ne cito solo una, My Travel, che permette di sapere dove i membri del proprio network stanno viaggiando nel mondo in modo da permettere di incontrarsi sfruttando le occasioni di spostamento. Semplice ma davvero coerente con un target manageriale.

Infine, sempre a proposito della potenza insita nei network provate a rispondere ad uno dei sondaggi di una sola domanda che trovate su Linkedin ed andate a guardare i risultati: grazie alle informazioni contenute nei profili verranno mostrati molti grafici sulla divisione di genere, di seniority, di dimensione di azienda e molto altro ancora. Con una sola domanda a risposta multipla!

Una riprova, una volta di più, che le relazioni sono uno strepitoso vantaggio competitivo nell'era della rete.

Gianluigi Zarantonello via http://webspecialist.wordpress.com

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Di Altri Autori (del 21/11/2008 @ 07:06:10, in Internet, linkato 2118 volte)

Il mondo della discografia continua ad evolversi, internet è diventato il canale di diffusione per eccellenza e i due mostri sacri Guns N'Roses e l'ex Beatles Paul McCartney sembrano esserne totalmente consci: entrambi hanno deciso di lanciare oggi i loro nuovi album in rete su MySpace.

Il popolare sito di social networking secondo solo a Facebook permetterà di ascoltare gratuitamente "Electric Arguments", il nuovo lp del gruppo di McCartney The Fireman, e "Chinese Democracy", l'album più volte rimandato della band hard rock Guns N' Roses, prima che le canzoni si trovino in vendita nei negozi e negli store online come Amazon.com.

Geffen Records intende lanciare in esclusiva "Chinese Democracy" il 23 novembre negli Stati Unti presso la catena di elettronica di largo consumo Best Buy. Molte delle canzoni sono già circolate recentemente in vari modi, anche in versioni pirata sul web.
"Electric Arguments" uscirà invece il 25 novembre: i fan di McCartney potranno ordinare tramite MySpace canzoni dell'album, cosa che invece non potranno fare per "Chinese Democracy".

MySpace Music, l'ultima sezione arrivata sul social network, è una joint venture con le principali etichette discografiche, tra cui Vivendi Universal Music Group, Sony Music e Warner Music Group e, tramite le entrate pubblicitarie, consente l'ascolto in streaming delle canzoni e il download gratuito di alcune di esse.

Via Quo Media

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Di Altri Autori (del 24/11/2008 @ 07:19:26, in Mercati, linkato 2560 volte)

C'è il fenomeno Wii, la scatola bianca dei videogiochi che ha risollevato il marchio Nintendo trasformando il salotto di casa in un campo da tennis o in una pista da bowling. Ma ci sono anche i netbook, i mini computer economici per scrivere e navigare "inventati" dalla Asus. Oppure Pleo, il dinosauro-robot con due videocamere al posto degli occhi che non sporca come fido, si ricarica alla presa della 220 e dà una certa soddisfazione quando lo si accarezza sulla schiena perché fa le "fusa". Il resto è tutto un pullulare di nuove fotocamere reflex digitali targate (non solo) Nikon e Canon, con modelli come la D90 e la Eos 50D, passando per gli smartphone di ultima generazione che hanno reso quasi vecchio l'iPhone, come il Nokia N96 o il Sony Ericsson Xperia X1. Senza dimenticare i televisori a schermo piatto di cui più d'un esperto ha già sancito la "crisi" visto che in un anno i prezzi si sono ridotti fino al 25 per cento.

Il Natale dell'hi-tech è ricco di novità ma la frenata dei consumi pesa su un settore macchiato dal peccato originale della deflazione: a differenza di pane e pasta, iPod e navigatori satellitari costano sempre meno con il passare del tempo, fino a che un modello più sofisticato li rimpiazza. È la vecchia legge di (Gordon) Moore, uno dei fondatori della Intel, che per primo spiegò come un chip - elemento base dell'economia postmoderna e corrispettivo analogico dello "spillo" di Adam Smith - raddoppi di potenza ogni 18 mesi incrementando di poco il suo costo sul mercato (ovviamente per il cliente finale, non per il produttore).
Sul fronte dell'offerta l'inevitabile liaison, non priva di incomprensioni per via della solita guerra sui margini, è tra produttori e grande distribuzione. Che si stanno attrezzando per il mese di dicembre per offrire prodotti sempre più appetibili a prezzi contenuti, nel tentativo di salvare una stagione che negli ultimi nove mesi ha mostrato una flessione complessiva del 3-5 per cento. E allora che Natale sarà questo e quali prodotti incontreranno maggiormente il favore dei consumatori?

La premessa è che l'autunno non ha portato nulla di buono, complice la crisi internazionale. «Il mese di settembre è stato particolarmente negativo - spiega Antonio Besana, direttore commerciale di Gfk Ms Italia - con diversi crolli e un certo ridimensionamento dei trend positivi. Chi tiene ancora sono i notebook, le reflex digitali e i videogiochi (per i dettagli si veda la tabella in pagina, ». In picchiata, invece, i lettori Mp3 rimpiazzati dai lettori Mp4 in grado di "leggere" anche i video.

Spulciando tra le promozioni pre-natalizie si scopre per esempio che con 599 euro si può acquistare un computer portatile dell'Hp scontato del 25% - è il caso di Mediaworld - equipaggiato con processore Intel Core 2 Duo T5450 da 1,67 Gigahertz. Mentre da Trony un tv piatto a cristalli liquidi della Sony, full hd da 40 pollici, è stato ribassato a 976 euro (-15%). E se si vogliono abbattere ancora i costi, sempre per un 40 pollici questa volta della Samsung, basta buttarsi su un "vecchio" hd ready che consente di vedere comunque i canali in alta definizione come quelli di Sky al costo, nella catena Euronics, di 619 euro. Senza dimenticare i navigatori satellitari, con un Tom Tom V3 Eu che da Fnac costa 179 euro.
«Per noi questo sarà il Natale delle console di nuova generazione - dice il direttore generale di Mediaworld, Maurizio Motta, gruppo da oltre 2 miliardi di euro di fatturato con 7.100 collaboratori - perché ora si punta molto sul concetto di interazione che ha portato all'allargamento della base di clienti. Ma ci sono anche gli schermi touch e i netbook».

Anche a Euronics, 1,75 miliardi di euro di ricavi per 5mila dipendenti, i videogiochi saranno la leva di un Natale un po' sofferente. «Rimane però l'incognita dei maxi-televisori - racconta Roberto Cuccaroni, direttore generale di Euronics Italia - anche perché a partire da agosto c'è stata una flessione delle vendite».
Non ha dubbi invece sulle flat tv John Hatch, amministratore delegato di Darty Italia, 100 milioni di giro d'affari nel nostro Paese per 500 addetti, che rilancia: «Stiamo spingendo molto sui modelli full hd a 100 Hertz da abbinare a un lettore blu-ray, stando sotto i 2mila euro per un 46 pollici».

Che possa essere (ancora) il Natale dei videogiochi lo dicono i numeri del mercato: per la fine dell'anno si parla di un business complessivo, tra hardware e software, che potrebbe attestarsi a quota 1,5-2 miliardi di euro, trainato ovviamente dalle solite console: la Playstation 3 e la nuova Psp portatile della Sony, la Nintendo Wii insieme con il piccolo Ds e l'Xbox della Microsoft, che ha appena lanciato anche in Italia il suo Videostore online per scaricarsi film a partire da 2,50 euro.
Curiosità: tecnologia a parte, il Natale dei consumi potrebbe ritornare sulla old economy dei libri proprio nelle grandi catene dell'hi-tech, come racconta Maurizio Motta di Mediaworld: «Stiamo raggiungendo i 2 milioni di libri venduti in un anno, un successo su cui lavoreremo ancora».

 di Daniele Lepido su ILSOLE24ORE.COM

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Di Altri Autori (del 25/11/2008 @ 07:00:46, in Mobile, linkato 2259 volte)

Non paga del primato incontrastato nelle vendite di smartphone, la finlandese Nokia ha deciso di abbattere l'ultimo tabù rimasto e di conquistare il mercato asiatico. Il primo produttore di telefoni cellulari al mondo detiene infatti solo l'1% del mercato in questione e si sta preparando a esordire in Giappone come operatore virtuale di rete mobile.

L'operazione, non ancora confermata ufficialmente, dovrebbe essere veicolata da un accordo con il provider nipponico NTT Docomo. Nokia si appoggerà alla sua rete ad alta velocità per proporre i suoi servizi telefonici da associare ai propri modelli di fascia alta. N96 e la linea Vertu saranno al centro di questa operazione che mira a scardinare gli equilibri nel paese del Sol Levante, dove sono aziende con Nec, Sharp e Panasonic a farla da padrone.

Via Quo Media

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Uno dei Top Gun dell'interactive marketing di Procter (Ted McConnell, general manager-interactive marketing and innovation) ha recentemente espresso i propri (personali e ovviamente aziendali) dubbi sul potenziale di Facebook come strumento di marketing- specialmente dal punto di vista dell'advertising.

Il tema del suo discorso alla Digital Non-Conference è stato centrato prioritariamente sul contesto, ovvero sul fatto che le aziende, dal punto di vista della comunicazione, non hanno uno spazio sensato o meglio una ragione di essere su Facebook dal punto di vista pubblicitario.

In effetti dentro Facebook ci sono gli utenti che si fanno i fatti loro, socializzano e si raccontano, si scazzano e dicono vaccate, costruiscono gruppi socialmente utilissimi o totalmente inutili.

Insomma, contesta il fatto che FB sia un "media" in termini pubblicitari; la conseguenza, estrapolo io, è che stiamo cercando di infilarci in una conversazione tra persone dove le aziende rischiano di essere degli intrusi che parlano fuori contesto, cercando di monetizzare i loro scambi.

L'eminente (ed influente) guru ritiene invece ci sia molto più spazio di azione per le applicazioni su FB come strumenti di interazione e di promozione della marca, insomma, di pubblicità, marketing e comunicazione...

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Di Altri Autori (del 27/11/2008 @ 07:21:29, in Media, linkato 1882 volte)

L'ultimo report Nielsen ha fotografato i consumi di mass media negli Stati Uniti. L'indagine, come sempre pubblicata a fine di ogni trimestre, si concentra sui tre mezzi di comunicazione principali: la televisione, internet e i cellulari.

Il consumo di televisione continua a crescere nei cittadini statunitensi, ma questo non è sufficiente per mettere al riparo dal rischio di diminuzione degli investimenti pubblicitari: il gettito di alcune attività continua a contrarsi preoccupando i network.

Mentre in tutto il mondo si sente parlare di morte della televisione, nelle case americane si sta davanti al piccolo schermo circa otto otto ore e diciotto minuti al giorno, con un incremento del 25% rispetto allo scorso anno. Il record raddoppia se si guarda al consumo individuale, che sfiora le 4 ore e i 45 minuti al dì.

Questi ottimi risultati sono dovuti in parte all'aumento del 52,5% del consumo di programmi in differita, come film in dvd e registrazioni; mentre la fruizione tradizionale è aumentata solo dal 14%. A guadagnare spettatori sono le televisioni via cavo e a pagamento, mentre quelle free perdono auditel e share.

La crisi pubblicitaria che colpisce i network tradizionali potrebbe però giovare, obbligando i canali a una ristrutturazione in termini qualitativi.
Cresce, seppur in modo circoscritto, anche l'utilizzo di internet. Confrontando il terzo trimestre dell'anno in corso con quello del 2007, l'aumento è pari solo al 5,7%: ad oggi, un cittadino americano passa in media un'ora e mezza in più navigando in rete di quanto faceva l'anno precedente.

Con la crescita delle vendite di smartphone, i consumi di video su questi dispositivi mobili registrano un trend positivo. Le rilevazioni di Nielsen considerano sia i contenuti scaricati a pagamento sia quelli gratuiti, che insieme  totalizzano un tempo medio di permanenza davanti allo schermo pari a 3 ore e 37 minuti (contro 3 ore e 15 nel 2007).

Via Quo Media

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Di Altri Autori (del 28/11/2008 @ 07:17:53, in Internet, linkato 5335 volte)

Un aggregatore di contatti e di frammenti di vita, una grande conference call con l'aggiunta di Skype e Flickr, un buco della serratura dal quale spiare e farsi spiare, ma anche un mezzo semplice, immediato, a volte perfino virulento per comunicare. Per capire che cos'è Facebook e come stanno evolvendo i social network, Nòva24 l'ha chiesto a chi lo utilizza, a chi ne è uscito e anche a chi proprio non ne vuole sapere di entrarci. L'indagine, la prima di questo genere in Italia, ha raccolto oltre 2.500 risposte, sia dentro al social network che fuori, in poco più di una settimana. La ricerca in dieci domande, che rimarrà aperta online (sul blog di Nòva24 e nella pagina dei lettori in Facebook) per seguire l'evolversi di quello che si conferma un nuovo mezzo di comunicazione, non ha la pretesa di essere uno studio scientifico, ma vuole contribuire con un racconto diretto da parte di chi con il network vive, convive e lavora.

A conferma della sua crescente popolarità, oltre il 70% degli utenti che hanno risposto utilizzano Facebook. Amicizia e divertimento sono le due motivazioni principali (rispettivamente 42 e 43%), ma un 10% ne dichiara un uso prevalentemente professionale, spesso accoppiato con altri sistemi come Linked-in. «Utilizzo Facebook per lavoro, come rubrica e solo in minima parte lo ritengo uno strumento di svago» osserva Mattia Ballan sul suo Webepoque.it che dichiara senza esitare «meglio tanti amici», ma non rinuncia per questo agli incontri faccia a faccia con quelli che considera più importanti. La privacy è considerata importante, ma poco più di uno su tre ha letto le condizioni di servizio, ma l'uso è quotidiano e spesso prolungato. Se oltre il 60% non supera la mezz'ora di utilizzo al giorno. C'è una fetta consistente che arriva fino all'ora (23%) e uno su dieci si collega fino a due ore. Soprattutto nel tempo libero e da un terminale privato, ma il 13% ammette di consultarlo in ufficio. Al di là di messaggi e amici più o meno reali, tag e applicazioni forse non proprio indispensabili, sono molti quelli che, nonostante il fortissimo rumore di fondo, vedono Facebook come un medium che va nella giusta direzione del web. Quella auspicata da uno dei suoi creatori, Tim Berners Lee che, come ricorda Pietro Zanarini, direttore dell'Ict del Crs4 in Sardegna, va verso la creazione di nuove geometrie sociali, nuovi sistemi di relazione, partcipazione democratica e governance.

Un fenomeno che emerge dal basso, plasmato dai suoi stessi utilizzatori con una modalità empirica che ricorda i processi di selezione naturale, e che in qualche modo condivide una parte della tensione ideale della sua creazione. «La mia speranza – osservava Berners Lee parlando della rete – è che questo nuovo modo di interagire produrrà nuovi modi di lavorare insieme in maniera efficiente e leale, da utilizzare a livello globale per gestire il pianeta nel suo insieme».

Chi avverte, a ragione, che Facebook e gli altri social network non sono la rete, non può però trascurare che il loro successo sta portando, e in qualche modo educando, a interagire on line, milioni di persone che fino a poco tempo fa erano digiune di un utilizzo collaborativo del web e meno di uno su quattro possiede o scrive su un blog. Un segnale ancora più importante per il fatto che il fenomeno sembra ormai entrato nella cultura dei più giovani, molto probabilmente per restarci. «La massa critica si è raggiunta solo di recente in Italia – osserva Michele di Maio, early-adopter in Bocconi dove è studente e che ha collegato Fb al suo hardrockblog.it – un social network può essere anche il migliore del mondo, ma se non si viene a creare un network non serve a niente. Nella mia università, la Bocconi di Milano, il network ha cominciato a nascere circa 3 anni fa portato dagli studenti in scambio nelle università straniere dove era già imprescindibile. Da allora è uno strumento utilizzato in massa». Ed è infatti tra i più giovani che Facebook diventa una tessera di un mosaico molto più articolato di cui fanno parte sempre più spesso servizi come Twitter, Flickr, Oknotizie, meemi, Del.icio.us e Mogulus.

A motivare l'uso di uno strumento che per ammissione praticamente unanime è disegnato piuttosto male, spesso confuso e laborioso, c'è: «La sua la capacità di farti sentire parte di una rete in una sorta di dialogo uno a molti o molti a molti, la facilità di diffusione delle informazioni grazie al passaparola (nel senso che ho trovato parecchie segnalazioni che mi interessavano e che non avrei visto altrimenti, triviali o lavorative)» come osserva la possibilità di aggregare diverse funzioni (attività sociali, bookmarking, lavoro...) in un unico "servizio", l'essere potenzialmente ampliabile all'infinito, il concetto di trasparenza, il fatto che tutti appaiono più "umani" come osserva Marika De Acetis. Tra le richieste più comuni spicca quella per una maggiore trasparenza su chi sponsorizza le applicazioni prima di doverle adottare e quindi fornire l'accesso ai propri dati. Su un punto gli utenti sembrano comunque concordare. Se i social network sono una grande passione, non è detto che Facebook, che oggi cavalca con successo quest'onda, sia il network definitivo. Nel mondo digitale, Microsoft e Google ci hanno insegnato che chi ha una posizione dominante si avvantaggia di ritorni crescenti. Ma è anche vero che la rete è tradizionalmente cresciuta grazie a standard aperti e le piattaforme proprietarie sono divenute spesso un limite all'innovazione.

di Guido Romeo su ILSOLE24ORE.COM

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Di Altri Autori (del 01/12/2008 @ 07:16:15, in Marketing, linkato 1976 volte)

La generazione Y, i teenager, i bambini di ieri e gli adulti di domani, costituiscono oggi
un target importantissimo. Un target cui fare attenzione, su cui investire, soprattutto in comunicazione.

Le aziende spendono oggi in comunicazione verso i giovani più del doppio di quello che spendevano 10 anni fa (CBS, 2008). Ma non è solamente la quantità di spesa, ma la qualità. Si è passati dal tradizionale messaggio pubblicitario, in tv o su stampa, al below the line o al non convenzionale. I ragazzi sono molto ricettiviverso promozioni e iniziative pubblicitarie, partecipano volentieri ad eventi, concorsi ed iniziative sponsorizzate, ma ancor di più amano dialogare tra di loro e con il brand di riferimento.

Sono “animali sociali”, aperti al confronto, si influenzano a vicenda, alimentando ciò che tecnicamente viene definito buzz (passaparola). Basta colpire il target giusto, quello degli young opinion leader, dell’MTV Generation per far scattare quella molla che rappresenta la fortuna del brand oggetto del “ronzio”. Se le aziende riescono a scavalcare le barriere della pubblicità tradizionale, puntando a coinvolgerli, divertendoli e rendendoli protagonisti del dialogo, diventano una miniera d’oro.

A rendere il tutto più facile, inutile dirlo, lo sviluppo impetuoso e continuo delle nuove tendenze legate alla tecnologia e ad Internet. Secondo l’annuale indagine Doxa i teenager adorano la tecnologia. Quasi il 60% di essi, in Italia, dedica al web almeno 4 ore settimanali. Il 91% ha un cellulare, con fotocamera (75%) ed utilizza gli mms (67%). Per non parlare di You Tube o dei Social Network (Facebook su tutti…), passando per l’esplosione dei blog personali. Sono questi i modi migliori per lo sviluppo di un dialogo continuo e proficuo Brand-to-People (young people, of course).
Ma cosa ne pensano gli addetti ai lavori?

Rispondono ai nostri interrogativi, in una sorta di intervista doppia, Roberto Maggio, dell’agenzia Caleidos TeenAgency e Piergiovanni Sciascia, project manager del gruppo RCS Quotidiani – Gazzetta dello Sport. Entrambi i team studiano quotidianamente come riuscire a dialogare al meglio con i teenager ed i giovani in generale e ce ne hanno dato un esempio con due campagne di successo: Eastpack e Gazzenda.

Perché il target dei giovani è più promettente di quello degli anziani, pur
essendo quest’ultimo in enorme crescita in numero assoluto?

Maggio: È molto semplice: perché i ragazzi di oggi saranno gli anziani di domani, quindi è fondamentale arruolarli subito! Ironia a parte, l’adolescenza è sempre meno una fascia di età ben definita, ma si è trasformata piuttosto in una condizione dell’anima.Senza fare della sociologia improvvisata o attribuire un valore negativo o positivo al fenomeno, per chi si occupa di comunicazione questo significa che gli argomenti, i linguaggi, le metafore, i canali individuati per “parlare ai giovani” hanno oggi un’efficacia ben più ampia, e alimentano stili di consumo largamente condivisi.

Sciascia: La valutazione della “bontà” di un target non dipende solo dal valore dimensionale ma anche dalla capacità dello stesso di essere ricettivo e propositivo allo stesso tempo. Mi spiego: verissimo che il target degli anziani è quello più numeroso in termini assoluti (la popolazione italiana in media sta invecchiando, gli over 65 italiani sono sempre di più, con maggior “tempo libero” a disposizione e, soprattutto, con buone possibilità di spesa) ma è anche vero, e non è un dettaglio trascurabile, che gli anziani sono anche quelli meno sensibili al cambiamento ed alle nuove abitudini di consumo. I “giovani”, considerati in senso lato, sono di contro sempre più emancipati per gusto, capacità d’acquisto e riescono a relazionarsi meglio, in modo attivo e passivo, con la comunicazione e l’informazione, diventando così un ibrido tra produttori e consumatori. Diventa molto importante pertanto riuscire a parlare il loro linguaggio, anticipare le mode del momento e diventa fondamentale la capacità di rinnovarsi ed evolversi così come cambiano costantemente le loro identità.

Su quali leve bisogna puntare per catturare l’attenzione del target dei teenager?

Maggio: Potrà sembrare trito, ma la leva più efficace è la provocazione. Attenzione però a non confondere la provocazione con la trasgressione fine a se stessa. Intendiamo
provocazione come capacità di chiamare in causa i ragazzi, di stimolare una reazione, una presa di posizione. Un’affermazione forte porta a schierarsi, a rispondere,
soprattutto in un’età nella quale l’impeto ad aderire o a contestare è fortissimo. In questo modo si crea l’occasione per instaurare un dialogo effettivo tra brand e target.
Dall’efficacia di questa dinamica di coinvolgimento nasce il successo di un’operazione.

Sciascia: Ai ragazzi piace sentirsi coinvolti e per tale ragione credo che iniziative che li trascinino e che non li rendano solamente passivi nei confronti di iniziative pubblicitarie
siano le soluzioni da percorrere. E’ fondamentale pertanto entrare a far parte delle loro regole, dei loro rituali, del loro linguaggio, mostrarsi loro complici e soprattutto
sorprenderli di questo. Gazzenda si pone questi obiettivi già in fase di ideazione e progettazione: vuole essere un’agenda complice, empatica, vicina che interpreta il
pensiero dei ragazzi nei confronti delle ore “passate a scuola” ma, allo stesso tempo, sensibile ai bisogni dei giovani in quanto, utilizzando l’ironia e la sdrammatizzazione,
parla di qualcosa che i ragazzi avvertono come “realistico”. Seguendo questa linea, abbiamo anche cercato di sviluppare una campagna pubblicitaria coerente con l’immagine
stessa di Gazzenda.

Si sente parlare molto di marketing non convenzionale. A tuo parere sono strumenti
adatti per dialogare con i giovani d’oggi, alla luce del boom dei social
network, e di tutte quelle tendenze sviluppatesi su internet?

Maggio: Se i “giovani d’oggi” sono gli esponenti della generazione Y, ovvero quelli formati nella consuetudine con il web e i media digitali, per i quali l’interazione con i
contenuti e la possibilità di influenzarli, alterarli, contribuire a crearli è più che naturale, direi che quella del marketing non convenzionale è la strada maestra. Il flusso
unidirezionale della pubblicità “tradizionale”, che non prevede feedback né tantomeno interventi critici, non è in grado di coinvolgere e mobilitare i ragazzi come
invece hanno dimostrato di poter fare le tecniche di guerrilla, il viral, il grassroot marketing, l’utilizzo intelligente degli user generated content e delle social utility.

Sciascia: Personalmente, credo molto nelle iniziative di guerrilla: lo scenario attuale è caratterizzato da un flusso comunicativo continuo e sovrabbondante dove catturare
l’attenzione del target è l’obiettivo principale nonché impresa ardua. In quest’ottica, il marketing non convenzionale rappresenta l’opportunità di colpire facendo leva
sul fattore “curiosità” che innesca un meccanismo d’interesse verso l’azione messa in atto e, di riflesso, sul prodotto pubblicizzato, con il vantaggio di essere a basso costo.
Per quanto riguarda il rapporto col web, penso che l’originalità del messaggio e del mezzo usato siano gli elementi che servano ad attirare l’attenzione in un’iniziativa
di guerrilla: pertanto anche il web, utilizzato in modo originale, può considerarsi una piattaforma ideale a stimolare l’interesse e a far scaturire forti elementi virali utili ad
innescare un effetto “eco”, dove il contagio di un interesse verso qualcosa passa da un utente all’altro, soprattutto su Internet dove la comunicazione è tra pari e la rete
diventa il veicolo del contagio.

In base alla tua esperienza personale, riferita a campagne non convenzionali
rivolte al target young, quale aspetto si è rivelato più importante ai fini di un
buon dialogo brand-to-people?

Maggio: Riprendendo una risposta precedente, si tratta della giusta provocazione. Per citare un’esperienza recente, ovvero la campagna “Wanna last longer?” per Eastpak
Apparel, l’idea di utilizzare una bambola gonfiabile maschile – battezzata Billy I-doll– come testimonial di un brand il cui pay off è “Built to resist” si è rivelata una scelta
azzeccata, come dimostrano le oltre 300.000 visualizzazioni del web commercial su YouTube, le migliaia di contatti su MySpace e Facebook, le reazioni all’apparizione
dei bamboli nelle strade di Milano e Roma. Lo dimostrano anche le diverse interpretazioni che i ragazzi e gli osservatori (giornalisti, blogger, marketer…) hanno dato sia
del viral che delle performance: da satira del proibizionismo cattolico a contributo alla lotta al precariato, fino a momento di riflessione esistenziale sul tema: siamo tutti potenzialmente
degli oggetti, pronti a essere usati? Una pluralità di significati possibili che moltiplica le possibilità di “fare propria” la campagna.

Sciascia: Credo che l’aspetto più importante ai fini della buona riuscita di una campagna non convenzionale sia senza dubbio quello di raggiungere il target desiderato
sfruttando, se possibile, la visibilità data dai media, ma anche quello di sorprendere e stupire in modo positivo, ponendosi essenzialmente l’obiettivo di attirare l’attenzione
su di sé attraverso l’originalità del messaggio, del mezzo e del linguaggio utilizzato. L’obiettivo dell’iniziativa di guerrilla di Gazzenda è stato proprio questo: Gazzenda
vuole stupire, non solo per ricchezza/personalità, ma anche per la distanza dal mondo sportivo/maschile che il nome potrebbe evocare accostandola, in modo errato, al
“mondo Gazzetta”. Il diario di Alice, in tal senso ha posto attenzione e luce su Gazzenda, fornendo uno spunto di riflessione sul bisogno e la necessità che i ragazzi
hanno di comunicare, di esprimersi e di fissare a modo loro su carta il piacere legato ad alcuni momenti (più o meno belli) della propria vita.

Via Marketing Journal

 

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Di Gianluigi Zarantonello (del 01/12/2008 @ 08:00:00, in Internet, linkato 1807 volte)

La reputazione è un bene prezioso e di questo qualsiasi azienda è pienamente consapevole, almeno per quanto riguarda i media trazionali. Ma sul web?

Beh sulla rete, in particolare nei forum e nella blogosfera, le voci corrono ad una velocità enorme e con un'ampiezza di diffusione che può rapidamente uscire dai confini nazionali ma pochi se ne rendono conto.

Come si monitora la rete ed in particolare il mondo magmatico del web 2.0?

La cosa migliore è di dotarsi di un tool software apposito, in grado di farci avere in tempo veloce e in modo costante notizia di tutto ciò che si dice di noi, naturalmente con criteri di settaggio che evitino omonimie e risultati non realmente rilevanti.

E una volta trovato qualche commento negativo che si fa?

Si deve decidere volta per volta ma si possono dare alcuni consigli:

a) Non intervenire a tutti i costi, se è una critica non troppo aggressiva, in una fonte poco nota e se, dopo qualche giorno non genera strascichi è meglio non essere ossessivi.

b) Se dobbiamo invece intervenire è bene farlo dichiarando la propria identità, meglio se con il ruolo aziendale, mai cercare di fingersi un altro utente comune.

c) Per far sì che sui motori di ricerca nel breve periodo non compaiano solo i commenti negativi su di voi si possono acquistare degli annunci pay per click con le parole/argomenti incriminati.

d) In tutti i casi (compreso il punto a) bisogna tempestivamente prevedere delle pagine sull'argomento sul proprio sito, in modo che esse siano disponibili per gli interessati e siano indicizzate.

Infatti anche dopo mesi, quando la protesta è passata, restano reperiti dai motori i risultati negativi e se non ci sono i nostri argomenti di risposta lasciamo di fatto la parola agli avversari.

Naturalmente le attività di gestione della reputazione online non servono a ripulire dai commenti negativi il web (bene lo spiega questo post) ma permettono all'azienda di capire cosa pensano e dicono gli utenti e consentono l'intervento tempestivo su voci, magari infondate, che possono fare grossi danni all'azienda.

Pensate sia un'esagerazione? Leggete questa storia...

Gianluigi Zarantonello
via http://webspecialist.wordpress.com

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Di Altri Autori (del 02/12/2008 @ 07:58:08, in Internet, linkato 1401 volte)

La ricerca trimestrale Audiweb in collaborazione con l’istituto di ricerca DOXA, (ricerca quantitativa su un campione di 7.200 intervistati face to face e consultabile sul sito Audiweb) ha reso noti i risultati sulle abitudini degli italiani nell’utilizzo di internet.

Ne è emerso che il 45,2% delle famiglie italiane (9,2 milioni) accede a internet da casa e il 70,5% lo fa scegliendo l’Adsl e un abbonamento flat (88,6%).

Una famiglia su due è in possesso di un computer di proprietà (54,6%), e all’aumentare dei componenti in famiglia aumenta la possibilità di possedere un pc (31,2% di possibilità con un unico componente e 80,6% di possibilità con 4 componenti).

Ha accesso a internet in situazioni di mobilità invece il 5,6% della popolazione (smartphone/cellulare/PDA, e l’88,8% ne fa uso da almeno 3 anni, con una carta prepagata o ricaricabile nel 76,4% dei casi e con una spesa intorno ai 30 euro nel 56,3% dei casi).

Nella larga fascia presa in esame (tra gli 11 e i 74 anni) il 58,3% degli italiani (quindi 27,6milioni di persone) dichiara di accedere a internet da qualsiasi luogo (casa, ufficio, studio o altro) e lo fa attraverso qualsiasi device. Nello specifico per il 62,2% dei casi si tratta di uomini e nel 54,4% di donne (soprattutto appartenenti alla fascia di età tra gli 11 e i 17 anni nel primo caso con il 77,6% e tra i 18 e i 34 anni nel secondo caso con il 72,8%,) e di persone della zona Nord-Est d’Italia per il 65,2% e Centro per il 63,8%.

Il livello di istruzione degli utilizzatori è spesso medio-alto (91,8% dei laureati e l’80% dei diplomati), svolge un lavoro che richiede qualifica (96,6% dei dirigenti e il 92,3% degli imprenditori) o è studente (95,8% degli universitari e 81,4% dei liceali).

Conoscere meglio gli utilizzatori permette di effettuare offerte sempre più mirate e pertinenti riguardo alla pianificazione delle campagne pubblicitarie.

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