Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Quanto rende agli inserzionisti la pubblicità sui social network? A maggio la General Motors, ha cancellato tutta la pubblicità a pagamento da Facebook, perchè l'investimento non si è tradotto in auto comprate dai consumatori. I vertici della casa di Detroit hanno dichiarato di aver speso dieci milioni di dollari per gli annunci sul social network. E i suoi marchi, hanno deciso di rivolgersi al principale sfidante di Facebook, Twitter.
Secondo quanto riportato dal Financial Times, il direttore Chevrolet, Andrew Dinsdale, sarebbe entusiasta del sito di microblogging: "È un mezzo unico nel suo genere e offre opportunità esclusive per coinvolgere i clienti sui social network ad un livello con cui nessun altro può competere. Chevy ha visto tassi di risposta agli annunci di Twitter compresi tra l´1 e il 3%", dichiara Dinsdale, e il dato sarebbe molto più alto dei tradizionali annunci online.
Facebook può comunque annoverare risultati positivi tra altri grandi marchi, tra i quali Electronic Arts, che ha attribuito a Facebook un incremento di 12,1 milioni di vendite. Il social network dichiara che, in media, il 70% degli inserzionisti vede un ritorno di almeno tre volte il loro investimento. "Tutti i giorni un marchio ha la capacità di raggiungere il mezzo miliardo di persone", dice Brad Smallwood, responsabile di Facebook.
Via Quo Media
Le aziende non sfruttano ancora a pieno i social media. È quanto emerge da uno studio condotto da diversi ricercatori della Stanford University.
“Le aziende apprezzano le potenzialità che i social media possono avere per trasformare tutti gli aspetti della loro attività: branding, reputazione, comunicazione, diffusione, e individuazione dei rischi strategici – spiega David F. Larcker professore presso la Stanford Graduate School of Business e principale autore della ricerca – sono consapevoli anche che possono rappresentare una grave minaccia. Non stanno però facendo molto rispetto a questo.”
Lo studio ha analizzato la conoscenza e l’utilizzo dei social media da parte di un campione di manager di alto livello, selezionati a differenza di altre ricerche in tutte le fasce demografiche e non soltanto tra i manager più giovani e sensibili ai cambiamenti del contesto tecnologico e comunicativo (età media 50 anni). I risultati sono davvero interessanti.
Il 90% dei manager dichiara, infatti, di comprender il forte impatto che i social media possono avere sull’azienda, ma a fronte di una simile consapevolezza soltanto il 32% monitora i social per individuare potenziali pericoli per il business e ancor meno (14%) li analizza per aver indicazioni rispetto alla performance della compagnia.
Solo il 24% dei manager anziani e l’8% dei direttori riceve, inoltre, report e misurazioni sui social media; e addirittura circa la metà delle compagnie non raccoglie proprio questi dati.
Più elevato, ma in ogni caso meno di quanto ci si potrebbe aspettare, l’utilizzo dei nuovi canali a fini di contato con la clientela. Il 59% delle aziende li utilizza, infatti, per interagire con i consumatori e il 35% per effettuare ricerche su di essi.
Meno della metà (49%) li utilizza poi a fini promozionali e ancor meno (circa 30%) per fare ricerche sui propri competitor, su nuovi prodotti e servizi, o per comunicare con i dipendenti.
Larcker spiega che non nonostante i dirigenti e i membri dei consigli d’amministrazione utilizzino i social media, “la familiarità con i social media non si sta traducendo in uso sistemico all’interno delle rispettive aziende.” La motivazione più spesso citata dai manager sarebbe la mancanza di conoscenza su come impostare un sistema di raccolta e analisi delle informazioni dei social media in una forma utilizzabile. “La maggior parte di coloro che abbiamo intervistato non hanno linee guida sui social media nelle rispettive aziende, non hanno consultato un esperto di social media nella loro compagnia, e non dispongono di sistemi per la raccolta delle informazioni chiave.”
Questa inattività, secondo Larcker, potrebbe mettere a serio rischio le compagnie. Lo studio conclude, così, con una serie di consigli ed indicazioni per le aziende, che sostanzialmente invitano ad un uso sistematico, motivato e strategico dei social media a fini di business.
Qui potete trovare il report completo.
Via Tech Economy
Nielsen, la nota società di ricerca e misurazione delle audience, scommette sulla SocialTv, uno dei settori più promettenti del momento.
NM Incite, una joint venture tra Nielsen e McKinsey pensata per l’analisi e la ricerca nel campo dei social media, ha infatti annunciato l’acquisizione di SocialGuide, una startup newyorkese attiva nel settore della social tv. La startup, almeno stando alle dichiarazioni, analizzerebbe i dati provenienti dai social media per più di 30mila programmi TV trasmessi su 232 canali TV USA.
L’acquisizione di Social Guide non sorprende, visto che proprio Nielsen sostiene che il 50% delle audience televisive Nord Americane interagisce online tramite social media mentre guarda la TV.
Nielsen sembra intenzionata ad utilizzare i dati della startup velocemente per misurare il valore economico della social TV e per “quantificare la relazione tra social TV e Tv rating al fine di permettere agli inserzionisti pubblicitari di massimizzare l’impatto dei propri investimenti, e fornire nuove metriche in grado di illustrare l’impatto della social TV sui comportamenti dei consumatori e sull’abitudini di visione”.
Steve Hasker, responsabile globale media product e advertising solution di Nielsen, spiega: “La rapida adozione e l’uso dei social media da parte dei consumatori sta trasformando l’esperienza di visione televisiva in qualcosa di più immediato e condiviso.” I canali televisivi, difronte a queste trasformazioni, hanno bisogno di strumenti per comprendere “l’impatto dei social TV sulla loro programmazione, rating e sull’efficacia della pubblicità.”
Via Tech Economy
Facebook conta circa 1 miliardo di utenti, 80 milioni di questi fasulli. Molti di questi sfruttano dati di profili ‘veri’, rubando in sostanza l’identità digitale di persone reali: data di nascita, hobby, lavoro, luoghi visitati, fotografie.
I furti d’identità online sono sempre più frequenti, i vertici del social network lo sanno, ma le misure restrittive e i controlli sono sporadici. Spesso lo scopo finale è quello di catturare informazioni e contatti a fini pubblicitari, qualche volta si tratta di semplice hackeraggio dilettante, altre ancora c’è una vera e propria attività di stalking.
Facebook ammette il problema ma fa poco o nulla per arginarlo. Intanto, i doppi profili e i falsi account proliferano, rendendo il mondo virtuale ancora più confusionario di quello reale.
Via Quo Media
Da due settimane è online il sito di PitstopAdvisor che permette di trovare officine di auto e moto sull’intero territorio nazionale, e dove gli utenti sono parte attiva del sistema analizzando o redigendo recensioni sui singoli punti vendita.
La piattaforma di PitstopAdvisor presenta dinamiche nei servizi e nella partecipazione degli utenti, che ricalcano per certi versi quelli di TripAdvisor, il più noto dei portali “social” per il turismo; ma nel caso di PitstopAdvisor l’idea è tutta italiana. Il progetto è nato dall’idea di Elena Giaveri, laureata in moda all’Istituto Europeo di Design, assieme all’amica Graziella Carta, laureata in economia all’Università di Milano-Bicocca; arrivando a realizzare un sito web ispirato proprio alle bacheche dove vengono pubblicate le recensioni degli alberghi.
In cinque mesi il progetto è arrivato in Rete affidando l’idea originaria e la struttura di base del sito a una agenzia di comunicazione che ne ha curato il lancio. Il costo finora del progetto è stato di solo 10mila euro, come per ogni startup che si rispetti, ma le due fondatrici puntano già al lancio di un’applicazione software per sistema iOS, per arrivare ad una community simile alla straniera Repair Pal.
Tra le caratteristiche principali del sito, c’è la possibilità di ricercare l’officina o il rivenditore più vicino (inserendo cap o nome di una città) con la relativa valutazione, e la ricerca può avvenire sia per marca dei prodotti che per area geografica (Regioni, Provincie e Comuni). In alternativa si può utilizzare la mappa per zoom successivi, e gli utenti possono poi aggiungere recensioni, commenti e assegnare un voto (da una a cinque “chiavi inglesi”); contribuendo così a stilare una serie di classifiche costruite su differenti criteri come: qualità, risparmio, efficienza e competenza. In fne, si sta puntando a sviluppare una intera community che supporti con costanza i trend di crescita del sito.
Via Tech Economy
Meno anarchia e più precisione, così comincia la nuova stagione di Twitter, che per aggiornarsi e proporsi come social network sempre più professionale ha deciso di riscrivere alcuni passaggi del proprio regolamento. Tra questi, quello che definisce la ‘proprietà’ dei messaggi. Il micro-blog, al punto 5 dei termini del servizio, ribadisce la propria libertà di utilizzo dei tweet scritti dagli utenti.
La questione è delicata e la prolissità con cui il fondatore Jack Dorsey spiega le nuove norme è eloquente: serve più ordine per rendere Twitter profittevole: “Twitter dispone di un insieme di regole in continuo aggiornamento che definiscono il modo in cui l'ecosistema dei propri partner possa interagire con i contenuti dell'utente. Ciò che è dell'utente resta dell'utente”, dicono dalla compagnia, ma in sostanza nessun ‘proprietario’ può bloccare l’uso dei tweet da parte del social network, anche per scopi commerciali.
I messaggi diventano sempre più crogiolo di informazioni (ri)vendibili, tanto che Twitter sta progettando un archivio storico ti tutto il twittato, così da definire meglio trend e argomenti più dibattuti (e, ancora, monetizzare queste ricerche). Il problema della proprietà e del riutilizzo dei contenuti è già stato affrontato da Facebook e YouTube: la net economy nasce come divertimento, cresce diventando un fenomeno e finisce per divenire un’impresa adulta. Poi, o arrivano introiti veri, oppure ci si spegne. E’ il mercato (web), bellezza.
Via Quo Media
Le testate di tutto il mondo tentano di utilizzare i social media per conquistare nuovi lettori, in particolar modo i più giovani, o quanto meno mantenere gli attuali. The New York Times ha pensato, però, bene di creare il proprio social media, Compendium.
Un ibrido a metà tra Storify e Pinterest, per i contenuti del newspaper creato dai New York Times Research & Development Labs.
Gli utenti possono iscriversi tramite l’account Facebook o Twitter. A quel punto, una volta aggiunto ai segnalibri il servizio, è possibile creare collezioni di articoli, video, fotografie o citazioni dalla testata in modo semplice tramite una finestra pop up; dopo di che condividere le collezioni con chi si vuole.
Resta da vedere se Compendium riuscirà a conquistare i lettori, vista la forte limitazione posta dal non poter condividere contenuti diversi da quelli del newspaper. In ogni caso, potrebbe rivelarsi un simpatico modo per archiviare e conservare i contenuti del giornale, soprattutto per i lettori più assidui e per gli abbonati digitali con accesso agli interi archivi della testata. O un modo alternativo per riscoprire diversamente contenuti, viste le collezioni già create da membri della redazione.
Via Tech Economy
Facebook sperimenta l’invio a pagamento di messaggi privati a persone non presenti nella propria rete di amici. Il popolare social network, alla ricerca costante di nuove fonti di entrate dopo i forti dubbi espressi dagli investitori sul modello di business dell’azienda, sta sperimentando una nuova tipologia di messaggistica che permetterà di inviare messaggi a sconosciuti e di promuoverli.
Facebook chiederà agli utenti di pagare un dollaro per inviare messaggi privati a persone non nella propria rete d’amicizie, il prezzo potrebbe essere abbassato qualora il servizio non fosse utilizzato. Prima della novità gli utenti potevano mandare messaggi agli sconosciuti, ma solo se questi non lo impedivano cambiando le impostazione della privacy, cosa che non tutti fanno. Ora si potrà contattare chiunque indipendentemente dalle sue scelte di privacy, ma dietro pagamento di un compenso.
La novità fa parte di un più generale aggiornamento del sistema di messaggistica della piattaforma e di numerose iniziative per monetizzare maggiormente la propria offerta, cresciute dopo il sostanziale fallimento della quotazione in borsa.
La maggiore enfasi sulla monetizzazione delle attività degli utenti potrebbe causare sempre più problemi alla piattaforma. La novità introdotta per la messaggistica potrebbe rivelarsi controproducente ed essere un fallimento non solo in termini economici e di utilizzo ma anche di immagine, contribuendo soltanto a far apparire Facebook ‘commerciale’ e poco attento alla privacy. Secondo alcuni, invece, la strategia potrebbe rivelarsi vincente di primo acchito, ma finire poi per annoiare e infastidire gli utenti con il conseguente peggioramento dell’esperienza nella piattaforma.
Via Tech Economy
Capi di Stato o primi ministri: tre su quattro hanno una pagina ufficiale nel social network Twitter e scrivono micropost per dialogare con il pubblico online. L'anno appena concluso ha contribuito a un salto in avanti nella partecipazione. Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama è in cima alla classifica, ricostruita dal Digital Policy Council, con 25 milioni di iscritti che ricevono i suoi messaggi (followers).
È stato il primo a scommettere sulle conversazioni con i cittadini condensate in testi più brevi di un sms (chiamati anche "tweet"), inviati durante la campagna politica del 2008. Sul secondo gradino è Hugo Chavez: per il leader venezualano Twitter ha giocato un ruolo strategico durante la rielezione, secondo l'analisi del Digital Policy Council.
Nel raggiungimento della vetta influiscono fattori come la diffusione territoriale dei social network oppure un'età mediana della popolazione inferiore ai trent'anni. Che favoriscono America Latina e Medio Oriente. Il primo capo di Stato di un Paese dell'Unione europea in lista è l'inquilino dell'Eliseo Francois Hollande, sedicesimo.
Hanno scalato presto posizioni due "new entry" approdate su Twitter nell'ultimo anno, come il primo ministro indiano Manmohan Singh e il premier nipponico Shinzo Abe.
La previsione del Digital Policy Council è di un'espansione ulteriore durante il 2013: avranno una pagina pubblica su Twitter almeno un capo di Stato o di governo in quasi tutti i Paesi del mondo. Nella diplomazia amplia il perimetro anche il monitoraggio dei temi delle discussioni, indicati con hashtag (attraverso una o più parole precedute dal simbolo cancelletto). Sono diventati parte integrante dei dibattiti. Tanto da essere, come ha osservato The Atlantic, un terreno di confronto per lanciare proposte che influenzano l'agenda politica.
Via IlSole24ORE.com
Facebook e Twitter si aprono ai pagamenti social con American Express. I noti social network scoprono un particolare interesse nei confronti dell’economia, proponendo due iniziative molto interessanti. In questo modo vengono ampliate le loro prospettive, facendo un salto direttamente nel settore dell’e-commerce. Vediamo nello specifico che cosa ci propongono la popolare rete sociale e il famoso servizio di microblogging. Per quanto riguarda Facebook, è già stata avviata da qualche tempo la funzionalità Gift. Attraverso di essa possono essere acquistati dei prodotti e dei servizi, per poi regalarli. Adesso tutto viene amplificato per mezzo di Azimo, un servizio di trasferimento di denaro. Si tratta di un’integrazione con Facebook, che, a poco a poco, troverà l’opportunità di permettere agli utenti di scambiarsi denaro. L’app di Azimo su Facebook avrà il compito di gestire tutta la transazione e il denaro potrà essere ritirato veramente, sfruttando i 150.000 punti che Azimo, con sede nel Regno Unito, possiede in tutto il mondo. C’è chi potrebbe obiettare che tutto ciò va contro la sicurezza informatica, aprendo la strada a delle vere e proprie frodi. D’altronde non dobbiamo dimenticare che gli imbrogli e i furti d’identità sono sempre dietro l’angolo. Tuttavia l’azienda garantisce che le varie operazioni finanziarie potranno essere svolte nella più totale sicurezza. Twitter ha lanciato un particolare hashtag. Il servizio di microblogging, utilizzando questa parola chiave, diventa una sorta di carrello. La parola chiave è comunque riservata agli utenti del servizio Amexsync della carta di credito. E’ come se gli utenti avessero a loro disposizione un pin, che viene richiesto nei tweet di carattere commerciale. Proprio attraverso i tweet, digitando il pin, l’utente comunica di voler acquistare un prodotto e riceverà un tweet di conferma. Un messaggio di posta elettronica completa il tutto, specificando che ci sono 15 minuti per confermare l’intenzione di acquisto espressa attraverso il cinguettio. In questo modo viene comprato un determinato prodotto, che verrà spedito direttamente a casa. Naturalmente, per sfruttare queste possibilità, la propria carta di credito deve essere collegata all’account Twitter. Niente di più facile, insomma: un mix fra social ed e-commerce che appare come una svolta importante, da non sottovalutare. D’altronde gli acquisti online degli Italiani fanno registrare numeri ormai consistenti. Tutto questo ci fa comprendere come le possibilità social della vita virtuale vengano enormemente ampliate, creando un collegamento essenziale con la vita reale.
Via trackback.it
|