La prima ragione riportata nel testo è la disponibilità sempre maggiore di buone connessioni 3g e, prossimamente, 4g che abilitano una navigazione affidabile e veloce, con il plus di accessi alternativi come il wi-fi pubblico. Una tendenza in atto anche in Italia, nonostante i costi alti di navigazione in mobilità e la scarsità di reti wireless accessibili.
A tutti questi argomenti mi permetto di aggiungere una citazione di quello che è il grande tema dell’ipertestualità diffusa, concessa da strumenti come i QR Code, la realtà aumentata e, presto, l’Rfid e l’NFC.
Meglio tardi che mai. In Italia il web continua a diffondersi e, secondo il rapporto nazionale sui media digitali, coinvolge ormai il 53% della popolazione. Una percentuale in aumento rispetto al 2009, quando a connettersi alla rete erano 47 italiani su cento.
La ricerca curata da Gianpietro Mazzoleni, Giulio Vigevani e Sergio Splendore mostra come la presenza di internet nello Stivale sia sempre più tangibile, con le attività di e-commerce, ad esempio, ma anche con il traffico dei siti d’informazione.
Il mondo digitale, inoltre, non è più una cosa per giovani (il 53% dei cittadini tra i 14 e i 29 è utente abituale) ma un fenomeno omogeneo.
Tuttavia questa vivacità si riduce spesso ad una critica, a volte molto ironica, alle volte rabbiosa e un po’ volgare, di tutto ciò che succede in giro senza grandi proposte alternative.
Molto italiano, non trovate? E non mi dite che è il mezzo, perché in altri paesi con i social media ci hanno fatto la rivoluzione!" class="wp-smiley" />
Beh, con un veloce parallelismo lo stesso capita anche quando si parla di web e social media marketing: per ogni cosa che un brand o un altro soggetto si sforzi di fare c’è sempre e subito pronta una frotta di commentatori dall’”epic fail” facile.
E per di più molto permalosi se poi si discute del tema in generale e lo si fa in modo un po’ semplicistico e divulgativo, come accade nelle rare occasioni televisive.
Per tutte queste persone, heavy user dei social network, sembra inconcepibile che le aziende non siano pronte ad affidarsi in tutto e per tutto a loro, che li traghetteranno verso un radioso futuro.
Ma quanta esperienza hanno costoro delle aziende, delle loro esigenze e delle loro fenomenologie organizzative? Poca temo, così come d’altra parte le aziende non hanno l’umiltà di ascoltare nuove idee e paradigmi, come dovrebbero fare almeno quando gli spunti non siano posti in modo ingenuo.
Quello che vorrei dire dunque, in modo costruttivo e non polemico, è che serve una maturazione del settore dopo l’entusiasmo dei primi tempi, e che non basta twittare tutti i giorni per essere un guru dei nuovi media, in grado di giudicare dall’alto ciò che fanno le aziende.
Certo, sui social da noi un ragazzo smaliziato ha molto più know how di un veterano del marketing offline, e bisogna dunque fare cultura, finché però gli eventi di settore saranno solo un simposio di addetti ai lavori, senza nemmeno un dirigente d’azienda (ma li invitiamo o no? e gli diamo contenuti comprensibili?), temo che continueremo a sentire belle citazioni sui mercati come conversazioni. Mi chiedo ad esempio quanti marketing manager (non digitali) ci fossero all’ultimo, interessante IAB Forum…
Continua a crescere il numero degli internauti in Cina. Secondo gli ultimi dati pubblicati dall’Ufficio informazioni del Consiglio di Stato, sono oggi 500 milioni gli abitanti della Repubblica popolare ad avere accesso al web (circa il 40% totale della popolazione). Un numero impressionante che costituisce il mercato virtuale più importante al mondo.
L’internet italiana prosegue nella sua crescita. Anche un mese estivo come luglio mantiene la doppia cifra con il 10% di crescita e 26,2 milioni di utenti che si sono collegati alla rete almeno una volta tramite computer. Questi sono i dati emersi dalle rilevazioni di Audiweb per il mese di luglio. Cresce del 12,8% anche l’audience nel giorno medio, con 12,2 milioni di utenti attivi che hanno trascorso online in media 1 ora e 13 minuti al giorno, consultando 128 pagine per persona.
Per quanto riguarda più in dettaglio il profilo degli utenti attivi nel mese di luglio, risultano online nel giorno medio il 24,8% degli uomini e il 19,7% delle donne, più di 5 milioni. In particolare i giovani tra i 25 e i 34 anni, il 32,4% della popolazione, seguita dai 35-54enni: il 31,4% della popolazione che è anche quella più rappresentata online con il 47,3% degli utenti attivi nel giorno medio.
Il 31,5% della popolazione online nel giorno medio proviene dall’area Sud e Isole, 3,8 milioni di utenti attivi, il 30% dal Nord-Ovest, il 17,8% dal Centro e il 15,7% dall’area Nord-Est.
Il commercio online o, meglio, le piattaforme per gli acquisti in offerta, sembrano patire il caldo estivo. Primo segnale d’allarme è la chiusura, a soli quattro mesi dall’esordio ufficiale, di Facebook Deals. Il servizio, che permetteva ai negozi presenti in rete di proporre offerte speciali agli iscritti al sito, non ha sfondato nel difficile mercato dell’e-commerce, nonostante un’utenza potenziale di 700 milioni di persone.
“Abbiamo imparato molto da questa sperimentazione e continueremo a cercare il sistema migliore per offrire un buon servizio agli imprenditori locali”, hanno dichiarato i responsabili di Facebook, che dovranno comunque tener conto di questo pesante passo falso per prossimi investimenti in materia.
Il (temporaneo?) fallimento del network diretto da Mark Zuckerberg dovrebbe favorire Groupon, già leader mondiale tra i siti per offerte commerciali. La compagnia americana, però, non riesce ancora a realizzare utili. Nel primo semestre dell’anno, nonostante i 600 milioni di dollari d’introiti, la società ha registrato un rosso di circa 100 milioni. La tanto attesa quotazione in borsa potrebbe aiutare a Groupon, che ha in pratica inventato un nuovo modello di business online, a uscire dalle sabbie mobili. Dovrà però fare attenzione alla concorrenza di LivingSocial, che in estate ha incrementato il proprio traffico web del 27% e ora vuole rimpolpare in maniera altrettanto cospicua il proprio giro d’affari.
22 minuti al giorno su Youtube a guardare cosa? Video musicali, trailer di film in uscita nelle sale cinematografiche e informazioni sui videogiochi. Sono i contenuti più amati dagli utenti di Youtube secondo una ricerca realizzata da ComScore. Contenuti leggeri, che relegano fuori dal podio temi come la politica e le news.
Nessuno come Vevo Il primato assoluto spetta a Vevo (59,7 milioni di utenti unici al mese), iniziativa Web avviata poco più di due anni fa da tre delle principali case discografiche a livello mondiale (Sony, Universal e Abu Dhabi Media Company) che propone video musicali e backstage degli stessi, esibizioni dal vivo e interviste alle star musicali. Un boom di accessi è stato registrato lo scorso 23 marzo, quando Vevo ha proposto in esclusiva un concerto dei Duran Duran, con la regia di David Lynch. La piazza d'onore spetta alla Warner Music (31,2 milioni di utenti unici), mentre sul gradino basso del podio si piazza un nome poco noto ai più, Machinima (16,9 milioni al mese). Un neologismo generato dalla crasi tra i termini "machine" e "animation", che ha aperto una nuova epoca nel mondo dei cortometraggi, puntando a realizzare film attraverso attori virtuali e motori grafici di videogame e simulatori. Così il rendering può avvenire utilizzando un semplice pc al posto del ben più complesso motore 3D.
I contenuti più amati prendono forma Al quarto posto si piazza Demand Media (15,2 milioni di utenti unici), vero fenomeno Internet, il cui segreto del successo è tutto nel motto: "Publishing What the World Wants to Know & Share" (come a dire che trasforma i desiderata degli utenti in contenuti). In sostanza, la piattaforma si avvale di un algoritmo che identifica gli argomenti con un maggiore potenziale pubblicitario basandosi sui dati delle ricerche effettuate su Google. Quindi propone queste informazioni a una platea di migliaia di free-lance, che producono articoli e video in quantità industriale, che vengono poi distribuiti sulle pagine dei siti che utilizzano il software. Una capacità di immedesimazione con i gusti dei navigatori che è valso alla società un boom di richieste in sede di Ipo (avvenuta a gennaio), tanto da schizzare subito del 34% superando la capitalizzazione del New York Times.
La top five è completata dal creatore di contenuti multimediali Maker Studios (11,45 milioni di utenti unici mensili). Una realtà che è nata (e vive) su Youtube aggregando alcuni tra i migliori talenti emersi proprio sul sito di file sharing.
Dalle tv Web alle news, ma i numeri restano piccoli Seguono due network con un palinsesto di programmi pensati appositamente per il Web - Revision3 (7,6 milioni di utenti al mese) e Clevvertz (7,3 milioni) -, l'agenzia di stampa Associated Press (6,6 milioni), Ign con le ultime novità dai videogiochi (5,8), con Newxt New Networks (4,7) a chiudere la top ten con le sue news a getto continuo. Infine una conclusione si ricava chiaramente dalla ricerca: gli utenti Internet passano mediamente 22 minuti e mezzo sui primi venti canali della classifica stilata da ComScore. Un dato che cresce di anno in anno, ma resta comunque molto lontano dall'audience della tv tradizionale.
Lo shopping online? Questione di tempo. Già, è il tempo risparmiato nel fare acquisti via internet il vero propulsore del commercio digitale. A dirlo è una ricerca svolta da Invesp, secondo cui per il 73% degli utenti che fanno compere sul web sono mossi dalla volontà di ridurre al minimo lo spreco di tempo.
Niente lunghe code nei negozi a trovare, provare e infine scegliere gli articoli preferiti, ma piuttosto una rapida ricerca online su portali specifici e siti di comparazione, che permettono di identificare i prodotti migliori tra quelli sulla lista della spesa. Oltre al tempo risparmiato, prezzi inferiori alle rivendite fisiche (nel 55% dei casi) e una maggiore varietà di scelta (per il 67% degli intervistati) sono alla base della sempre maggiore diffusione dell’e-commerce.
Quest’anno, il giro d’affari globale delle compere online dovrebbe raggiungere i 680 miliardi di dollari, per poi salire fino a 1,4 trilioni di dollari nel 2015, con una crescita del 106% nel prossimo triennio.
Coupon, quanto mi costi. Inseguire in rete l'offerta migliore è un'attività alla quale gli italiani continuano a dedicare sempre più tempo. Ricorrere al social shopping online è diventato per tantissimi una necessità, anche quando si tratta di concedersi uno sfizio come la cena nel ristorante chic o lo sbiancamento dei denti. Intanto negli Stati Uniti il fenomeno dei classici coupon, quelli che si ritrovano tra le pagine dei giornali locali, nei volantini pubblicitari, o che sono scaricabili dai siti, sta assumendo le dimensioni di una dipendenza vera e propria. Che però in Italia non attecchisce.
Il boom italiano del social commerce In principio fu Groupon. Il sito di social commerce americano, fondato a Chicago nel 2008 da Andrew Mason, è stato il pioniere dello sviluppo del business "deal of the day". Con un successo così rapido e visibile che oggi la sua formula è imitata da oltre 500 aziende nel mondo. Groupon ha trainato anche il boom italiano: il fenomeno dei gruppi d'acquisto in rete è letteralmente esploso a partire dal luglio 2010, quando si è registrato il primo dato significativo di visitatori sui due principali siti della categoria: Groupon, appunto, e Groupalia, fondata in Spagna nel maggio 2010. Il business è stato immediatamente seguito da una serie di altri portali anche in Italia. Dove oggi, spiega Ombretta Capodaglio, marketing manager della divisione online di Nielsen, «sono circa 15 i siti con un volume superiore ai 50mila utenti unici».
Come funziona il deal Ma come funziona questo social commerce? L'unione fa lo sconto, si potrebbe dire. Il sito propone ogni giorno acquisti a prezzi scontati, dal 50 al 90%: che sia la cena in un ristorante, un trattamento in un spa, una vacanza in hotel o una seduta dal dentista. Il deal è locale e viene proposto tramite email, perché chi si iscrive (gratuitamente) al servizio deve indicare il proprio indirizzo di posta elettronica e la città di residenza, per poter ricevere le offerte relative alla sua area. A quel punto si sottoscrive il deal, si paga (tramite carta di credito o PayPal) e si riceve un voucher da poter utilizzare entro 6 mesi dall'acquisto, previa prenotazione del servizio. Unica avvertenza: se non viene raggiunto un numero minimo di richieste, salta l'offerta.
«Groupon ricava il 50% del valore della vendita del servizio, già scontato. Qualche altro sito – osserva Capodaglio - tiene invece per sé il 30 per cento. I margini di guadagno per gli esercenti sono comunque bassi, perché oltre alle royalty bisogna tagliare il prezzo per renderlo appetibile all'internauta. Anzi, a volte si rischia di andare in perdita: la filosofia sottostante è spesso quella di farsi conoscere, come una sorta di pubblicità locale, nella speranza che il cliente rimanga soddisfatto, sparga la voce o torni a far visita». Lo conferma anche un sondaggio di Groupalia sui suoi clienti italiani: l'87% non conosceva il locale o il servizio prima di comprare la proposta, il 55% di chi lo conosceva non lo avrebbe mai provato senza l'offerta del sito, e il 60,2% ha dichiarato che farà probabilmente ritorno o usufruirà di nuovo del servizio.
Che il rapporto tra il nostro Paese e la banda larga non sia dei migliori non è una novità. A certificare la lentezza dello sviluppo italiano arrivano i dati dell’Ocse. Nella classifica dei Paesi con la connessione più veloce, l'Italia non compare, mentre in testa c'è il Portogallo.
A dicembre 2010, gli abbonati al web rapido costituivano il 22% della popolazione. Per fare un paragone, un paese popolato quasi quanto il nostro, ovvero la Francia, è riuscito a connettere il 33% degli abitanti. Dal 2009 al 2010 il tasso di penetrazione della banda larga è aumentato di quasi 9 punti percentuali, comunque non abbastanza per tenere il passo dell'Europa. Nello stesso arco di tempo, la Polonia ha avuto una prestazione tre volte superiore. E persino la Grecia, pur in un periodo drammatico, ha viaggiato a velocità doppia rispetto a noi.
I numeri più sconfortanti sono quelli sullo stato delle infrastrutture di rete. Per banda larga in Italia si intende, ad oggi, una velocità massima di 20 Mb per secondo. Venti paesi europei fanno meglio di noi. In Portogallo e in Finlandia gli operatori possono vendere pacchetti di abbonamento a velocità dieci volte superiori. Anche la fibra ottica arranca, con abbonamenti fermi al 2% della popolazione. Il dato di più facile comprensione, forse è quello delle connessioni per famiglia: in Italia solo nel 61% delle case si trova almeno uno strumento per navigare su internet. In Islanda e Olanda la percentuale è molto vicina la 100%. La strada da percorrere è ancora parecchia.