Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Questo post prende lo spunto iniziale dalla polemica delle scorse settimane attorno a una famosa fashion blogger e ai suoi possibili compensi da parte di alcune aziende.
Sulla vicenda mi sono già espresso su alcuni spazi social, in effetti sono stupito del fatto che tutti si accorgano ora di tale fenomeno e, contemporaneamente, le vicende di questa persona (dotata di grandi capacità di personal branding) mi fanno pensare che la corsa all’emulazione di alcuni brand sia poco ragionata e molto dettata dalla moda.
Il ciclo di Hype: ne parlerò poco più sotto
Il fenomeno dei fashion blogger infatti è nato in ritardo in Italia e l’attenzione recentemente dedicata a questo mondo dalla stampa ha creato un mercato fiorente per quei (pochi) che sono riusciti a crearsi un nome noto alle cronache.
La scarsa capacità di valutazione del ROI digitale e la strategia poco distintiva di alcuni brand hanno poi creato una domanda per i soliti noti tale da determinare degli economics fuori scala per i servizi, pur dotati di valore aggiunto, di questi blogger.
Allargando lo sguardo oltre l’episodio però approfitto di questo spunto per riprendere due concetti che ho già trattato in passato: il ciclo di hype e il corretto processo di definizione di una strategia digitale.
Il primo, oggi molto amplificato dall’attenzione dei media tradizionali per il web, è il fenomeno per cui una tecnologia con un impatto sociale vive una crescita, un momento di successo fin troppo ampio (hype) e poi si assesta dopo una fase di disillusione trovando il proprio pubblico più o meno di nicchia (si pensi a Second Life).
Sul secondo invece ricordo l’approccio POST, che prevede di partire dall’analisi del target (e della relativa competenza tecnologica) per poi definire obiettivi e strategia e, solo alla fine, la tecnologia ottimale per avere successo.
Ho messo assieme questi elementi perché guardandoli assieme diventa sempre più importante individuare per tempo e in modo critico i nuovi fenomeni del digitale, con questi consigli che mi permetto di dare:
a) cercate di captare cosa sta prendendo piede sulla rete monitorando e ascoltando gli early adopter del settore che vi interessa e studiate i nuovi strumenti prima che diventino noti, per essere pronti.
b) siate veloci a comunicare non appena i primi media mainstream inizieranno a citare il nuovo servizio: il vantaggio di immagine di essere i primi è notevole.
c) integrate il più possibile il nuovo mezzo con quelli che avete già, e soprattutto con gli owned media: sarà più efficace e vi vincolerà meno nel caso lo strumento perda di interesse in breve.
d) cercate tecnologie che siano davvero rilevanti per il vostro pubblico usando l’approccio POST e non rincorrete solo le mode
e) datevi degli obiettivi e misurate che ritorni vi arrivano in merito: senza sapere che cosa si vuole diventa difficile anche capire il livello di successo.
Per seguire questi consigli ovviamente serve sensibilità, know how e consapevolezza che i mezzi lavorano sempre tutti insieme in un’ottica di ecosistema.
Senza contare che i primi poi possono spuntare i prezzi migliori, sempre ammesso di dover pagare…
Gianluigi Zarantonello via Internet Manager Blog
I venditori online nel primo semestre 2012 hanno notevolmente incrementato il loro business grazie ai motori di ricerca. I dati della ricerca di MarketLive indicano che le entrate sono aumentate di 20% rispetto al primo quadrimestre 2011. Circa il 39% dei clienti sono stati raggiunti grazie ai motori di ricerca, in crescita rispetto al 38,2% dell’ultimo trimestre 2011. In ascesa anche le reti sociali, stimolanti di acquisto per il 2,1% delle persone.
Via Quo Media
Ecco i dati sulla diffusione dell'online in Italia: dati di audience Audiweb del mese di Febbraio 2012, visti con l’ occhio da Digital Planner
Insomma, il solito e consueto aggiornamento mensile, con qualche commento e un po' di prospettiva storica - con un confronto di dati che non trovate facilmente altrove .
Quanti siamo online a Febbraio 2012? A Febbraio 2012 L'audience online è di 27.7 milioni di italiani che si sono connessi alla Rete (tramite un computer) almeno una volta nel mese. La crescita sull’anno è del 9.2%. La crescita sul mese precedente è zero. E’ quindi online il 50,7% della popolazione dai due anni in su.
A Gennaio 2012 eravamo appunto 27.7 milioni. Dicembre 2011 eravamo 27,2. A novembre eravamo 27 contro i 27.3 di Ottobre.
Quanti italiani trovo online nel giorno medio?
Nel giorno medio gli utenti di Febbraio 2012 sono stati 13.8 milioni, con una crescita sull’anno del 7.3%. Qui invece cresce rispetto a Gennaio 2012 dove erano 13,4 milioni. A Dicembre 2011 erano 12,7 milioni e a Novembre 2011 13,4 milioni.
(se poi volete farvi delle storiche più arretrate, fate un search su questo blog per “Audiweb” così recuperate i post precedenti e vi fate rapidamente una serie).
Quanto si sta online, ogni giorno? Si sta in Rete 1 ora e 26’, contro 1 ora e 23 minuti di Gennaio. Non abbiamo ancora recuperato il calo degli ultimi mesi: a Dicembre (vacanze, Natale…) era 1 ora e 18 minuti, contro Novembre che valeva 1h 23’… però a Marzo 1 h 24' al giorno, 1h 37’ a Febbraio, a Gennaio era 1h 40’.
Quante pagine si vedono? Più o meno costante, nel breve: A Febbraio sono state 166 pagine a persona, contro le 165 di Gennaio, mentre a Dicembre sono state 152. Su scala più lunga anche qui c’è da recuperare: a Novembre dove si sono visitate 160 pagine per persona…rispetto alle 171 di Settembre e le 201 di Gennaio 2011.
Di qui in poi sostanzialmente copio e incollo il resto della press release e le tabelle:
La popolazione online nel giorno medio a febbraio è rappresentata nel 55% dei casi da uomini (7,6 milioni, +5,4% in un anno) e nel 45% dei casi da donne (6,2 milioni, +9,6%).
Più in dettaglio, sono online nel giorno medio principalmente i 35-54enni (6,6 milioni, il 48,1% degli utenti online nel giorno medio), seguiti dai 25-34enni (2,6 milioni, il 18,9% degli utenti online nel giorno medio), che accedono a internet nel 30,2% dei casi dal Nord Ovest (4,2 milioni di utenti) e nel 30,1% dei casi dall’area Sud e Isole (4,1 milioni).
Osservando i dati sull’uso del mezzo nelle diverse fasce orarie del giorno medio, emerge un’attività rilevante durante tutta la giornata, con una particolare concentrazione della popolazione online nelle fasce pomeridiane e serali.
Infatti, già a partire dalle ore 9, si registrano dati rilevanti, con 6 milioni di utenti attivi che diventano 7 milioni dalle 12 in poi. Il picco dell’audience si registra tra le 18 e le 21 con 7,5 milioni di utenti online, per poi scendere a 5,5 milioni di utenti online tra le 21 e la mezzanotte, fascia oraria in cui si registra una maggiore attività online sia in termini di tempo speso (36 minuti), che di pagine viste per persona (68).
Dato che pregano di citare, io cito:
Le sintesi dei report sono disponibili sul sito www.audiweb.it per tutti gli utenti registrati e in forma completa per tutti gli abbonati attraverso le principali aziende di elaborazione dati per la pianificazione pubblicitaria.
*Audiweb Database presenta la stima dell’utilizzo effettivo di internet da parte degli Italiani dai 2 anni in su, che si sono collegati almeno una volta attraverso un computer da casa, ufficio o altri luoghi. Audiweb Database contiene i dati quotidiani di navigazione sui siti degli editori iscritti ad Audiweb.
Legenda Utenti attivi nel giorno medio (Reach Daily) = fruitori per almeno un secondo del mezzo (Brand/Channel) nel giorno medio del periodo selezionato. Utenti attivi (Reach) = fruitori per almeno un secondo del mezzo nell’intero periodo di durata della rilevazione. Connessi: individui che hanno accesso potenziale a Internet.
Si prega di citare nella diffusione dei dati Audiweb elementi tecnici quali: la fonte, il nome del report, l’universo di riferimento e le date di rilevazione.
Audiweb Audiweb è il soggetto realizzatore e distributore dei dati sulla audience online. Il suo obiettivo primario è fornire informazioni oggettive e imparziali al mercato, di carattere quantitativo e qualitativo, sulla fruizione del mezzo Internet e sui sistemi online utilizzando opportuni strumenti di rilevazione. Audiweb è un Joint Industry Committee guidato dal Presidente Enrico Gasperini e composto da tutti gli operatori del mercato: Fedoweb, associazione degli editori online; UPA Utenti Pubblicità Associati, che rappresenta le aziende nazionali e multinazionali che investono in pubblicità; e Assap Servizi, l’azienda di servizi di AssoComunicazione, associazione delle agenzie e centri media operanti in Italia.
The Next Web, uno dei più importanti siti di informazioni su tecnologie ed ecosistema digitale, sta per introdurre, come hanno già fatto diverse testate e newspaper, un paywall per la visualizzazione delle notizie. Il sistema adottato ha però degli elementi di novità che coinvolgono i social media.
La testata offrirà, dopo una prima fase iniziale di lancio che avrà inizio il 02/04/2012, tre diverse opzioni di abbonamento mensili: 1 dollaro per 1 – 3 articoli al giorno, 3 dollari 4-10 articoli al giorno, 5 per l’accesso illimitato.
La particolarità del sistema sta nel suo funzionamento. The Next Web non permetterà ai visitatori occasionali e non abbonati di visualizzare un numero ridotto di articoli mensili come ad esempio accade sul The New York Times, bensì di visualizzare tutti gli articoli ma in ritardo rispetto agli abbonati.
Le news saranno a disposizione di tutti dopo 90 minuti dalla pubblicazione, ma diverranno di nuovo disponibili solo per gli utenti paganti non appena raggiungeranno le 300 condivisioni sociali.
L’utilizzo dei social, probabilmente come misura di successo e quindi di valore, assume quindi un ruolo centrale nell’offerta della societ che scommette sulle news digitali a pagamento.
Via Tech Economy
Pinterest ha attratto l’attenzione delle aziende interessate a utilizzare il social network come strumento di promozione e vendita di prodotti. Pinterest focalizzandosi, infatti, su lifestyle e consumi rappresenta un ambiente particolarmente in sintonia con le esigenze dell’industria.
Ma Pinterest riesce effettivamente a stimolare la scoperta e l’acquisto di prodotti?
Il 21% degli utenti del social network dichiara di aver acquistato almeno un prodotto scoperto tramite la piattaforma, secondo i risultati di un’inchiesta effettuata da PriceGrabber sugli utenti regolari del servizio.
Lo studio permette di comprendere quali sono le attività e gli interessi più diffusi tra l’utenza del social network.
La motivazione centrale per l’utilizzo di Pinterest sembra essere la scoperta di nuove ricette e la cucina in generale, tema centrale posto in vetta agli interessi del 70% degli intervistati. Seguono decorazione della casa, moda, intrattenimento e giardinaggio. E’ utile ricordare che il target principale di Pinterest è rappresentato da donne, l’80% degli utenti è, infatti, di sesso femminile.
Pinterest non sembra rimpiazzare l’utilizzo di altri social network ma si affianca ad essi. La frequenza di utilizzo del servizio non è ancora altissima (37% alcune volte a settimana – 10% alcune volte al giorno), ma il vantaggio è che gli utenti non consumano solamente contenuti altrui bensì ne producono a loro volta, in media da 1 a 10 “Pinboards”.
Tra il 21% dell’utenza che ha scoperto e acquistato prodotti, le transazioni più diffuse riguardano oggetti e servizi in linea con gli interessi più diffuse: utensili da cucina, strumenti per “Arts and crafts” e abbigliamento.
Via Quo Media
E’ quanto emerge da un sondaggio Ipsos/Reuters, che sottolinea il crescente utilizzo di e-mail e social network nel mondo, che in alcuni Paesi tocca percentuali inimmaginabili fino a pochi anni fa.
Secondo i dati raccolti, l’85% delle persone collegate ad internet invia e riceve posta elettronica, e ben il 62% è presente sui social network e comunica con i propri amici attraverso queste piattaforme, dati che vanno ad aumentare sensibilmente se contestualizzati ad alcune nazioni o aree geografiche.
Ad esempio otto indonesiani su dieci, e ben il 75% degli argentini, russi e sudafricani utilizzano costantemente i social, battendo gli “Hi-Tech” USA (dove il dato si ferma al 60%) e Giappone, che segna solamente il 35%, a causa di reticenze culturali che hanno spesso limitato la curiosità dei suoi abitanti verso le piattaforme social straniere, dato che abbiamo già trattato in un nostro approfondimento sul caso.
Il peso e l’importanza del web, dei social network e la rilevanza di blog, forum e siti internet nel panorama della comunicazione mondiale e nel media mix dei consumatori di tutto il globo, va quindi a incrementarsi sempre di più, determinando al contempo un sistema sempre più centralizzato intorno ad alcune piattaforme, e una rete di contatti potenziali che si avvicina, giorno dopo giorno, a coprire la totalità della popolazione del nostro pianeta.
Quello in rete è un bacino di pubblico sempre più esteso, in cui le aziende stesse possono inserirsi e lavorare al fine di aggregare alle loro manifestazioni online (siti, profili social, blog…), quote sempre più importanti di potenziali consumatori.
Via Tech Economy
Di Admin (del 19/03/2012 @ 07:16:57, in Internet, linkato 3019 volte)
Prendi dei blogger/falli parlare. È l’idea venuta a Chrysler, che sta ancora cercando di tamponare i danni della sua ultima campagna, la Chrysler’s “Blogger Faceoff” competition, un concorso che, a quanto pare, ha fatto più male che bene all’immagine del colosso automobilistico statunitense.
Succede che all’inizio di marzo, Chrysler assolda cinque mamme-blogger e altrettanti blogger patiti dei motori, chiedendo loro di dedicare un post sui grandi temi del nostro tempo: Come tenere occupati i bimbi durante i lunghi viaggi in auto? Cos’è per te il lusso? – e via discorrendo. I lettori devono votare il post più bello: i vincitori, uno per categoria, si sarebbero aggiudicati un viaggio a New York del valore di 9.500 dollari, più un iPad da mettere in palio come give away. Questo per incentivare l’azione non solo dei blogger, ma anche dei loro lettori. Insomma: tutto pensato a puntino per incrementare il traffico e generare conversazione attorno al brand. A organizzare la campagna c’è l’agenzia di PR Ignite Social Media, che ha pensato a tutto: reclutare i blogger, definire i premi e stabilire le regole del concorso, che di per sé erano anche fin troppo semplici: ogni lettore poteva votare una volta al giorno il proprio post preferito.
Ora, lasciamo per un attimo da parte i patiti dei motori e concentriamoci sulle mamme blogger che, forse, hanno un tantino preso a cuore la faccenda. Complice un regolamento poco chiaro, le partecipanti non si sono limitate a chiedere ai propri lettori di votare, ma hanno divulgato un vero e proprio piano di guerra: votami da più pc! Votami da indirizzi ip diversi! Votami da differenti browser! Votami da tutti i computer che riesci a trovare! Quando poi hanno esaurito trucchi e consigli, hanno cominciato a votarsi contro, accusandosi vicendevolmente di barare e scatenando una specie di piazzata virtuale con esiti veramente molto poco materni.
Che colpa ne ha Chrysler in tutto questo? Ovviamente nessuna, ma tutto questo gran litigare sul Web sotto il logo dell’azienda di certo non ha fatto bene all’immagine del marchio. Né alla reputazione di Ignite Social Media, che ben presto ha perso il controllo della situazione, arrivando a prendere una decisione poco diplomatica: squalificare una delle concorrenti, perché accusata dalle altre di aver votato da più indirizzi mail creati appositamente per l’occasione. La notizia della squalifica di mamma Kristine ha destato scalpore tra tutti coloro che seguivano il concorso e, in particolare, un blogger amico di una delle partecipanti ha pubblicamente accusato Ignite di non saper gestire una campagna. Provocazione alla quale il presidente dell’agenzia ha risposto commentando il post di Avitable, annunciando l’intenzione di regalare a ciascuno dei partecipanti – anche ai cinque blogger patiti di motori, che pare abbiano svolto il loro concorso senza intoppi – un iPad o 500 dollari da destinare in beneficienza. Una mossa generosa, forse. Ma, più probabilmente, un disperato tentativo di salvare capra e cavoli e fare tutti contenti per non creare altri scandali. Il tutto – ricordiamocelo – comunicato nei commenti di un blog che nemmeno faceva parte del concorso.
Susan Getgood, esperta di digital marketing, ha commentato la faccenda in termini molto duri:
“Il mio consiglio: state alla larga da questo tipo di eventi. Non importa quanto suonino bene nei brainstormng. C’è una ragione per cui abbiamo le leggi elettorali e misure di protezione per prevenire i brogli. Fino a quando non puoi prevenire i brogli, o anche solo la loro ombra, impiega in altro modo le tue risorse per il marketing”.
E anche Deb Rox, rincara la dose e se la prende con l’agenzia, colpevole – a suo dire – di aver fallito nel relazionarsi con i blogger:
“Un sacco di blogger trasaliscono quando le cattive idee sono finanziate con fior fior di soldi verso team di lavoro che perdono completamente di vista il vero potenziale che viene dalla partecipazione. Questo scarso rispetto del capitale creativo sta all’opposto del creare relazioni, e genera imbarazzo quando queste campagne mal generate falliscono”.
Lesson Learned: Come scrive Deb Rox – Costruite relazioni con la community e passatela attentamente al vaglio tutte le volte che decidete di coinvolgerla, perché saranno queste persone ad avere il potere di creare una campagna vincente o fallimentare. Pianificate attentamente le vostre campagne, cercando di prevedere i punti critici e monitoratela attentamente, per gestire al meglio eventuali crisi.
Via Tech Economy
L’esperienza insegna che prima di iniziare una qualunque attività, di business e non, è bene partire da un’ approfondita analisi con cui individuare i punti di forza, di debolezza, ma anche le opportunità e le minacce, del progetto stesso.
Il web non fa eccezione e una simile analisi SWOT (Strengths, Weaknesses, Opportunities, Threats), è indispensabile anche nella costruzione di una strategia di posizionamento online. I punti di forza e di debolezza infatti, fanno riferimento ad aspetti interni o meglio di “on-page” di un sito, mentre le opportunità e le minacce analizzano i fattori off-page e le attività dei competitors.
Occorre sottolineare che per una analisi SEO approfondita e strutturata è sempre opportuno affidarsi al proprio reparto di web marketing o ad una web agency professionale, ma per verificare autonomamente se un sito web sia ottimizzato o meno, e quindi se le tecniche SEO messe in atto stiano dando i loro frutti, in rete sono disponibili dei semplici tool che in pochi click permettono di avere qualche interessante indicazione. Di seguito indicheremo quattro di questi strumenti (2 per i fattori interni e 2 per i fattori esterni) spiegando quando, come e perché utilizzarli. Fattori on page:
1.WooRank : questo simpatico tool permette di creare dei “report” di analisi solamente inserendo il sito web all’interno dell’apposita casella di testo. In pochi secondi potrete avere a disposizione diversi fattori di posizionamento parametrati con tanto di spiegazione.
2.GT Metrix: elemento molto importante per la fruibilità e la leggibilità di un sito è sicuramente la velocità di caricamento delle pagine: GT Metrix utilizza Google Page Speed e Yahoo YSlow per fornire dei parametri con relativi suggerimenti per poter risolvere gli eventuali problemi. Anche per questo strumento bastano pochi click per ottenere una scheda con i valori percentuali scaricabili anche in PDF. L’elemento forse più utile è la possibilità di comparare le prestazioni di più siti (fino a quattro) per avere un’analisi di benchmark di riferimento.
È bene evidenziare come questi strumenti forniscano elementi di analisi interna soprattutto dal punto di vista “tecnico”, ovvero di ottimizzazione del codice HTML e dell’architettura strutturale di un sito web, tralasciando un elemento fondamentale: i contenuti.
Un dominio ottimizzato al 100% senza contenuti interessanti per l’utente diventa un puro e semplice esercizio di stile. Ricordiamo prima di ogni accorgimento SEO per un opportuno posizionamento che, come disse qualcuno, “Content is King”: scrivere articoli stimolanti e ben impaginati, redigere editoriali ed approfondimenti originali e creare contenuti di grande interesse per l’utente/visitatore è la vera chiave per il successo.
Fattori off page:
1.SEM Rush: questo strumento online consente di verificare quali parole chiave vengono utilizzate per cercare un determinato dominio web, oltre a stilare una lista dei principali concorrentitra i primi 20 risultati di Google. SEM Rush, inoltre, permette una analisi preliminare delle performance di determinate parole chiave: basta scrivere sulla casella di testo la keyword desiderata per ottenere molte informazioni utili, come il volume delle ricerche mensili e il trend di ricerca nell’arco di 12 mesi.
2.Majestic SEO: il numero e soprattutto la qualità dei siti esterni che citano (attraverso un link esterno o backlink) il proprio sito costituiscono un fattore fondamentale di posizionamento, la cosiddetta link popularity. Majestic SEO è in grado di scandagliare il web individuando tutti quei siti che puntano al nostro sito tramite un link e fornendo informazioni riguardo la qualità del sito citante.
Anche per i fattori esterni la regola del “Content is King” è assolutamente indispensabile: più i contenuti saranno interessanti più altri siti citeranno i nostri articoli o prodotti attraverso i backlinks. Conseguentemente se i siti “citanti” sono ritenuti “di qualità”, la link popularity diventerà uno degli elementi essenziali per favorire il posizionamento del proprio sito sui motori di ricerca
Via Tech Economy
Uno dei grandi problemi che i brand e gli individui hanno oggi è quello di poter emergere dal rumore e dall’overload di informazioni per poter essere rilevanti verso un certo pubblico, nicchia o un mercato di massa che sia. È un tema forte dell’economia dell’attenzione in cui ci troviamo: gli strumenti per comunicare ormai sono alla portata di tutti, moltissimi li usano (bene o male, ma non è questo il punto), pochi invece ascoltano e ne scaturisce un gran rumore, in cui è difficile cogliere cosa ci interessa.
Per ovviare a questo ci si attrezza, in vario modo: la content curation è un tema forte del momento, si continua a parlare di web semantico e di nuovi strumenti di ricerca (un’altra volta vorrei discutere di Volunia) e, in genere, si fruisce dei nuovi media attraverso singole applicazioni che consentono di fare agilmente poche cose alla volta.
Chi vuole dunque fare marketing e strategia all’interno di questo contesto sempre più affollato oggi si concentra molto sul riuscire a farsi sentire. E molto poco sull’ascolto. Ma io intravedo dietro a questa bagarre un’opportunità straordinaria, e difficile da sfruttare senza cognizione di causa, che è quella dei dati.
 Pensiamoci un attimo: se vediamo l’ecosistema digitale odierno (ribadisco: ecosistema) e quello di business più in generale probabilmente non ci sono mai state tante possibilità di raccogliere, analizzare, correlare informazioni che vengono dalle fonti più disparate, online e offline, via computer o via altri device (primi fra tutti i cellulari).
É il tema di the big data di cui ho parlato altre volte recentemente e su cui stanno costruendo la loro fortuna alcuni dei big della nuova economia: Facebook e Google ad esempio fondano la loro redditività sulla vendita di spazi pubblicitari che si basano sulle informazioni e sui comportamenti dei propri utenti, con una precisazione e misurabilità sconosciuta ai vecchi media.
Mark Zuckenberg mentre illustra Open Graph - fonte: searchenginejournal.com
Sulla loro scorta, anche alcune grandi company private stanno iniziando a correlare e integrare tutti i dati in loro possesso, e chi ne ha i mezzi, come Walmart, si sta spingendo oltre con dei laboratori dove si costruiscono nuovi modelli di business.
Se il trend restasse questo il livello della sfida si alzerebbe notevolmente, in quanto:
A) basare le proprie strategie sulla comprensione e l’ascolto è molto più difficile che comunicare verso segmenti che abbiamo bene in mente ma che forse non esistono nella realtà. E non è poi un tema del tutto nuovo o solo legato ai media digitali.
B) raccogliere e strutturare i dati necessari a sviluppare il punto precedente è molto più complesso e oneroso che mettere una persona (magari in stage) a postare qualcosa su Facebook secondo l’ispirazione del momento
C) i dati vanno raccolti in una molteplicità di modi ma con una regia coerente alle spalle: ecco che tutti gli strumenti devono essere visti come un ecosistema che non può essere fatto di camere stagne e senza collegamento
D) qualcuno deve essere in grado di interpretare in una visione più ampia queste opportunità, leggendo in modo corretto le informazioni e trovando nuovi modi di costruire opportunità.
Guardando il tutto da un punto di vista economico la scelta sembra logica: si passa dal competere per una risorsa scarsa (l’attenzione) allo sfruttare una abbondante (il dato/informazione). Allo stesso tempo però non è molto interessante stare seduti su di un lago di petrolio se non lo si sa estrarre, raffinare e utilizzare (e/o anche vendere). E qui tornano in campo le persone e le nuove professionalità.
A mio avviso infatti una separazione netta fra “tecnologia” e “funzioni di business” perde di senso ma nelle nostre aziende questa evidenza ancora oggi fatica ad affermarsi.
Voi che cosa ne pensate? É troppo presto? É un trend momentaneo (io non credo)?
Gianluigi Zarantonello via Internetmanagerblog.com
Il rischio per chi si occupi di strategia digitale e, in generale, di nuove tecnologie per il business è quello di essere percepito come un tecnico. La cosa è di certo piuttosto vera per diverse professionalità importanti e molto specializzate legate al mondo del digital (Seo, Developer, Data analyst etc.) che possono oggi trovare posto nelle organizzazioni più grandi, ma non per quelle figure che devono sovrintendere all’ecosistema dal punto di vista strategico.
immagine tratta da http://www.collaborationideas.com
Ne ho già parlato altre volte: la strategia digitale è qualcosa che si interseca profondamente con tutti i rami e i settori di business dell’azienda e richiede delle persone dotate di un approccio manageriale, della capacità di dialogare e di capire gli obiettivi e, naturalmente, competenti rispetto alle soluzioni tecnologiche che però non devono implementare in prima persona sul piano informatico.
Questa premessa è importante, secondo me, per capire se e come la tecnologia può far evolvere le organizzazioni: non conosco infatti nessuno strumento in grado di modellarle senza intervento umano (e manageriale), ma questo alle volte non sembra essere così chiaro.
Prima di tutto ritengo dunque che l’approccio POST che si applica ai consumatori si possa utilizzare anche per il cliente interno all’organizzazione: partire dalla tecnologia e non dalle persone cui è rivolta e dagli obiettivi che si vogliono raggiungere è una delle cause di insuccesso più frequenti.
Inoltre la capacità di avere una visione di insieme permette di collegare tante piccole e grandi richieste delle varie aree aziendali in un unico disegno, che permetta una reale evoluzione e non solo il tamponamento dei singoli problemi.
Ancora, la conoscenza della strategia di business unita a quella delle nuove opportunità offerte dalla tecnologia consente di immaginare nuovi scenari che non sono solo relativi alle richieste esplicite e consapevoli dell’organizzazione ma che guardano a ciò che portare davvero vantaggio competitivo per il futuro.
Infine, un ruolo di digital strategist con competenze managerialideve prevedere una certa capacità di evangelizzazione all’interno dell’organizzazione, in quanto la mentalità delle persone è il vero elemento chiave del mutamento, mentre la tecnologia è solo un supporto e uno strumento.
Mi sento dunque di rispondere alla domanda iniziale dicendo che la tecnologia può far evolvere profondamente le organizzazioni, e già oggi sta creando nuovi paradigmi, ma che questo processo deve essere guidato con il giusto audit interno, con lo stimolo della mentalità corretta e con un approccio strategico consapevole.
La mia personale esperienza lavorativa mi dice che tutto questo è possibile ma che questo tipo di ruolo è ancora implicito nelle organizzazioni, anche se sta diventando cruciale perché l’ecosistema digitale è sempre più complesso e pervasivo. Voi cosa ne pensate?
Gianluigi Zarantonello via Internetmanagerblog.com
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