La seconda trimestrale 2018 di Facebook ha mostrato, per la prima volta, segnali di rallentamento dell’impero Zuckerberg in termini di ricavi e utenti. Pur raggiungendo2,2 miliardi di personeogni mese, negli ultimi tre mesi si è registrato un calo in Europa sia degli utenti giornalieri (-3 milioni) che mensili (-1 milione).
Per capire cosa sta succedendo in Italia, ad un anno dalla mia ultima rilevazione, condivido a beneficio di tutti i dati disponibili sulla sua ampiezza.
Lo strumento nativo di advertising segnala 31 milioni di account potenzialmente raggiungibili. Una penetrazione di circa il 91% se si considera che gli utenti mensili di internet sono stimati in circa 34 milioni (Audiweb).
Secondo le mie stime nel giorno medio sono 25 milioni gli italiani che visitano il social network. In mobilità lo usano quasi la totalità: almeno 29 milioni una volta al mese e 24 milioni quotidianamente.
Come sta cambiando la composizione demografica degli iscritti a Facebook in Italia? Oggi il 58% degli utenti ha più di 35 anni. La fascia con più utenti è quella 35-46 con 6,7 milioni di iscritti. Interrogando lo strumento di advertising emerge chiaramente la drastica diminuzione dei giovani (non è detto che si siano disiscritti, ma potrebbero non essere stati attivi e quindi non considerati dal tool come raggiungibili dalla pubblicità).
Considerando la fascia 13-29 il calo, rispetto allo scorso anno, è di 2 milioni di persone. In particolare i 13-18enni diminuiscono del 40%, i 19-24enni del 17%, i 25-29 del 12%. Calano anche i 30-35enni e i 36-45enni. A crescere solo le fasce più avanzate: quella dei 46-55enni e quella degli ultra 55enni che fa un salto del 17%.
La mutazione di Facebook mi sembra irreversibile. E’ sempre il centro commerciale più grande del paese, ma per i giovanissimi non è più la prima destinazione social, mentre per i più maturi rimane il luogo nel quale intrattenere relazioni e apprendere informazioni.
Per ulteriori statistiche sui social media in Italia vi consiglio di tenere d’occhio la pagina dedicata dell’Osservatorio Social Media in Italia.
Snapchat dichiara di avere 188 milioni di persone che usano l’app quotidianamente e che accedono, in media, 20 volte al giorno. Le nazioni con più “Snapchatter” sono gli Stati Uniti e il Canada con 93 milioni e l’Europa con 73 milioni. Per capire qual è la situazione in Italia ho dato un’occhiata alle informazioni direachriportate utilizzando lo strumento diadvertisingdella piattaforma.
Quanti sono gli utenti italiani di Snapchat?
Gli italiani che usano Snapchat sono circa 2,5 milioni. Un dato non entusiasmante sia se lo si rapporta allo scorso anno, quando erano 2 milioni, sia se lo si confronta con nazioni simili alla nostra. Ad esempio in Spagna, dove la popolazione internet è inferiore a quella italiana, Snapchat raggiunge 4 milioni di individui. La Francia, che ha una popolazione simile alla nostra, ha la più alta presenza di Snapchatter del continente: 17,5 milioni.
Qual è la composizione demografica degli italiani su Snapchat?
Il 60% degli italiani su Snapchat sono donne (1,5 milioni) mentre gli uomini coprono il restante 40% (1 milione). Questa è la prima peculiarità del servizio, visto che suInstagramsi ha una leggera prevalenza delle donne, mentre suFacebookaccade l’opposto.
La seconda peculiarità riguarda la prevalenza dei teenager dai 13 ai 18 anni che rappresentano il 39% degli iscritti italiani.Nè in Instagram, né in Facebook si riscontra questa situazione, anche se stiamo parlando di circa 1,1 milione di ragazzi. L’altro gruppo che ha una presenza percentuale importante è quello della fascia 19-24 che rappresenta il 33% degli utenti raggiungibili. Seguono i 25-29enni al 13,5%. I 30-35enni sono solo il 4% mentre tutti gli altri sono il 10,5% (da notare che il sistema non fornisce dati sui più anziani e ciò è un’ulteriore conferma della sua focalizzazione sul pubblico giovane).
In definitiva Snapchat in Italia può essere considerato uno stimolante terreno di comunicazione, ma non per tutte le aziende.Sicuramente i brand che vogliono parlare ad un pubblico giovane farebbero bene ad iniziare a comprendere i codici comunicativi degli Snapchatter e ad utilizzarli nelle loro sperimentazioni. Tutti gli altri, che magari non hanno risorse adeguate, farebbero bene a massimizzare gli sforzi sugli altri social media.
Per rimanere sempre aggiornati sulle statistiche riguardanti i social media in Italia vi consiglio di tenere d’occhio la pagina dell’Osservatorio Social Media, mentre per i dati internazionali c’è “Social Media Statistics“.
Nonostante il grande e continuo lavoro, diretto e con influencer di ogni sorta, da parte dei brand,Googlestrapazza ancora i social media quando si tratta di portare traffico ai siti web del lusso. È quanto emerge dal report ‘Luxury Brands Online 2018’ redatto dall’agenziaPmxche ha analizzato i comportamenti online dei consumatori americani. I motori di ricerca, infatti, rappresentano il 49,7% delle fonti di traffico ai siti web dei marchi del lusso (questi, non solo americani), e oltre il 95% di questa fetta di torta riguarda Google. Il 21,4% del traffico deriva da siti di shopping online (5,4% dai department store), in primisAmazonseguito daMacy’seEbay. Il 3,3% dei navigatori virtuali approda ai siti dei marchi del lusso attraverso i servizi via email. A sorpresa solo il 5,9% del traffico deriva dai social network e appena lo 0,2% da Instagram, superato da Facebook (2,5%), YouTube (1,9%), Reddit (0,3%).
Questo limitato apporto al traffico del sito risalta ancor più se confrontato con i tassi di crescita dell’ingaggio social. Sempre secondo il report, nell’ultimo anno i social network hanno visto un incremento del 20% dei luxury social media follower. Combinando Instagram, Facebook e Twitter, gli oltre 90 fashion brand presi in considerazione dal report Pmx contano oltre 677 milioni di likes e follower, nel 2017 erano 564. Instagram, in particolare, vanta una crescita annua del 23% a 346 milioni. Il social network fotografico si conferma un ottimo strumento di engagement; delle oltre 1 miliardo di interazioni con i luxury brand il 95% deriva proprio da Instagram mentre Facebook si ferma appena al 4 per cento.
Questo distonico andamento tra traffico social e traffico web, tuttavia, non è detto si traduca in un effetto ‘spiazzamento’ sul fronte delle vendite online. Vero è che dopo la visita al sito web di un luxury brand il campione americano esaminato da Pmx visita un sito di shopping (38,9%) oppure si rivolge a un motore di ricerca (17,3%), un social network (6,5%, in primis Facebook e YouTube), oppure Amazon (2,4%). Ma gli strumenti attuali puntano a favorire sempre più il passaggio diretto dal social media alla piattaforma e-commerce, non necessariamente attraverso il sito web del marchio.
Con l’arrivo della funzioneShopping, Instagram si appresta a diventare ilPostalmarketdella rete, annichilendo le aspirazioni di Pinterest e dando del filo da torcere ad Amazon e eBay .
Shopping nelle Storie Da oggi le aziende, piccole e grandi, potranno inserire all’interno delle Storie un adesivo contenente un link ad una pagina con la descrizione del prodotto. Da qui l’utente potrà procedere all’acquisto andando sul sito del brand. I marketer potranno monitorare, negli Insights, il numero di click sullo sticker e quelli verso il loro sito. La funzione, testata da giugno, è stata già usata mediamente da 90 milioni di persone al mese.
Shopping in Esplora Viene anche inaugurato un nuovo canale Shopping nella sezione Esplora dell’applicazione (in attesa di un app dedicata che sarebbe in sviluppo). In pratica raccoglierà i post contenenti il tag di Shopping provenienti dagli account seguiti o da quelli consigliati dall’algoritmo secondo le nostre abitudini di utilizzo del social medium.
In definitiva l’app di Kevin Systrom vuole dimostrare ai 25 milioni di profili business iscritti, e non solo, che è in grado di portare traffico gratuito e acquirenti verso i loro siti. Presto però, come già accaduto con Facebook e come è fisiologico che sia, ci si renderà conto che senza un adeguato supporto pubblicitario non basterà usare uno sticker per ottenere conversioni. Ovviamente il consiglio, soprattutto alle piccole imprese, è di non cedere alla facile tentazioni di appaltare la community ad Instagram, ma di lavorare per costruirla sul proprio terreno.
Da qualche tempo ormai, si sta parlando delsorpasso di Instagram su Facebook.
I Millennials hanno già ampiamente dimostrato di preferire il social del visual storytelling per eccellenza a quello che è diventato Facebook, una sorta di repository di informazioni di nessun valore per le nostre vite (sede di lamentele, polemiche e commenti gratuiti), fake news, inserzioni pubblicitarie mal targettizzate e condivisioni di contenuti virali quanto anonimi.
Perché Instagram piace più di Facebook?
Così, mentre Facebook arranca, Instagram attira sempre più pubblico. Perché? Per svariati motivi.
In primis, perché siamo tutti per natura edonisti per cui apprezziamo le cose belle (una bella fotografia, una gallery armoniosa o un invidiabile stile di vita – che, anche se di plastica, ci è d’ispirazione). Oltre a questo ci siamo tutti un po’ stancati di leggere cavolate qua e là e quindi preferiamo che siano le immagini a parlare; del resto, l’interpretazione personale che noi facciamo di una determinata immagine e le emozioni intime che questa ci suscita, rappresentano un’esperienza di gran lunga più coinvolgente di quella che faremmo leggendo le dozzinali riflessioni di qualcun altro. Inoltre, Instagram risulta molto meno invadente del fratello poiché manca di tutti quegli aspetti che, a lungo andare, diventano fastidiosi, ad esempio il pulsante per la condivisione, limitando così lo spam isterico di notizie non sempre meritevoli di essere condivise.
Per tutte queste ragioni – e perché i due social network sono figli dello stesso padre –Facebook punta nuovamente ad assomigliare un po’ di più a Instagram, testando la Visualizzazione griglia e implementando un nuovo strumento dedicato all’Influencer Marketing.
Facebook testa la Visualizzazione griglia
Nella versione desktop, potrete notare la comparsa di un’opzione alternativa alla classica “Visualizzazione lista”, ovvero la “Visualizzazione griglia”: un nuovo modo di visualizzare i post del profilo, suddividendoli in griglie di immagini quadrate (o card, in caso di contenuti di solo testo)… proprio come Instagram.
Dopo aver fatto un copia/incolla della funzione Stories (senza troppo successo),Facebook dimostra ancora una volta di voler diventare sempre più instagrammabile, per stare al passo con i tempi e con i gusti dei Millennials.
In ogni caso, la nuova feature non è stata ancora ufficializzata e potrebbe rimanere uno dei tanti test a cui periodicamente viene sottoposta la piattaforma.
Facebook punta sull’Influencer Marketing
Facebook alza un altro po’ l’asticella e testa uno strumento volto a facilitare la connessione tra aziende e influencer – personalità che su Facebook non sono mai risultate particolarmente di spicco. Si chiamaBranded Content Matchinged è un motore di ricerca intelligente che permette alle aziende di individuare facilmente quali creator vantano l’audience più affine al proprio target di riferimento.
Gli influencer potranno inserire all’interno della piattaforma tutte le informazioni necessarie a stilarne un profilo preciso (collaborazioni migliori, numero fan, …) volto ad alimentare ildatabase di creator interno a Facebook. Le aziende potranno autonomamente accedere a questi profili, selezionandoli per caratteristiche d’interesse (età, genere, stato sentimentale, livello di studio, …) e ottenere subito una lista dei creator più affini al proprio target di riferimento. Per ogni creator sarà visibile anche il tasso di engagement e le visualizzazioni dei propri video in media per facilitare la scelta dell’influencer ideale da parte dell’azienda, in base agli obiettivi di comunicazione.
Questo tipo di strumento dà la possibilità a Facebook di sfruttare la nuova forma pubblicitaria dell’Influencer Marketing(che attualmente riscuote più successo rispetto alle classiche inserzioni) per aumentare l’attrattiva della propria piattaforma per gli inserzionisti.
Inizialmente, lo strumento sarà utilizzabile solo su Facebook… furbacchione di un Mark!
Se ti dicessimo che è possibileportare il tuo account Instagram da poche centinaia a migliaia di follower in meno di un anno, cosa penseresti? Forse immagineresti l’account di qualche Influencer diventato all’improvviso popolare. Invece, ci sono molti profili business che riescono nell’impresa, grazie a contenuti coinvolgenti e coerenti.
Come riescono nell’impresa queste aziende? Per far crescere la propria communitynon puntano (solo) sull’advertising. Ragionando sulla natura di Instagram e su quello che gli utenti si aspettano di vedere, puntano su contenuti in linea con il loro lavoro, tratti dal mondo della grafica, dell’arte, dell’illustrazione e della moda.
Questo non significa che l’advertising non serva, ma ci insegna come adottare una digital strategy efficace possa dare risultati altrettanto importanti.
Ecco quindi alcuni suggerimenti importanti per impostare al meglio la tua strategia sul social visuale per eccellenza, quello su cui oggi non puoi proprio mancare.
Immagine, composizione e tema
Ilsoggettodell’immagine,lo stile e la composizionesono elementi cruciali per il tuo feed. Lo è ancora di piùil colore.
Un tema cromatico, applicato a ogni fotografia, crea una piacevole esperienza visiva per chi scorre il tuo feed, e costringe gli utenti aguardare l’insieme, e a non soffermarsi sulla singola immagine.
Certo, mantenere una certa coerenza estetica ti richiederà del tempo. Ti serviranno non più diqualche ora a settimana per pianificareil flusso del tuo feed, e ragionare su blocchi di post che renderanno riconoscibile il tuo account.
Tone of voice e didascalie
Le didascalie delle foto, lo sappiamo, permettono di contestualizzare e attribuire un significato all’immagine. E questa regola non scritta vale soprattutto nei casi in cui si cura un feed con immagini di altri.
Nel caso di una rivista ad esempio, si può mantenere untone of voice amichevole, che dia risalto ai protagonisti degli articoli condivisi, ma mantenendo unostile informativo, orientato all’approfondimento.
La scelta migliore sono didascalie sintetiche, che includano icredit etagghino le persone ritratte.
Ovviamente puoi sperimentare anche didascalie più lunghe. Testa etrova il formato più adatto al tuo target.
Tag e hashtag
Glihashtagsono fondamentali permassimizzare la copertura di un post. Quando un post utilizza un hashtag, diventa visibile all’interno del flusso legato a quel determinato hashtag, tanto più se riesce a ottenerele prime posizioni del feed.
Pochi, tanti, quanti hashtag dovresti usare? Per fare in modo che gli hashtag siano efficaci all’awareness del tuo account, ti consigliamo di identificarne almeno 50 e non oltre il centinaio, per iniziare,di dimensioni diverse, evitando di usarli tutti insieme e di usare sempre gli stessi.
Insomma il giusto mix prevedeun uso moderato e variegato di hashtag, con dimensioni diverse, ovvero di 1M, 500k, 250k, 10k, 2k, 900 post, ecc. Scoprire quanti post sono associati a un hashtag è semplicissimo. Basta digitare#seguito dalla parola chiave che ti interessa, e il motore di ricerca interno a Instagram ti mostrerà quante persone, hashtag o luoghi sono collegati alla parola chiave.
Costanza nella pubblicazione
Per aumentare il numero di follower è importantepostare con frequenza e costanza. Quando un feed è silente o ha una scarsa attività, potrebbe perdere follower o avere un engagement estremamente basso.
Per ottenere dati attendibili sul rendimento dell’account, prova ad esempio a pubblicare due volte al giorno, sei volte alla settimana, e poi riduci la pubblicazione a un post al giorno. Infine diminuisci il numero di giorni nei quali pubblicare.
Per occupare il primo posto, restarci, ed essere fonte d’ispirazione per gli utenti, la chiave è lavorare a tutti gli elementi che abbiamo affrontato finora.
Qualche altro consiglio?Cura il tuo avatar e la bio, personalizza e condividi il tuonametag,partecipa alla vita della community, e non dimenticare dimisurare il rendimento dell’attività, per capire in che modo migliorare la tua strategia visual su Instagram.
L'influencer marketing è entrato nella sua fase di maturità, ormai legittimato come una delle possibili leve di comunicazione aziendale. Quella che permette di raggiungere pubblici impermeabili agli stimoli tradizionali, attraverso il coinvolgimento di connettori credibili.
Ma la maturità porta con se diverse sfide. La più importante è quella della misurazione. Le aziende si sono accorte che non basta usare le metriche imposte dalle piattaforme social (prima i fan e i follower, poi l’engagement) per misurare l’impatto delle campagne di influencer marketing. C’è bisogno di un approccio più strategico alla misurazione che parta dagli obiettivi di business e consideri metriche di business. Dopo un anno di ricercheBuzzooleè riuscita – con in collaborazione con Nielsen – a sviluppare un set di metriche e un approccio nuovo in grado di aiutare le aziende a vincere la sfida della misurazione e il settore a maturare.
Due nuove metriche: True Reach e Ad Recall True Reach indica il numero di persone raggiunte dai contenuti prodotti da una campagna di influencer marketing sui diversi canali utilizzati. Questa metrica rappresenta un’innovazione perché permette di stimare la reach anche per quei mezzi che non forniscono nativamente questo dato. Infatti mentre per le attività svolte su Facebook e Instagram questo valore è preciso perché fornito dalle stesse piattaforme, sugli altri mezzi non sarebbe possibile calcolarlo. Ma grazie ad un algoritmo messo a punto da Buzzoole in collaborazione con Nielsen, ora si può avere una estensione a tutti i mezzi del numero degli account raggiunti dalla comunicazione.
Ad Recallè una nuova metrica che stima la percentuale delle persone raggiunte da una campagna di influencer marketing che ricordano di averla vista. Molto utile per scoprire se essa ha fatto breccia nella mente delle persone al di là delle interazioni generate.
I due algoritmi si basano sul confronto tra i principali indicatori delle performance dei social media (il numero dei follower, la frequenza dei post, il tasso di coinvolgimento) con le informazioni raccolte attraverso sondaggi periodici veicolati ai fan/follower iscritti a differenti social media.
Digital Brand Effect Oltre alle metriche descritte i brand interessati possono richiedere la produzione ad hoc di uno studio di “Brand Effect” per approfondire l’effetto di una campagna, secondo diversi KPI di “brand uplift” mediante interviste somministrate a due gruppi: uno di esposti e uno di non esposti. Da questo confronto emergerà il reale contributo della comunicazione su una serie di KPI detti primari (Top of Mind, Awareness spontanea e sollecitata) e secondari (Favourability, Recommendation, Intention to buy). I primi risultati mostrano che le campagne di influencer marketing determinano un impatto positivo su tutti i KPI, soprattutto su quelli secondari, con incrementi tra i 15 e i 20 punti percentuali, passando dal gruppo di non esposti a quello di esposti.
Facebook Watch, la Tv di Zuckerberg che prova a battere YouTube, arriva in Italia e in tutti i paesi del modo, dopo un anno di sperimentazione (visibile da desktop, mobile e Facebook Lite). I dati mostrano che già400 milioni di personevisitano ogni mese la nuova sezione e 75 milioni lo fanno ogni giorno, rimanendo a guardare video per 25 minuti. Il social network ha anche annunciato la disponibilità globale di Ad Break, un formato pubblicitario di inserzioni nei video da 15 secondi, che dovrebbe permettere agli inserzionisti di pianificare i propri spot pubblicitari e ai creator di monetizzare i propri sforzi.
Mentre in UK/US sono già disponibili i primi prodotti professionali chiamati Facebook Watch Originals (Five Points, Huda Boss, Sorry for Your Loss, Sacred Lies, Confetti, Red Table Talk),in Italia accedendo allasezione Watchsi vedrà una semplice lista di video pescati dalle pagine alle quali si è iscritto l’utente e anche da altre secondo un criterio di engagement ottenuto. Facebook sicuramente nel 2019 investirà molto nella creazione di contenuti originali in altri paesi, nell’offerta di opportunità di monetizzazione per i creator (per rubarli alla concorrenza) e di sponsorizzazione per i brand, ma la strada per diventare lo YouTube-Killer è ancora tutta in salita.
Le Instagram Stories sono ormai entrate a far parte della quotidianità di tutti noi: circa400 milioni di utenticondividono le proprie Storie ogni giorno, chi per comunicare delle informazioni, chi per mostrare quegli attimi di vita strategici che servono a consacrare un determinato stile di vita e chi per mettere in pratica le proprie velleità creative.
Per i brand non è semplice emergere e farsi ascoltare in una realtà così caotica, in cuiil tool di content creation- le Stories appunto - appiattisce ulteriormente la differenza tra creator professionista e amatoriale.
In realtà, da un’analisi sulle performance delle Instagram Stories, effettuata dalle aziendeBuffereDelmondo, risulta che le Stories più semplici ed efficaci, la cui decodifica risulta immediata, riscuotono più successo rispetto a prodotti professionali di una superiore complessità semantica.
Quindi, le parole chiave che determinano l’efficacia di una Instagram Stories sonosemplicitàecreatività.
Ecco, di seguito, qualchetrucco di designper dare alle vostre Instagram Stories una possibilità in più difarsi notare (e ricordare).
Create uno sfondo a colore pieno per far risaltare le call to action
La sequenza di Instagram Stories - che, per tornare allo studio di Buffer e Delmondo, dovrebbe essere composta danon più di sette frame per mantenere alta l’attenzione dei viewers- dovrebbe mantenere sempre una certa coerenza estetica.
Per questo, qualora ci fosse la necessità di “interrompere” il flusso di immagini con una call to action, vi suggeriamo di determinare il colore dominante della palette utilizzata nella sequenza e creare, sulla base di questo, un background a colore pieno su cui scrivere il proprio testo.
Usate la stessa palette delle immagini di sfondo per creare originali background per il testo
Al di là dei27 colori basiciche offre, di default, la palette di Instagram, è possibilecampionare dalla fotografiainserita in Stories attraverso lo strumento contagocce.
In questo modo è possibile creare sfondi per il testo personalizzati e in armonia con l’immagine di background, o anche semplicemente agire sul colore delle lettere.
Date ai vostri testi un effetto tridimensionale
Non esiste una funzione specifica per aggiungere ombre ai testi e renderli, quindi, tridimensionali. Tuttavia, è possibile ottenere questo effetto attraverso qualche semplice passaggio.
La prima cosa da fare è scrivere una determinata parola del colore che vorremmo avesse la sua ombra (es. nero) e poi riscrivere la stessa parola in un colore differente, andando asovrapporla alla precedente, posizionandola leggermente spostata di lato rispetto alla prima. In questo modo, il colore della parola sottostante donerà l’effetto di profondità desiderato.
Sapete che è possibile animare i vostri font? Per farlo è necessario scaricarel’app Hype Type.
Dall’app è possibile fare direttamente le Instagram Stories e poi aggiungere il testo animato.
Nell’applicazione è possibile trovare diversi stili di testo animato tra cui scegliere, perciò, se non avete la possibilità di realizzare delle animazioni ad hoc per i vostri contenuti di brand, Hype Type vi offre un valido aiuto!
Creare l’effetto arcobaleno
Creare le scritte con effetto arcobaleno non richiede il download di nessuna app esterna e, di per sé, è un’operazione molto semplice, tuttavia richiede un po’ di pratica.
Una volta scritta la vostra parola /frase, selezionatela, mantenete un dito sul cursore del testo e, con l’altro dito, posizionatevi dove vedere il pallino di colore viola. A questo punto, dovrebbe essere disponibile l’intera palette colori:muovete simultaneamente le due dita, l’una sulle varie lettere e l’altra attraverso lo spettro colori. Vedrete che le lettere cambieranno man mano colore!
Usate con cura hashtag e localizzazione
Ora che sapete come rendere più belle e distintive le vostre Stories,parliamo anche di come renderle performanti, aumentando la reach attraverso l’uso deglihashtag.
Come saprete, è fondamentale inserirehashtag, tag o locationall’interno delle vostre storie, per renderle visibili anche a chi non fa parte della vostra cerchia di follower.
Tuttavia, non è consigliato inquinare visivamente i propri contenuti con una serie di hashtag: la soluzione èrendere gli hashtag invisibili.
Farlo è davvero molto semplice: basta inserire l’elenco di hashtag all’interno del contenuto sotto forma di testo e colorarlo dello stesso colore di una parte della propria immagine di sfondo, campionandola (es. il cielo).
A questo punto,diminuendo al massimo il corpo del testo e spostando il blocco di hashtag nel punto campionato, noterete che saranno pressoché invisibili.
Nel 2019 le Instagram Stories rimarranno parte essenziale delle vostre strategie di comunicazione su Instagram, pertanto spendete del tempo a pensare a come incrementare la qualità e l’efficacia dei vostri contenuti e, soprattutto, distinguetevi - rimanendo sempreup to datesugli ultimi trend.
LinkedIn ha562 milioni di iscritti(non utenti attivi) che oltre a cercare lavoro condividono contenuti la cui visibilità viene determinata da un algoritmo. Come nel caso di Facebookla formulaè segreta, ma le caratteristiche principali possono essere colte leggendo i diversi pezzi di informazione che vengono disseminati dagli ingegneri nei blog ufficiali.
L’approccio scelto da LinkedIn per determinare la visibilità dei contenuti è ibrido, uomo macchina, e consta di diverse fasi, supportate da un’infrastruttura chiamataFollowFeed(che ha sostituito Sensei).
All’atto della pubblicazione ogni post viene classificato automaticamente dal software come “spam”, “low-quality” o “clear”, in appena 200 millisecondi. Poi il sistema tiene sotto osservazione il contenuto per vedere come viene accolto dalla community. Quanti raggiunge, quanti e quali membri interagiscono, i tempi e le quantità di reazioni (like, commenti, condivisioni), quanti lo segnalano e lo nascondono. Le segnalazioni di bassa qualità di un post possono essere fatte da chiunque e vengono analizzate in tempo reale. Se raggiungono un numero elevato vengono smistate ad un gruppo di dipendenti LinkedIn per una revisione ulteriore (come nel caso di Facebook essa si basa su linee guida conosciute, dette Community Standard, e casistiche reali che non vengono rivelate). A seguito di questo processo di analisi l’algoritmo (potenziato da tecniche dimachine learning) decide se il contenuto può essere fatto circolare liberamente o se deve subire limitazioni di visibilità più o meno estese (può essere reso invisibile in tutta la piattaforma, solo nel feed principale, fino ad arrivare alla sospensione dell’autore).
L’algoritmo di LinkedIn, al momento, risulta essere meno sofisticato di quello diFacebook. Ad esempionon tiene conto del tempo di lettura di un post(al fine di determinarne l’interesse suscitato),della freschezza, dell’affinità tra autore e lettore.
Ovviamente la formula viene continuamente modificata al fine di individuare il giusto equilibrio che consenta di aumentare la frequenza di accesso e i tempi di permanenza online degli iscritti, preservando la qualità dei contenuti. Inoltre, come su Facebook, ognuno di noi può correggere l’algoritmo intervenendo proattivamente sul news feed.
Consigli per migliorare il feed di LinkedIn
Eliminare i contatti aggiunti senza una motivazione professionale. Io aggiungo solo le persone conosciute ed eventualmente seguo quelle in linea col mio lavoro;
Smettere di seguire i contatti che producono contenuti poco interessanti
Nascondere i post non in linea con i vostri interessi
Usare l’opzione “Migliora il mio feed” per scegliere le persone e gli hashtag tematici che vorreste vedere nel flusso di notizie
Quali contenuti funzionano su LinkedIn?
I testi lunghi su LinkedIn vengono apprezzati, soprattutto quelli che generano commenti, facendo leva su temi caldi o sulla richiesta di suggerimenti alla community;
L’uso di strumenti nativi per postare, come la piattaforma interna di LinkedIn, può garantire migliori performance rispetto ad un semplice link ad un blog;
Arricchire il testo con molte immagini aiuta a catturare l’attenzione (unostudioha verificato che 8 immagini determinano il più alto numero di interazioni);
I link a contenuti video esterni non vengono premiati dall’algoritmo (YouTube, Vimeo, TED);
Questi sono solo alcuni consigli frutto della mia esperienza e di studi empirici, ma alla base del coinvolgimento c’è soprattutto la capacità di condividere contenuti professionali di valore per il proprio network. Cosa che sarebbe semplice se esso fosse omogeneo in termini di interessi, invecesu LinkedIn la rete è il risultato di stratificazioni successive (meramente dipendenti dai lavori svolti) e di aggiunte acritiche.
Il rischio più grande che vedo all’orizzonte è che LinkedIn finisca per trasformarsi in Facebook sia per volontà del management(attento a premiare soprattutto l’engagement),che per attitudine dei suoi utenti(a pubblicare post anche più personali) .