Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Facebook ha lanciato lo scorso fine settimana un referendum tra i propri utenti per decidere se optare o meno per delle nuove regole riguardanti la privacy delle sue pagine (tra cui la possibilità di cancellare completamente i propri dati dal network, una volta chiuso il proprio account). Gli iscritti al social network potranno votare fino al 23 aprile.
Il progetto è una delle variabili del Facebook Governance, un sistema che concede agli utenti di consigliare i gestori sulle innovazioni del sito attraverso una sorta di referendum. L’idea di dare spazio e voce ai suggerimenti come alle lamentele degli utenti è stata presa a inizio anno, dopo le polemiche che seguirono il restyling del sito, poco gradito agli internauti, che hanno protestato in massa.
Ma a bloccare il nuovo corso ‘democratico’ della comunità online sono i dubbi sulla validità dei voti: le consultazioni saranno vincolanti solo se parteciperà almeno il 30% degli utenti attivi al momento della divulgazione ufficiale di una votazione. Un utente è considerato attivo se ha effettuato l’accesso negli ultimi 30 giorni. La soglia fissata da Facebook, decisamente alta e perciò difficile da raggiungere, scoraggerebbe infatti molti dall’esprimere la propria opinione.
Altre proteste all’orizzonte, dunque.
Il malcontento della rete nei confronti del suo social network più popolare continua, nonostante il sito resti tra i più visitati e utilizzati, con un numero di iscritti in continua crescita, che ha da poco superato l’incredibile numero di 200 milioni, e una diffusione sempre più capillare.
Via Quo Media
Sono sempre più popolari, e non solo fra ai giovanissimi. Facebook ha toccato quota 200 milioni di utenti, vanta una crescita esponenziale della sua audience in Europa e secondo alcuni addetti ai lavori della galassia Web (nella fattispecie l'analista Ross Sandler della Rbc Capital Markets) potrebbe anche superare Google per numero di utenti entro il 2012. Un altro social network - anche se tecnicamente viene definito un servizio di "microblogging" - in fortissima ascesa a colpi di milioni di nuovi utenti (i visitatori unici del sito sono oggi più di sette milioni al mese) è Twitter, per cui il fondatore Evan Williams ha ha predetto un futuro da strumento di massa entro i prossimi cinque anni. In entrambi i casi l'eccezionale impennata di gradimento è avvenuta grazie a una fascia adulta di utilizzatori, compresa fra i 35 e i 49 anni. Cosa manca però sia a Facebook che a Twitter? Un modello di business definito: avere milioni di utenti ad animare la community non è sinonimo di ricavi – visto che i servizi sono gratuiti - ma a far quadrare i bilanci sono le entrate pubblicitarie. Peccato che il giro d'affari di Facebook non supera i 400 milioni di dollari l'anno e la società vale oggi sul mercato, secondo gli analisti, non più di tre miliardi di dollari e non i 15 che Microsoft aveva stimato quando acquisì due anni fa (per 240 milioni di dollari) una quota di minoranza della società. Più pragmaticamente si può affermare senza il rischio di essere smentiti che il più popolare sito di social network al mondo (e una delle principali "property" dell'intero World Wide Web) è in perdita.
Uno studio del Mit sui dipendenti Ibm: comunicare on line fa bene al business Facebook & Co., bilanci a parte, hanno comunque un grande valore in termini di produttività aziendale? La domanda interessa molto da vicino milioni di imprese del pianeta, i cui addetti sono anche utenti delle Rete e in una buona percentuale frequentatori dei social network, ed è stata oggetto di uno studio condotto da Ibm in collaborazione con il Mit (Massachusetts Institute of Technology) di Boston. L'indagine condotta su 2.600 dipendenti di Big Blue su scala mondiale, monitorati nelle loro relazioni informali e non da giugno 2007 a luglio 2008, ha messo in evidenza come ogni rapporto stretto e consolidato attraverso una comunicazione on line intensa è più di valore dell'assenza del comunicare. Più concretamente, gli impiegati che scrivono spesso e volentieri e-mail e messaggi nelle bacheche dei social network ai propri capi genererebbero in media un fatturato mensile di 588 dollari. Gli addetti con relazioni elettroniche più deboli con la dirigenza si fermerebbero invece non oltre i 500 dollari. La relazione virtuale, in parole povere, consolida lo spirito di gruppo e aumenta la trasmissione della conoscenza ai vari livelli aziendali, con tangibili benefici per le casse societarie: in Ibm sono ben 55mila i dipendenti che comunicano sul social network "aziendale" per scambiarsi tanto foto delle vacanze come importanti informazioni attinenti l'attività professionale. E, a quanto pare, con buoni risultati.
La pubblicità cresce ma a ritmi ridotti. A Facebook & C. meno del 10% dell'adv Stando ai dati della società specializzata eMarketer, nel 2009 il giro d'affari globale per gli investimenti in advertising sui siti di social network arriverà a 2,3 miliardi di dollari, in crescita del 17% rispetto al 2008. Un dato in sé molto buono se non che la stessa eMarketer prediceva solo a dicembre fa un salto in avanti del gettito pubblicitario su Facebook e compagnia del 32%. Proprio le due grandi rivali sono lo specchio di un mercato dalle enormi potenzialità ma ancora in una fase di (lenta) maturazione, almeno per quanto riguarda l'aspetto commerciale. Negli Stati Uniti, che costituiscono oltre la metà di questo mercato e svilupperanno un fatturato per il 2009 di 1,3 miliardi di dollari (in salita del 10,2%, rispetto al 4,5% previsto per il Web advertising nel suo complesso, che toccherà quota 24,5 miliardi), i due terzi degli investimenti sui social network sono catturati infatti da Facebook e MySpace mentre fuori dai confini nazionali la loro quota congiunta arriva solo al 40%. Lo scetticismo degli analisti, ben espresso dai numeri rivisti al ribasso di cui sopra, va però anche oltre la "naturale" flessione dovuta alla crisi globale. Il fenomeno dei siti sociali deve poter contare su un modello di business multicanale, che abbini agli introiti dell'advertising - Facebook, Twitter e via dicendo valgono solo circa un ventesimo dell'intero volume di business generato dalla pubblicità on line negli Stati Uniti - altre forme di entrate, compresi i servizi a pagamento.
di Gianni Rusconi su ILSOLE24ORE.COM
Francesco Barbarani, Country Manager di MySpace Italia, la grande rivale di Facebook nell'universo sempre più variegato del Web 2.0, ne è assolutamente convinto: il valore di un sito di social network non si misura (solo) con i dati di traffico in fatto di pagine viste e utenti unici. Il concetto è espresso, testualmente, da una riflessione che non lascia dubbi: "non è solo l'audience a determinare l'appeal pubblicitario di un grande portale di aggregazione on line". Il riferimento alla pubblicità è d'obbligo perché di questo vivono (o piangono) Facebook, MySpace & Co.
"Il nostro focus – allarga il discorso Barbarani – sono i contenuti e i contenuti sono al centro dell'evoluzione del nostro sito quale aggregatore globale di persone. Venderemo i contenuti? No, ci bastano le revenue generate dagli attuali servizi a pagamento, e cioè banner, campagne istituzionali ed eventi sponsorizzati on e off line. Tengo quindi a precisare che il modello di business di MySpace non è solo basato su banner e click-through e il rapporto fra contenuti ed utenti è un elemento decisivo per generare ricavi con le aziende". I numeri della società non sono infatti certo da disprezzare, a cominciare proprio da quelli di fatturato: MySpace ha chiuso il 2008 con circa 900 milioni di dollari di ricavi, tre volte tanto le entrate di Facebook.
Anche sotto il profilo della popolarità nell'universo Internet il secondo social network al mondo può alzare la voce: 130 milioni di utenti unici mensili (2,7 milioni quelli italiani, con 600mila pagine viste al giorno) attivi in 30 diversi Paesi, 50 milioni di e-mail gestite quotidianamente a livello mondiale, 60mila nuovi video pubblicati nelle 24 ore e oltre cinque milioni di band musicali (260mila quelle italiane) che hanno un loro spazio. Numeri importanti, quindi, soprattutto se correlati al fatto che la sussidiaria di News Corp. vanta fra i suoi clienti l'80% delle prime 500 aziende della classifica di Fortune.
Perché marchi prestigiosi come Nike, tanto per fare un nome, scelgono MySpace per i loro investimenti pubblicitari? La risposta proviamo a derivarla dalle parole di Barbarani. "Non siamo solo un sito che ospita contenuti generati dagli utenti ma anche canali "branded" e professionali. MySpace – completa la fotografia il manager – non è una semplice directory e non vuole fare la gara dell'audience con gli altri social network. Puntiamo sulla qualità dei contenuti e sposiamo il concetto di essere in Rete, "in line" quindi, e non solo di essere on line. In questo senso le aziende su MySpace possono entrare in contatto con gli utenti consumatori e avere a disposizione tutti gli strumenti per compiere un'azione di pre-commerce molto radicata, che nasce on line e prosegue off line". E come la mettiamo con il rischio "invasività" dei messaggi pubblicitari, con la libera fruizione dei contenuti da parte di utenti che in Rete ci vanno sostanzialmente per comunicare e generare nuovi contatti? La certezza di Barbarani è in queste parole: "fra advertiser e utenti c'è un rapporto relazionale e non invasivo perché parlano la stessa lingua e perché i contenuti, i messaggi, sono diffusi in modo virale. Per le aziende che investono, MySpace è infatti una piattaforma di brand generated content e la sua community diventa portavoce spontaneo del marchio, una porta privilegiata di accesso al Web. Anche per questo crediamo che la definizione di social porta, in cui convergono servizi, contenuti, iniziative e partner, sia per noi la più calzante e veritiera".
MySpace in versione Mobile, la nuova frontiera I social network sui telefonini sono già oggi più di una tendenza e il fatto che tutti i "big" dell'universo mobile abbiano portato Facebook a bordo dei rispettivi sistemi operativi (Apple per l'iPhone, Research in Motion per i Blackberry, Microsoft per i terminali Windows Mobile) lo dimostra. Altra prova dell'appeal delle community sociali per gli utenti di smartphone la offre anche MySpace: quando fu raggiunto l'accordo per caricare la versione mobile del sito sui Blackberry furono 500mila i download in una sola settimana. I cellulari sono quindi un asso nella manica fondamentale per il futuro dei social network e la stessa MySpace non fa mistero di annunciare che entro due anni metà del suo traffico verrà sviluppato da smartphone e dispositivi dal piccolo schermo.
Dando per scontato che le nuove tecnologie Web assicureranno agli utenti una sempre migliore fruibilità dei contenuti dall'apparecchio mobile, il vero obiettivo per i Facebook & Co. è quello di sviluppare il business sul mobile advertising. Il gradimento dei servizi di mobile Internet è in costante e sensibilissima crescita, il numero di abbonati anche: resta da convincere gli inserzionisti del fatto che la pubblicità sui social network ha un valore.
di Gianni Rusconi su ILSOLE24ORE.COM
Segnalo questo articolo di Advertising Age. Se la pagina di Obama è la più popolare su Facebook, la seconda in classifica è quella di Coca Cola.
La faccenda interessante è che non è stata l'azienda a farla ma è stata creata da un paio di fan della marca (ed ha superato i 3 milioni di "amici").
In realtà di fan pages ce ne sono molte... ma perché proprio questa ha avuto il successo stellare e le altre no?
Facebook sembra aver trovato il bandolo della matassa, in termini di fatturato. Il portale di social-network, che ha visto una straordinaria progressione in termini di sottoscrizioni, ha faticato nella ricerca di un modello di business che riuscisse a concretizzare una partecipazione di tali proporzioni.
Stando alle dichiarazioni Mark Andreessen, che siede nel consiglio di amministrazione del gruppo, il sito potrebbe guadagnare diversi miliardi di dollari nei prossimi cinque anni, rispetto ai 500 milioni con i quali chiuderà l'anno in corso. Andreessen ha specificato inoltre che con una gestione differente degli spazi pubblicitari Facebook avrebbe potuto fatturare oltre un miliardo nel 2009.
Per ciò che concerne Twitter, altro fenomeno di social-networking che ha visto un fulmineo sviluppo, Andressen ha affermato che nella fase in cui è la cosa più importante è allargare il bacino d'utenza. Ai guadagni, per ora irrisori, bisognerà pensare in seguito.
VIa Quo Media
Sempre più spesso si parla di strategie "customer centric", di modelli che mettono il cliente, il consumatore finale, al centro delle politiche di marketing, di vendita e di sviluppo di prodotti o servizi.
Nell'era del Web 2.0 e dei social network questa tendenza può concretizzarsi nell'utilizzo di strumenti capaci di analizzare i contenuti autoprodotti dagli utenti Internet (i cosiddetti User Generated Content), di comprenderne in profondità i toni relativamente alle opinioni, ai commenti e alle percezioni espresse nelle immagini, nei profili e nei messaggi che riempiono le pagine dei vari Facebook, Twitter e YouTube. Capire, in altre parole, l'essenza della relazioni che alimentano i social network diventa un'arma importantissima in mano agli strateghi del marketing, per proteggere e promuovere il marchio e trovare nuove opportunità di business.
Per farlo servono però strumenti tecnologici adeguati, in grado cioè di "ascoltare" i contenuti non strutturati dei social media e tradurli in informazioni utili a intraprendere azioni di comunicazione mirate, in target con gli obiettivi aziendali.
Là dove non arrivano i tradizionali sistemi di ricerca e di analisi basati su database possono invece dei connettori intelligenti e non sono molte le società che offrono sul mercato soluzioni di questo genere. Una di queste è Autonomy Interwoven , realtà specializzata nel campo del content management che annovera fra i suoi 20mila clienti nomi del calibro di Adidas, AT&T, Bank of America, Delta Air Lines, Ford e Tesco.
La soluzione pensata per monitorare i dialoghi su Facebook & Co. si chiama nello specifico Social Media Analysis e sfrutta la tecnologia di "meaning based computing" integrata nei tool di analisi utilizzati da grandi aziende e istituzioni pubbliche. Un sofisticato software, per farla breve, raccoglie e organizza le informazioni e le tendenze pescate sui social network, le elabora e produce una base dati funzionale e tempestiva all'operatività virtuale dei responsabili del marketing. Il Web 2.0 può effettivamente influenzare le politiche di branding o di marketing di un'azienda o semplicemente ispirarne i comportamenti online. Ad esempio una società che opera nel settore dell'abbigliamento potrebbe identificare un picco di interesse in una chat in cui si parla (positivamente) di un testimonia che indossa uno suoi capi e di conseguenza decidere di evidenziare immediatamente quel particolare prodotto nella propria homepage, segnalandolo in modo mirato ai clienti potenzialmente interessati al tal personaggio e al suo stile. I social network sono anche questo.
di Gianni Rusconi su ILSOLE24ORE.COM
Le quotazioni di Facebook non smettono di salire. Il popolare social network ha infatti raggiunto un valore di mercato pari a 6,5 miliardi di dollari.
Questo a causa dell’offerta fatta da Digital Sky Technologies, che ha proposto ai dipendenti della compagnia americana 14,47 dollari per l’acquisto di ciascuna azione in loro possesso. Il valore del sito, così facendo, è ulteriormente lievitato fino alla cifra sopra riportata, che supera di gran lunga le stime fatte fino a oggi.
Le azioni della società, infatti, sui mercati secondari venivano scambiate per un importo compreso tra i 10 e i 10,5 dollari, attribuendo al social network un valore di circa 4,7 miliardi. Ma l’offerta russa ha sconvolto il mercato. Digital Sky Technologies vuole arrivare a possedere il 3,5% di Facebook, e per far questo deve comprare circa 100 milioni di azioni.
Calcolando che la community più famosa del web si aspetta un fatturato di circa 500 milioni di dollari per l’anno in corso, la sua attuale valutazione sul mercato sarebbe 13 volte superiore al suo giro d’affari reale.
Via Quo Media
Continua inarrestabile la crescita di popolarità di Facebook, che proprio in questi giorni ha raggiunto i 250 milioni di iscritti: un numero davvero impressionante che conferma la popolarità e la leadership di questo social network, sempre più distante da concorrenti quali Twitter e MySpace.
Ad aprile di quest’anno gli utenti di Facebook erano “solo” 200 milioni, in poco più di quattro mesi quindi altri 50 milioni di persone hanno deciso di registrarsi. Partito come strumento di social networking utilizzato prevalentemente dagli studenti americani di college, nel giro di pochi anni ha raggiunto una popolarità inizialmente impensabile, qualificandosi come un fenomeno mondiale. Anche il profilo anagrafico degli iscritti è cambiato nel corso del tempo: da un’utenza composta per la maggior parte da giovani e giovanissimi si è passati ad una base utenti molti più eterogenea, composta da un numero crescente di adulti.
Conseguentemente anche il valore di questo social network, ovviamente legato al numero di utenti, è aumentato, fino a raggiungere recentemente l’invidiabile cifra di 6,5 miliardi di dollari. A tanto ammonta infatti l’offerta fatta da Digital Sky Technologies ai dipendenti della compagnia americana, disposta a pagare ben 14,47 $ per azione per l’acquisto di ciascuna azione in loro possesso.
Una domanda che molti si fanno, compresi gli addetti ai lavori, è quanto sia il reale valore di questi social network. Il business model che attualmente ne sta alla base, basato unicamente sull’advertising, non è infatti in grado di monetizzare in maniera adeguata la consistente customer base che li caratterizza. Proprio per questo motivo è lecito avere qualche dubbio sulla validità economica dell’offerta di Digital Sky. La maggior parte degli utenti di social network infatti non ha interesse nell’utilizzare servizi premium ed è molto volatile: oggi il social network più gettonato è Facebook domani chissà.
Del resto pochi anni fa si parlava solo di Second Life, adesso dimenticato da quasi tutti, media compresi. Simile sorte è toccata a MySpace: da sito leader per la gestione dei propri contatti online (anche se è sempre stato sbilanciato verso il settore della musica, per il quale tra l’altro per molti versi è ancora un punto di riferimento), in breve tempo è stato soppiantato da Facebook, passando recentemente attraverso una fase di pesante ristrutturazione.
La vera sfida dei prossimi mesi per il management di Facebook sarà quindi quella di convincere le aziende ad investire in maniera più consistente, in modo da generare un flusso di ricavi che possa realmente essere in linea con il numero di utenti che quotidianamente si connette. Per sfruttare al massimo l’interattività e la viralità del social network le aziende dovranno affiancare agli strumenti tradizionali, come banner e adwords, applicazioni dedicate (giochi, test, sondaggi, e-gifts…) in grado di spingere il passaparola spontaneo tra gli utenti e la condivisione dei contenuti.
Twitter ha generato affari per 50 milioni di dollari negli ultimi trenta giorni, tramite lo spazio dedicato al social network dai mezzi di informazione (web, carta stampata e tv).
Uno studio di Vms, che attua ricerche sui contenuti dell’informazione, ha rivelato come, nel mese di giugno, Twitter sia stato menzionato circa 3 miliardi di volte sui vari media, incrementando così esponenzialmente il proprio valore d’immagine.
Valore abbastanza intangibile, almeno finché non si constata il costo commerciale delle pagine occupate dalle news riguardanti il sito di micro-blogging, con relativi spazi pubblicitari venduti.
A contribuire maggiormente alla recente popolarità di Twitter è stata la tv, che ha proposto il 57% degli aggiornamenti e degli approfondimenti sul social network in questione. A seguire i quotidiani, con il 37%.
“Queste cifre sono enormi” dice Peter Wengryn, a capo della ricerca di Vms. A maggior ragione se si pensa che Bing, il nuovo search-engine di Microsoft, a giugno ha generato 574 mila dollari di quelli che in gergo vengono definiti ‘utili da relazioni pubbliche’, con 63 milioni di menzioni globali.
L’immagine, insomma, paga.
Via Quo Media
Facebook ha studiato l'ennesimo escamotage per sfruttare al massimo il potenziale gratuito contenuto nelle sue pagine: l'identità e i volti degli utenti. A partire da oggi il popolare social-network, che ha da poco raggiunto quota 250 milioni di profili registrati, inserirà nei banner promozionali del sito immagini prese dalle gallerie personali degli utenti iscritti. Il nuovo sistema prevede che gli scatti vengano utilizzati per attirare l'attenzione degli amici del soggetto stesso. In parole povere, a un ipotetico Mario Rossi compariranno messaggi pubblicitari accompagnati dalle foto del suo compagno delle superiori Paolo Verdi.
E’ possibile disattivare questa funzione e mettere al sicuro le foto seguendo questi passi: selezionare 'Impostazioni' dal menu in alto e cliccare su 'Impostazioni sulla privacy', poi su 'Notizie e Bacheca', in seguito su 'Inserzioni Facebook', su 'Presenza nelle Inserzioni di Facebook' e impostare, infine, su 'Nessuno'.
Via Quo Media
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