Un tema decisamente “caldo”, che fa molto discutere addetti ai lavori e non, sono i blog aziendali. Il grande successo riscosso nella rete dai blog personali stimola il dibattito su quanto questo strumento di comunicazione possa essere esteso anche alle aziende e possa favorirle grazie al confronto diretto con gli utenti ed alla reale interattività. Ma la difficoltà di conciliare comunicazione istituzionale e commenti liberi degli utenti è certo l'aspetto che viene attualmente valutato con più attenzione e che ha finora più di tutti contribuito a tenere molte aziende lontane dalla realizzazione di un blog.
Da una parte quindi c’è il comprensibile interesse delle aziende a non perdere il controllo della propria strategia di comunicazione, tutelando brand e prodotti, dall’altro la tendenza in crescita da parte di molti utenti alla produzione autonoma di contenuti e al social networking, rivendicando un ruolo di “protagonista” all’intero della rete.
Alcune aziende, nel tentativo trovare una “terza via” che sfrutti questa interattività senza rischiare di compromettere la propria immagine, optano per la realizzazione di blog “segreti”, dove si parla dei loro prodotti ma in maniera “furtiva”. Interventi e commenti sono quindi per la maggior parte prodotti dall’azienda stessa o da una sua agenzia e sono tesi a “pilotare” il confronto all’interno dei siti, in modo tale che quanto pubblicato non possa rivelarsi controproducente. Si tratta però di una scelta decisamente rischiosa, che se scoperta può rivelarsi un pericoloso “boomerang”.
Proprio in questi giorni la Sony e la sua agenzia Zipatoni hanno sperimentato l’enorme dissenso che la realizzazione di un finto blog può generare. La multinazionale giapponese ha dovuto chiudere in tutta fretta il blog realizzato per promuovere la sua PSP e gestito da due finti autori, Charlie e il cugino Pete. Alcuni esperti di navigazione on-line sono infatti riusciti, dopo numerose ricerche, a risalire ai dati di registrazione del sito, riconducendolo all’agenzia Zipatoni. La scoperta è stata pubblicata tra i commenti dello stesso blog.
Nel giro di poche settimane ilsono piovute pesanti critiche da parte di numerosi appassionati di videogiochi e siti di settore, che una volta scoperto l’inganno hanno preso una posizione netta contro questo tentativo di “manipolazione” inserendo commenti critici all’interno delle pagine stesse del sito e di altri con argomenti correlati.
Tra gli aspetti più criticati la decisione di utilizzare uno slang “hip-hop”, culminato nella realizzazione di un finto video amatoriale dove due ragazzi parlavano a tempo di rap della loro intenzione di farsi regalare dai genitori una PSP per Natale.
Il finto blog, www.alliwantforxmasisapsp.com, dopo la pioggia di critiche è stato chiuso, mentre il video dei due rapper appassionati di videogiochi è sopravvisuto su YouTube.
I visitatori si sono anche lamentati della scarsa trasparenza dimostrata oltre che dell’idea di utilizzare testimonial un po’ cresciuti che con un improbabile slang a metà strada tra l’hip hop e il tecnologico chiedevano ai genitori una console in regalo e che a detta di molti non contribuiva a dare un’immagine positiva degli appassionati della PSP. Anche la presa di distanza della Sony dall’iniziativa non è stata apprezzata, così come la decisione di filtrate tra i commenti termini come marketing” e “advertisement.”
Le reazioni degli utenti non sono mancate anche sul sito personale di Zipatoni e nei siti di settore, dove si è parlato a lungo di questo poco riuscito tentativo di viral marketing, mentre i diretti interessati non hanno per ora rilasciato commenti ufficiali.
Sony comunque non è nuova ad iniziative di marketing non convenzionale. In passato, proprio per il lancio della PSP, aveva tappezzato di graffiti i muri di alcune importanti città americane, anche in questo caso scatenando numerose polemiche.
Dopo il roadshow estivo e un ambient media che, negli ultimi due mesi, ha ‘vestito' i muri di Milano, Cayenne declina il claim “Fatevi Spazio” di Skoda Roomster in un'attività di guerrilla in atto al Motorshow di Bologna. Dove i conducenti delle auto parcheggiate nelle zone limitrofe alla fiera hanno trovato sul vetro un Car Volume Enlarger, un adesivo elettrostatico dotato di una valvola che invita ironicamente il proprietario ad aumentare il volume disponibile nella propria vettura, soffiandovi all'interno. In caso di insuccesso, l'invito diventava quello di ‘farsi spazio' al padiglione 16, oppure sul sito www.fatevispazio.it.
Ma il Motorshow è stato solo la prima fase di un'attività di guerrilla che coinvolgerà nei prossimi mesi, e con diverse modalità, diverse città italiane. Parallelamente, il sito www.fatevispazio.it offrirà contenuti interattivi volti a creare attenzione intorno a Skoda Roomster. La creatività è di Matteo Airoldi (art) e Federico Bonriposi (copy), sotto la direzione di Giandomenico Puglisi.
Grazie alla digitalizzazione dei contenuti, diventa sempre più facile evitare la pubblicità in TV, con il TiVo o comunque con l'adozione della visione differita dei programmi, grazie ai sempre piu' avanzati VCR digitali (lo so, si faceva anche con il vecchio VHS analogico, ma con il digitale è tutta un'altra cosa...
Forse lo facciamo anche per reazione all'eccesso di pubblicità cui siamo sottoposti. O se non usiamo la visione time shifted, magari evitiamo la TV stupida per guardarci un buon DVD.
E se noi saltiamo la pubblicità tradizionale, mettiamo in crisi il modello televisivo. Che deve reinfilarci per forza dalla finestra la pubblicità che abbiamo fatto uscire dalla porta.
La conseguenza è che la pubblicità cerca di arrivare a noi in forme diverse, ad esempio attraverso il product placement, un mercato in netta crescita.
Secondo una ricerca pubblicata quest'estate da PQ Media, una società di ricerca americana, il placement è cresciuto in tutto il mondo, con un salto del 42% nel 2005 - per un valore totale di 2,2 miliardi di dollari.
Crescite a due cifre sono attese anche per il 2006 (si parla di un 39%) per arrivare ad un valore combinato (TV, cinema e altri media) sui 7,5 miliardi di dollari (sommando i principali mercati mondiali) e con una previsione per per il 2010 di 14 miliardi di $ (attenzione, la ragione della forte crescita percentuale deriva anche dal fatto che si sta passando da un modello in cui si barattavano gli spazi nei programmi o nei film ad un modello dove sempre più comunemente il placement si paga ).
Per l'Italia il valore del product placement è definito dalla ricerca come "minuscolo" (si veda questo articolo).
Sarà dunque sempre più difficile godersi un contenuto in cui non si sia infiltrato un messaggio pubblicitario ( si veda il mio post precedente sul product integration).
Ma sarà davvero più difficile? Per me tutto sommato no - probabilmente continuerò con il mio trend: sempre meno TV, sempre più Internet...
I giochi come veicolo promozionale: a ogni tipo di messaggio si può associare un tipo di gioco, in funzione anche del target da raggiungere.
L'advergame è una forma di pubblicità avanzata. Non si tratta banalmente di vendere spazi pubblicitari per coprire i costi del gioco. Quello è tutt'altro: una promozione di un'iniziativa, che può essere un gioco ma banalmente qualsiasi altra attività. L'advergame è il contrario: il gioco nasce per veicolare il messaggio pubblicitario, ne è fortemente compenetrato, senza di esso non avrebbe ragione di essere. Ma come si aggancia il gioco al messaggio pubblicitario? In base a diverse tipologie, diverse relazioni possibili.
Associativi Il metodo più semplice e uno tra i più usati per legare il messaggio pubblicitario al gioco è la relazione di tipo associativo. Una questione di associazione di idee. Il gioco è associato a un certo prodotto. Una partita di calcio elettronico i cui tabelloni a lato indicano sempre la stessa marca di scarpe da calcio, i cui giocatori indossano - chiaramente riconoscibile - quella stessa marca, e quando si fa gol appare in tabellone lo stesso sponsor. In questi casi, l'associazione calcio-marca delle scarpe diventa automatica. Quasi a ogni azione, avremo sempre il messaggio bene in evidenza. È la relazione più ovvia e banale da realizzare, che ricalca modelli precedenti della pubblicità.
Illustrativi In questo tipo di giochi, il prodotto diventa in qualche modo l'oggetto stesso dell'azione di gioco. In sé, il gioco può essere slegato logicamente dal prodotto, ma il prodotto diventa il tassello fondamentale dell'azione. Un esempio tipico è dato dal modello Tetris, nel quale le tessere verticali in caduta possono essere oggetti di qualsiasi tipo: diversi tipi di orologi, caramelle, articoli per l'ufficio, o qualsiasi altra cosa, in linea di principio. L'oggetto da reclamizzare diventa l'oggetto del gioco.
A obiettivo Una leggera variante del tipo precedente è data dalla trasformazione del prodotto nell'obiettivo del gioco per il passaggio del livello. Arrivare, dopo una serie di ostacoli, all'entrata autostradale, oppure banalmente comporre un puzzle elettronico il cui risultato è l'oggetto da promuovere. In questi casi, si cerca di dare risalto al valore finale del prodotto. L'equazione è data da: tendere a un oggetto nel gioco = tendere a un prodotto nel consumo. In più, se ben realizzato, si può sfruttare al tempo stesso anche il valore associativo o quello illustrativo del messaggio. Basta svolgere il gioco in modo tale da rispondere in corso d'azione alle caratteristiche di queste tipologie.
Dimostrativi Sono tra i giochi più difficili da realizzare in maniera efficace. In questi casi si tende a dimostrare, attraverso il gioco, la validità del prodotto. Per esempio, un gioco automobilistico in cui la vettura ha esattamente le caratteristiche di listino dichiarate dalla casa produttrice (velocità assoluta, ripresa ecc.). In alcuni casi, equivalgono a una "prova virtuale" del prodotto. La differenza tra l'advergame dimostrativo e la prova virtuale sta nel fatto che il primo introduce un approccio competitivo (il superamento del livello piuttosto che la competizione vera con altri concorrenti), la seconda invece è fine a sé stessa.
Quiz a premi Attorno a un prodotto si può arrivare a costruire una vera e propria gara di conoscenza. In questo caso, il successo del gioco sarà direttamente proporzionale alla diffusione e notorietà del prodotto. Si può tentare, però, l'operazione contraria: utilizzare il gioco a quiz come veicolo per la diffusione. Per il successo del gioco, tuttavia, occorrono quasi obbligatoriamente due ingredienti di stimolo: la possibilità di giocare in multiplayer - per sfidare amici e conoscenti - e magari un premio finale. La possibilità del gioco multiplayer diventa essenziale, perché un gioco a quiz a unico concorrente rischia di essere autoreferenziale e quindi annoiare velocemente. Il premio finale non deve essere necessariamente un premio in denaro: potrebbe essere il prodotto stesso - in una funzione di ulteriore promozione - oppure anche soltanto una classifica generale pubblica in cui al primo o ai primi tre si riconoscono degli attestati generici di bravura. Magari la gente non gioca per i premi, ma sicuramente gioca per una classifica. Una variante con maggiori chanche di successo di questa tipologia è quella del quiz associativo: invece che domande soltanto sul prodotto, si può allargare il campo magari all'ambito generale. Non soltanto domande sul cellulare, per esempio, ma sulle telecomunicazioni in generale. La molla vincente di questi giochi, però, è quasi sempre la competizione con un altro concorrente, nella scia dei giochi televisivi.
Contestuali In questo caso siamo vicini all'idea generica di sponsorizzazione. Infatti, il legame tra messaggio pubblicitario e gioco è dato dal contesto stesso del gioco. Si potrebbero definire anche ambientali, nel senso che l'ambiente di gioco riproduce le caratteristiche del messaggio pubblicitario. Inoltre, ci possono essere richiami pubblicitari espliciti, all'inizio o alla fine o, se si riesce, nel corso dell'azione. L'obiettivo di questo tipo di advergame, infatti, non è tanto reclamizzare un prodotto ma piuttosto un'idea. Perfetta per le iniziative di ordine amministrativo - per esempio la tutela dell'ambiente oppure l'educazione stradale - si rivela meno efficace per i prodotti di tipo aziendale. A meno che non si punti sulla conoscenza di un certo di tipo di problema al quale poi il prodotto reclamizzato offre una soluzione. In questi casi, il messaggio è indiretto, ma qualche volta si rivela addirittura più efficace.
Educativi Una variante dei giochi contestuali è data dal valore educativo. In questo caso, indipendentemente dall'ambientazione del gioco, si punta alla crescita di un intero settore. Per esempio, un gioco per i più piccoli potrebbe essere legato al lavarsi i denti o al combattere le carie. Si impara uno stile di vita. La ricaduta sui prodotti è, anche in questo caso, indiretta e di più lungo periodo: crescendo la cultura di un certo settore, si creano utenti consapevoli e, forse, clienti meglio disposti. Normalmente, è un tipo di relazione che funziona per le associazioni di categoria oltre che per scopi più prettamente sociali.
Il target In tutti i casi, il target di riferimento di questi advergame è dato, per linee generali, da un'utenza giovane, mediamente tra i 12 e i 35 anni, tecnologicamente abbastanza preparata, aperta e con un livello culturale medio-alto. Se veicolati nel modo giusto e pensati fin dalla partenza per target particolari, tuttavia, gli advergame dimostrano di poter arrivare a qualsiasi target prefissato. D'altra parte, in Rete, il peso delle donne, per esempio, o quello degli anziani, è in costante aumento. È evidente che sarà diverso proporre uno sparattutto ai giovani o un quiz culturale per gli ultraquarantenni. Chi realizza il gioco e chi promuove il prodotto devono essere in stretta collaborazione almeno nelle fasi iniziali: definizione del messaggio, definizione del target, comprensione degli interessi del target.
Dove collocarlo? Uno dei dubbi da sciogliere per la messa online di un advergame, riguarda la collocazione del gioco stesso: nel sito dell'azienda o in un dominio a sé stante, registrato per l'occasione? Pur non essendoci particolari controindicazioni per una scelta o per l'altra, bisogna valutare lo scopo dell'advergame: se si vuole spingere verso l'integrazione con i prodotti e i brand commerciali dell'azienda, il sito aziendale sarà la sua collocazione ideale. Se invece si vuole lanciare un prodotto nuovo oppure si vuol far crescere il contesto culturale nel quale il brand opera, un sito autonomo avrà maggiore impatto. Senza dimenticare altre forme di diffusione, come i Cd-Rom, normalmente però più costosi e meno capaci di ottenere risultati secondari.
I risultati secondari Tipicamente, infatti, all'advergame si possono abbinare una serie di operazioni in grado di fornire utili indicazioni all'azienda. Per esempio, si può introdurre una registrazione obbligatoria con la quale si potrà andare a profilare l'utente. Il grado d'approfondimento e di invasività della registrazione è a discrezione dell'azienda sponsor. Un consiglio valido sempre, però, è quello di ricordare che l'advergame è una forma di contatto poco o per nulla invasiva, che punta sulla spensieratezza e sul divertimento. Infarcirla di fastidiose domande preliminari può pregiudicare il suo successo. Molto meglio lasciare il gioco a una registrazione leggera (oppure senza registrazione) e magari utilizzare poi l'e-mail per ulteriori operazioni volontarie di profilazione.
I costi Contrariamente a quanto si può pensare di primo acchito, gli advergame possono essere realizzati anche a costi bassi. In pratica, in base alle esigenze comunicative e promozionali e, soprattutto, in funzione della complessità del gioco da realizzarsi, si può oscillare da poche migliaia di euro fino a impegnative campagne da decine e decine di migliaia di euro. In generale, però, è a portata di ogni tipo d'azienda.
Advergame per PMI Proprio per questo motivo, non bisogna pensare agli advergame come forme promozionali di esclusivo appannaggio delle grandi società o dei brand conosciuti. Queste godranno sicuramente di qualche vantaggio in termini di diffusione, ma un advergame può essere anche un ottimo strumento di fidelizzazione della propria clientela consolidata. Anzi, utilizzare un gioco per promuoversi può fornire un'immagine più leggera e informale della società, portare nuovi contatti, creare ulteriori occasioni di business, indipendentemente dalla grandezza della società proponente. Il tutto senza intaccare i livelli di professionalità riconosciuti.
II Gruppo Volksvagen ha realizzato la più grande maxidecorazione europea mai sperimentata su un edificio, rivestendo il grattacielo della stazione Garibaldi di Milano con una pellicola adesiva di 52 metri di altezza per 32 di larghezza.
La decorazione è stata resa possibile grazie ad una speciale pellicola adesiva perforata 3M, in grado di mantenere inalterata la visibilità sia dall’interno che dall’esterno.
L’olfatto è tradizionalmente un senso sottovalutato rispetto a vista e udito, da sempre al centro dell’attenzione di chi si occupa di marketing. Se si escludono infatti le aziende produttrici di profumi e deodoranti, che per ovvi motivi non possono prescindere da esso, sono ancora pochi i settori merceologici che hanno integrato il ricorso all’olfatto nelle proprie strategie di comunicazione e promozione.
In un mercato sempre più competitivo l’approccio al marketing olfattivo comincia però a farsi strada, rientrando nel novero delle iniziative di ambient marketing che puntano ad incrementare l’efficacia del punto vendita. La dimensione dell’olfatto, secondo Terry Molnar del “Sense of Smell Institute”, è un modo estremamente efficace per imprimere il marchio di un’azienda nella mente del consumatore, con un effetto a volte quasi subliminale.
Non deve quindi stupire che la Sony utilizzi fragranze come vaniglia e mandarino per deliziare i clienti delle sue 36 boutique elettroniche o che i grandi magazzini Bloomingdale’s diffondano aromi diversi a seconda delle categorie merceologiche presenti nei reparti (come ad esempio il talco nell’area articoli per neonati). L’industria distributiva in particolare utilizza spesso aromi e immagini per rallentare l’andatura degli indaffarati consumatori all’interno delle propri corsie, aumentando di conseguenza le possibilità che effettuino acquisti.
L’essere umano è in grado di individuare e riconoscere oltre 10 mila odori differenti e alcune fragranze sono in grado di influenzare lo stato d’animo di chi le percepisce, offrendo quindi la possibilità di creare vere e proprie esperienze olfattive che accompagnano il consumatore nel corso del processo di acquisto.
Recenti studi hanno inoltre dimostrato come le persone siano in grado di ricordare in maniera più nitida gli odori rispetto alle immagini: a distanza di una anno un odore viene riconosciuto in maniera nitida dal 65% degli intervistati, mentre nel caso di una foto la percentuale scende al 50%. Del resto, come sottolineato da Jim Twitchell, autore del saggio Branded Nation, l’olfatto è l’unico, tra i cinque sensi, che va direttamente al cervello, senza intermediari.
Conosciuto da ogni businessperson, il Word of Mouth Marketing è di importanza centrale per molte aziende, tanto che negli Stati Uniti vi è una vera e propria industria legata a questa disciplina, che fa capo all Word of Mouth Marketing Association (WOMMA). Le diverse tipologie di WOM marketing (viral, community e influencer marketing, brand blogging, product seeding...) seguono come principi guida il rispetto per il consumatore e l'onestà al servizio del marketing.
Non sempre però è facile costruire il proprio business con il passaparola. Si può addirittura pensare che, sebbene ciò sia importante, non si possa intervenire in modo decisivo per innescare questo meccanismo. Il punto di partenza è sicuramente l'offerta di un buon servizio, fattore critico per il successo ma non sufficiente per far parlare tra loro i consumatori. Al contrario, è bene ricordare che un cliente insoddisfatto facilmente parlerà con altre decine di persone circa la sua brutta esperienza con un grande potere influenzatore.
Un'azienda deve compiere tre step per iniziare il processo che porterà ad incrementare il proprio business attraverso il Word of Mouth: diversificare i propri prodotti o servizi, o la percezione di essi dalla concorrenza; sviluppare la propria sfera di contatti, curando la comunicazione rivolta agli stakeholder; coltivare le relazioni con i consumatori per stimolare in essi fiducia e curiosità. Ciò che è significativo è come il consumatore conosce l'azienda e come la percepisce. Solo in quest'ottica è possibile costruire in proprio business tramite il passaparola. Un contenuto accattivante che possa far prevedere le azioni future dei consumatori è quanto serve per completare una buona azione di WOM marketing.
Il Viral marketing, di cui il WOM marketing fa parte, è ciò di cui un brand non può fare a meno ed è anche ciò che spesso nasce spontaneamente, a testimoniare l'esistenza di una comunità di consumatori, non solo fedeli, ma che soprattutto condividono certi valori. L'esistenza di questi gruppi, creati a volte anche a seguito di un'azione di WOM marketing correttamente pianificata, deve essere un incentivo per le aziende ad una comunicazione più attenta e mirata al raggiungimento di obiettivi prefissati dal management.
"Un bravo ed attento marketer non può non tener conto dei cambiamenti socio economici del contesto in cui si misura, cosi come un buon comunicatore non è tale se non presta attenzione all'evolversi dei diversi linguaggi con i quali si confronta". Assunto realistico e veritiero questo del Cluetrain Manifesto. Infatti tutto cambia! E’ nello stato naturale delle cose. E così in un mondo ipervelocizzato mutano repentinamente gli stili di vita, le abitudini d’acquisto, i comportamenti di consumo, i desideri, i bisogni, le motivazioni e le aspettative degli individui e dei consumatori/acquirenti. Cambiano quindi i profili dei consumatori: le diverse fasce di età si differenziano sempre di più come gusti e preferenze. Il consumatore chiede che i suoi desideri vengano riconosciuti e che abbiano una adeguata risposta. Non vuole più essere considerato solo un mero numero o segmento nella quota di mercato, una astratta entità quantitativa sociale, ma aspira ad essere apprezzato come un individuo con tanto di emozioni, passioni, e raziocinio. Vuole essere informato, conosce i propri diritti e decide a chi assegnare le proprie preferenze in base a fattori come: nozioni complete sul prodotto, genuinità, affidabilità ed efficienza, provenienza, sicurezza e modalità d’uso. In poche parole sembra quasi silenziosamente chiedere un contatto diretto con il brand , una esperienza ravvicinata attiva e positiva con il prodotto. E’ fondamentale dunque e consequenziale che alla luce di ciò anche le imprese trasformino le loro tattiche e strategie di marketing e adeguino le tecniche e gli strumenti di comunicazione ai nuovi mercati ed ai nuovi scenari che si profilano all’orizzonte.
Innovazione è la parola d'ordine. Innovare ossia differenziare anche e soprattutto le funzioni, i paradigmi, le attività e le iniziative di marketing e di comunicazione per essere più attuali, più vicini ai nuovi consumatori.
Nella mar-com e business community le vie del marketing e della comunicazione sono (quasi) infinite.
E soprattutto in questi anni di profonde e sostanziali evoluzioni di queste stesse discipline, non smettono di aprirsi nuovi percorsi. Logico quindi che fra tante e nuove rotte si finisca a che fare con una comunicazione ed un marketing diversi, definiti non convenzionali. Tra gli addetti ai lavori sono intesi come marketing e comunicazione alternativi, inusuali, innovativi, creativi, fuori dai canoni e dagli schemi tradizionali, insomma originali, e sono percepiti, talvolta, come addirittura estremi. Non disturbano, sono poco invasivi , sono attraenti, stupiscono e si fanno notare e ricordare moltissimo. Il vecchio marketing e la vetusta comunicazione R.I.P (riposano in pace).
I nuovi modelli non convenzionali sono sempre più utili ed indispensabili per fronteggiare le esigenze più attuali dei consumatori che 'sentono' istanze differenti da quelle precendenti, anche di un passato molto recente, e credono in nuovi valori. E così in tempi in cui si parla di "lifetime value dei clienti", di "creazione del valore", di personalizzazione e di spettacolarizzazione, assintendo al passaggio epocale dall'Advertising all'Advertainment e del lento e graduale cambiamento dalla < customer experience > alla < human experience > molti manager aziendali preferiscono starsene nelle confortevoli sale riunioni dei piani alti a guardare tutti (clienti soprattutto) dall'alto. Senza scendere in strada. Per magari mettersi a fianco del cliente, ascoltarlo, rimettersi in discussione, cambiare. Per assecondare le aspettative ed i bisogni palesi e latenti dei nuovi 'clienti' che si delineano sulla scena. Per assecondare la società che muta nelle forme e nei contenuti: giovani informatizzati, anziani che stanno contribuendo alla crescita di un nuovo mercato, insediamenti di comunità etniche multirazziali, flussi migratori che generano nuove classi sociali, nuovi paradigmi esistenziali che danno vita a maggior disponibilità di tempo libero. Per attrarre target ormai impermeabili ai classici messaggi pubblicitari , refrattari ai più comuni mezzi e forme di comunicazione e non più segmentabili con i consueti criteri socio-demografici. Per rispondere ad una serie di fenomeni che stanno modificando il nostro modo di relazionarci con il mercato.
E' quindi inutile pensare di comunicare in modo tradizionale, in un mercato che tradizionale non è più. E' indispensabile utilizzare nuovi assets comunicazionali in modo più mirato, relazionale, esperienziale, one-to-one, one-to-each, tailor made, glocal, con investimenti ragionevoli, e in modo socio-compatibile.
Gli approcci alle innovative tecniche di comunicazione e di marketing non convenzionale si basano sullo studio "dal basso" della psicologia del target, delle leve razionali ed emozionali, dello spazio-ambiente in cui si muove, delle necessità o voluttà che lo spingono a volere e a desiderare, dei codici che ne regolano ed influenzano il comportamento ad agire, a comprare ed a consumare.
Ma in particolar modo ribaltano la strategia di approccio e la fenomenologia di relazione azienda-consumatore: non è più il consumatore che va alla azienda (entrando in negozi o ipermercati o centri commerciali), ma è l'azienda che va dal consumatore. E' il prodotto che si avvicina al suo fruitore scendendo dal piedistallo che lo ha retto per decenni, uscendo dagli scaffali e dalle vetrine. Si potrebbe affermare che è il consumatore ad attrarre il prodotto (nuova filosofia mediatica) e non viceversa (vecchia e stantia mission delle imprese marketing oriented). L'azienda, il brand ed il prodotto incontrano dunque il consumatore non solo dove egli compra, ma anche dove abita, dove si diverte e dove vive. Tendono la mano a clienti acquisiti e prospect per instaurare una relazione duratura, biunivoca ed interattiva e non un "mordi e vendi" inefficace, impalpabile e non profittevole. Per meglio capire ed assecondare le loro percezioni, preferenze, comportamenti e transazioni precedenti.
Inoltre l'imperativo contemporaneo e la nuova istanza competitiva di ogni impresa o organizzazione sono quelli di trasformarsi da "market driven" (trainate dalle sole esigenze dei consumatori) a "market driving" (rivolte a creare nuovi bisogni e di conseguenza nuovi mercati) per rispondere alle pressanti richieste di maggior qualità, di miglior servizio e di accresciuto valore per innalzare il livello di vita. Per far fronte alla nuova vision clientecentrica e rispondere a tutte queste istanze essendo attori protagonista del mercato in divenire sempre più etnicamente promiscuo, multiculturale, tecnologico ed informatizzato è indispensabile mettere in atto una nuova filosofia della comunicazione e del marketing che prevede la svolta , come afferma Alex Giordano, "dal fare comunicazione ad essere comunicazione ". E come confermo io "dal fare marketing all'essere marketing" grazie al guerrilla marketing ed alle tecniche limitrofe e complementari in tutte le loro declinazioni: ambient, street, action, buzz, grass-root, behavioral, edge, tribal, mediterraneo, viral, trojan, psicogeo, gonzo, event, black, stealth marketing & communication.
“Un non-conventional marketer”, come asserisce Mirko Pallera, “è un po’ come un cool hunter della comunicazione, un cercatore di tendenze: è sempre connesso con i blog di tutto il mondo, con la sua ‘tavola da surf’ si muove sulle onde della società postmoderna; non segue le strade già percorse, ma crea nuove opportunità per le aziende. Per questo ci vogliono capacità critica, flessibilità, curiosità e aggiornamento costante su tutti i nuovi trend”.
Il guerrilla marketing nella sua espressione mediterranea sa che la tendenza del consumo postmoderno è quella verso una sorta di “ri-radicamento” sul territorio, attraverso la ricerca di radici e legami sociali. Mentre il marketing americano/atlantico risponde essenzialmente a una richiesta di individualizzazione da parte dei consumatori, l’approccio mediterraneo vede soprattutto individui sempre più isolati che cercano di ristabilire un legame sociale arcaico e comunitario. Il cosiddetto Guerrilla Marketing è una filosofia più che una strategia, oppure una strategia che si regge su una certa filosofia che radicalizza i principi dei rapporti tra comunicazione e realtà. Si tratta di un tipo di marketing sensazionalista che si pone l’obiettivo di ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo. Nasce dalle controculture comunicative che sorgono negli anni ’90 e 2000 oltreoceano e in un baleno conquista tutte le latitidini e longitudini del pianeta. Si prefigge di ottenere la massima visibilità e notiziabilità, espressività sensazionale, posizionamento dell'immagine, significativo contagio e coinvolgimento del pubblico, forte motivazione, alta memorabilità e concreto approccio proattivo attraverso strumenti multimediali ed iniziative on the road a basso costo e al tempo stesso dirompenti. Stupire con novità (linguaggi, simboli, azioni) creative e con effetti sorpresa per attrarre attenzione, per farsi riconoscere ed apprezzare, per relazionare e fidelizzare. Come chiosa Andrea Natella: "La parola “guerrilla” ha un’origine ben precisa che in qualche modo spiega le radici, i mezzi e forse anche i limiti di questo modo di fare marketing. Per guerilla si fa riferimento alla resistenza dei gruppi militanti spagnoli durante l’occupazione napoleonica. I guerriglieri, inferiori per armi, mezzi e numero di uomini, combatterono sfruttando e massimizzando le risorse di cui disponevano: una migliore conoscenza del territorio, un radicato legame con la popolazione e la possibilità di contare su individui mediamente più motivati. Con tutte le metafore del caso, traslando questa situazione di guerra in un ambiente socio-economico contemporaneo è possibile intuire quali possano essere le leve del Guerrilla Marketing".
Dal marketing "invasivo" dunque al marketing "non invasivo", dal marketing dell'"interruzione" al marketing del "permesso",
dal traditional marketing al guerrilla marketing.
Il marketing tradizionale richiede costi ingenti per le proprie operazioni, quello di guerriglia investimenti modesti dando importanza al tempo, all'energia e all'immaginazione.
Il primo spesso usa la sperimentazione, naturalmente incerta e pressapochista come eufemismo dell'indovinare, il secondo invece utilizza le scienze psicologiche e sociologiche secondo le più consolidate ed attuali leggi del comportamento umano. Il primo misura i risultati sul traffico, sulle risposte e sulle vendite al prezzo lordo generate, il secondo misura risultati basati solo sul profitto. Il marketing tradizonale è appannaggio della grandi aziende nazionali o multinazionali con capacità di spesa immensa, il guerrilla è più consono, oltre che alle mega-imprese, anche alle società medio-piccole a ridotta disponibilità di budget. Il TM mira a procurarsi il maggior numero di clienti ma raramente li segue dopo che gli stessi hanno realizzato l'aquisto, mentre il GM imposta un rapporto ben più profondo e continuativo per acquisire ulteriore fiducia, consenso e fedeltà.
Il TM tende a evidenziare la concorrenza e l'estrema competitività, il GM predica la non aggressività e la cooperazione evitando i confronti e lotte con i competitor cercando nuovi territori di conquista ed aiuti dagli stessi clienti.
Ed ancora: il TM spesso (non sempre) si indirizza verso una unica strategia supportata da una unica tattica consuetudinaria, mentre il GM persegue l'uso di differenziate strategie e tattiche combinate ed innovative. Il TM indirizza i suoi messaggi ad un mass-market (grandi gruppi) soprattutto attraverso la pubblicità televisiva ed in parte quella radiofonica o a mezzo stampa; il GM mira ai singoli individui o a piccoli target grazie a differenti "media" più mirati. Il TM notoriamnete ha una visione di insieme, mentre il GM cura i minini dettagli. Il TM è orientato all'"io/me" ed il GM è proiettato sul "tu/te". Il traditional marketing si basa strutturalmente e fondamentalmente sul modello delle 4 P ( prodotto, prezzo, punto vendita, promozione), il marketing di guerriglia va oltre ed essenzialmente lavora anche sulle 4 C (cliente , costo , convenienza , comunicazione , ossia sul valore per il cliente. Che è sempre e dovunque re! Perchè come ebbe a dire Sam Walton, fondatore e presidente dei celebri magazzini Wal-Mart: "Il cliente è l'unico che può licenziarci tutti". Sam Walton fondò il colosso nella distribuzione organizzata, portandolo ad essere la più grande azienda del mondo con 176 milioni di persone che entrano nei vari supermercati della catena almeno una volta alla settimana, basato su tre principi: Rispetto per l'individuo, assecondare esoddisfare le aspettative dei clienti, dimostrare eccellenza in ogni azione ed iniziativa. Tre parametri che sono anche i fondamenti, le regole, i criteri basilari del Guerrilla Marketing. Sam Walton per questo è stato antesignano del GM.
Il marketing, nella sua accezione più generale e completa, svolge un ruolo guida nella definizione della strategia d'impresa sia essa micro o macro. Peter Drucker lo affermava già più di trent'anni fa: " Un' azienda ha solo due funzioni fondamentali: l'innovazione ed il marketing". Ma che sia Guerrilla!
Opel lancia la nuova campagna di comunicazione per avvicinare i giovani ventenni che vivono in città alla nuova Opel Corsa. La campagna europea è incentrata su attività di guerrilla e passaparola. La creatività internazionale è a cura di un'agenzia tedesca, mentre l'adattamento italiano è di McCann Worldgroup.
Per riflettere lo spirito e l'essenza dei giovani Opel ha ingaggiato l'artista tedesco Boris Hoppek che ha creato i C.M.O.N.S., cinque pupazzi, ciascuno con una sua personalità e storia, che riflettono diversi profili psicografici dei ventenni (White, Moo, Blue, Red e Cherri) e nascono a Barcellona.
Una campagna di guerrilla marketing e PR ha caratterizzato la prima fase della comunicazione per creare credibilità e generare passaparola sui C.M.O.N.S. Durante l’estate i C.M.O.N.S hanno invaso le città europee con adesivi sistemati su vari arredi urbani, mentre cartoline promozionali con i C.M.O.N.S sono state distribuite in diversi tipi di locali. E' stato realizzato un micro-sito privo di brand (www.thecmons.com) che ha dato il via alla fase teaser e i contenuti della campagna sono stati inseriti anche su spazi web gestiti dagli utenti, come Myspace.com e YouTube.com, e sugli schermi di telefonini e pc grazie a pacchetti tematici realizzati MSN Messenger. L'attività di guerrilla ha interessato anche le testate di tendenza.
La campagna pan-europea ha inoltre previsto concorsi radio in Germania, Francia e Spagna e partnership con testate online in tutti i paesi. In Italia è stato promosso un concorso online che ha messo in palio due week-end a Bologna per otto persone in occasione dell’MTV Day del 16 settembre, con possibilità di accedere all’area Vip.
MTV è un partner strategico di Opel. MTV Under The Radar, realizzato da MTVNI Creative, è un ‘rockumentario’ che racconta la carriera dei The C.M.O.N.S. in quattro mini-video da un minuto ciascuno, presenti anche sul sito ufficiale (www.mtvutr.com). A completamento della partnership, Opel sarà main sponsor degli MTV European Music Awards il prossimo 2 novembre a Copenhagen e la nuova Corsa sarà l’auto ufficiale dell’evento e l’oggetto di una promozione pan-europea che si svolgerà a ottobre 2006.
Una campagna above-the-line con i C.M.O.N.S. come protagonisti prenderà il via nei sette paesi chiave. La campagna presenterà la nuova Opel Corsa a un pubblico più ampio e di tendenza del tradizionale.
Se i giovani hanno alzato barriere di disinteresse e di diffidenza verso la pubblicità e, sopratutto passano il loro tempo a fare altre cose (a scapito della fruizione della TV), la comunicazione cerca di raggiungerli là dove passano il loro tempo libero.
I videogames sono sicuramente uno dei concorrenti più temibili (in termini di quota di tempo libero e di attenzione) della TV. Negli USA oltre il 70 per cento dei maschi della fascia d'età 18-34 si diverte coi videogiochi e dedica loro 12,5 ore la settimana - rispetto alle 10 o meno che passa di fronte alla TV.
E quello che era un passatempo prettamente maschile sta rapidamente trovando nuovi clienti nel pubblico femminile.
Il videogame crea nel giocatore un forte coinvolgimento ed un indebolimento delle barriere razionali, di filtro, verso i messaggi pubblicitari.
A condizione quindi che il messaggio comunicazionale non sia eccessivamente intrusivo e, sopratutto, non interrompa il fruire del gioco, posizionare la propria pubblicità in questi mondi virtuali può rivelarsi una strategia interessante... e già il mercato, in termini di investimenti, si prospetta abbastanza ricco.
Roberto Venturini