Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Francesco Barbarani, Country Manager di MySpace Italia, la grande rivale di Facebook nell'universo sempre più variegato del Web 2.0, ne è assolutamente convinto: il valore di un sito di social network non si misura (solo) con i dati di traffico in fatto di pagine viste e utenti unici. Il concetto è espresso, testualmente, da una riflessione che non lascia dubbi: "non è solo l'audience a determinare l'appeal pubblicitario di un grande portale di aggregazione on line". Il riferimento alla pubblicità è d'obbligo perché di questo vivono (o piangono) Facebook, MySpace & Co.
"Il nostro focus – allarga il discorso Barbarani – sono i contenuti e i contenuti sono al centro dell'evoluzione del nostro sito quale aggregatore globale di persone. Venderemo i contenuti? No, ci bastano le revenue generate dagli attuali servizi a pagamento, e cioè banner, campagne istituzionali ed eventi sponsorizzati on e off line. Tengo quindi a precisare che il modello di business di MySpace non è solo basato su banner e click-through e il rapporto fra contenuti ed utenti è un elemento decisivo per generare ricavi con le aziende". I numeri della società non sono infatti certo da disprezzare, a cominciare proprio da quelli di fatturato: MySpace ha chiuso il 2008 con circa 900 milioni di dollari di ricavi, tre volte tanto le entrate di Facebook.
Anche sotto il profilo della popolarità nell'universo Internet il secondo social network al mondo può alzare la voce: 130 milioni di utenti unici mensili (2,7 milioni quelli italiani, con 600mila pagine viste al giorno) attivi in 30 diversi Paesi, 50 milioni di e-mail gestite quotidianamente a livello mondiale, 60mila nuovi video pubblicati nelle 24 ore e oltre cinque milioni di band musicali (260mila quelle italiane) che hanno un loro spazio. Numeri importanti, quindi, soprattutto se correlati al fatto che la sussidiaria di News Corp. vanta fra i suoi clienti l'80% delle prime 500 aziende della classifica di Fortune.
Perché marchi prestigiosi come Nike, tanto per fare un nome, scelgono MySpace per i loro investimenti pubblicitari? La risposta proviamo a derivarla dalle parole di Barbarani. "Non siamo solo un sito che ospita contenuti generati dagli utenti ma anche canali "branded" e professionali. MySpace – completa la fotografia il manager – non è una semplice directory e non vuole fare la gara dell'audience con gli altri social network. Puntiamo sulla qualità dei contenuti e sposiamo il concetto di essere in Rete, "in line" quindi, e non solo di essere on line. In questo senso le aziende su MySpace possono entrare in contatto con gli utenti consumatori e avere a disposizione tutti gli strumenti per compiere un'azione di pre-commerce molto radicata, che nasce on line e prosegue off line". E come la mettiamo con il rischio "invasività" dei messaggi pubblicitari, con la libera fruizione dei contenuti da parte di utenti che in Rete ci vanno sostanzialmente per comunicare e generare nuovi contatti? La certezza di Barbarani è in queste parole: "fra advertiser e utenti c'è un rapporto relazionale e non invasivo perché parlano la stessa lingua e perché i contenuti, i messaggi, sono diffusi in modo virale. Per le aziende che investono, MySpace è infatti una piattaforma di brand generated content e la sua community diventa portavoce spontaneo del marchio, una porta privilegiata di accesso al Web. Anche per questo crediamo che la definizione di social porta, in cui convergono servizi, contenuti, iniziative e partner, sia per noi la più calzante e veritiera".
MySpace in versione Mobile, la nuova frontiera I social network sui telefonini sono già oggi più di una tendenza e il fatto che tutti i "big" dell'universo mobile abbiano portato Facebook a bordo dei rispettivi sistemi operativi (Apple per l'iPhone, Research in Motion per i Blackberry, Microsoft per i terminali Windows Mobile) lo dimostra. Altra prova dell'appeal delle community sociali per gli utenti di smartphone la offre anche MySpace: quando fu raggiunto l'accordo per caricare la versione mobile del sito sui Blackberry furono 500mila i download in una sola settimana. I cellulari sono quindi un asso nella manica fondamentale per il futuro dei social network e la stessa MySpace non fa mistero di annunciare che entro due anni metà del suo traffico verrà sviluppato da smartphone e dispositivi dal piccolo schermo.
Dando per scontato che le nuove tecnologie Web assicureranno agli utenti una sempre migliore fruibilità dei contenuti dall'apparecchio mobile, il vero obiettivo per i Facebook & Co. è quello di sviluppare il business sul mobile advertising. Il gradimento dei servizi di mobile Internet è in costante e sensibilissima crescita, il numero di abbonati anche: resta da convincere gli inserzionisti del fatto che la pubblicità sui social network ha un valore.
di Gianni Rusconi su ILSOLE24ORE.COM
Napster prova a ritornare in auge, dopo i fasti di fine anni Novanta: la società di musica digitale ha annunciato la riduzione del prezzo di iscrizione mensile al suo sito, ora sceso a 5 dollari (dai precedenti 12,99).
Per riconquistare il terreno perduto in questi ultimi anni, Napster ha anche aggiunto numerose canzoni (in download) al catalogo del suo servizio di streaming, sperando così di allargare la sua base d’utenza.
I clienti della compagnia di Los Angeles possono ora ottenere un accesso illimitato alla musica in stream dal suo archivio di sette milioni di canzoni e cinque canzoni gratis ogni mese.
Una campagna promozionale nei 1.031 negozi Best Buy degli Stati Uniti, pubblicizzerà il servizio aggiornato di Napster.
La sfida impossibile a iTunes è (ri)lanciata.
Via Quo Media
Google si appresta a eliminare alcune limitazioni al suo sistema di inserzioni pubblicitarie: le aziende potranno, a partire dal mese di giugno, inserire marchi specifici nei testi degli ads.
Fino ad ora, le compagnie dovevano chiedere permesso scritto a Google, per inserire marchi nei propri annunci, ma la nuova regolamentazione dovrebbe favorire l’afflusso di investimenti pubblicitari sul famoso motore di ricerca.
Sarà consentito dunque ai rivenditori di indicare i marchi dei prodotti in alcune situazioni, senza dover ottenere il permesso dei titolari.
Nei giorni scorsi, Google aveva detto che avrebbe consentito ad aziende di 190 Paesi al di fuori degli Usa di usare elementi di marchi di fabbrica che possono essere un traino per le loro inserzioni.
Via Quo Media
Advertising Age segnala l'apertur di un cantiere di cobranding strutturale da parte di Nokia sui suoi telefonini.
(Adesso che ho detto tutte le buzzwords del caso, possiamo parlare ad un linguaggio più comprensibile).
L'idea di Nokia è di permettere alle aziende di apporre il proprio logo su una serie di telefonini, diciamo di farne una limited edition; la speranza è che le persone trovino affascinante avere un telefono Nokia marchiato, chessò, GAP, o Nike, o chissà, Nutella, e che questo li motivi a comprare un cellulare co-brandizzato.
In sostanza, l'azienda interessata sceglie il modello di cellulare più in sintonia con il proprio target, paga un fee a Nokia e il prodotto brandizzato, insieme ad un set di contenuti precaricati viene posto in vendita nei canali ordinari. O meglio verrà perchè il programma dovrebbe partire sul campo tra qualche mese.
Come potrete leggere nell'articolo, un test dell'idea, effettuato in Brasile sembra avere generato risultati promettenti.
The New York Times ha lanciato quest’oggi Times Wire, servizio online di notizie e attualità in tempo reale.
Il sito raccoglie articoli destinati alla pagina web del quotidiano ed eventualmente, l’indomani, all’edizione cartacea. Servizi e notizie vengono pubblicati senza soluzione di continuità, in diretta, una voltà scritti dai giornalisti della testata.
Times Wire debutta in un periodo non facile per il foglio newyorkese, indebolito dalla crisi economica e dall’emorragia pubblicitaria: il nuovo servizio sarà gratuito, almeno per il momento, perché l’editore sta pensando a un contributo d’iscrizione a tutte le attività web marcate New York Times, per avere un guadagno garantito dal giornalismo online.
Il sito principale del giornale, nytimes.com, nel mese di marzo è stato il più visitato in America nella sua categoria, con 20,1 milioni di utenti unici.
Via Quo Media
Vodafone insegue Apple, Nokia e Microsoft e apre un negozio virtuale: il primo operatore telefonico al mondo in termini di fatturato ha annunciato oggi, martedi 12 maggio, il progetto di aprire uno store di applicazioni e servizi per smartphone. La mossa è in evidente concorrenza con l'AppStore di Apple, che permette agli utenti di iPhone di scaricare migliaia di programmi software per personalizzare musica, giochi e modalita' di navigazione e negli ultimi nove mesi ha avuto un grande successo, superando il miliardo di download.
Vodafone sostiene che per raggiungere milioni di consumatori in tutto il mondo, i partner e gli sviluppatori di contenuti dovranno solo realizzare le applicazioni web. I pagamenti potranno essere effettuati direttamente tramite il sistema "efficiente ed efficace di micro-fatturazione wireless di Vodafone", che otterrà una percentuale intorno al 30% dei profitti. L'incentivo per i partner e chi crea i giochi e altri contenuti è l'accesso immediato alla rete Vodafone di 289 milioni di utenti a livello globale e la possibilita' di lanciare nuovi prodotti e servizi contemporaneamente in diversi sistemi operativi e quindi di aumentare le entrate dai servizi internet via cellulare. Il "supermercato virtuale" di Vodafone offre agli utenti grande flessibilita' e un'ampia scelta di applicazioni e servizi da personalizzare e, assicura il gruppo britannico, garantisce "massima trasparenza e controllo sull'accesso e utilizzo delle loro informazioni."
"Vodafone sta effettuando questi cambiamenti per rendere più facile per i partner sia sviluppare nuovi e interessanti servizi sia fatturare gli utenti utilizzando il nostro sistema in tutti i mercati, - ha dichiarato oggi Vittorio Colao, amministratore delegato di Vodafone. – Li aiuteremo a massimizzare le loro entrate dando loro un facile punto di accesso alla nostra base clienti globali e alla nostra rete e al tempo stesso daremo ai nostri clienti i servizi innovativi che vogliono." L'accesso è gestito tramite l'iniziativa Joint Innovation Lab, studiata per facilitare la creazione di widget per un'utenza di fino a un miliardo di persone. Le prime applicazioni saranno disponibili entro l'anno in mercati europei come l'Italia, la Gran Bretagna, Germania, Spagna, Olanda e Grecia.
Vodafone debutta in un mercato piuttosto affollato. Sulla scia del successo di Apple infatti altri colossi del settore si sono di recente lanciati in informazioni simili: Microsoft con Windows Marketplace, Rim Blackberry con App World, Google con Android Market e Nokia con Ovi Store. L'unico rischio, secondo alcuni analisti, è che il mercato bombardato di offerte sia ormai prossimo alla saturazione.
Di Nicol Degli Innocenti su ILSOLE24ORE.COM
Per la prima volta nella sua storia, Google ha deciso di intraprendere una campagna pubblicitaria via tubo catodico.
La compagnia informatica ha girato uno spot per promuovere Chrome, il suo browser per la navigazione internet. Il filmato, 30 secondi nello stile sobrio e comunque fresco della società di Mountain View, è apparso nello scorso fine settimana su una serie di reti televisive statunitensi.
Una pubblicità anomala, che non fa uso di alcuna voce, né specifica che il prodotto di cui si parla è un browser internet, e mostra il riconoscibile logo della compagnia solamente in coda.
“Dopo aver realizzato questo video per il web, abbiamo avuto molti riscontri positivi - ha detto un portavoce dell’azienda - Così abbiamo realizzato una campagna tv che ci auguriamo farà conoscere il nostro browser...siamo curiosi di vedere come andrà questa prova e quali effetti concreti può avere la televisione sulla fama del nostro prodotto”.
Nonostante sia, senza ombra di dubbio, il motore di ricerca più popolare e utilizzato del globo, Google ha estremo bisogno di incrementare l’utenza di Chrome, lanciato in pompa magna lo scorso settembre, ma fino a oggi incapace di impensierire i rivali di mercato come Explorer e Firefox.
Secondo i numeri raccolti da Net Application, Chrome è usato dall’1,4% degli internauti. Un’inezia se paragonato al 66% del leader Microsoft Explorer e al 22% del programma di Mozilla.
Via Quo Media
Internet è diventato per molte persone un’estensione naturale della vita reale. Il sondaggio realizzato da GfK Eurisko, su un campione di mille utenti della rete, dimostra come l’uso del web stia diventando sempre più concreto e affine alle azioni della vita quotidiana, al lavoro, allo studio, al tempo libero e alle vacanze, insomma a quegli ambiti dove l’utente deve fornire la sua reale identità per effettuare le operazioni desiderate.
Dal sondaggio emerge che il 57% degli intervistati si connette per coltivare i propri hobby, il 56% per comunicare con i propri amici, il 41% per consultare le informazioni e il 36% per studiare. Quelle appena elencate sono tutte attività che si svolgono sotto reale identificazione, mentre altre attività presentano maggiori probabilità che l’utente fornisca dati fasulli circa la propria persona: download musicali per il 17% degli intervistati, download di film per il 15% e giochi online per l’11%.
Via Quo Media
Dalle parole ai fatti. Un mese fa Rupert Murdoch aveva annunciato che l'era dell'informazione gratuita sul web era finita. Ora il magnate dell'impero multimediale NewsCorp, dal Wall Street Journal alla Fox News, dal Times di Londra a Sky, ha costituito un squadra di manager, da lui guidata, per mettere a punto una piattaforma che raccolga le notizie contenute nei suoi siti online, cui accedere con un sistema di micropagamaneti per ogni singolo articolo letto.
È quanto ha scritto il New York Post, altra testata della galassia Murdoch, secondo cui della squadra fa parte il figlio James, l'amministratore delegato di Dow Jones Les Hinton e da Jonathan Miller, quest'ultimo ex numero uno di Aol, ora responsabile delle operazioni digitali di NewsCorp. Secondo le indiscrezioni l'obiettivo è creare un dispositivo 'proprietario' simile a 'Kindlè, il lettore elettronico di Amazon, che contenga le informazioni fornite dal Wall Street Journal e dal New York Post, e anche i prodotti delle divisioni cinematografica e televisiva di NewsCorp.
Così Murdoch ritiene di porre fine al processo di auto-cannibalizzazione che ha finora portato le grandi testate della carta stampata a farsi concorrenza gratis sul web. Finora infatti il teorema che la pubblicità online avrebbe ripagato gli introiti delle mancate vendite in edicola si è rivelata una chimera. Quando due anni fa il tycoon australiano naturalizzato cittadino Usa acquistò il Wall Street Journal aveva deciso di rendere completamente gratuito il sito web della bibbia della finanza, peraltro uno dei pochi a pagamento. Quando però capì, conti alla mano, che la mossa avrebbe portato in rosso il bilancio, fu costretto a una precipitosa marcia indietro. La controprova è fornita dal New York Times, la preda più ambita da Murdoch, che malgrado i 146 milioni di contatti nel 2008 non è riuscito a far fronte alle spese.
Murdoch è corso ai ripari anche attraverso un operazione di ricambio ai vertici dopo l'addio di Peter Chernin come numero due del gruppo: da Aol è arrivato Jonathan Miller come supervisore l'area dei media digitali. Tra l'altro è stato chiamato un veterano di Fox News, John Moody, a guidare una nuova divisione il cui obiettivo è incrementare l'utilizzo di articoli che possano essere utilizzati in contemporanea dalla setssa Fox, dal Wall Street Journal, fiore all'occhiello sul fornte della carta stampata, e del britannico Times.
Presentando i conti del trimestre Murdoch ha detto di non essere interessato a rafforzare ulteriormente il proprio impero con l'acquisizione di quotidiani. Il tycoon, che sembra così volere escludere l'interesse per il New York Times, in seria crisi economica, ha ribatdito che il modello tradizionale di quotidiano «deve cambiare».
News Corp ha chiuso il terzo trimestre con un utile netto pari a 2,73 miliardi di dollari, o 1,04 dollari per azione, in progresso rispetto ai 2,69 miliardi dello stesso periodo dell'anno precedente. Il giro d'affari si è attestato a 7,37 miliardi di dollari, al di sotto delle attese degli analisti, che prevedevano 7,65 miliardi. Anche per NewsCorp tagli di costi, senza escludere le tv del gruppo, per fare fronte al calo della pubblicità. Le concorrenti Time Warner, Disney e Viacom hanno seguito la stessa strada e hanno operato una stretta dei costi oltre a tagli di posti. La controllata Sky Italia ha chiuso il terzo trimestre con un utile operativo pari a 63 milioni di dollari, in calo rispetto ai 97 milioni dello stesso periodo dell'anno precedente.
Via ILSOLE24ORE.COM
Circa il 13% degli utenti di telefonia mobile si connette a internet tramite cellulare o altro dispositivo mobile almeno una volta al mese. A comunicarlo Nielsen Online, che rende noti i dati relativi agli accessi internet via cellulare nel primo trimestre 2009.
I 6 milioni di individui che si connettono lo fanno circa 10 volte al mese e per una durata media di 11 minuti. La categoria più visitata è quella rappresentata dai portali generalisti con il 90% delle utenze web, seguita dalle email con più del 50% di utenze per almeno 20 volte al mese e dai siti di news con un terzo di utenze mobili.
Un forte aumento delle connessioni mobili si è verificato soprattutto in direzione dei siti di social network che raggiungono il 14% (+10% rispetto al 2008) con l’80% di visite per Facebook (una media di 21 volte al mese per almeno 17 minuti a sessione). Anche i siti di scommesse registrano una forte crescita di utenze mobili con il 5,4% per una media di 7 visite al mese, seguiti dai siti di informazioni finanziarie e di business che vedono raddoppiate le proprie utenze.
“Rispetto agli accessi internet via pc emerge il successo dei siti che forniscono informazioni di necessità contingente, come il meteo, le mappe, o i siti per conoscere i risultati degli eventi sportivi, mentre in entrambi i casi figurano nella top 10 i portali, le email, i motori di ricerca e le news”, ha commentato Ombretta Capodaglio, marketing manager Nielsen Online.
Via Quo Media
|