Si chiama Foodspotting la prima community che permette agli appassionati della forchetta di pubblicare foto e commenti dei loro piatti preferiti, a partire dagli antipasti fino al dolce. Lo scopo è scattare fotografie a pietanze in qualunque posto ci si trovi, per poi condividerle su internet e sottoporle al voto dei naviganti. Il cibo si fa social.
L’80% dei cittadini statunitense si dicono intenzionati a non pagare alcunché per leggere le notizie pubblicate online dai siti dei più importanti quotidiani d’America. Questo il risultato di un sondaggio condotto da Adweek e Harris nel marzo del 2011.
Tra coloro che invece si dicono disposti a contribuire in qualche modo al sostentamento dei portali news pagherebbe, nel 14% dei casi, una cifra compresa tra 1 e 10 dollari al mese, mentre solo una piccola frazione degli intervistati (il 4%) sborserebbe tra gli 11 e i 20 dollari ogni trenta giorni.
Il destino del paywall, dell’accesso a pagamento ai siti dei giornali che tanto sta spopolando negli ultimi mesi, sembra dunque segnato in partenza da foschi presagi e da una popolarità decrescente. Nel dicembre 2009, infatti, erano 23% gli americani favorevoli alla sua adozione.
Il dato mi pare sorprendente, anche se non è una novità assoluta, perché il settore che ha sempre trainato le vendite online, e cioè il turismo, vale “solo” il 31% della torta complessiva e quindi qualcosa come 4,5 miliardi, mentre l'elettronica di consumo è al 7% a poco più di un miliardo. A livello industriale, poi, il 2010 è stato caratterizzato dall'ingresso in Italia da maxi-gruppi come Amazon, che dopo anni di attesa ha deciso di entrare nel nostro Paese e anche da un servizio come Groupon, la piattaforma per gli acquisti “istantanei” scontati. Nel 2011 il commerio elettronico dovrebbe crescere di un altro bel 30%, con l'editoria che potrebbe mettere il turbo (+35%). Anche se Amazon dovrebbe ancora dominare le vendite, iTunes continuerà a tenere le sue posizioni nella musica online in attesa che il videonoleggio migri definitivamente sul web, con la nascita di servizi “locali” come Netflix. Secondo Casaleggio il grande trend sarà la razionalizzazione dei player in gioco. Con i piccoli sempre più fagocitati dai grandi. Segno che ad ognuno toccherà cercare una nicchia da rendere redditizia.
Il tutto mentre in Europa consorzi come Netcomm stanno facendo la guerra all'Europa, che il 24 marzo ha approvato una proposta di direttiva che dovrebbe favorire i clienti, generando però per gli operatori aggravi complessivi per 10 miliardi di euro. Tra le novità proposte dall'Ue, l'obbligo per ogni sito di e-commerce di vendere in tutta Europa e tempi più lunghi sulla possibilità di recesso.
L’Italia è tra gli otto paesi al mondo in cui internet può essere considerato davvero libero. A stilare particolare la classifica è Freedom House, che compila ogni anno il rapporto sullo stato di libertà della rete.
Tra i paesi virtuosi, oltre allo Stivale, vi sono Estonia, Stati Uniti, Germania, Australia, Gran Bretagna, Sudafrica e Brasile. Tra quelli in in cui il web è tenuto sotto stretto controllo, fino a limitare le libertà fondamentali dei cittadini internauti, compaiono nomi illustri come quelli di Cina, Cuba, Egitto, Turchia, Iran e Arabia Saudita.
Tra gli stati esclusi dall’indagine vi sono quelli scandinavi, la Francia e il Giappone. La ricerca monitora 37 nazioni e in 23 di queste almeno un blogger è stato arrestato nell’ultimo anno per aver espresso online opinioni “scomode”. La classifica è compilata mescolando diversi criteri: restrizioni all’accesso per motivi politici o industriali, penetrazione dei servizi (tasto dolente in Italia), costi e disponibilità delle infrastrutture.
La net economy può essere il nuovo motore dell’economia nazionale. Secondo uno studio commissionato da Google a The Boston Consulting Group, internet contribuisce al 2% del prodotto interno lordo italiano, con introiti pari a 31,6 miliardi di euro (56 miliardi se si calcolano gli effetti indiretti).
La ricerca prevede una crescita costante per il settore, che nel 2015 dovrebbe valere il 4,3% del Pil, ovvero 77 miliardi di euro. Tra il 2009 e il 2010, il balzo in avanti del giro d’affari legato alla rete è stato del 10% e nel prossimo quadriennio la tendenza positiva non si arresterà.
A trarre vantaggio dalla rete sono soprattutto le piccole e medie imprese: l’utilizzo adeguato di internet consente loro di allargare la clientela, produrre di più, assumere nuovi dipendenti. Secondo BigG, le linee guida per il futuro prossimo sono già tracciate e portano a un forte sviluppo dell’area mobile. In Italia, 10 milioni di persone già navigano via smartphone: l’economia passa sempre più dalla rete cellulare.
Ecco il consueto aggiornamento sui dati degli utenti Internet in Italia, Febbraio 2011, fonte Audiweb (con qualche mio commento).
In Sintesi: gli utenti (sopra i due anni di età) che hanno navigato almeno una volta nel corso del mese attraverso un PC sono stati a Febbraio 25,4 milioni, +10.7% rispetto all’anno scorso.
Sul mese c’è un leggero decremento, perché erano 25,8 a Gennaio – ma erano 25 milioni a Dicembre 2010 e 24,7 a Novembre 2010.
Nel giorno medio l’audience è di 12,8 milioni di utenti attivi, +8.6% sull’anno. Erano 12,6 milioni a Gennaio 2011, 12 milioni a dicembre 2010, 12,6 a Novembre 2010 (se poi volete farvi delle storiche più arretrate, fate un search su questo blog per “audiweb” così recuperate i post precedenti e vi fate rapidamente una serie. Prossimamente però conto di farla io).
Si sta in rete mediamente 1h 37’ nel giorno medio (a Gennaio era 1h 40’). Le pagine viste sono in media 202 a persona, più o meno le stesse di Gennaio (201) ma un po’ di più rispetto a Dicembre 2010, dove erano 183.
Di qui in poi copio e incollo la press release:
Cresce particolarmente la presenza online nel giorno medio di utenti tra i 2 e i 10 anni, che registrano un incremento del 32,4% passando dai 170 mila utenti attivi nel giorno medio di febbraio 2010 ai 225 mila di febbraio 2011. Aumentano allo stesso ritmo anche gli utenti over 74 che registrano una crescita del 31,4%, con 67 mila utenti attivi nel giorno medio. Trend rilevante anche per le fasce d'età intermedie 35-54 anni e 55-74 anni che registrano rispettivamente un incremento del 12,5% (6 milioni di utenti attivi nel giorno medio) e del 13,3% (1,8 milioni di utenti attivi nel giorno medio).
Nel mese di febbraio 2011 sono online 7,2 milioni di uomini, il 56% degli utenti attivi nel giorno medio, principalmente tra i 35 e i 54 anni (3,3 milioni), tra i 25 e i 34 anni (1,3 milioni) e over 55 (1,2 milioni) che, in particolare, rappresentano il 17,3% degli utenti attivi di sesso maschile online.
Le donne online nel giorno medio sono 5,6 milioni, principalmente di età compresa tra i 35 e i 54 anni (2,7 milioni) e tra 25 – 34 anni (1,3 milioni).
Con 264 pagine viste e 1 ora e 55 minuti di navigazione nel giorno medio, gli utenti tra i 18 e i 24 anni presentano una maggiore attività online nel giorno medio.
La distribuzione dell'uso del mezzo nelle diverse fasce orarie presenta un andamento pressoché consolidato, con una particolare attività online a partire dalla fascia oraria tra le ore 9:00 e le 12:00 (5,6 milioni di utenti attivi) e una presenza più consistente nelle ore pomeridiane, raggiungendo il picco dei 7 milioni di utenti attivi tra le 18 e le 21.
La sintesi mensile del report Audiweb Database è disponibile sul sito www.audiweb.it per gli utenti registrati e in forma completa per tutti gli abbonati attraverso le principali aziende di elaborazione dati per la pianificazione pubblicitaria.
Nel mese di febbraio, secondo i dati Audiweb, in rete si sono avvicendati 25,4 milioni di italiani. L'incremento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente è del 10,7%. Sono aumentati anche gli utenti attivi nel giorno medio: da 11,8 milioni di febbraio 2010 a 12,8 milioni a febbraio 2011, un incremento dell'8,6%. La media delle pagine viste ha visto un rialzo dell'11%.
Consistente la percentuale di crescita, +32,4%, della presenza degli utenti over 74: sono 67mila quelli attivi nel giorno medio. Gli uomini online in rete sono stati a febbraio 7,2 milioni, le donne 5,6 milioni. La distribuzione dell'uso del mezzo nelle diverse fasce orarie presenta un andamento pressoché consolidato, con una particolare attività online a partire dalla fascia oraria tra le ore 9:00 e le 12:00 (5,6 milioni di utenti attivi) e una presenza più consistente nelle ore pomeridiane, raggiungendo il picco dei 7 milioni di utenti attivi tra le 18 e le 21.
Avrete sentito parlare piuttosto spesso di HTML 5, ossia la nuova release del linguaggio con cui il web è nato e che tuttora sta sotto all’intelaiatura dei siti che consultiamo ogni giorno.
La caratteristica principale promessa da questa nuova versione di HTML sarà la possibilità di gestire, con un unico linguaggio, una molteplicità di elementi, come i video o le animazioni (provate questo gioco), senza bisogno di componenti plugin aggiuntivi.
Dopo svariate discussioni all’interno delle organizzazioni che si occupano degli standard web (vedi su questo anche l’articolo a pagina 117 di Wired di marzo 2011) sembra ora che la nuova versione di HTML stia procedendo verso una reale adozioneda parte dei diversi attori del mondo Internet.
Come sempre la tecnologia non è un fine ma è un fattore abilitante e, al di là delle guerre tra i big del settore (vedi ad es. Adobe vs. Apple su Flash), in questa evoluzione dell’HTML c’è un’importante elemento, ossia il ritorno ad un linguaggio comune, trasversale e aperto, come agli inizi del web, che dovrebbe limitare sempre più l’utilizzo di plugin software aggiuntivi e le incompatibilità.
Questo mondo infatti oggi è chiuso e ogni famiglia di telefoni e tablet lavora con tecnologie proprietarie, costringendo a continui lavori di porting le aziende che vogliono essere presenti su tutti questi canali. A dispetto del numero elevato di standard alternativi, già in questo momento, ci sono alcune funzionalità delle applicazioni lavorano con le webapp, veri e propri piccoli siti che non hanno il problema della compatibilità con i diversi sistemi operativi e che però, per ora, non possono ancora sostituire in toto il linguaggio proprietario quanto a prestazioni.
Il nuovo standard HTML potrebbe invece andare oltre, portandoci verso lo scenario che ho auspicato qualche tempo fa, con un mercato delle applicazioni cross platform, altrettanto redditizio a tendere perché porterebbe più player e più utenti.
Anche sul web “tradizionale” poi la riduzione dei plugin limitanti potrebbe portare il focus sulla logica delle miniapplicazioni (addon), già presenti oggi sui vari browser e che evolverebbero verso l’utilizzo universale (Firefox ci sta già lavorando).
Questo approccio infine potrebbe essere applicato con successo anche a progetti nuovi come il market di Apple per i computer, che si collocano a mezza via fra il web puro e le applicazioni mobile.
Di sicuro gli interessi economici che stanno dietro l’attuale frammentazione sono forti ma la situazione sta diventando intricata anche per i grandi player, mentre il futuro indica un mondo con sempre più tipi di device che accedono alla rete e che non più possono essere definiti solo computer o solo telefoni. Pensare di moltiplicare all’infinito i giardini chiusi dei vari sistemi operativi, in un mercato più maturo di quello odierno, potrebbe portare dunque a un pesante rallentamento dello sviluppo del settore, fino alla paralisi.
Questo rischio, unito all’evoluzione della tecnologia, potrà dunque rappresentare una forte ragione di accelerazione verso un nuovo standard, comune e trasversale, in grado di funzionare con eguali prestazioni ovunque. Che si chiami HTML 5 o in altro modo è in fondo solo un dettaglio.
Ikea, Intesa Sanpaolo, Coca Cola, Mediaworld, Nokia, Dolce & Gabbana, Esselunga, Ducati: sono i nomi più noti (dei 12 selezionati per altrettante categorie merceologiche) fra i siti che hanno ricevuto il premio per la capacità di instaurare una relazione sul Web tra azienda e consumatore. La premiazione ha chiuso la presentazione, avvenuta due giorni fa a Milano, del Terzo Osservatorio Italiano sull'e-Business realizzato da eBit Innovation e Demoskopea, che ha fotografato la stato di adozione delle tecnologie web di nuova generazione da parte delle imprese e degli utenti della Rete . Sotto la lente di in gradimento sono finiti 1.000 consumatori con caratteristiche socio demografiche rappresentative dell'internauta italiano e oltre 420 top manager di aziende con un fatturato medio di circa 385 milioni di euro.
Al di là dei premi, l'Osservatorio riveste una certa importanza perché permette di capire meglio come stia cambiando il comportamento dei consumatori italiani nella scelta di un prodotto. Idem dicasi per l'atteggiamento delle imprese verso servizi e strumenti di e-business: nel 2010 il 69% degli intervistati aveva dichiarato una previsione di incremento di investimento dell'11%, quest'anno il 76% stima un incremento di budget di quasi il 24 per cento. Un salto in avanti notevole e dettato dal fatto che il management è mediamente più convinto degli impatti positivi sulla redditività aziendale riconducibili alle attività condotte in Rete. Per contro la carenza di interlocutori competenti, sia internamente che esternamente l'azienda, risulta oggi essere il principale ostacolo alla maggiore diffusione. Dal lato dell'utenza, le diverse tipologie di community on line, social network ovviamente compresi, sono sempre di più una fonte cui fare riferimento per maturare la decisione di acquisto (il cosiddetto info-commerce). Lo studio conferma in proposito come la quasi totalità (il 98%) degli utenti raccoglie informazioni sui prodotti o confronta i prezzi sul web e un terzo (il 32%) lo fa addirittura quotidianamente, il 67% effettua almeno un acquisto in Rete al mese mentre il 31% svolge attività quotidiane sui social network.
La riprova di una tendenza ormai consolidata arriva anche dai seguenti dati. Un'azienda su quattro di quelle oggetto di indagine sviluppa applicazioni per i dispositivi mobili e ben il 43% assicura di avere una propria pagina su Facebook, con il 27% di navigatori che conferma in tal senso di visitare mediamente una volta ogni tre giorni la pagina del tal marchio per cercare informazioni commerciali. E proprio in fatto di uso di strumenti 2.0 è stato anche assegnato un riconoscimento per la miglior pagina "Social", che ha visto primeggiare Nutella (Ferrero) davanti a Max Factor (Deborah Group) e Ikea. Le aziende, dice ancora l'Osservatorio, effettuano un completo restyling del sito ogni 3,5 anni, aggiornano i contenuti con una frequenza media settimanale e offrono spazi crescenti a informazioni su prezzi, sconti e promozioni, soddisfacendo i bisogni del consumatore. In seno a questi ultimi, in tal senso, cresce - ed è arrivata al 41% (dal 35% del 2010) - la percentuale di chi considera blog, forum e community come i canali più affidabili mentre i siti istituzionali sono ritenuti il mezzo più affidabile solo dal 30% degli utenti. Sui social media, le aziende allocano circa il 5% del budget di marketing mentre più della metà (il 58%) sviluppa azioni di fidelizzazione considerando anche la creazione di gruppi di discussione o la pubblicità su Facebook e simili.
La cura delle relazioni con i clienti trova riscontro anche in un altro dato, quello che vede l'utilizzo di sistemi di Crm nel 71% delle aziende interessate dallo studio. Identica percentuale riguarda la diffusione di servizi di web marketing mentre si registrano attività di social media marketing e su mobile rispettivamente nel 58% e nel 35% dei casi. Internet è quindi sempre più mezzo di comunicazione e interazione ma anche canale per gestire transazioni commerciali, prova ne siano il 46% di aziende che operano sul fronte dell'e-commerce (con un'incidenza dell'11% sul totale dei ricavi totali) e il 39% che gestisce on line acquisti di tipo b2b (business to business). In termini pubblicitari, il display advertising, con il 74% di penetrazione, è ancora la scelta prioritaria seguita dai servizi di Google per l'ottimizzazione del sito per i motori di ricerca (al 70%) e l'acquisto di parole chiave (al 72%) e molto gettonati sono anche i video caricati su Youtube (fenomeno che interessa il 63% del campione aziendale). Infine il mobile. A collegarsi a Internet da smartphone e altri device, con una maggiore propensione ad acquistare on line rispetto agli utenti che si collegano da postazioni fisse, è il 41% del campione consumer mentre è del 27% la percentuale di aziende che ha già sviluppato un'applicazione mobile. Apple, manco a dirsi, è l'ambiente più curato, seguito da Windows, Android e Symbian.
Non so se vi ricordate, sotto Natale vi avevo proposto questo spot ("The Entrance") di Heineken: grandiosa produzione, bella idea, un sacco di lavoro, gran bel risultato. Se non ve lo ricordate ve lo rimetto qui ma poi continuate a leggere.
Nella tradizione della banalità uno spot del genere sarebbe poi stato "declinato" su Facebook con qualche giochino, qualche test basato sulla personalità dei personaggi del film etc.
Però, quando si ha dell'eccellente materiale girato, perché andare a fare robette che possono solo sminuire il progetto? Perchè non usare FB come se fosse YouTube, adottando il concetto di canale di YT all'interno di FB?
Di qui la cosa semplice (se si hanno ore di girato) fatta da Heineken, semplice ma secondo me efficace. Perché c'è un'idea, c'è una storia dietro, E io ci ho perso un sacco di tempo a guardarmi tutti i filmati.
Il che dimostra che l'advertising TV non è ancora morto, per niente. Solo che andrà distribuito diversamente. Magari non in TV.