Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 23/09/2013
Ormai sono passati diversi giorni dalla fine delle vacanze e, visto che quest’anno non ho scritto nulla per congedarmi prima della pausa, torno ora con una riflessione che parte dal personale per poi andare di nuovo alla strategia e al contesto.
Non posso dire di non essermi riposato, ho passato un bel periodo al mare in piu località mentre tanta gente non è andata magari nemmeno un giorno in ferie. Mi ha fatto molto bene, ne avevo bisogno, e ho anche osservato un po’ che cosa succedeva intorno, in senso fisico e virtuale.
immagine tratta da MyTech Panorama
Quel che ho notato, da persona abituata da almeno 7-8 anni ad avere sempre al seguito dei dispositivi per connessione mobile, che quest’anno tante persone erano collegate per motivi di svago ma inevitabilmente anche di lavoro, tanto che a ogni out of office automatico seguiva quasi subito una risposta personale. Quasi tutti i giorni del mio periodo di ferie, compresi weekend, un sintomo che è sempre più difficile staccare.
Ho però notato anche che grazie all’essere sempre connessi ho scovato posti interessanti nei dintorni dove mangiare, ho trovato velocemente servizi che mi potevano servire in loco, insomma potenziato la mia esperienza di vita in quei contesti, senza dimenticare la maggiore costanza dei contatti con amici e persone care anche dall’estero. Tutto questo più che altri anni grazie al migliorare di certi strumenti e alla loro maggiore diffusione.
immagine tratta da http://blog.tagliaerbe.com
Questi due concetti, l’incapacità (impossibilità mi pare ancora troppo) di staccare e insiemel’opportunità di migliorare l’esperienza contestuale durante la vacanza mi hanno dunque fatto riflettere sul rapporto che noi abbiamo con la tecnologia che ci tiene connessi, che alla fine è unostrumento che può essere riempito da ciò che noi vogliamo metterci. I Social media ad esempio non sono altro che un contesto vuoto dove la gente mette del proprio, ma anche il pioniere dell’interfaccia grafica e del mouse Douglas Engelbart quando creò le basi per quella rivoluzione pensava che la gente avrebbe preferito usare la potenza di elaborazione dei computer per…farci ciò che voleva, al di là delle righe di comando testuali. Il problema certo è che oggi siamo esposti a una quantità di stimoli interattivi che cresce in modo spaventoso e ci segue dovunque, vanificando talvolta l’opportunità di sganciarci solo perché “non c’è rete internet e non mi porto il computer”.
E qui allora entra in gioco il tema strategico e aziendale: essere rilevanti.
Lo ha scritto, per l’ennesima volta, pochi giorni fa Brian Solis, dicendo che non bisogna cadere nella trappola della tecnologia in quanto tale (un mezzo) perdendo di vista il modo in cui possiamo essere davvero interessanti, utili, diversi dagli altri.
immagine tratta da http://bordiniuc.com/
Perché nel pieno delle mie conversazioni con gli amici dovrei dare ascolto a quanto scrive un brand su di un social? Perché nella selva delle mie app sullo smartphone devo aprire proprio la tua? E soprattutto, se domani il social su cui passo le mie ore passa di moda, tu, brand, hai investito per tenermi con te di là del mero singolo strumento utilizzato? Quanto sai davvero di me? Quanto sai interagire nel contesto in cui mi trovo, ossia il famoso so.lo.mo. I momenti vuoti in cui l’attenzione e le energie cognitive sono libere scarseggiano sempre di più, tanto che c’è chi guardando la gente alle fermate dei mezzi pubblici intente a smanettare ciascuno sul suo smartphone parla dell’avvento di un mondo di introversi.
Per tutti questi motivi, occorre una comprensione sempre più profonda dei mezzi tecnologici e una capacità insieme di pensarli in una chiave che permetta di generare, se non benessere, almeno utilità e coinvolgimento al nostro famoso “target” (ne abbiamo davvero uno solo?) che li usa. È una questione di rispetto, una grande opportunità, una sfida difficile (anche sul piano organizzativo).
Voi che ne pensate?
Gianluigi Zarantonello via InternetManagerBlog
L’Italia è più social degli USA. Lo rivela una ricerca che LiveXtension ha effettuato intersecando i dati offerti dal report Pew Research 2013 (aprile-maggio) a quelli del rapporto
Audiweb del giugno 2013. Il 75% della popolazione italiana connessa fa uso delle reti sociali contro il 72% di quella americana; tutto ciò non deve stupire più di tanto: che gli italiani fossero primi al mondo per frequentazioni di social network è ormai risaputo, Nielsen lo ha già evidenziato alla fine del 2011.
La parte interessante del rapporto LiveXtension riguarda gli utenti di età compresa tra i 50 e i 64 anni di età i quali, in Italia, sono avvezzi all’uso del social networking in ragione del 75% contro il 60% degli americani. Differenza di tutto rispetto che, benché con diversa ratio, si applica anche agli “over 64”: in questo spettro di età gli italiani attivi sono il 60% contro il 43% dei coetanei statunitensi.
I dati sono interessanti ma non giustificano entusiasmi: offrono la conferma che i social network sono ormai un fenomeno di massa anche alle nostre latitudini ma non hanno nulla a che vedere con il diffondersi della cultura digitale la quale, al netto delle difficoltà oggettive quali il digital divide, in Italia resta ancora al palo.
Come a dire che possiamo estrarre la bottiglia dal frigorifero ma che è ancora presto per stapparla.
Via IlSole24Ore.com
Ecosistema è assolutamente la parola chiave del business presente e futuro, e non solo dal punto di vista tecnologico ma anche strategico.
La fusione Nokia e Microsoft è un emblema di questi nuovi paradigmi, un matrimonio tra chi (Nokia) non ha capito che il software oggi vale quanto l’hardware e chi (Microsoft) è leader nel software ma non ha capito per tempo l’importanza di portarlo sui dispositivi mobili.
Ecosistema vuol dire anche migrare il proprio business di venditori di contenuti su di un device proprio (Amazon con Kindle Fire), creare un unico accesso a infiniti servizi (per la maggior partegratis) attraverso ogni dispositivo (Google) o creare un mondo chiuso di hardware/software/contenuti (Apple). Fino a far gridare alla “morte del web“.
Ma che cosa dovrebbe significare tutto questo per chi non nasce come azienda ad alta tecnologia? Significa, a mio avviso, capire dove si genera valore per il cliente e cercare di portare tale patrimonio dovunque sia necessario in termini tecnologici e strategici, senza rimanere agganciati ai propri schemi, anche quando si è leader. L’esempio perfetto? Blockbuster nei confronti di Netflix, ossia come scambiare il core business (vendere intrattenimento) con il modo in cui farlo (negozi fisici e videocassette). E perdere tutta la leadership in pochissimo tempo.
Quale può essere dunque la ricetta perfetta? Difficile a dirsi in poche parole ed in modo valido per tutti, ma di sicuro si deve:
1) capire se ciò che i nostri clienti vogliono (davvero) è sempre valido e se non ci sono concorrenti di tutt’altro settore che potrebbero entrare in questo business, senza sentirsi inattaccabili solo perché oggi leader. Le forze di Porter sono cambiate alla voce barriere all’ingresso, anche perché qualche volta non serve nemmeno entrare quanto creare invece un nuovo mercato.
2) capire quale/quali tecnologie possono essere la nuova frontiera, scegliendo quelle giuste e non quelle “alla moda”
3) usare le tecnologie in modo da non essere troppo dipendenti da alcuna di esse, domani potrebbero tramontare in modo repentino e dobbiamo essere attrezzati a portare il nostro valore e la nostra rilevanza su nuove situazioni senza essere schiavi di niente e nessuno
4) costruire i propri contenuti e gestire i propri dati (compresi quelli dei clienti) in prima persona e in modo quanto più liquido possibile, ossia in grado di poter essere adattati entrambi alle nuove sfide e tecnologie che arriveranno
5) vedere online e offline, digitale e fisico come pezzi di un unico puzzle, non come due mondi rigidamente separati, e agire di conseguenza anche sul piano organizzativo e della cultura aziendale.
Io trovo impressionante come negli ultimi due anni questi temi, che in realtà sono validi da molto più tempo, siano diventati urgenti, critici e allo stesso tempo ancora poco chiari alle aziende di ogni ordine e dimensione. L’opportunità che hanno i manager è enorme, tanto quanto è pesante la responsabilità di cogliere o meno il cambiamento, che può essere fatale in caso negativo, anche per il più forte player, di qualsiasi settore.
Voi che cosa ne pensate?
Gianluigi Zarantonello via InternetManagerBlog
Fotografie del 23/09/2013
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