Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 03/02/2015
Come ogni anno Scott Brinker ha pubblicato la sua Marketing Technology Landscape Supergraphicin cui rappresenta in un’unica grafica tutto il mercato delle tecnologie di marketing.

Un mercato effervescente
Come Brinker stesso sottolinea, se il numero di 1.876 aziende ancora non vi sembrasse abbastanza rilevante, nel 2014 la sua mappatura registrava “solo” 947 aziende!
Non si può quindi negare che il marketing sia ormai una disciplina ad alto tasso di tecnologia e dicomplessità, tanto da spingere sempre più aziende a strutturare i loro team in merito, ultima nel tempo Macy’s con 150 assunzioni previste sul fronte digital tecnology.
Sempre sul fronte dei dati, anche gli investimenti di marketing per canale e le priorità dei CEOsembrano confermare questo trend, mentre (contando solo il private equity) l’apporto degli investitori al settore si aggira sui 22 miliardi di dollari.
Il cliente d’altra parte ormai è digital (vedi slide sotto), per cui sono le aziende che oggi devono rincorrerlo.
I marketer diventeranno tutti informatici?
Tutto questo non va visto, secondo me, come un prevalere del tecnicismo su altri tipi di competenza, ma al contrario dovrebbe stimolare la valorizzazione della capacità di capire e vincere il mercato attraverso strumenti nuovi. Basti pensare all’importanza dell’utilizzo del dato per disegnare quella customer experience che non è certo né una nozione informatica né un tema che non ci fosse da tempo sulle scrivanie: c’è un grande impiego di tecnologia ma poi quanto deve emergere sono informazioni che guidano il business e la strategia.
Il vero approccio vincente quindi a mio avviso è costituito da una digitalizzazione crescente e diffusa nell’organizzazione, che accetta nuovi paradigmi (come quello del data driven) e che inserisce la tecnologia in modo armonico nei suoi processi, dai più tradizionali, come ad esempio il customer care, fino alle pratiche più innovative.
Ma come gestire tutto questo?
Scrive sempre Brinker: “The good news is that most of the marketing technology innovations on this landscape are designed to help marketers conquer that revolution. They’re by no means miracle transformation pills (“instant relief, just add money!”). But when applied in the service of a well-organized, strategically-sound, executive-led digital transformation effort, these technologies are your friend. They can imbue your organization with superhero powers”.
In altri termini, la tecnologia e il digital da soli non cambiano il mondo, sono qualcosa che potenzia chi lavora, non una bacchetta magica. Questo significa anche che la loro adozione e sviluppo deve essere oggetto di una governance consapevole, strategica e con un livello executive, di cui ho parlato recentemente in questo post.
E poi una cosa resta fondamentale: nessuno può farcela da solo, l’ecosistema digitale è un lavoro di team, dal contenuto fino alla piattaforma tecnologica, e quindi bisogna collaborare trasversalmente nelle organizzazioni. Il che forse è il cambiamento più grande da far digerire.
Gianluigi Zarantonello via Internetmanagerblog.com
Quanto a fiducia, l’Italia appare in controtendenza rispetto agli altri grandi Paesi europei e del mondo. Una sorprendente rilevazione che emerge dall’ultima edizione, la quindicesima, dell’Edelman Trust Barometer – la ricerca annuale che misura la fiducia e la credibilità di aziende, governi, media e NGO’s realizzata da Edelman. La fiducia è infatti caduta ai livelli della grande crisi del 2009: sotto al 50% nei due terzi di Paesi, compresi Stati Uniti, U.K., Germania e Giappone. “Gli inimmaginabili eventi del 2014 hanno fatto svanire la fiducia nelle istituzioni”, osserva Richard Edelman, presidente e CEO di Edelman. “L’epidemia di Ebola in Africa, i disastri aerei; gli arresti dei politici cinesi; le difficoltà di alcune grandi banche internazionali; i passi falsi di alcuni grandi gruppi globali, hanno minato la fiducia della gente”. In Italia invece nell’ultimo anno la fiducia è cresciuta nei confronti di tutti: governo (dal 24 al 28%), imprese (dal 45 al 53%), media (dal 40 al 48%) e NGO’s (dal 62 al 64%). Certo si tratta di percentuali molto basse in assoluto, soprattutto quella nei confronti del governo, ma il trend non lascia dubbi. Quanto alle imprese, sorprendente la forbice che si registra in Italia fra la credibilità della aziende statali (al 35%) rispetto a quella delle grandi imprese (52%) e a quelle familiari (71%), soprattutto se comparata alle media mondiale: 50% le statati, 57% le grandi, 68% le familiari.
I MOTORI DI RICERCA BATTONO I MEDIA TRADIZIONALI Per la prima volta i media tradizionali perdono la leadership nei confronti dei motori di ricerca come fonti di informazione per le notizie, con una fiducia rispettivamente al 62% contro il 64%, a livello globale. Valori ancora più accentuati in Italia: 57% dei media tradizionali contro il 69%.2 I motori di ricerca vengono utilizzati per raccogliere e comparare informazioni da fonti diverse, così come opinioni di altre persone su un determinato argomento, oppure ancora per verificare le notizie. Anche la fiducia nei media online in Italia è aumentata dal 50% nel 2014 al 61% nel 2015, interrompendo il trend negativo che registravano da anni. Un fenomeno dovuto ad un graduale processo di accettazione da parte del pubblico che è stato incoraggiato da fattori come il miglioramento della qualità di questo tipo di media, grazie agli investimenti da parte degli editori. Inoltre le abitudini in Italia stanno cambiando, i consumatori si stanno spostando dai media tradizionali come la Tv verso l’uso di Internet, la tecnologia mobile sta incoraggiando questo cambiamento. A questo si aggiungono i motori di ricerca, che incoraggiano l’utilizzo dei mezzi di informazione online.
CAMBIO DI PASSO, IL WEB PRIMA DI TUTTO Non a caso il web in Italia lo strumento più utilizzato in assoluto per informarsi: per il 34% i media online e motori di ricerca sono la prima fonte consultata, il 45% in Italia li usa per trovare “breaking news”, mentre per il 52% sono lo strumento migliore per trovare conferme sulle notizie. Un trend in crescita negli anni che riscontriamo anche a livello globale. Restano indietro televisione e giornali cartacei con valori nettamente inferiori.
I SOCIAL NETWORK PERDONO FIDUCIA La caduta di fiducia nei confronti dei CEO continua per il terzo anno consecutivo scivolando nei Paesi sviluppati a un valore mondiale 31%. A livello medio mondiale i CEO si collocano al 41% mentre i rappresentanti del governo 38%; valori molto bassi se raffrontati con gli accademici (70%) le “persone come te” (63%). Valori in linea con quelli riscontrati in Italia: 67% per gli accademici e 61% per le “persone come te”, mentre i CEO arrivano al 32%. In Italia c’è più scetticismo sui creatori di contenuti sui social network, tutte le categorie hanno un livello di fiducia più basso rispetto alla media mondiale. Solo gli amici e la famiglia in Italia rimangono nella categoria “fidati” con il 63%, tutti gli altri scivolano nella categoria “incerti o neutri”, inclusi gli esperti accademici. Le aziende e i loro lavoratori sono percepiti anche loro “incerti o neutri”, mentre la maggior parte dei creatori di contenuti tra cui giornalisti, dirigenti, VIP e celebrità, ricevono percentuali basse che li collocano nella categoria “sfiduciati”. Un’indicazione rilevante per la comunicazione soprattutto delle aziende.
INNOVAZIONE, ITALIA PRONTA AL CAMBIAMENTO Per la prima volta l’indagine ha sondato la fiducia nei confronti dell’innovazione: a livello mondiale il 51% degli intervistati ritiene che sia avvenuta troppo in fretta. Ma qui c’è un’altra sorpresa: fra gli italiani sono più quelli che credono che il fenomeno sia troppo lento (43%). Rispetto a un mondo tutto sommato un po’ “conservativo” l’Italia appare quindi un Paese ben disposto nei confronti dell’innovazione tecnologica. Quasi metà dei rispondenti (47%) dichiara che secondo loro le aziende non fanno abbastanza test durante la fase di sviluppo dei prodotti. Di contro, le azioni che aiutano maggiormente a costruire la fiducia in Italia sono: rendere pubblici i test (71%) e stringere partnership con istituzioni accademiche (68%).
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Fotografie del 03/02/2015
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