Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Eli (del 06/10/2005 @ 07:56:50, in Internet, linkato 1727 volte)
Entro fine Ottobre ci dovrebbe essere l’atteso debutto del Portale Nazionale del Turismo www.italia.it che ha come il divario creatosi con gli altri Paesi che, avendo recepito prima di noi l'importanza della Rete per orientare i flussi turistici, hanno da tempo un portale turistico nazionale.Il portale si configurerà come una nazionale, in grado di informare e promuovere l’offerta italiana ne mondo, offrendo eventualmente la possibilità di prenotare alcune strutture.Inizialmente saranno messe on-line le prime 10.000 pagine in quattro lingue (italiano, tedesco, inglese e francese) entro fine ottobre-inizio novembre e tra la fine dell'anno e l'inizio del 2006 anche in cinese, russo e spagnolo per un totale di 40-50.000 pagine.Desta stupore il costo dell’iniziativa, che avrà un costo stimato di 45 milioni di Euro,20 per lo sviluppo del portale e 25 per azioni di cofinanziamento sui contenuti digitali.Stanca ha riconosciuto che oltre la metà dei 200 milioni di “'navigatori” europei consulta abitualmente i siti turistici nella preparazione di un viaggio e che turismo e viaggi sono la prima voce dell’e-Commerce mondiale, con una incidenza del 30% nel valore complessivo delle transazioni on-line ed una crescita stimata tra il 25 ed il 30% l'anno, mentre in Italia il 90% delle strutture ricettive non sono ancora accessibili attraverso i principali circuiti telematici internazionali di promozione e distribuzione.Meglio tardi che mai direbbe qualcuno, l’Italia infatti è precipitata al quinto posto nella classifica delle destinazioni turistiche, dopo Stati Uniti, Francia, Spagna, Cina. Moltissime nazioni offrono da tempo questo tipo di servizio, pur senza avere a disposizione la ricchezza artistica e naturale dell’Italia. Il costo preventivato è decisamente alto rispetto al progetto. Speriamo di non dover assistere ai soliti sprechi, oltre agli inevitabili ritardi.
Leggo su Macity un articolo che mette in discussione il sistema di royalty di iTunes. La cosa mi colpisce ancora di più perché proprio oggi ho visto una statistica dove si riportava che nel 2005 le vendite globali di musica digitale (via internet o cellulare) sono più che triplicate, riuscendo quasi a compensare il calo registrato nelle vendite su supporti tradizionali. Al MMF - Music Managers Forum di Manchester si è discusso di iTunes ma soprattutto delle royalty che spettano agli artisti e ai loro manager per ogni brano venduto online dal negozio di musica digitale dominante.I musicisti ricevono da Apple 4,5 pence (circa 7 centesimi di euro) per ogni canzone venduta attraverso iTunes, ovvero il 6% del valore commerciale in UK (79 pence), da ogni disco fisicamente venduto nei canali tradizionali gli interpreti incassano 35 pence (circa 50 centesimi di euro) ovvero il 12% di 3 sterline. (…)Un musicista dovrebbe riuscire a vendere musica per 1,5 milioni di brani digitali prima di racimolare del profitto, tolti tutti i vari costi.I manager dei musicisti non sembano particolarmente felici del fatto che i gestori dei negozi online di musica digitale abbiano assunto una rilevanza tale da riuscire a stabilire il guadagno della controparte.La proposta che viene da chi crea la musica è di rialzare al 12% del prezzo il loro guadagno, acconsentendo anche che per un periodo di incoraggiamento iniziale (2 anni) la percentuale resti a 8. Il BPI - British Phonographic Institute ritiene che il 6,5% del prezzo sia il giusto guadagno per i musicisti.Siamo già alla messa in discussione di un nuovo modello di distribuzione che sembrava aver messo d’accorti utenti e major discografiche?
Yahoo sta lanciando un "nuovo progetto" sulla falsa riga di Google, che con il suo Google Print suscitò non poche polemiche e reazioni (anhe legali, basta ricordarsi dell'Opt-out) in merito alla questione del copyright. Yahoo sta però affrontando questa impresa titanica non da sola, bensì con l'appoggio dell' Open Content Alliance (OCA), di cui fanno parte molti di quelli che criticarono aspramente il progetto Google Print. Patricia Schroeder, presidente dell'Association of American Publishers, ritiene che l'approccio mostrato da Yahoo sia molto incoraggiante. Una gran parte dell'informazione che Yahoo digitalizzerà (libri, ma anche file video, audio etc...) sarà rappresentata da materiale coperto da copyright, ma volontariamente offerto da editori ed autori, come viene riportato da David Mandelbrot, vice presidente per la ricerca di Yahoo! Inoltre al fianco di Yahoo! nel progetto di digitalizzazione ci saranno partner del calibro di Hewlett-Packard ed Adobe Systems oltre a Internet Archive, European Archive, O'Reilly Media, l'Università della California e quella di Toronto. Che ci crediate o meno l'iniziativa di Yahoo ha ricevuto il plauso del Googleplex che ritiene benvenuti tutti gli sforzi orientati a rendere l'informazione accessibile su scala mondiale. Il progetto di Yahoo è poiparticolarmente degno di nota in quanto tutta la mole di informazioni che verrà digitalizzata non sara' esclusiva di Yahoo soltanto, ma sarà liberamente accessibile da qualunque motore di ricerca.
Qualche giorno fa avevo parlato di rumors attorno ad un nuove servizio di Google per l’offerta di accessi wireless, denominato fantasiosamente Google WiFi. Oggi leggo che Google Inc. ha proposto servizi wireless per Internet gratuiti in tutta la città di San Francisco. Si tratterebbe di un’offerta per testare i servizi Internet locali via Wi-Fi, la tecnologia wireless a corto raggi, e, per fare le cose in grande, sarebbe stata estesa all’intera città.Il costo dell’operazione, secondo quanto riportato da un portavoce di Google, sarebbe interamente finanziato proprio dall’ advertising online.Ma perché Google dovrebbe interessarsi di servizi Wi-Fi? Innanzitutto per raccogliere ancora più dati sugli utenti. Nella sezione Privacy di Google Secure Access c’è scritto chiaramente che “il traffico fatto dagli utenti tramite questo programma sarà in qualche modo tracciato e diventerà materia di analisi da parte di Google” in modo da poter migliorare il servizio. Nonostante ufficialmente Google affermi di non volere diventare Wi-Fi provider il sospetto è legittimo, altrimenti perché dedicate tante risorse a questo progetto?
Ad Alex, 21 anni, serviva un'idea che potesse dargli una mano a finanziarsi le spese univrsitarie ed iniziò così a pensarci su, finchè una trovata a dir poco originale non gli balenò per la testa.
Qualche giorno fa Alex ha aperto un sito sulla cui homepage c'è solamente una griglia. Questa griglia è composta da un milione di pixel messi tutti in vendita ad un dollaro l'uno e se mai un giorno verranno acquistati tutti Alex avrà guadagnato un milione di dollari.
Le società acquistano quante celle vogliono e si pubblicizzano grazie al logo che decidono di apporvi sopra. Cliccando sulla cella si arriva direttamente sul sito dello sponsor. Alcuni hanno comprato un solo riquadro che per quanto è piccolo può riportare giusto un carattere, un segno, al massimo una bandiera. Ma che visibilità può assicurare questo strumento pubblicitario? Il sito non offre servizi e probabilmente ciò che può spingere l'utenza a visitarlo è solo la curiosità di capire che tipo di trovata è questa; ma quando cesserà di essere una novità? Personalmente mi sono domandato chi potesse essere realmente interessato ad investire anche poche centinaia di dollari in una pubblicità del genere, al che ho potuto constatare che in pochi giorni Alex ha venduto in tutto il mondo ben 197.700 pixel, per un valore di 197.700 $. Speriamo che il povero Alex risca a pagarsi quste tasse universitarie che devono essere veramente molto care...
www.milliondollarhomepage.com
Una interessante notizia che viene pubblicata quest'oggi sia da Forbes che da Red Herring in riferimento ad una collaborazione attiva tra Google e niente di meno che la NASA:
La società di ricerca su Internet Google ha annunciato di progettare una collaborazione con l'agenzia spaziale americana Nasa per la ricerca spaziale e per la costruzione di una nuova sede all'interno del centro di ricerca dell'agenzia nel cuore della Silicon Valley. Google e la National Aeronautical and Space Administration (NASA) hanno affermato di avere in programma una collaborazione su progetti di ricerca come la gestione di dati su larga scala, la nanotecnologia, esperimenti di informatica collettiva. Quest'ultimo consiste nello sfruttare, attraverso Internet, le potenzialità di migliaia o milioni di computer mentre i loro proprietari non li stanno usando, per progetti di ricerca su larga scala. Il direttore del Centro Ames della NASA G. Scott Hubbard ha detto in un comunicato che la partnership pubblica-privata offre "un'enorme gamma di potenziali benefici al programma spaziale". L'operazione prevede che Google costruisca una nuova sede all'interno del Parco di Ricerca della Nasa di Moffett Field, un'ex base aerea circondata da migliaia di società high-tech nel cuore della Silicon Valley. La superficie totale è circa il doppio di quella dell'attuale quartier generale della società nella vicina città di Mountain View, in California, dove Google si è trasferita un paio di anni fa.
Di Eli (del 29/09/2005 @ 13:41:52, in Internet, linkato 1994 volte)
Sono sempre di più le aziende che utilizzano eBay per promuovere il proprio brand con iniziative promozionali. La pluricitata (in questi ultimi post) Coca Cola ha recentemente messo all'asta esclusive bottiglie e altri oggetti ideati dal designer Chris Aire e ispirati alla nuova Coca Cola Zero, ideati dal designer Chris Aire, creando un certo clima di attesa attorno a questo nuovo prodotto. La 20th Century Fox in occasione dell’uscita nelle sale di I, Robot aveva messo in vendita su eBay un merchandising, vario, tra cui una giacca di pelle autografata da Will Smith alla modica somma di 4.600 dollari, promuovendo efficacemente il film in questione.
Recentemente inoltre una catena di fast food americana,Wendy, ha messo all’asta il pupazzo protagonista di uno spot televisivo di successo, incassato 1.700 dollari donati poi in beneficenza.
Il grande successo e utilizzo di eBay può quindi servire da “traino” per i propri prodotti o si tratta di episodi isolati e sporadici? In ogni caso sempre più spesso oggetti stravaganti messi all’asta sul sito fanno notizia in tutto il mondo.
In America ma non solo è di moda tra molti manager e professionisti affermati verificare regolarmente quante volte il proprio nome è citato nei siti internet e a che proposito. Questa tendenza è stata da qualcuno prontamente ribattezzata “Ego Surfing”, e ha come scopo quello di analizzare la propria popolarità, ma anche l’opinione della gente sull’azienda nella quale i manager lavorano, oltre ad essere un utile strumento per monitorare la concorrenza. Alcune imprese dispongono addirittura di uffici di comunicazione e pubbliche relazioni dedicate a questa attività, e la ricerca avviene all’interno di varie tipologie di siti, compresi alcuni blog.
Internet quindi diventa sempre più un importante canale non solo per comunicare ma anche per ottenere informazioni di prima mano su quello che gli utenti pensano realmente dei prodotti, sul loro gradimento e più in generale sull’immagine dell’azienda. Del resto non è una novità che da parecchio tempo ormai le aziende considerino i blog e i forum come uno strumento fondamentale per cogliere “gli umori” del proprio target, tant’è che molti uffici marketing visitano regolarmente queste pagine, a volte dichiarando la propria identità, altre fingendosi un normale utente, ma raccogliendo in ogni caso utili informazioni di prima mano.
In queste settimane su eBay è possibile trovare in vendita oggetti scampati all’uragano Katrina ma anche gadget, souvenir e T-shirt dedicati a quanto successo in quelle tragiche giornate. I venditori assicurano che il ricavato sarà utilizzato per la ricostruzione, ma il dubbio dello sciacallaggio rimane. Sempre a questo proposito sembra che due avvocati abbiano registrato il nome dell’uragano per lanciare un nuovo drink, sulla cui etichetta dovrebbe esserci una foto satellitare di Katrina. Iniziative di marketing come questa lasciano molto a desiderare, quando si cerca di trarre profitto da eventi drammatici. Il pubblico apprezzerà l’iniziativa? Secondo me no.
Dopo una battaglia lunga e dall’esito incerto la RIAA (Recording Industry Association of America) è riuscita (anche se non ufficialmente) a oscurare il sito di Winmx, uno dei software peer to peer più diffusi.
Al momento la FrontCode Technologies, titolare di Winmx, non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali per verificare se il blocco è conseguenza della diffida, ma è l’ipotesi che sembra più probabile.
Continua quindi la battaglia delle major discografiche contro lo scambio di contenuti d'autore sui siti P2P, che ha registrato lo scorso 5 settembre una sentenza di un tribunale australiano secondo il quale gli utenti di Kazaa, altro popolare sito di condivisione file, violano i diritti d'autore. Il giudice aveva anche ordinato ai titolari del software di prevenire attività di pirateria online.
I software peer to peer sono ormai ampiamente diffusi, e se da un lato l’industria discografica li vede come nemici da sconfiggere dall’altro sono comunque guardanti con interesse da operatori che li vedono come possibile “modello distributivo” per molte tipologie di contenuti, ovviamente nel rispetto delle regole e del copyright.
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