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  mymarketing.it: perchè interagire è meglio!... di Admin
 
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Errare è umano, ma per incasinare davvero tutto è necessario un computer.

Arthur Bloch
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\\ : Storico (inverti l'ordine)
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Altri Autori (del 11/09/2007 @ 07:36:42, in Tecnologie, linkato 2545 volte)

Il sogno del Wi-fi gratis per tutti rischia di rimanere tale. Se ne stanno accorgendo negli Stati Uniti dove San Francisco, Chicago e St. Louis hanno annunciato improvvisi stop ai loro programmi di connessione nei centri urbani.

Colpa di business plan arditi, corrosi da un entusiasmo verso le magnifiche sorti progressive del Wi-fi che non ha retto alla prova dei fatti. L’euforia che regna sempre attorno a qualsiasi progetto Internet ha colpito ancora. Come racconta Wired, il primo errore è consistito nell’eccessiva fiducia risposta nella pubblicità online che avrebbe dovuto dare le risorse per sostenere questi network gratuiti o quasi. Il secondo, invece, è stato credere che i residenti avrebbero utilizzato in massa questi servizi. Sbagliato.

Agli scarsi investimenti pubblicitari si sono aggiunti anche contratti un po’ troppo generosi verso le municipalità. Società come MetroFi ed Earthlink hanno pagato di tasca propria l’intera realizzazione del network comprese le spese per la manutenzione e l’upgrade. In più, spesso i provider hanno anche pagato i comuni per l’utilizzo dei pali della luce dove sono stati piazzati gli hot spot. Non a caso Earthlink ci ha ripensato ottenendo dal contratto stipulato a San Francisco molte di queste condizioni.

Qualche problema esiste anche dal punto di vista dell’infrastruttura. Secondo l’inchiesta di un giornalista gli hot spot piazzati non bastavano a garantire un buon accesso tanto che, a seconda del network, si parla di percentuali che vanno dal 20 al 100% in più di hot spot necessari per garantire una eccellente copertura.

La ciliegina sulla torta è arrivata però dalla scarsa frequentazione di questi network. Il free in questo caso non ha pagato visto che, nonostante le stime parlassero di un 10-25% della popolazione disposta a utilizzare i network, alla fine si arrivati a malapena al 2%. Dati che fanno pensare a molti che è inutile puntare sul mercato consumer.

Ma non bisogna drammatizzare “E’ solo la fine del primo inizio” commenta il manager di provider wireless. Basta ripartire nel modo corretto puntanto sulle reti mesh, utilizzando il Wimax oppure concentrando il Wi-fi in zone ristrette dove è presente un gran numero di turisti o business people. In più, suggerisce Wired, è il caso di aggiungere anche un po’ di sana business reality.
Che troppo spesso il mondo che ruota attorno a Internet ha lasciato nel cassetto.

Luigi Ferro

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Di Altri Autori (del 06/09/2007 @ 07:53:17, in Prodotti, linkato 3414 volte)

(Antietico?Unetico? insomma, il contrario di etico)...

Ho in cantiere da un po' di giorni un post sull'etica nel Marketing.. ma per una serie di motivi resta nella penna e uscirà solo quando avrò il tempo di scriverlo per bene. Diciamo tra qualche giorno, spero.

Nel frattempo raccolgo malvolentieri un esempio di marketing al limite della moralità, mettendo alla berlina un'azienda giapponese che produce... alcoolici per i bambini.


In realtà si tratta di prodotti senza nemmeno una goccia d'alcool, e quindi legali. Ma la birra per bambini, sia nel pack che nell'apparenza del prodotto, sembra proprio una birra vera.

Il prodotto ha ottenuto tanto sucesso che l'azienda (Sangaria) ha deciso lanciare sul mercato dei cloni di vino, spumante e cocktail per bambini, come si può intuire dal sito aziendale (se sapete il nipponico).

A me vengono in mente le sigarette di cioccolato di quando eravamo bambini.

Tutto da dimostrare, certo, che a bere la birra finta da bimbo, il soggetto si ritrovi a 30 anni ad essere l'Homer Simpson di Tokyo... però...

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Di Roberto Venturini (del 30/08/2007 @ 08:42:03, in Marketing, linkato 2820 volte)

Herbalife, azienda specializzata nella distribuzione di prodotti dietetici (con fatturati mondiali di miliardi di dollari) sarà lo sponsor ufficiale dei Los Angeles Galaxy, la squadra per cui andrà a giocare David Beckham.

La notizia è interessante anche (solo?) perchè finora non era permesso sponsorizzare le magliette dei giocatori americani e Herbalife- se non è il primo - e' tra le primissime aziende che sperimenteranno questa forma di pubblicità.

Come forse saprete Herbalife è un'azienda spesso molto discussa, tra i sostenitori che la vedono come un ottimo esempio di network / multilevel marketing e i detrattori che la ritengono uno schema piramidale.

Valore della sponsorizzazione tra i 4 e i 5 milioni di dollari...

Link del sito ufficiale Herbalife
Cosa ha da dire Wikipedia su Herbalife

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Di Barbara Coralli (del 29/08/2007 @ 13:02:14, in Marketing, linkato 5494 volte)
...ovvero “la vittoria di Pirro” del gioco al ribasso.

Il Telemarketing è uno strumento formidabile che genera ritorni a breve termine e misurabili, ma se non viene usato con la necessaria competenza produce effetti devastanti, in termini di risorse, mercato e immagine.
E' un fenomeno ciclico: ogni tanto compaiono sul mercato dei “vu' telefunà” (così li chiamava l'amico e collega Mauro Morello), ovvero telemarketer improvvisati che sbagliano i preventivi e li redimono a danno del cliente, oppure che agiscono in perfetta malafede, ma il risultato è identico: tirano un tot di fregature ai malcapitati e spariscono. Dieci o vent'anni fa li chiamavo “Attila”, perchè bruciavano il mercato per anni; quantomeno, oggi il Telemarketing ha uno “storico” assodato e dopo un flop non si archivia più lo strumento liquidandolo con un “il TMKTG non funziona”, ma ci si rivolge ad un'altra agenzia.
La legge Biagi, oltre a scontentare tutti ha peggiorato le cose: c'è chi per continuare ad impiegare i collaboratori a ritenuta usa personale per i trenta giorni previsti e poi li molla; questo significa che investire in formazione sarebbe inutile oltre che un suicidio, quindi addio qualità. Chi applica la legge se la deve comunque vedere con un mercato totalmente deregolamentato e per restare competitivo fa un altro errore: paga pochissimo gli operatori. RIflessione: chi accetta di lavorare per un compenso indecoroso? (la metà di quanto guadagna una colf); dunque per gli outsourcer non vale la pena di investire in formazione, tanto quelli che valgono qualcosa se ne vanno presto e per quelli che restano... non c'è formazione che tenga (e di nuovo addio qualità).
C'è anche un altro scenario, più triste ancora: quelli che accettano perchè il mercato del lavoro attualmente è quello che è -specialmente nelle aree economicamente depresse del Paese- e quindi non hanno alternative. Comunque sia, cosa ci si può aspettare da teleoperatori improvvisati, malpagati e trattati peggio? Siamo ormai all'azzeramento della dignità professionale di un ruolo degno di rispetto che, se fatto con tutti i crismi, è un lavoro difficile e stressante; negli ultimi anni gli operatori di call center, definiti “i nuovi schiavi”, sono trattati come forzati della cuffia e buttati allo sbaraglio, per un misero compenso che non di rado è legato ai risultati (anche pura provvigione per il teleselling), ed ecco che fioccano gli appuntamenti strappati nel B2B, i servizi telefonici venduti ma mai richiesti nel B2C e compagnia cantante. Tra l'altro, un servizio di bassa qualità non sempre è il peggiore dei mali e non è raro che al danno si aggiunga la beffa: nel corso di incarichi di auditing su campagne dall'esito fumoso è emerso un dato singolare: pare che alcuni operatori siano dei fenomeni paranormali, infatti riescono a parlare persino con i morti, i trasferiti, i rappresentanti di cessate attività... e non hanno neppure bisogno del telefono, dato che fanno l'intervista a personaggi irreperibili o utilizzano numeri errati... Succede soprattutto quando la quotazione è a contatto e il cliente esagera col gioco al ribasso: c'è chi si ritira e non ci sta, ma c'è anche chi accetta e magari ribalta sui teleoperatori il sistema di quotazione; il risultato è che a fronte di un costo-contatto (troppo) basso, gli irreperibili diventano contatti dall'esito negativo.
In medio stat virtus...e pure le colpe, che non sono mai di una parte sola: quando i clienti fissano il prezzo e ti strozzano, o chiudi o ci stai, se non hai la forza di aspettare che passi il reflusso del gioco al ribasso: un proverbio siciliano recita: “cala junco ca passa 'a china – abbassati giunco che passa la piena”.
Si potrebbe dire che il mercato ha gli operatori che si merita, ma anche che gli operatori non hanno il nerbo per associarsi e opporsi a questo stato di cose, come invece hanno fatto gli Istituti di ricerca, i professionisti dotati di Albo e persino i tassisti e gli idraulici. Invece no, i telemarketer si piegano al gioco al ribasso, e né clienti né operatori si rendono conto che nessuno ha da guadagnarci: è una vittoria di Pirro per entrambe le parti. Gli operatori stanno a galla -se e quando ce la fanno- quasi sempre abbassando il livello qualitativo, i clienti spuntano un prezzo da fame ma ottengono un servizio da schifo: cui prodest? Ci sono dei costi incomprimibili e non c'è bisogno di una laurea ad Harvard per capirlo: anche la casalinga di Voghera si insospettisce di fronte ad un prezzo troppo basso; solo che finchè si tratta di tre etti di prosciutto è una cosa, se si tratta di business è tutt'altra! Così va a finire che per risparmiare poche centinaia di euro se ne sprechino o perdano decine di migliaia: come dice il proverbio, “chi troppo vuole, nulla stringe”.
Si, ma la morale? Il telemarketing non e' una commodity (che è anche il titolo del prossimo post: la storia continua....)

Segnalo un articolo molto interessante che offre dei magnifici spunti di riflessione; è dell'Harvard Business Review di maggio: “Anche le commodity hanno i loro clienti” - “Come Lafarge nel 2001, molte aziende hanno funzioni di marketing solo di nome. Le lezioni che Jacques ci propone in questo articolo possono servire a modello per altre aziende che cercano di sfuggire alla trappola delle commodity”. Potete acquistarlo on line in PDF, anche tradotto. Ecco il link
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Di Altri Autori (del 27/08/2007 @ 07:50:04, in Marketing, linkato 2824 volte)

A un anno dalle Olimpiadi di Pechino 2008, i primi fuochi d'artificio sono quelli dei grossi sponsor internazionali. A raccontare l'assalto di McDonald's, Coca Cola e Lenovo al mercato pubblicitario cinese e' stato l'Herald Tribune, con un articolo dal titolo ‘Emergere nella folla', pubblicato sull'edizione europea. Dai tedofori scelti su YouTube, ai concorsi a premio. Sono tante le trovate delle multinazionali - sottolinea il quotidiano - per distinguersi nella giungla di spot a cinque cerchi che gia' affollano la capitale cinese.

2008 tettoie delle fermate degli autobus di Pechino, un terzo del totale, sono tappezzate di manifesti della Coca Cola, per “la piu' grande campagna pubblicitaria all'aperto mai vista in Cina”.

Nei fast food, invece, l'8 agosto, durante la cerimonia dell'avvio del ‘conto alla rovescia', ha fatto la sua comparsa il ‘China Mac', simile al ‘Big Mac', ma con ingredienti locali per conquistare il palato cinese. McDonald's ha stipulato un accordo con la tv di Stato, Cctv: uno spot televisivo pubblicizza il nuovo hamburger mostrando atleti in cartoni animati che si trasformano negli ingredienti del panino. Nei prossimi mesi, verra' mandato in onda un reality show, basato sul concorso mondiale lanciato dalla compagnia americana: in palio quattro giorni ai giochi per 300 bambini, di cui 100 cinesi.

Lenovo, la compagnia cinese che ha rilevato la divisione pc dell'Ibm, sfruttera' la vetrina olimpica per far conoscere il suo marchio alla platea internazionale. Ha gia' una partnership con Google per selezionare tedofori su internet. I finalisti dovranno realizzare un video di 30 secondi e saranno votati dal popolo di YouTube. Ed e' solo l'inizio. A sei mesi dai giochi, una nuova fondamentale tappa della maratona pubblicitaria sara', a febbraio, il capodanno cinese.
Se gli Stati Uniti rimangono il piu' grosso mercato pubblicitario del pianeta, si stima che la Cina, sulla spinta dei giochi, diventera' l'anno prossimo il Paese in cui la spesa pubblicitaria crescera' di piu'. L'aumento previsto e' del 24 per cento, rispetto al 20 per cento degli Usa. Mentre gli States l'anno scorso avevano il 29 per cento di crescita, contro il 18 di Pechino.

Via AGI

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Di Altri Autori (del 23/08/2007 @ 07:48:22, in Tecnologie, linkato 2747 volte)

Secondo uno studio di InStat, che effettua un'analisi sull'ultimo fronte di sviluppo della tecnologia HDTV, la regione Asia/Pacifico (Australia, Cina, Corea del Sud, Giappone e Singapore) presenta, alla fine del 2006, un aumento delle famiglie che utilizzano l'alta definizione.
È aumentato infatti a oltre 9.9 milioni il numero di abitazioni con televisori HD.Da traino fanno sicuramente i contenuti televisivi che confermano il loro potenziale attraverso i ricavi mensili incassati dagli operatori satellitari e via cavo.

Lo studio avanza delle previsioni fino all'anno 2012 e stabilisce che le abitazioni con HDTV set raggiungeranno nell'area Asia/Pacifico oltre 42 milioni di famiglie e i ricavi totali saranno di circa 8 miliardi di dollari (rispetto ai 3.6 del 2006) con un indice di crescita medio del 16.7% .
Il Giappone attualmente detiene la maggior quota di mercato HDTV con i suoi 8.5 milioni di abitazioni raggiunte dal servizio. Il governo locale gioca un ruolo chiave attraverso politiche di sviluppo e consolidamento del settore promuovendo il passaggio dall'analogico al digitale free-to-air, iniziative che di conseguenza spingono il business dei contenuti televisivi in alta definizione anche in molti paesi asiatici.
La maggior fruibilità dei questi contenuti HD è stata resa possibile anche dal generale calo dei prezzi dei televisori HD. Di questo fenomeno ne hanno ampiamente risentito i produttori, in particolare la joint venture coreano-olandese Lg Philips che ha chiuso i primi tre mesi dell'anno con 135 milioni di Euro in meno rispetto all'utile netto di 48 miliardi del 2006 nello stesso periodo. Si tratta del quarto trimestre consecutivo in perdita, anche se gli analisti attendevano in media un rosso di 244 miliardi. L'amministratore delegato comunica che il prezzo medio per metro quadrato degli schermi LCD (misura di riferimento del settore) è sceso del 9% rispetto ai valori del 2006 e che quella di Lg Philips è in ogni caso una performance incoraggiante.

In Corea Samsung lancia una nuova gamma di televisori HD definiti gioielli da collezione, reinterpretati in termini di design e tecnologia. Si tratta di modelli da 23, 26, 32, 37 e 40 pollici certificati per HD Ready e per l'Europa SKY HD Tested che garantiscono maggior qualità d'immagine soprattutto per trasmettere fedelmente i contenuti HD veicolati su piattaforma satellitare. In Europa, l'IPTV promette un numero di canali televisivi infinito ma non supera il 2% causa il supporto tecnologico che offre una buona velocità di trasmissione ma si trova spesso (soprattutto nelle aree sub urbane) distante dalle centraline di trasmissione, così il satellite si riconferma un veicolo trainante sia per i contenuti televisivi in alta definizione che per il mercato HD tv.

Secondo una ricerca Eutelsat commissionata da GfK, TNS Sofres e Ipsos, in 42 paesi (inclusa l'Italia) tra Europa, Nord Africa e Medio Oriente il numero di abitazioni dotate di parabola satellitare sono cresciute del 13% passando da 150 a 170 milioni di case. L'Italia le abitazioni attrezzate per la ricezione satellitare è aumentato di 280.000 unità . Un mercato appetitoso anche per la pubblicità in cui i ricavi sui canali satellitari italiani nel 2006 hanno superato i 200 milioni di Euro. Con l'inserimento della rilevazione Auditel nella pay-tv operativa dal 2 aprile di qest'anno, gli operatori pubblicitari dovranno pianificare un'offerta sempre più frammentata e precisa per spingere gli investitori ad una maggiore targettizzazione.


Roberta Salvan

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Di Roberto Venturini (del 20/08/2007 @ 07:54:06, in Pubblicità, linkato 2461 volte)

Secondo me l'ora è già giunta da tempo.

La pubblicità, ma specialmente le agenzie (molte, non tutte) e i clienti (molti) si sono avvitati su se' stessi.

E' ora di moderare i toni, di usare il buon senso, di ascoltare quello che diciamo e chiederci se "fa senso".

Ieri vedo passare un bus, dotato di affissione che proclama: "Un'esperienza straordinaria nella tua cucina". No, non è una passionale ****** sul tavolo, stile il postino suona sempre due volte.

E' una stupidissima macchina distributrice d'acqua. E quella sarebbe un'esperienza straordinaria? Mal che vada è un'esperienza comoda, massimo.

Analogamente ho visto mirabolanti superlativi.. per un chewing gum.
Ma dai, è solo una maledetta gomma da masticare, se siamo fortunati è divertente, è strana, ha un sapore o un pizzicore un po' particolare.. ma di cambiarci la vita, scordiamocelo.

Il problema è che parliamo troppo spesso al superlativo, facciamo di ogni formichina un peana, un'epopea omerica, un infinito di declamazioni. E la gente non ci casca più.

Diventando sorda all'iperbole pubblicitaria. Non filandosi più della pubblicità che tanto racconta tante baggianate.

Sono convinto che un spot che dicesse "questo è un buon prodotto. Niente di più e niente di meno" farebbe molto più impatto della solita compilation di buzzwords che non significano nulla.

In realtà, semplificando, possiamo dire esistono due classi di prodotti.

La prima - i prodotti che ci definiscono, quelli che hanno un forte impatto con le nostre emozioni. Una Ducati, un capo firmato, l'iPhone... quelle robe li' ; - ).

Un prodotto che ci emoziona davvero puo' permettersi di parlare in modo forte e superlativo, rientra nella relazione persona / prodotto.

La seconda categoria è quella degli altri prodotti. Che fanno quello che devono fare, ci risolvono problemi. E basta. Con un basso coinvolgimento emotivo.

Li' usare un linguaggio da "ti cambia la vita" è decisamente controproducente. Molta parte dell'audience si sente presa per i fondelli o semplicemente stacca la spina.

Ovvio, tagliare tutto in 2 sole categorie è semplificare troppo, ma questo è per dare un'idea del mio pensiero in modo semplice e sintetico, da blog.

Ci sarebbe da parlare dell'umorismo come via d'uscita, sulla comunicazione intelligente e creativa (che purtroppo non la totalità del target capisce...) ma magari in un altro post...

Quello che è certo è che altri strumenti stanno oggi prendendo il posto della pubblicità (che non sparirà ma si ridimensionerà) nell'influenzare i consumi. Sicuramente l'interattivo/online... ma devo ammettere che anche il packeging e i materiali POP mi sembrano decisamente strumenti potenti...

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Di Roberto Venturini (del 03/08/2007 @ 07:04:13, in Internet, linkato 3359 volte)

...nell'integrazione tra hardware e webware?

Esiste un certo numero di siti web che sono ormai delle killer app, che sono dei punti di riferimento, dei componenti fondamentali della nostra vita.

Il problema di questi siti web è che sono... siti web e quindi non fruibili, non integrabili nella nostra vita in un gran numero di occasioni.

Certo, certo, l'internet mobile... ma non è proprio il massimo andare in giro con lo sguardo fissato allo schermo del PDA o mettersi a trafficare con il telefonino web-enabled al matrimonio del cugino.

Interessante dunque il concetto di sviluppare hardware ad hoc per funzionare (solo) in connessione con uno specifico sito, diventando un nuovo tipo di interfaccia - area di mercato in cui si muove l'azienda americana Ambient.

Ottimo esempio di interfaccia ambientale: per un sito di previsioni metereologiche come AccuWeather.com, cosa di meglio che permettere l'accesso alle informazioni del sito attraverso... un ombrello?

In attesa che l'ombrello-internet-GPS Pileus diventi un prodotto mass market, possiamo già oggi acquistare a soli 125 $ l'Ambient Umbrella, un pratico gadet che si collega col sito e ci comunica le probabilità di pioggia facendo lampeggiare una luce posta nel manico (l'idea del prodotto è che l'ombrello venga lasciato in un portaombrelli ben in vista vicino alla porta di casa, così se vedete il manico lampeggiare vi ricordate di prenderlo dietro...).

Ovvio che sotto la pioggia l'ombrello metereologico si potrebbe benissimo definire wetware...

Su questa falsariga potremo pensare a nuovi gadget - o hardware dedicati per tradurci le informazioni contenute in un sito in messaggi semplici ed intuitivi, che non richiedano un browsing o una lettura, ma segnali più semplici - come nel caso di apparati che ci comunichino con un sistema di luci colorate codificate l'andamento dei nostri titoli in borsa, la vicinanza di amici (informazione utile per andarli a cercare o per evitarli, se siamo in giro con l'amante), il tempo d'attesa del bus alla fermata...
Ad oggi si tratta di sviluppatori che creano prodotti appoggiandosi a siti esistenti, un domani si potrebbero vedere aziende con attività ab initio integrate tra sito web e device ad hoc - in una logica di servizio, marketing e ergonomia ferreamente blindata...

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Di Altri Autori (del 30/07/2007 @ 07:48:24, in Marketing, linkato 3710 volte)

I dati della prima release di Audipress del 2007 (autunno 2006 + primavera 2007) premiano fra i quotidiani Il Corriere della Sera, terzo in classifica, i cui lettori salgono a quota 2.615.000 crescendo del 2,5% rispetto alla release precedente (primavera 2006 + autunno 2006). In calo invece il secondo quotidiano in classifica, La Repubblica: -2,4% a quota 2.944.000. Il leader è sempre La Gazzetta dello Sport, stabile a 3.592.00 lettori.

Dietro il terzetto di testa, l’altro terzetto composto dai gratuiti Leggo, City e Metro (in quest’ordine) consolida le proprie posizioni, conquistate subito all’esordio in Audipress nella precedente release: rispetto a quei dati, le crescite sono rispettivamente dell’1,1% a quota 2.031 lettori per Leggo, del 2,5% a 1.733.000 per City e ancora del 2,5% a 1.688.000 per Metro. Fra i quotidiani che superano il milione di lettori (i primi undici in classifica) si segnalano invece in negativo La Stampa, che perde il 5,4% con 1.378.000 lettori e, un gradino sotto, Il Messaggero, che cala del 4,8% a 1.364.000 lettori. E Polis, il free-pay di Niki Grauso le cui pubblicazioni in questo momento sono sospese, è ventesimo con 515.000 lettori. Passando ai settimanali, dove abbondano i segni meno, le prime tre testate si difendono meglio di altre: il leader Sorrisi e Canzoni Tv (Mondadori) cede solo lo 0,2% a quota 5.013.000 lettori, Oggi (Rcs) perde lo 0,5% a 3.209.000 e al terzo posto Famiglia Cristiana (San Paolo Periodici) fa –1,9% a quota 3.063.000. Molto negativa invece la performance di Gente (Hachette Rusconi), quarto, con un –7,9% che lo fa scendere a 2.833.000 lettori, appena sopra a Panorama (Mondadori) che con 2.829.000 lettori perde comunque un 2,7%, a differenza di Chi (ancora Mondadori), primo della classifica a mostrare un segno più, al sesto posto: +2,6% a 2.741.000 lettori. Il dato che spicca di più in positivo nelle posizioni alte è però quello di Telesette (Universo), undicesimo in classifica con un +8,5% a 1.531.000 lettori, mentre il dato più negativo fra i primi venti settimanali è quello di Dipiù Tv (Cairo Editore), nono a 2.218.000 lettori: -10,1%. Infine i mensili. Anche qui, raffica di segni meno, con perdite anche molto pesanti a tutte le altezze della classifica. Lo stesso leader Focus (Mondadori) perde il 4,9% a quota 5.726.000, e peggio ancora fanno in seconda e terza posizione i due motoristici Quattroruote (Domus Editore, -9,3% a 4.105.000 lettori) e Al Volante (Universo, -7,1% a 2.228.000). Perdite addirittura a due cifre per il quarto e il quinto in classifica: Starbene (Rodale Mondadori) scende del 10,5% a quota 1.569.000 lettori e Cose di casa (Universo) cede il 13,7% a 1.439.000. Il primo segno più è al settimo posto quello della Cucina Moderna (Mondadori), che guadagna il 3,8% con 1.225.000 lettori. Ma la performance migliore fra i primi venti mensili, dove si contano solo cinque segni più, è Brava Casa (Rcs), undicesima a quota 1.022.000 lettori con un +8,3%.

Via Pubblicità Italia

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Di Roberto Venturini (del 27/07/2007 @ 07:43:14, in Marketing, linkato 2361 volte)

Per attirare il target femminile - si sono detti probabilmente i markettari di Suave (marca di Unilever che produce prodotti per la bellezza dei capelli, speficicamente formulati per le mamme) e quelli di Sprint (telecomunicazioni), niente di meglio di un bel serial televisivo.

Ma con due importanti differenze: uno, questa TV si vede online, due il content è basato sull'input del target.

Ed ecco che nasce "In the Motherhood"

Questa serie di brand entertainment (articolata su 5 puntate) è stata voluta per mirare in modo specifico al target "mamme" ed è stata impostata ricorrendo a esperti sceneggiatori di Hollywood - i quali attingono da input, storie, suggerimenti che le madri postano sul sito.

In seguito, tramite votazione popolare si scelgono gli spunti interessanti su cui lavorano gli sceneggiatori.

Il trailer del programma è già stato visto oltre un milione di volte ed i sito sta lavorando alacremente per costruire un effetto community "solido".

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